ganna, e se s'inganna qualche volta, fia sì raro, che s' inganneranno più volte i pochi uomini che avessero a fare simili distribuzioni (1) ». E in un altro luogo: << Quanto alla prudenza ed alla stabilità, dico, come un popolo è più prudente, più stabile e di miglior giudizio che un principe. E non senza cagione si assomiglia la voce di un popolo a quella di Dio, perchè si vede una opinione universale fare effetti maravigliosi nei pronostici suoi, talchè pare che per occulta virtù e' prevegga il suo male e il suo bene...... Vedesi ancora, nelle sue elezioni a magistrati, fare di lunga migliore elezione che un principe, nè mai si persuaderà ad un popolo, che sia bene tirare alla dignità un uomo infame e di corrotti costumi, il che facilmente e per mille vie si persuade ad un principe: vedesi un popolo cominciare ad avere in orrore una cosa, e molti secoli stare in quella opinione; il che non si vede in un principe (2)». Attenendoci all'autorità di quel sommo intelletto, confermata dalla ragione e dalla esperieuza, tenghiamo per certo, che se il popolo non è atto a far leggi, attissimo egli è, più che ogni principe e governo alla distribuzione degli uffici e delle dignità. Faccia l'assemblea nazionale le leggi, ma lasci al popolo la cura di eleggere i magistrati che debbono applicarle: una legge dell'assemblea ordinerà i tribunali; ma il popolo eleggerà i suoi giudici: una legge dell'assemblea ordinerà la pubblica istruzione, ma il popolo eleggerà i maestri ed i professori: una legge dell'assemblea ordinerà i municipii, ma il popolo di ogni municipio eleggerà gli amministratori. Questa rivoluzione sarebbe in Italia una vera ristaurazione, perciocchè èra (1) Discorsi, l. 1, c. XLVIII. (2) Discorsi, l. 1, c. LVIII. sul principio della elezione che fondavansi tutte le nostre istituzioni; nè credo possa dirsi (anco non risguardata che la parte la quale parrebbe meno adatta al popolo) che il cardinale segretario di stato faccia scelte più savie e più degne per i professori dell' università di Bologna, o l' imperatore d'Austria, il granduca di Toscana, i duchi di Modena e di Parma per le scuole de' loro dominii, di quelle che facessero ne' secoli di mezzo i bolognesi, i pavesi, i padovani, i fiorentini, i pisani, i modenesi ed i parmigiani, quando agli studi di quelle città accorreva la gioventù intelligente di tutto il mondo cristiano. Volete discorrere delle arti? Ad Arnolfo di Lapo affidavano i fiorentini l'edificazione del loro tempio, a Brunellesco facevano costruire la maravigliosa cupola che dovea coronarlo, a Giotto la torre del duomo, al Ghiberti le porte del battistero: così gli altri popoli d' Italia. S' ingannavan forse nella scelta? Preferivan forse al merito l'intrigo, il favore, l'impostura come ne' moderni governi veggiam fare? Or se un popolo non s'inganna nella elezione di un maestro di teologia, di fisica, di matematiche, o di uno scultore, di un pittore, di un architetto, per la quale parrebbe bisognassero conoscenze non ordinarie, con maggior ragione non s'ingannerà nella elezione di savî giudici e di probi e intelligenti amministratori. Così solo si rende impossibile l' usurpazione e sicura la libertà; così solo si accorda l' indipendenza del comune con l'unità della nazione, si evitano i pericoli del federalismo e quelli della centralizzazione, nè più si vedranno in potere de' governanti cattivi tutti quei mezzi di corruzione che hanno, nè addosso a' governanti buoni quel carico insopportabile della distribuzione degli uffici e delle dignità, scopo di tanti maneggi vergognosi, e cagione di tanti odii, nimista, rancori e mutamenti di governo. Dico adunque concludendo, che al male della centralizzazione è unico rimedio l'applicazione larghissima del principio elettivo; e che nessun rimedio vi apporterebbe l'ordinamento federale, perciocchè questo può bene accordarsi colla centralizzazione. Che importa alle provincie essere tenute nella schiavitù e dispogliate di ogni vita dalla capitale dello stato o dalla capitale della nazione? Ciò che importa egli è che non siano oppresse; nè ridotte cadavere. XVII. DEL PAPATO CONSIDERATO COME IMPEDIMENTO NON SOLO ALL'UNITA', MA ANCO ALLA LIBERTA, ITALIANA. Ma l'argomento, che alcuni credono di maggiore considerazione contro l'unità italiana, è l'esistenza del dominio temporale della Chiesa. Or se fosse dimostrata l'impossibilità di liberare l' Italia da questo giogo, sarebbe inutile ragionare, non che d' unità, d'indipendenza e di libertà: nazione caduta per non più risorgere, altro non ci resterebbe che gettarci ai piedi de' nostri padroni pregandoli che ci percuotano meno forte, ardere i volumi dell'italiana sapienza, gittar in Arno le sacre ceneri racchiuse nelle tombe di santa Croce, fare ammenda innanzi al padre inquisitore, e supplicare il pontefice ci conceda quelle indulgenze che conceder soglionsi a' moribondi. Gli officiosi difensori del papato o s' illudono o voglion illudere. Scrivono che i padri gesuiti sono suoi nemici; ed e' risponde, « che li riguarda con somma compiacenza, come instancabili coltivatori della vigna del Signore (1) ». (1) Parole di Pio IX: 30 marzo 1848. dicono che il santo officio non giova, e che anzi nuoce alla Chiesa: e la Chiesa risponde mettendo all'indice le opere nelle quali le iniquità del santo officio sono disvelate. Ma in qual tempo di confusione e d' infingimenti siam noi per pretendere che il papato sia quale una nuova generazione di poeti lo ha immaginato, e non quale lo dimostra la storia, la giornaliera esperienza, l'unanime voce de' cardinali, de' vescovi, de' frati, de' diari cattolici della corte di Roma approvati e protetti? E questi diari in mille modi ripetono: senza i gesuiti che ottenebrino le menti, senza il santo officio che tormenti i corpi, il papato è impossibile: egli ha necessità della dottrina dell'ubbidienza passiva, e di quel tribunale, che il Paleario, il quale ne fu vittima, diceva; sicam districtam in jugula litteratorum. Vengono le lagrime agli occhi quando si leggono queste parole, che Galileo scriveva intorno al suo processo: << M'interessa un tribunale, in cui, per essere ragionevole sono stato riputato poco men che cretico. Chi sa che non mi riducano gli uomini dalla professione di filosofo a quella di storico della inquisizione! Ma me ne fan tante a fine che io diventi l' ignorante e lo sciocco d'Italia, che farà d'uopo alla perfine finger d'esserlo ». Sì, questa è la dura legge che il papato impone a' sommi intelletti, rinunziare alla verità, o fingere ignoranza e sciocchezza. Il padre commissario Lancio, alle dimostrazioni matematiche del Galileo, null'altro rispondeva, che terra autem in aeternum slabit, quia terra in aeternum stat. « Io invocava la ragione, egli soggiunge, e non ebbi in risposta che un'alzata di spalle ». Il papato con la ragione, col libero esame, colla libertà di coscienza, colla libertà politica? Il papa, il sacro collegio, i vescovi vi risponderanno, come il commissario inquisitore con un'alzata di spalle. Il papato, come la famosa compagnia, è qual è, o non è. Sta solo a vedere sino a quando l' Europa sopporterà, che un'istituzione in contra sto manifestissimo con tutti gli elementi della civiltà, resti nel bel mezzo dell'Italia, quasi sfidando la ragione e l'umanità. I figliuoli di Voltaire non staranno eternamente di guardia alle porte del Vaticano. La Francia pigliando le armi in difesa del papato, le rivolse contro a se stessa, ammazzando, come dice Ferruccio, un uomo morto, ferì di profonda ferita il suo petto. Sansone ha dato la sua chioma in mano della meretrice, ed ha perduto la sua forza: attendete che la chioma ricresca al tonsurato. Noi abbiamo veduto e vediamo tutti i di ciò che sanno fare i pontefici quando vincono: se saran vinti vi sarà ancora chi oserà proporre componimenti ed accordi? La pace è desiderabile e santa quando non aumenta il pericolo; ma quando partorisce effetti contrari è, sotto nome di pace, perniciosissima guerra. Il papato vi sarà nemico per ciò che gli togliete d'autorità temporale, non amico per ciò che gli lasciate. Il far benefizio a chi si persuade aver ricevuto ingiuria non è bastante a cancellare questa dalla sua memoria; e quelli che si tengono ingiuriati si sdegnano e si vergognano del beneficio ricevuto. Ciò è vero per tutti i principi, ma molto più per i pontefici, i quali credono o fingono di credere l'assoluto potere temporale che esercitano essere un deposito sacro posto da Dio nelle loro mani. Dove si dà leggi in nome di Dio, la ragione diviene empietà. La saviezza dice: quest'azione è grata a Dio perchè giusta: il prete che crede leggere nel libro degli eterni arcani, dice: quest'azione è giusta perchè è grata a Dio (1). E chi potrà seguire i confini dell'umana giustizia quando si fa professione di vendicare le ingiurie fatte alla divinità? Di più, egli è impossibile che il papa, (1) PLATONE, Eutyphron. |