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era parola nel progetto di legge. Ma nella discussione del consiglio generale fu mossa appunto questione intorno a'poteri da darsi a'deputati di detta assemblea co. stituente, e fu deciso ed approvato all'unanimità, che dovesse intendersi essere il loro mandato illimitato. Allora il dubbio si fece in me gravissimo e credei di dovere sottoporre la quistione al segreto giudizio di più persone autorevoli e competenti; e tutte rispettivamente convennero nel dichiarare incorrersi con tale atto nella censura della Chiesa. Nondimeno essendo stata sparsa da taluno notizia con molte apparenze di verità che il papa non solo non intendeva di condannare la costituente italiana, ch'egli anzi, interrogato su tal proposito, non avea disapprovato la votazione per la medesima, io volendo procedere in questo importantissimo affare per le vie più sicure, ed avere un giudizio solenne ed inap. pellabile, mi risolsi con lettera del 28 gennaio prossimo passato a consultare il sommo pontefice, al giudizio del quale in siffatta materia io come sovrano cattolico do. vea interamente sottopormi. La replica di sua Santità, per impreviste circostanze, mi è pervenuta più tardi di quello che io credeva: quindi la ragione per cui ho so. speso finora a questa legge la sanzione finale, che per lo statuto apparteneva al principe. Ma la lettera desiderata è ora giunta ed è nelle mie mani. Le espressioni del santo Padre sono così chiare ed esplicite da non lasciare l'ombra del dubbio. La legge della costituente italiana non può essere da me sanzionata. Finchè la costituente era tale atto da porre all'azzardo an. che la mia corona, io credei di poter non fare obietto, avendo solo in mira il bene del paese e l' allontanamento di ogni reazione. Perciò accettai un ministero che l'aveva già proclamata, e che la proclamò nel suo programma. Perciò ne feci soggetto del mio discorso di apertura nelle assemblee legislative. Ma poichè si tratta ora di esporre con questo atto me stesso e il mio paese alla sventura massima quale è quella d'incorrere io e di fare incorrere tanti buoni Toscani nelle censure fulminate dalla Chiesa, io debbo ricusare dall'aderire e lo fo con tutta tranquillità di mia coscienza. In tanta esaltazione di spiriti è facile il prevedere che il mio ritorno in Firenze in questo momento potrebbe espormi a tali estremi da impedirmi la libertà del voto che mi compete. Perciò io mi allontano dalla capitale ed abbandono anche Siena, onde non sia detto che per mia causa questa città fu campo di ostili reazioni. Confido però, che il senno e la coscienza del mio popolo sapranno riconoscere di qual peso sia grave la cagione che mi obbliga a dare il veto, e spero che Dio avrà cura del mio diletto paese. Priego infine il ministero a dare pubblicità a tutta la presente dichiarazione, onde sia manifesto a tutti come e perchè fu mossa la negativa che io do alla sanzione della legge per la elezione dei rappresentanti toscani alla costituente italiana. Che se tale pubblicazione non fosse falta nella sua integrità e con sollecitudine, mi troverei costretto a farla io stesso dal luogo ove la Provvidenza vorrà che io mi trasferisca. Siena il di 7 febbraio, 1849. Leopoldo ». Così il principe metteva il sovrano veto a una legge da lui precedentemente approvata; invitava il papa ad ingerirsi nelle faccende temporali dello stato e a' suoi decreti ubbidiva. Su di che si poggiasse il pretesto delle censure ecclesiastiche, lo vedremo nel seguente capitolo.

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CAPITOLO IV.

CONTINUAZIONE DELLE COSE ROMANE

E NEGOZIAZIONI PER LA COSTITUENTE ITALIANA,
E PER IL RITORNO DEL PAPA A ROMA.

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La proclamazione della costituente italiana era sgradita nello stato romano non solamente a'partigiani della sovranità chericale, ma anco agli amici del principato costituzionale. Il Gallieno, comandante della guardia civica di Roma, rassegnò l'ufficio: i prelati, che governavano le provincie, qual prima qual poi, quasi tutti si dimisero; ed i governatori laici devoti a Pio IX anch'essi seguirono il loro esempio. La parte costitu zionale teneva segrete pratiche col cardinale Castracane e con monsignore Roberti a Roma; profferiva i suoi servigi al papa a Gaeta, per mezzo del Bevilacqua, del Ricci, del Rosmini, del Montanari e del dottore Fu. sconi; e messasi all'opera delle cospirazioni, che tanto avea condannata neʼrepubblicani, disegnava levare il romore, e mutare violentemente lo Stato. Voleano però che il papa assicurasse il mantenimento dello statuto e consentisse alla federazione italiana, e alla guerra della indipendenza, come se il papa non fosse fuggito di Roma per fuggire lo statuto e per sottrarsi alla necessità di cooperare alla guerra.

Pio IX dovette certamente sorridere di tanta semplicità, e senza manco rispondere a quelle dimande che doveano parergli stoltissime, pubblicò il seguente monitorio: « Ai nostri amatissimi sudditi. Da questa pacifica stazione ove piacque alla Divina Provvidenza di condurci, onde potessimo liberamente manifestare i nostri sentimenti ed i nostri voleri, stavamo attendendo che si facesse palese il rimorso dei nostri figli traviati per i sacrilegi ed i misfatti commessi contro le persone a noi addette, fra le quali alcune uccise, altre oltrag. giate ne'modi i più barbari, non che per quelli consumati nella nostra residenza, e contro la nostra stessa persona. Noi però non vedemmo che uno sterile invito di ritorno alla nostra capitale, senza che si facesse parola di condanna dei suddetti attentati, e senza la minima garanzia che ci assicurasse dalle frodi e dalle violenze di quell'istessa schiera di forsennati, che ancora tiranneggia con un barbaro dispotismo Roma e lo Stato della Chiesa. Stavamo pure aspettando che le proteste ed ordinanze da noi emesse richiamassero ai doveri di fedeltà e di sudditanza coloro che l'una e l'altra disprezzano e conculcano nella capitale stessa de'nostri Stati. Ma invece di ciò un nuovo e più mostruoso atto di smascherata fellonia e di vera ribellione da essi audacemente commesso colmò la misura della nostra afflizione ed eccitò insieme la giusta nostra indignazione, siccome sarà per contristare la Chiesa universale. Vogliamo parlare di quell'atto per ogni riguardo detestabile, col quale si pretese intimare la convocazione di una sedicente assemblea generale nazionale dello Stato romano con decreto de'29 dicembre prossimo passato, per istabilire nuove forme politiche da darsi agli Stati pontificii. Aggiungendo così - iniquità ad iniquità, gli autori e fautori della demagogica anarchia tentano distruggere l'autorità temporale del romano pontefice sui dominii di santa Chiesa, quantunque irrefragabilmente stabilita su'più antichi e solidi diritti, venerata, riconosciuta e difesa da tutte le nazioni, col supporre e far credere che il di lui sovrano potere vada soggetto a controversia, o dipenda dal capriccio de'faziosi. Risparmieremo alla nostra dignità la umiliazione di trattenerci su quanto di mostruoso si racchiude in quell'atto abbominevole per l'assurdità della sua origine, non meno che per la illegalità delle forme, e per l'empietà del suo scopo; ma appartiene bensì all'apostolica autorità, di cui, sebbene indegni, siamo investiti, ed alla responsabilità che ci lega coi più sacri giuramenti al cospetto dell' Onnipotente, il protestare non solo, siccome facciamo nel più energico ed efficace modo contro dell'atto medesimo, ma di condannarlo eziandio alla faccia dell'universo, quale enorme e sacrilego attentato commesso in pregiudizio della nostra indipendenza e sovranità, meritevole de'gastighi comminati dalle leggi sì divine che umane. Noi siamo persuasi, che al ricevere l'impudente invito, sarete rimasti commossi di santo sdegno ed avrete rigettata lungi da voi una si rea e vergognosa provocazione. Ciò non ostante perchè niuno di voi possa dirsi illuso da fallace seduzione e da predicatori di sovversive dottrine, nè ignaro di quanto si trama dai nemici di ogni ordine, d'ogni legge, d'ogni diritto, di ogni vera libertà e della stessa vostra felicità vogliamo oggi nuovamente innalzare e diffondere la nostra voce in guisa che vi renda vie più certi dello stretto divieto con cui vi proibiamo, a qualunque ceto o condizione appartenenti, di prendere alcuna parte nelle riunioni che si osassero fare per le nomine degli individui, da inviarsi alla condannata assemblea. In pari tempo vi ricordiamo come questa nostra assoluta proibizione venga sanzionata dai decreti de'nostri predecessori, e dai concilii, e special

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