Slike stranica
PDF
ePub

vedendo scemata la sua autorità temporale, non sospetti gli sia ogni dì più scemata ed anche tolta: e dietro al sospetto vien l'odio, dietro l'odio le offese, e con le offese l'unione coi nemici di chi si offende, cioè coi nemici d' Italia. Questa fu la triste via fornita da Pio IX, non per sua volontà (bisogna ben persuadersi di questo, se non voglia cadersi in nuovi inganni), ma per necessità fatale della istituzione. Le istituzioni sono come gli uomini: si vendicano delle leggere offese, e delle gravi non possono. Guai all'Italia se si lascerà nuovamente sedurre da quelli che si assidono, come disse il Nicolini, « Vinti sull'ara e vincitor sul trono » , se non ricorderà le parole del Cristo: « Ogni albero che non fa buon frutto è tagliato e gitato nel fuoco »: meglio non vincere, perchè il danno e la vergogna sarebber meno. Non compriamo la viltà col nome della prudenza. «Prudente, cioè savio, dice un antico vuol dire quasi certo vedente: ch'egli è sì avveduto, ch' ei prevede gli incerti avvenimenti (1) ». E Boezio disse: «Non basta ragguardare quello che ti è posto innanzi agli occhi: ma il savio mira il fine delle cose (2)». E Terenzio: « Questo è il sapere: non vedere solo quello, che ti stà innanzi ai piedi; ma mirare quello che dee venire (3) ». Or i nostri prudenti non solamente non prevedono quello che dee venire, ma quello che è a loro posto innanzi agli occhi non vedono, e delle cose passate non si ricordano: che strana guisa di prudenti e' son costoro!

Dicono che l'Italia è destinata a soffrire per tutti, salvando co' suoi dolori la fede e il pontificato; ma se

[ocr errors]

(1) İSIODORO, Etymolog. XI.

(2) De consolat. II.

(3) BARTOLOMEO DA SAN CONCORDIO, Ammaestr, degli antichi.

la fede è cosa divina non ha bisogno dell' Italia per salvarsi: e se l' Italia soffrisse volontariamente per salvare il pontificato, non sarebbe manco degna di compassione. Abbastanza, abbastanza abbiamo sofferto: troppo lungo tempo abbiamo sopportato il peso e la vergogna dell'altrui iniquità. Finisca una volta questo martirio di dieci secoli; martirio senza merito, senza grandezza, senza gloria, come quello che non è dalla fede, nè dall'amore di patria nobilitato. Ma perchè mai ci dovremmo noi condannare ad un eterno dolore? Per una dominazione; la quale si fonda favoleggiando la donazione di Costantino, e falsificando quelle di Pipino, di Carlo Magno e di Lodovico il Pio; s'ingrandisce con gli inganni, le frodi, le violenze, le manifeste usurpazioni, le fomentate discordie italiane, ed i cento volte invocati aiuti stranieri; e si sostiene con le armi dei nemici nostri. Chi è questo vicario di Cristo, che mangia il corpo di Cristo seduto in trono; questo servo dei servi di Dio che si cinge di tre corone; questo padre dei fedeli che comparte le sue benedizioni al rimbombo dei cannoni omicidi, e circondato di baionette ancor crueuti del sangue dei suoi figli; chi è questo successor di Pietro il pescatore, che si fa portare sulle spalle degli uomini come il gran Mogol, che si fa rinfrescare l'aria d'intorno il viso co'ventagli di penne come il re di Persia, e fa cantare lodi a Dio dagli eunuchi, che sono un permanente oltraggio della natura e di Dio? Pietro dette la sua vita per fondare la santa sede; ed io vedo toglierla agli altri per conservarla. Io leggo in san Giovanni, che quando Pietro trasse la spada per difendere Gesù Cristo, questi gli disse: « Riponi la tua spada nella guaina (1) »; ed ora vedo trarre ed insan

(1) S. GIOVANNI, XVIII, 11.

guinare tutti i dì le spade per difendere, non Gesù Cristo, ma le rendite della camera apostolica, e le pingui prebende, e i ricchi benefizi de' cardinali. Io leggo in san Luca, che Cristo disse ai discepoli: « Li re delle genti le signoreggiano, e coloro che hanno podestà sopra esse son chiamati benefattori. Non così voi: anzi il maggiore fra voi sia come il minore, e quel che regge come quel che ministra »; e leggo ancora: « Il figliuolo dell' uomo venne a servire, non a farsi servire, e a dare l'anima sua per la redenzione della moltitudine (1) ». Il buon pastore la pecora smarrita poneva sulle sue spalle con gioia (2), il pontefice la dà in mano del beccaio chè la sgozzi, egli rappresentante di colui, che diceva doversi perdonare non sette, ma settanta volte sette (3). Per qual suo pregio dovremmo noi osservare e venerare la corte romana? Forse per la sapienza, per il disinteresse, per la buona fede, per l'amore del popolo, per il favore accordato a'nobili intelletti, per la liberalità, per l'umanità, per la misericordia? Qual virtù è in lei, o piuttosto di qual colpa non s'è fatta rea? A chi dee ubbidire una provincia nobilissima d'Italia? A persone ignavi, oziose, d'ignobili costumi; senza lume di dottrina, inette al reggimento degli Stati, ignare delle arti della pace, non use a'travagli della guerra, eppure circondate sempre di forestiere milizie, che si fan pagare il diritto di opprimere e signoreggiare la Chiesa. « O donna adultera, cantava Ezechiello, che ricevi gli stranieri in luogo del tuo marito! E'si dà premio a tutte le altre meretrici: ma tu hai dati i tuoi premii a tutti i tuoi amanti, ed hai loro fatti dei presenti, acciocchè venissero a te d'ogni intorno per le tue fornicazioni. Ed è avvenuto in te, nelle tue fornicazioni, tutto il contrario dell'altre donne (1) ». Stato romano non esistè nè storicamente, nè giuridicamente: esiste un predio che chiamano pontificio, accozzaglia di feudi e di liberi municipii, ciascuno de'quali ha sue tradizioni proprie e sue glorie proprie, contrarie allo stato, che non ne ha alcuna. Di questo miscuglio i pontefici han fatto un gran feudo, il più strano che mai si sia veduto sulla terra: non è monarchia, non è repubblica, non è teocrazia; ma rac-chiude i mali di tutti questi governi, e nessuno dei benefizi. Questo feudo singolarissimo, per un'altra strana finzione, non è in Italia, non ha nazione, perciocchè sua nazione dicono che è il mondo; è universale, cioè a dire non è patria nè di chi serve, nè di chi signoreggia. Nón v'è gloria civile, non v'è gloria militare, non v'è sicurezza di leggi, nessun documento della nuova civiltà. V'è padrone ogni barbaro che vi discende in armi, nessun barbaro vi è straniero. Lo disse Pio IX il dì che disse: << che innumerevoli figliuoli sosterrebbero come la casa del padre, il centro della cattolica unità »; il dì che disse che i tre milioni di sudditi pontificii « hanno dugento milioni di fratelli d'ogni nazione e d'ogni lingua (2)». E gli italiani applaudirono (sì cieche eran le menti!) a chi dava loro dugento milioni di fratelli di ogni lingua e di ogni nazione nella difesa del centro della cattolica unità, cioè a dire a chi metteva Roma fuori d'Italia, fuori della nazione, patrimonio comune dello spagnuolo, dell'austriaco, del francese, del croato, e dell'abitator del Giap

(1) S. LUCA, xx11, 25; vedi S. Matteo e S. Marco,

(2) S. LUCA, XV.

(3) Ibid., xvm.

(1) EZECHIELLO, XVI.

(2) Allocuzione del 1° febbraio 1848.

pone o della Nuova Zelanda. Così di fatti sta lo stato della Chiesa, senza storia, senza governo civile, senz'armi proprie, difeso da cherici collettori e guidatori di soldati stranieri; non è romano, non è italiano; è un flagello e una desolazione senza nome. E come fare intendere ragione a chi dice ribelle l'umana ragione? Se resistete al papa come principe, egli vi scomunica; se mettete in dubbio la sua autorità sacerdotale, e'vi punisce di morte; allegate le leggi, vi risponde co'cannoni; pigliate le armi, si difende colle bolle ed i monitorii; citate il vangelo, vi oppone gli editti del segretario di stato; contro alla scienza sta l'indice; contra al domma dell'umana libertà il precetto della ubbidienza passiva. Chiedetegli beni materiali, e'vi addita il cielo; parlategli del cielo: e'vi dice che è principe di questa terra. È re ed è sacerdote, libera i morti dal purgatorio e fa morire i vivi in Castel Sant'Angelo, predica la povertà ed alberga nel Vaticano, comanda nel medesimo tempo agli angeli ed a'birri (1): è vicario di Dio, e chi negli Stati della Chiesa bestemmia Dio ha cinque anni di galera, e chi bestemmia il suo vicario ne ha dieci. Non accusate tale o tal altro pontefice; non siate ingiusti cogli uomini: è la natura della istituzione la colpevole. L'innesto mostroso delle due podestà non potendo sussistere che in una società barbara, per necessità della propria conservazione, deve sforzarsi a tenere la società in uno stato di barbarie, e quindi gli uomini senza notizia di lettere, senza scienza, senza libertà, senza civiltà, senza patria, non altrimenti che bruti.

(1) Vedi una bolla di Clemente VI, pubblicata dal Balurio, nella quale si legge: El nihilominus prorsus mandamus Angelis Paradisı, quatenus animam illius a Purgatorio penitus absolutam in Paradisi gloriam introducant.

« PrethodnaNastavi »