Slike stranica
PDF
ePub

Po. Or questa virtù unificatrice, che vediamo ne' piccoli stati italiani, quanto non sarebbe più grande e più efficace nella nazione? Di più, Parigi non è centro strategico della Francia, e Roma lo è dell'Italia; nè v'è alcuno che vorrà paragonare le poche difficoltà naturali che incontrerebbe un esercito il quale muovesse contro Parigi dal Reno, con quelle che incontrerebbe un esercito il quale movesse contro Roma dall' Isonzo o dal Varo; senza contare che Strasborgo e Colmar distano dalla capitale della Francia non più che centodiciasette leghe. Al quale proposito non sarà disutile ricordare ciò che scrisse Napoleone Bonaparte, il giudice più competente dei tempi moderni, non solamente per la scienza, ma anco per la personale esperienza e conoscenza de' luoghi: «Quantunque, egli dice, il mezzogiorno dell' Italia sia per la sua situazione separata dal settentrione, l'Italia è una sola nazione: l'unità di costumi, di lingua, di letteratura, in avvenire più o meno lontano, deve alla fine riunire in un solo stato i suoi abitatori........ Vi sono alcuni i quali dicono, che Roma è in una situazione centrale, vicina alle tre grandi isole di Sicilia, di Sardegna e di Corsica, vicina di Napoli, la città più popolosa dell' Italia; ch'ella è a giusta distanza da' confini, onde può temersi un' invasione; difatti, sia che il nemico minacci dal confine francese, o dallo svizzero o dall'austriaco, Roma è discosta da centoventi a centoquaranta leghe. Aggiungono che, sforzata la frontiera delle Alpi, ell'è difesa dalla linea del Po, infine da quella degli Appennini; che la Francia e la Spagna sono grandi potenze marittime, e non hanno le loro capitali su di un porto di mare; che Roma, vicina al Mediterraneo e all' Adriatico, è nel caso di provvedere rapidamente e con economia per l'Adriatico, Ancona e Venezia; all'approvvisionamento e alla difesa della frontiera dell' Isonzo e dell' Adige, per il Tevere; Genova e Villafranca, a quella del Varo e delle Alpi Cozie; ch'ella è felicemente posta per molestare, per l'Adriatico e il Mediterraneo, i fianchi di un esercito il quale passasse il Po ed entrasse nelle gole degli Appennini, senz'esser padrone del mare; che da Roma i depositi che contiene una capitale potrebbero essere trasportati a Napoli e a Taranto, per sottrarli a un nemico vincitore; che infine Roma esiste, che offre delle risorse per i bisogni di una grande capitale molto più che alcun'altra città del mondo, che ha per lei il prestigio e la nobiltà del nome. Noi pensiamo, che sebbene non abbia tutte le condizioni desiderabili, Roma è senza dubbio la capitale che un dì sceglieranno gl' Italiani...... L'Italia è popolata e ricca abbastanza per mantenere quattrocento mila soldati senza la marina. Ella non ha bisogno di tanta cavalleria quanto l'Allemagna: trenta mila cavalli sarebbero sufficienti. I cavalli vi sono scarsi: però Napoli, Toscana e Roma hanno buone razze, che possono essere moltiplicate e migliorate.... Con quattrocento mila soldati l'Italia può fornire un esercito di cento mila uomini a ciascuna delle sue frontiere, verso Francia, Svizzera ed Austria. Non è in Europa paese meglio situato di questa Penisola per diventare una grande potenza marittima. Comprese le sue isole, ha tre mila e seicento miglia di costa sul mare, cioè un terzo più che la Spagna, e metà più che la Francia. La Francia ha sul mare tre grandi porti popolati da cento mila anime ciascuno; l'Italia vi ha Genova, Napoli, Palermo, Livorno, Ancona e Venezia, e quasi tutta la popolazione dell' Italia è a poca distanza dalle coste Lucca, Pisa, Roma, Ravenna sono a poche miglia dal mare, possono godere tutti i vantaggi delle città marittime e fornire de' marinai. I suoi tre grandi porti militari per l'armamento e la costruzione de' vascelli sono: la Spezia pel mare Ligure, Taranto per il mare Ionio, e Venezia per l'Adriatico. L'Italia ha dovizia di canape, di legname di alto fusto e di tutto il bisognevole alle costruzioni navali. La Spezia è il più bel porto dell' universo, superiore alla rada di Tolone, facile a difendere: può fornire i suoi cantieri col legname della Corsica, col ferro dell'Elba, degli Appennini e delle Alpi, può dominare colle sue flotte i mari di Corsica e di Sardegna. Taranto è situata mirabilmente per signoreggiare Sicilia, Grecia, Levante e le coste dell' Egitto e della Siria: qualunque grandissima armata vi sta sicura. A Venezia tutto il necessario a farsi è già fatto. L'Italia può avere da cento a cento e venti mila marinari: i marinari genovesi, pisani e veneziani furono i primi del mondo per molti secoli. L'Italia può mantenere tre a quattrocento navi da guerra, fra le quali cento venti vascelli da settantaquattro cannoni: ella, quando sia una, può lottare vittoriosamente contro alla Francia, alla Spagna e alle altre grandi potenze (1) ».

Allegano alcuni, come ostacolo grandissimo alla unificazione, la diversità delle leggi e il diverso ordinamento finanziero e amministrativo de' vari Stati d'Italia. Questo suppone che ciascuna provincia abbia leggi e ordini appropriati a' suoi bisogni, resultato della sua volontà, sicurezza de'suoi diritti, qualche cosa di simile ai privilegi degli antichi comuni, ch' erano forme particolari di libertà. Or niente di questo si rinviene in Italia: gli antichi privilegi, le antiche franchigie non più esistono da molto tempo; e l'uniformità della schiavitù ha partorito questo bene di apparecchiare gli animi alla uniformità della libertà. Cio che ha di particolare ciascuna provincia è un particolare flagello; nè Roma si solleverà certamente con

(1) Mémoires de Napoléon, vol. 5 e 5.

tro alla unificazione per serbare il privilegio del santo officio; nè Napoli pel sovrano arbitrio della polizia; nè Lombardia per la legge del bollo o i giudizi statari. Unico è l'ordinamento amministrativo di tutta Italia: schiavo il comune, schiava la provincia, padrone assoluto il principe; unico l'ordinamento fiscale; enormi dazi sul pane, sul sale, sul vino, su tutti i generi di prima necessità, regolamenti che inceppano ogni commercio, e rendono impossibile ogni industria; scopo e fine di ogni atto governativo togliere al popolo ogni libertà ed ogni denaro; e si arricchisse almeno il pubblico erario! Mano, la stoltezza dei ministri è tale, che senza arricchire i governi s'impoverisce la nazione; l'opera del selvaggio, che atterra l'albero per raccogliere il frutto, tutti i dì si rinnova in questa culla della civiltà; invece di attingere l'acqua ove sgorga, si corrompe e inaridisce la sorgente. Nelle colonie inglesi dell' America settentrionale, prima che la guerra dell' indipendenza cominciasse, esistevano leggi libere, savie, a' bisogni di ciascuna colonia adatte, e da' coloni osservate e tenute in pregio: era quindi partito prudente, anzi necessario, il conservarle. In Italia al contrario, ogni legge è una stoltezza e una catena; abolirla, comune benefizio.

Leggo in un moderno libro: « l'unità fonde più stati in un solo, la rivoluzione è opera d'ogni singolo stato; l'unità è un lavoro politico esterno; la rivoluzione un lavoro sociale interno; l'unità si pone, fatta astrazione dai principii, e può essere imperiale o papale, monarchica o repubblicana: la rivoluzione esce unicamente dai principii si ferma qnando tutti gli stati sono liberi e li lascia separati ». Or qui è una vera confusione di termini, perciocchè non v'è correlazione necessaria, nè necessaria contraddizione fra l'unità e la rivoluzione: può farsi una rivoluzione per tutt'altro fine che per conseguirsi l'unità, può conseguirsi l'unità per tutt'altro mezzo che per la rivoluzione. L'unità non fonde più Stati in uno, ma è il risultato di questa fusione; la rivoluzione non è necessariamente opera d'ogni singolo stato; l'unità non è un lavoro politico esterno, ma l'effetto necessario di un lavoro morale interno, non fa astrazione di principii, ma è in se stessa un principio; e come vi può essere unità imperiale, papale, monarchica e repubblicana, così vi può essere rivoluzione imperiale, papale, monarchica e repubblicana: l'antitesi è quindi un pretto paralogismo. Di poi si ritorna a ricercare in Roma non so qual guisa di indegnità sua propria, e si afferma il suo nome non poter affascinare se non gli ammiratori de' Cesari e i cattolici romani; come se Roma riponesse le sue glorie nelle memorie di Caligola e di Gregorio XVI, e non in quelle di Bruto, di Scipione, di Cincinnato, di Fabio e di Catone; come se dal Campidoglio non sia sorta due volte la civiltà del mondo; come se la città nella quale scrissero Livio e Tacito, e cantarono Virgilio e Lucrezio morirono i Gracchi e Arnaldo da Brescia, non possa da altri essere tenuta in venerazione che dagli ammiratori de' Cesari e dei papi!

XIV.

COME L'UNITA' SIA NECESSARIA ALL' ITALIA
DURANTE LA GUERRA.

La storia antica e moderna c'insegna i popoli composti in unità aver sempre alla lunga vinto i loro nemici, avvegnachè più numerosi e potenti. Il regno di Babilonia cadde sotto i colpi degli Assiri; l'esercito di Serse fu rotto a Salamina e a Platea, come quello di Dario a Maratona;

« PrethodnaNastavi »