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Rossi potrà lodarsi l'animo, non la prudenza, essendo cosa imprudentissima entrare in imprese impossibili, e dalle quali debba di certo seguirne la rovina dello stato e della propria riputazione. Si che può dirsi che se prima cagione della rivoluzione romana furono l'ostinazione, la cattiveria e la malafede della corte, non poco vi contribuì la presunzione di Pellegrino Rossi, assu. mendo un carico per sostenere il quale non avea nè il favore del popolo, nè l'autorità del parlamento, nè l'aiuto del clero, nè la forza delle armi; ma uomini, cose, opinione, fama e tempi contrari. « Si appartiene al ministero (dicea il Rossi in un suo discorso stampato nella gazzetta di Roma) di tutelare la pubblica cosa sì dalle mani di quelli che procacciassero di ritirare i nuovi ordini politici a' principi ed usi che più non sono nè debbono essere, e sì dalle brighe di coloro cui la calda fantasia o alcuna turpe e dissennata voglia spingessero a soverchiare quei limiti che la sapienza del generoso ristauratore della libertà nostra ha segnati». Scopo di questo discorso, nel quale non facevasi neanco cenno dell'Italia e della guerra dell'indipendenza, era d'annunziare la nomina del generale Zucchi a ministro della guerra, la soppressione del ministero di polizia e la riunione delle sue attribuzioni a quello dell'interno. Questo provvedimento, che sarebbe stato gradito in altre condizioni, spiaceva allora a' Romani, perchè pareva usurpazione della podestà esecutiva sulla legislativa, e artifizio per escludere dal governo dello stato il Galletti, che non si osava rimuo. vere, nè si volea mantenere: nè bastavano a persuadere il contrario le parole del ministro, il quale citava il motuproprio del dì 20 dicembre 1847, dov'era detto, che poteasi restringere il numero dei ministri; impe. rocchè non di questo disputavasi, ma di chi avesse autorità di restringerlo: notandosi in altre, che il motuproprio del dì 20 dicembre, come precedente allo statuto, dovea considerarsi da questo abrogato.

Ho detto che dell'Italia non era parola in quel discorso; ma più tardi ne fu pubblicato un altro, nel quale, a proposito di telegrafi e di strade ferrate, si dicea: « I telegrafi e le strade ferrate saranno validis. simi aiuti a far vieppiù utile, più efficace, più nazionale il gran pensiero dell'illustre pontefice, il pensiero della lega italiana. Noi abbiamo speranza di vederlo fra breve posto ad effetto, per l'onore d'Italia, per la tutela de'suoi diritti e delle sue libertà, per la salvezza delle monarchie rappresentative testè ordinate, e che un sì splendido avvenire promettono agli Italiani di vita civile e politica. Voglia Iddio che le nostre speranze non siano deluse per le male passioni e gli impeti pazzi, e gli inescusabili errori che troppo oltre magnifiche e giuste speranze miseramente delusero! >>> Questa speranza, alla quale il ministro accennava, di veder fra breve posto ad effetto il pensiero della lega italiana, fondavasi sulla venuta in Roma del sacerdote Antonio Rosmini, legato del re Carlo Alberto, mentre sedeva nel ministero piemontese il Gioberti. E veramente parea non potersi scegliere uomo più adatto a quell'ufficio, perciocchè il Rosmini, alla fama dell'ingegno e della dottrina, unìa quella della devozione alla chiesa, e sebbene l'aver nome di filosofo gli scemasse credito in corte di Roma e lo rendesse a molti cardi. nali e prelati inviso e sospetto; nondimeno avea amici e ammiratori nel sacro collegio e nella prelatura ed era gradito al pontefice. Il Rosmini fu difatti bene accolto e molto onorato, ed egli, d'accordo con monsi

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gnore Corboli Bussi, col Bargagli ministro residente di Toscana e col marchese Pareto ministro plenipotenziario del re di Piemonte, avea compilato alcuni capitoli del tenore seguente:

ART. 1.

« Fra gli Stati della Chiesa, del re di Sardegna e del gran duca di Toscana è stabilita perpetua confederazione, colla quale, mediante l'unità di forze e di azione, sieno guarentiti i territori degli stati medesimi e sia protetto lo sviluppo progressivo e pacifico delle libertà accordate e della prosperità nazionale. »

Авт. ІІ.

<< L'augusto ed immortale pontefice Pio IX, mediatore e iniziatore della lega e della confederazione, ed i suoi successori ne saranno i presidenti perpetui. >>>

Авт. Ш.

<< Entro lo spazio di un mese dalle ratifiche della presente convenzione, si raccoglierà in Roma una rappresentanza dei tre Stati confederati, ciascuno dei quali ne invierà tre, e verranno eletti dal potere legislativo; i quali saranno autorizzati a discutere e stabilire la costituzione federale.>>>

ART. IV.

« La costituzione federale avrà per iscopo di organizzare un potere centrale, che dovrà essere esercitato

da una Dieta permanente in Roma, i cui uffici principali saranno i seguenti: Dichiarare la guerra e la pace e tanto pel caso di guerra, quanto in tempo di pace ordinare i contingenti de' singoli Stati necessari tanto all'esterna indipendenza, quanto alla tranquillità interna. Regolare il sistema delle dogane della Confederazione, e far l'equo comparto delle relative spese ed entrate fra gli Stati. Dirigere e stipulare i trattati commerciali e di navigazione con estere nazioni, vegliare alla concordia e buona intelligenza fra gli Stati confederati, e proteggere la loro uguaglianza politica esistendo nel seno della Dieta una perenne mediazione per tutte le controversie che potessero insorgere fra di essi. Provvedere all'uniformità del sistema monetario, dei pesi e delle misure, della disciplina militare, delle leggi commerciali; e concertarsi cogli Stati singoli per arrivare gradatamente alla maggiore uniformità possibile anche rispetto alle altre parti della legislazione po. litica, civile, penale e di procedura. Ordinare e dirigere, col concorso e di concerto co' singoli Stati, le imprese di universale vantaggio della nazione.>>>

ART. V.

<< Rimarrà libero a tutti gli altri stati italiani di accedere alla presente Confederazione. >>>

Mentre queste pratiche faceansi in Roma, il ministero piemontese, che le avea iniziate, si dimettea, ed il successivo non gradi quell'ordinamento di confederazione, preferendo invece una semplice alleanza difensiva ed offensiva, duratura quanto la guerra della indipendenza; per lo che la corte di Roma entrò in nuovi sospetti e diffidenze, ed il Rosmini rassegnò l'uf

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ficio di legato, non perchè mal soddisfatto del papa come disse allora la fama, ma perchè in disaccordo coi nuovi ministri, i quali mandarono in suo luogo il consigliere De Ferrari. Allora Pellegrino Rossi, consenziente il pontefice, propose i seguenti capitoli: Che ogni Stato indipendente italiano potesse fra tanti di aderire alla lega e farne parte integrale. Che gli affari della lega si proponessero e trattassero in un congresso di plenipotenziari delegati da ciascuna parte contraente e scelti secondo le regole che per sè giudicasse opportune. Che i plenipotenziari di uno Stato, qualunque fosse il loro numero, rappresentassero collettivamente il detto Stato, e non avessero che un solo voto. Che il congresso presieduto fosse dal papa o da uno de'plenipotenziari pontifici da lui prescelto. Che in un preliminare congresso fossero stabili le regole e gli ordini della lega. Che le parti contraenti promettessero di non concludere con altri Stati e governi trattati, convenzioni ed accordi particolari, incompatibili coi patti e con le deliberazioni della lega, e co' diritti e con le obbligazioni che ne derivano; salva al papa la piena libertà di concludere trattati e convenzioni che riguardano direttamente o indirettamente affari religiosi.

Se la lega proposta dal Piemonte dovea spiacere al papa, quella proposta dal Rossi non poteva gradire al Piemonte, non foss'altro che per quella eccezione in favore del pontefice, per la quale e' potea col pretesto della religione concludere anco un trattato di pace con l'Austria, quando gl'interessi della Chiesa glielo consigliassero; ed a tutti è manifesto come per interesse della Chiesa intenda la corte di Roma tutto ciò che giova alla potenza terrena dei preti, alla loro ambizione, alla loro cupidigia, alla smodata voglia di dominazione, per la

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