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bero? Materia de' concili sono la dottrina e la disciplina. In quanto alla dottrina, gli antichi concili non creavano il domma, ma quasi direi autenticavano quello ricevuto dalla maggioranza delle chiese. Così quello di Nicea fece per la consustanzialità delle due prime persone della Triade, contra Ario ed i suoi discepoli; così quello di Costantinopoli, allorquando disse lo Spirito Santo essere egualmente Dio, contra chi lo affermava di diversa natura; così quello di Efeso quando condannò Nestorio, che separava l'umanità dalla divinità di Cristo, e niegava alla Santa Vergine il titolo di madre di Dio; così infine, per tralasciarne moltissimi altri, il concilio di Trento, condannando le dottrine dei protestanti intorno al sacramento eucaristico, la confessione, la messa, le indulgenze, il purgatorio, la remissione de' peccati e via discorrendo. Il concilio insomma non ha alcun oggetto, in materia di dottrina fuori del caso in cui vi sia controversia sul domma ricevuto, o si tratti di riconoscere come domma ciò che i teologi chiamano un punto o articolo di fede. Or, quale sarebbe l'Ario, il Nestorio, l'Eutichio, il Berengario ed il Lutero, contro al quale si dovrebbe dire anatema? Ovvero quale il nuova domma da riceversi dalla nuova chiesa? Ed in qual modo il concilio obbligherebbe e costringerebbe i dissidenti a ricevere il nuovo simbolo? San Cirillo, per convincere i suoi avversari, menava seco un esercito di villani, di marinari e di schiavi, che a sassate e a colpi di mazza facean gridare a' Nestoriani: « viva Maria madre di Dio!» Gli Eutichiani furono così fieramente battuti nel concilio di Calcedonia, che Flaviano pontefice di Bisanzio ne mori per le percosse ricevute dal patriarca di Alessandria, bande furiose di monaci armati, percuotendo, ferendo ed ammazzando i dissenzienti, propagavano l' attributo di sanctus, sanctus, sanctus, dato dal concilio al signore Iddio. E quando questo non bastava, intervenivano gli imperatori e le imperatrici, che per lavarsi de' proprii peccati o per compiacere alle cortigiane, a' drudi, a' disonesti garzoni ed agli eunuchi che più in corte potevano, facevano strozzare o ardere gli eretici a centinaia e a migliaia, mettevano a ferro e a fuoco le città e desolavano provincie intere. Così i dissidenti erano esterminati o costretti al silenzio, il maggior numero de' fedeli ubbidiva al concilio, e la Chiesa serbava la sua unità, cosa desiderabile e santa se non fosse costata fiumi di umano sangue. Così furono disfatti i Manichei, i Paoliciani, gli Ariani, i Nestoriani, gli Albigesi, gli Ussiti, sinchè l'eresia divenuta forte abbastanza per resistere alle armi cattoliche potè rompere l'unità della Chiesa, sottraendo all'ubbidienza de' concili e di Roma pressochè un terzo del mondo cristiano. Quale sarebbe adunque l'utilità del concilio in materie di dottrina? E sarebbe forse più grande nelle materie disciplinari? Anco in queste la forza è sempre venuta in aiuto dell' unità cattolica; e basti rammentare la contesa intorno il celibato degli ecclesiastici che tanto sangue costò a Milano, e quella sulla comunione delle due specie per i laici che sì fieramente divise l'Alemagna. I cattolici non riconosceranno giammai una chiesa senza il papa, un concilio da lui non convocato e non preseduto, i decreti di un' assemblea di laici: se questo facessero, cesserebbero di esser cattolici; e se cessassero di essere cattolici, ognuno seguirebbe le ispirazioni della sua ragione individuale, e l'unità della Chiesa diventerebbe quindi impossibile. La podestà civile quando i tempi la secondano, può ricreare una qualche guisa di unità dottrinale, come accadde in Inghilterra, in Svezia e in altri luoghi; ma in questo caso non bisogna parlar più di cattolicismo; ma sì bene di protestantismo, ed accettarne tutte le conseguenze.

E di protestantismo già si ragiona in Italia, dove nè

la bibbia tradotta dal Diodati, nè i libri contrari alle credenze cattoliche che si vanno divulgando, nè le segrete predicazioni di qualche ministro della chiesa riformata avrebbero prodotto alcuno effetto notevole, senza l'odio grandissimo che si è procurato la corte di Roma, e senza le male opere del clero, il quale credendo morta per sempre la rivoluzione, ha smesso ogni infingimento ed ogni riguardo, e si è fatto cieco strumento della tirannide nostrale e forestiera. Or è nell' umana natura odiare le dottrine degli uomini che si odiano, e credere più facilmente all'errore dei propri avversari che a quello degli amici. Il favore, che parve dapprincipio accordare Pio IX alla libertà ed indipendenza italiana ricondusse moltissimi alle credenze cattoliche; la condotta contraria tenuta dopo da lui e dal clero partori contrari effetti. Nè sarebbe fatto nuovo nella storia veder la riforma religiosa intro dursi in una nazione per ragioni politiche. Così accadde in Isvezia, così nelle Provincie Unite, così accader potrebbe in Italia, se vi fosse un principe che osasse imitare Gustavo Wasa o Guglielmo di Nassau, o qualche città considerevole che alla ubbidienza di Roma si sottraesse.

Il protestantismo ha il pregio di rendere l'istruzione pubblica necessaria per lo stabilimento istesso della credenza, e d'identificarla così con gli ordini della società, che anco ne' tempi del più fiero dispotismo non v'è chi osi attentare in modo notevole alla libertà delle scuole. Si sono quindi vedute tutte le forme d'insegnamento popolare nascere spontanee in terra di protestanti, e non poter essere trapiantate ne' paesi cattolici senza grandissimi ostacoli; ovvero, trapiantate, non abbarbicarsi e rimanere infermiccie e infruttifere. La scienza negli stati cattolici (e per stato cattolico io intendo quello in cui la religione cattolica domina legalmente e non ha rivali) si trova in guerra permanente col clero; ed è impossibile ch'ella serbi quella moderazione e quella calma che non

la dovrebbero giammai abbandonare. Intenta sempre a combattere, assume quegli andari bellicosi e veementi che nocciono al suo regolare progresso, e alla sua stessa dignità. E non è da far le maraviglie se le virtù di qualche pontefice e le utili opere della Chiesa trovino giudici più imparziali fra gli scrittori protestanti che non fra'cattolici, imperocchè non è il tempo della battaglia il più adatto per rendere giustizia all' inimico e far le lodi de' suoi maggiori.

Negli stati, dove s'è voluto introdurre gli ordini liberi e serbare nel medesimo tempo il predominio della religione cattolica, la contraddizione è giornaliera ed evidentissima; ma dove le credenze religiose riposano sul principio del libero esame, la libertà politica nasce spontanea e divien sacra per tutti. Io vedo la cattolica Italia schiava dell' Austria, l'Austria schiava di se stessa e della Russia, l'Irlanda schiava dell' Inghilterra, schiave la Polonia, l'Ungheria e la Boemia; e se sien schiavi o liberi la Spagna e il Portogallo, e se il sangue da loro versato abbia dato frutti di libertà, lascierò che altri decida. Dall' altra parte io vedo libera l'Inghilterra, libera l'Olanda, libera la Svezia, e serbare forme e costumi di libertà la Prussia. In Svizzera la parte avversa a libertà signoreggia ne'cantoni cattolici, e la ricchezza e civiltà è fra' protestanti. In America chi vorrà far paragone fra il cattolico Messico e gli eterodossi Stati Uniti, fra Rosas e Washington? La Francia, che non è cattolica e non è protestante, ha tutti in grembo i germi della schiavitù e della libertà; or prima, or ultima fra le nazioni; esempio maraviglioso del magnanimo insorgere e del vituperevole prostrarsi; fonte perenne di speranze e di disinganni, perchè perennemente condannata alle periodiche rivoluzioni e alle periodiche ristaurazioni. Ed a queste ragioni, che valgono per tutte le nazioni cattoliche che rivendicarsi desiderano in libertà, se ne potrebbero aggiungere molte altre particolari all'Italia, sede del pontificato; ma perchè sono da per loro stesse chiare e manifeste, tralascio di discorrerne.

XIX.

DELLA SEPARAZIONE FRA LO SPRITUALE ED IL TEMPORALE.

Il dualismo notato fra la materia e lo spirito diè luogo alla distinzione scolastica del medio evo fra il potere spirituale e il potere temporale, secondo la doppia regola del gius canonico e del gius civile. Questa teoria traversò tutto il medio evo, continuò per opera de' parlamenti di Francia, e scese sino a noi. «Fu necessaria agli uomini, scrisse Dante, una doppia direzione, cioè il sommo pontefice, che, secondo la rivelazione, guidi l'uman genere all' eterna vita; e l'imperatore, che, secondo i documenti della filosofia, indirizzi il genere umano alla temporale felicità (1) ». Questa dottrina veniva così esplicata: <<che Iddio ha costituito due governi nel mondo, uno spirituale e l'altro temporale; ciascuno di essi supremo e indipendente l'uno dall'altro; l'uno è il ministero ecclesiastico, l'altro è il governo politico; di quello ha dato la cura agli apostoli e ai loro successori, di questo ai principi; sicchè gli uni non possono intromettersi in quello

(1) De Monarchia, l. in.

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