IV. GENESI DELL' IDEA NAZIONALE: TEMPI ANTERIORI A DANTE << Quest'anno il re de' Goti Teodorico, chiamato dai voti di tutti, entrò in Roma: egli fu umano col senato e liberale col popolo. » Queste parole scrisse Cassiodoro, quasi epitafio del mondo romano, e si ritirò in un convento. Gregorio Magno volse intorno lo sguardo, non vide che sepolcri e rovine, e quasi spaurito eslamò; in solitudine vacat terra! La sede vacante del primato romano fu occupata dal papa, la chiesa prese luogo dell'impero ; << ma avendovi abitato e tenuto imperio temporale, non è stata sì potente nè di tal virtù che l'abbia potuto occupare il restante d'Italia e farsene principe; non è stata dall'altra parte sì debole, che per paura di non perdere il dominio delle cose temporali la non abbia potuto convocare un potente che la difenda contro a quello che in Italia fosse diventato troppo potente (1) ». Il Villani chiamava i Romani «il comune popolo » ; e poi aggiunge: << Ma nota, che la grande potenza de' Romani non era solamente in loro, se non per tanto ch'erano capo e guidatori; ma tutti i Toscani principalmente, e poi tutti gli Italiani seguivano nelle guerre e nelle battaglie loro, ed erano tutti chiamati Romani ». Ora ciò che mancò all'Italia fu appunto questo, che la Chiesa non seppe, o per la sua natura non potè supplire al comune popolo, e farsi capo e guida degl' Italiani, sì che tutti in unico nome si confondessero. (1) MACHIAVELLI. Disc, l. 1, сар. XH. La ricordanza del glorioso primato romano, non cancellata da un nuovo primato che a quello potesse eguagliarsi, continuò quindi ad invasare gli spiriti più eletti di siffatta maniera, che tutti gli sguardi rivolgevansi al papato, anzichè all'avvenire, e che tutti i tentativi di rivoluzione non furono in realtà che tentativi di ristaurazione. L'età dell'oro era il buon tempo di Cesare Augusto, come lo avevano cantato Orazio e Virgilio : le istorie di Tito Livio e di Valerio Massimo avevano autorità non meno sacra de' libri di Mosè: Roma era tenuta città santa anche per il tempo pagano; Numa, per nuovo Abramo; le romane vittorie, miracoli; l' Eneide profezia. Le idee cristiane non-servivano che ad ornare e interpretare i fatti romani. Boezio è accusato « di macchinare la ristaurazione dell' impero romano » ; i Goti si credono traditi da Amalassunta, che vuole educare il suo figliuolo alla romana; Belisario e Narsete ristaurano anch'essi l'impero greco-romano, la più ladra, sanguinosa e vituperevole ristaurazione de' tempi di mezzo. Di poi vengono i Longobardi, e s'insignoriscono di gran parte d'Italia e stanno per mettere la mano su Roma, ed allora la Chiesa chiama i Franchi, i quali danno al papa qualche feudo, ed in compenso si fanno da lui santificare la ristaurazione di un impero ch' era franco, ma che pur si disse romano. Ecco adunque l'Italia ridotta in termini d'avere in grembo la sede dell' impero occupata da' pontefici, e fuori di sè e suoi naturali nemici gl'imperatori. Dopo la rovina dell'impero franco, due Berengari, un Guido ed un Ardoino giungono a farsi re d' Italia; ma e' non sono forti abbastanza per vincere nel medesimo tempo i papi che combattono per non perdere la sede dell'impero, e gli Alemanni che combattono per non perdere la podestà imperiale. La ricordanza del passato dominava tutte le menti. I comuni lombardi e toscani, sorgenti a libertà, chiedono << le buone consuetudini antiche ». Vincono, e il giorno di poi vanno in cerca di un signore, che sia il successore de' Cesari. Gli Italiani credevano sinceramente alla perpetuità del loro primato; voleano sovrastare al mondo nuovo come soprastettero all'antico: per essi Roma era sempre la città, urbs; le altre nazioni eran sempre provincie. La discesa di un barbaro, eletto nelle foreste della Germania, e che osava dirsi successore di Augusto e di Traiano, faceva trasalire di gioia tutta l'Italia. I fuorusciti accorrevano ad ingrossare il suo esercito; i popoli gli venivano incontro con istendardi, croci, bandiere e ramoscelli di olivo, cantando inni in sua lode e spargendo di fiori la sua via. « I signori quand'erano appresso a lui, gettavano a terra la bacchetta e smontavano in terra e baciavangli il piede; e come uomini incantati seguitavano il contrario del loro volere (1). » I lontani esclamavano: «Oh potessi veder lui o il suo maresciallo oggi, e dovessi anco morir domani! (2) » II barbaro non potea comprendere la cagione di questa singolare adorazione: trovava in Italia una libertà che gli parea ribellione, una ricordanza di antiche glorie che offendeva tutti i figliuoli di Arminio, una avversione alle signorie feudali che mettea sossopra le sue idee germaniche, una civiltà che l'umiliava e che pur gli pareva corruzione: prendea in fretta la corona, estorquea danari, vendea privilegi, metteva a sangue e a fuoco qualche città, e si partiva quasi sempre da fuggitivo, odiando e (1) DINO COMPAGNI, Cronaca fiorentina, l. III. (2) « Utinam ipsum vel marescalcum eius valeam intuere die uno et altero de saeculo transmigrare! Hist. Mutin., MURATORI, Rer. Ital. script. spregiando l'Italia, e da lei odiato e spregiato, quanto prima invocato e benedetto. I Lombardi, congregati in Pontida, esclamano: Theutonicorum iugum de collo excutiamus; e subito dopo, quasi sentendo rimorso e vergogna di loro ribellione, soggiungono: salva fidelitate imperii. Vincono a Legnano; ed a Costanza chiedono supplichevoli di essere ricevuti in grazia dal vinto: in plenitudinem gratiae suae recipiat. Le libertà colle loro armi e col loro sangue conquistate diventano concessioni imperiali (1). La lega lombarda non disdisse giammai all' imperatore il diritto sovrano e le regalie: volea solamente che i privilegi comprati, acquistati o in qualunque modo posseduti, non le fossero rapiti: questa e non altra fu la cagione di quella guerra memoranda. A forza di cercare un sovrano fuori di sè, l'Italia parve perdesse il sentimento e la coscienza della propria nazionalità. Le parti s'ingiuriavano, si combattevano; I una cacciava l'altra colle armi proprie o con gli aiuti stranieri; ma nessuna accusava l'avversaria di aver chiamato gli stranieri, come se questa non fosse colpa. I comuni cominciano con eleggere un podestà forestiero che li governi, e finiscono con condurre al loro soldo compagnie di ventura forestiere che li difendano. Così, per recuperare il primato dell' impero, l'Italia si procura il primato della servitù, e della ignominia della servitù si consola con la dignità imperiale e la nobiltà dell' imperatore (2). (1) Vedi gli atti della lega lombarda in MURATORI, Antiq. Ital. Medii aevi, t. IV. (2) « Consoletur ignominiam subiectionis dignitatis imperii et nobilitas imperanti. » RADEVIRUS, De gest. Friderici I. L' idea nazionale risorse con Federigo II, nato in Italia, da madre italiana, italianamente educato in una corte dottissima e civilissima, spregiatore degli alemanni, ambiziosissimo, ma di magnanima ambizione. Sventuratamente si trovò contro la libertà de' comuni nel rigoglio della vita, e l'avversione della Chiesa nella pienezza della potenza. Sfidò scomuniché, maledizioni, guerre aperte e tradimenti occulti: combattè trent'anni invano, e morì lasciando trista eredità d'odii e di sangue al prode Manfredi e all' innocente Corradino. V. DANTE. Dante Alighieri venuto al mondo appunto quando rovinava l'illustre casa di Svevia, vide dappertutto intorno a sè disordine e confusione, e mescolati in modo strano gli elementi della vita e della morte: in Napoli monarchia angioina, in Sicilia monarchia aragonese, in Lombardia principati guelfi, nella Marca di Verona principati ghibellini, in Venezia una repubblica patrizia, in Firenze una repubblica artigiana, in Roma un reggimento indefinibile, che non era repubblica, non era principato, e che pure avea un principe e un senato repubblicano. Le guerre civili imperversavano, e frattanto le arti mirabilmente fiorivano; la nazione non esisteva, e frattanto le città erano ricchissime e potentissime; la libertà si mescolava con la tirannide; l'eresia colla fede. Fra tanti elementi vari, diversi e discordi, Dante volle creare un legame comune in una lingua comune, e «a perpetua infamia e depressione de' malvagi uomini d' Italia, che commendavano il volgare altrui, e dispregiavano il pro |