diatamente un plenipotenziario, munito di pieni poteri ad hoc, in una città qualunque, da scegliersi di comune accordo, per intavolarvi le prime pratiche della pace. La pace stessa e le sue singole condizioni saranno fatte indipendentemente da questo armistizio, e giusta le reciproche convenienze dei due governi. Sua eccellenza il maresciallo conte Radetzky si fa un dovere di prevenire senza indugio la corte imperiale del desiderio reale di sua maestà sarda di conchiudere una pace durevole con sua maestà imperiale austriaca. La presente convenzione di armistizio è obbligatoria per tutto il tempo della durata delle negoziazioni della pace, e in caso di loro rottura l'armistizio dovrà essere denunziato dieci giorni prima della rinnovazione delle ostilità. I prigionieri di guerra saranno immediatamente restituiti dalle due parti contraenti. Le truppe imperiali si fermeranno ne' loro movimenti, e quelle che già passarono la Sesia, rientreranno nel territorio accennato di sopra per la occupazione militare ». Questa fu la convenzione di Novara del 26 di marzo 1849, sottoscritta da una parte dal maresciallo Radetzky e dall'altra dal re Vittorio Emanuele e dal maggior generale dell'esercito sardo Chrzanowsky (1). Carlo Alberto era partito da Novara in una piccola vettura e con un solo cameriere. A poca distanza s'imbattè in un drappello di Austriaci, che con una batteria di cannoni stavano a guardia sulla strada di Vercelli; e poco manco in quella oscurità non gli facesser fuoco addosso. Interrogato del suo nome, disse essere il conte di Barge, colonnello dell'esercito sardo; aver dato la dimissione, e ridursi a Torino; e' mostrava un passaporto (1) Documenti, vol. II. datogli dal comandante della piazza di Novara. Fu trattenuto parecchie ore; di poi presentato al generale Thurn, che volle la testimonianza di un bersagliere piemontese, ch' era fra prigioni, fosse egli veramente quel conte di Barge che si dicea. Quindi cortesemente lo accolse, parlò con lui de' casi di quella guerra, il presentò d' una tazza di the, e lo ricondusse alla sua vettura. Quella partitasi, e' disse a' suoi ufficiali, il conte di Barge parergli uomo ragguardevolissimo, e più uomo di Stato che di guerra. Richiesto nuovamente delle condizioni del conte il bersagliere piemontese, questi rispose: « È il re Carlo Alberto ». E allora il generale: « Dio protegge l'Austria! Che avrebbe detto di noi il mondo se i nostri soldati nell'oscurità avessero fatto fuoco sulla sua vettura e lo avessero ucciso? » Altri narrano che il generale Thurn riconoscesse il re, che spedisse solleciti messaggi al maresciallo Radetzky, e che a norma de' ricevuti ordini si regolasse. Nella mattina seguente un incognito presentavasi all' intendente di Nizza Teodoro di Santarosa, figliuolo dell' illustre Santorre, e gli dicea trovarsi alla distanza di poco più di un miglio, solo sulla pubblica via in attesa di passare in Francia, il re Carlo Alberto. Poi narrati rapidamente i disastri del di precedente, lo sollecitava a fare allestire in fretta un regolare passaporto, e ad ordinare una carrozza ben chiusa, nella quale il re potesse attraversare la città non conosciuto e non osservato. Fra la maraviglia e l'incertezza il Santarosa metteva in ordine il tutto, e correva al luogo designato. Quivi trovava una piccola vettura, e a poca distanza con le braccia conserte al petto un uomo in abito dimesso, alto della persona; pallido in volto, col capo mestamente inclinato. Egli era Carlo Alberto, che visto l'intendente, commosso e silenzioso lo abbracció. Erano oramai ventotto anni, che per quella medesima via, Santorre Santarosa, solo e proscritto, fuggiva la patria invasa dalle armi straniere, maledicendo al principe di Carignano; ed ora permettea la Provvidenza, che quel medesimo principe, fuggente anch'egli le italiane sventure e la contaminazione de' vincitori stranieri, fosse dal figlio di Santorre accolto e amorevolmente accompagnato. Montarono in carrozza, attraversarono la città, pervennero a' confini. Lungo il viaggio il re disse: « Era mio primo divisamento di recarmi in Terra Santa; ma non si sarebbe mancato di dire, che io chiudeva il mio regno con una... » E qui soffermossi; poi ripigliò: « Pensai a Lon. dra, e vi sarei andato volentieri, se non fosse stata la ripugnanza ad accrescere lo stuolo de' proscritti. Finalmente ho deliberato di ritirarmi ad Oporto, città abbastanza lontana dal Piemonte, perchè nessuno possa credere che io voglia ancora immischiarmi ne' pubblici affari ». Tutto questo dicea il re senza apparente com. mozione, ma appena il Santarosa tocco della speranza di tempi migliori, Carlo Alberto si colorò il pallido viso, e con voce concitata esclamò: « In qualunque luogo ed in qualunque tempo si alzi da ordinato governo una ban. diera contro l'Austria, possono essere certi gli Austriaci di trovarmi semplice soldato nelle schiere de' loro nemici ». Queste furono le ultime sue parole dette da lui in terra italiana. Passò quindi in Francia, e prosegui rapidamente l'intrapreso viaggio. In quel tempo il generale Wimpffen avea assalito con tre brigate la città di Casale. Quivi erano una compagnia di veterani e buon numero di soldati sbandati. Nè questi nè i cittadini vollero arrendersi: respinsero le prime schiere de' nemici, e venuta la notte fecero una animosa sortita con la quale gravemente li molestarono. Nel di seguente, Wimpffen, mentre a nuovi e più gagliardi assalti si apparecchiava, ebbe contezza del con. cluso armistizio, ed ordine di ritrarsi dietro la Sesia. Il generale Fanti, rimasto senza comunicazioni con l'esercito, mosse il dì 24 verso Alessandria, e quivi giunto gli fu comandato di condurre la divisione lombarda a Bobbio, dove, secondo i patti dell'armistizio, dovea es. sere disciolta. Il generale Alfonso La Marmora, che addi 22 era entrato in Parma, dove tenevasi apparecchiato a passare il Po, cessate le ostilità, ricondusse le sue truppe dentro i confini dello Stato. La prima campagna durò quattro mesi; la seconda quattro giorni. Chrzanowsky distribuì male le sue truppe; ne lasciò inoperosa una parte sulla riva destra del Po; perdè non senza sua colpa l'aiuto della divisione lombarda; esitò fra la guerra difensiva ed offensiva: fu im. previdente e lento a Mortara; non seppe profittare dell'occasione a Novara: dotto nelle scienze militari, esperto ne' particolari delle cose attinenti alle milizie; ma irresoluto, inerte, senza nessuna di quelle qualità che la natura concede a' grandi capitani. Radetzky fu più audace che destro: la sua lentezza nel dì 22, e la divisione delle sue forze nel dì seguente furono degli errori, che di gravissimo nocumento gli sarebbero tornati, se avesse avuto a fronte un risoluto capitano ed un esercito disciplinato. Egli dovette la vittoria alla timidità di Chrzanowsky, all'audacia di Aspre e alla nostra avversa for. tuna. CAPITOLO ΧΙ. 255 DELLA SOLLEVAZIONE DI BRESCIA E DI ALTRE CITTÀ DELLA LOMBARDIA : STATO DEL PIEMONTE DOPO LA BATTAGLIA DI NOVARA, E MOTI DI GENOVA. Nell'intento di promuovere la sollevazione della Lom. bardia, cencinquanta volontari Lombardi, capitanati da Gabriele Camozzi, con cinquemila e seicento fucili forniti dal governo piemontese, entrarono a Varese addi 21 di marzo. Quivi fu creato un comitato, che dovea stare in corrispondenza col comitato d'Arona, col generale Solaroli (specialmente incaricato di soccorrere i sollevati), e col comitato che dovea stabilirsi a Como, il quale dovea corrispondere direttamente con l'esercito piemontese, e co' comitati di Lecco, di Bergamo, di Brescia e di tutta l'alta Lombardia. E Como e Lecco si levarono in armi l'istesso dì 21; nè Bergamo tardò ad imitarne l'esempio. Il castello di questa città era presidiato da trecento Austriaci, munito di parecchi cannoni, e d'abbondanti vettovaglie fornito. Il di 25 si venne alle armi: i cittadini combattevano co' fucili; rispondevano con le ar. tiglierie i soldati: quelli alla scoperta assalivano; questi dietro i muri si difendevano. Solleciti messi furono spe. diti al campo piemontese, per chiedere con grande istanza l'invio di qualche cannone; ma nè cannoni vennero, nè risposta alcuna, che cessar facesse un ormai inutile spargimento di sangue. Divulgossi addi 27 la nuova dell'armistizio di Novara, ma nessuno fu che vi prestasse fede, |