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26 febbraio '88 Guglielmo di Ceva consentiva a farsi cittadino del Monte con obbligo di tenervi una casa e difendere il Comune da ogni nemico, ed altro accordo era stipulato il 16 agosto fra il Comune stesso ed il marchese di Clavesana. Non tutti questi patti, invero, suonavano pace: il cevasco, ad esempio, si sottometteva a Mondovì per far testa al cugino Nano, cui contrastava la successione totale del marchesato, sebben dovesse infine piegarglisi. In genere, però, le principali difficoltà venivano a Monteregale dal vescovo d'Asti e da' Bressani e Della Valle, possente famiglia uscita dal seno della nuova terra e volta a volta, in sua irrefrenata ambizione, dominatrice all'interno, o nemica al di fuori. A quest'epoca i Bressani erano preponderanti nel Comune; epperciò, il 21 giugno '82, il vescovo astigiano Corrado, intimando agli uomini del Monte di accettare e riconoscere il podestà da lui nominato in persona del suo fido e valente Uberto di Govone, ordinava pure a quei signori di non ricevere in Mondovì, nè altrove, i traditori del vescovo nè i banditi di Bene. I rapporti incominciavano dunque ad esser tesi: da altri documenti del 22 e 23 appare che il Comune voleva arrogarsi la nomina del podestà ed altri diritti spettanti al prelato, il quale ne faceva assoluto divieto, come pure di elegger consoli che non fossero della villa del Monte, od in numero soltanto di uno. Alla renitenza de' cittadini il vescovo disegnava contraporre altri atti più energici e, in sua speranza, efficaci, al qual fine delegava il 4 luglio suo procuratore Sismondo Mazoco. Senza che ben se ne intenda la ragione, essendo vivo Uberto che rivedremo più tardi effettivamente podestà della terra, il 23 settembre si procedeva di nuovo dal vescovo alla nomina di un podestà del Monte in persona di Bellando Solaro, d'Asti. Un silenzio di alcuni auni nei documenti non prova, ma rende più accettabile l'ipotesi che il prelato ed il Comune fossero venuti temporariamente ad accordi, e Corrado nominasse in proprio nome la persona già scelta all'alto ufficio da' cittadini: espediente che appare in realtà adoperato qualche anno dopo e che mostrerebbe fin d'allora assai scossa l'autorità del vescovo d'Asti in Mondovì, e più appariscente che efficace l'opera sua ristoratrice. Nell'85 era da capo lotta aperta fra le due autorità: l'11 novembre, il nuovo vescovo Oberto passava procura per un'altra intimazione a' Monregalesi riguardo al regime così del podestà, come de' consoli, ed all'osservanza delle convenzioni reciproche; e solo il 13 aprile '89, in Mondovì, il prelato stesso ad istanza di Bressano de' Bressani e di altri cittadini - assolveva i consoli e rettori del luogo dalle

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censure incorse per aver usurpato i diritti della Chiesa astese, facendo le parti compromesso di lor differenze in Sismondo Mazoco ed in Guglielmo prevosto di Masio, per un mese oltre il ritorno di Oberto dalla Curia romana, e confermando questi i capitoli del Monte e consentendo a' cittadini di farne altri, purchè non contro i diritti della Chiesa d'Asti, nonchè di eleggere il podestà, pur di riceverne dal vescovo la conferma. Tosto i Monregalesi elessero Uberto di Govone, cui il prelato subito del pari riconfermò. Nondimeno, in alcuni degli anni seguenti, il podestà di Mondovì appar di nuovo nominato senz'altro dal vescovo d'Asti, e nel '94, essendo vacante la sede astese, il 13 luglio il Capitolo cassava ed annullava l'elezione fatta dal Comune in persona di Anselmo Berruto, ancorché segno evidente di debolezza lui poi nominasse con altr'atto

del medesimo giorno (1).

A compiere il quadro delle condizioni politiche generali del Piemonte alla morte di Guglielmo VII, resta ad avvertire come fossero vive le inimicizie e le gelosie di terra a terra, di famiglia a famiglia. Tra Fossano e Savigliano l'astio era vecchio, e la rivalità si protrasse anche sotto il dominio sabaudo; Alba aveva lottato a lungo contro Asti per la supremazia del Piemonte meridionale, e benchè soprafatta dall'emula, non poteva comprimere il rimpianto e l'animosità. Appunto perchè Fossano, sebbene sorta in odio ad Asti, n'era presto diventata fida aderente, Savigliano le era nemica, ed Alba erasi poi data nell'82 al Monferrino, e doveva più tardi farsi autrice precipua della ristorazione angioina (2). Talvolta gli odî particolari si ammantavano sotto i nomi generici di guelfi e ghibellini: de' primi erano nel Canavese i conti di San Martino, contrapposti a' Valperga e a' Biandrate; in Ivrea i Taglianti contro i Soleri; in Vercelli gli Avogadri contro i Tizzoni; in Chieri gli Englesii ed i Tasca contro i Balbi; in Alba i Rappa ed i Costanzi, poi i Falletti, contro i De Brayda; in Asti, infine, i Solari contro i Guttuarî, Isnardi e Turchi, riuniti, all'uso del tempo, in un «ospizio » col sopranome comune « De Castello » (3).

(1) Iura civitatis Montisregalis, ff. 208 segg., 390 v., 393 seg., 413 segg., Mondovi, 1598 (Cfr. Arch. di St. di Tor., Prov., Mond., Mazzo I, n 2); Libro Verde della Chiesa d'Asti, ms. cit., ff. 14, 62, 65 seg.; Liber instrumentorum Montisregalis, f. 29 v., ms. membranaceo nella Biblioteca di S. M. in Torino. Sui Bressani, MERCKEL, Un quarto di secolo e La dom. di Carlo d'Angiò, passim. Cfr. sopra, p. 10.

(2) TURLETTI, I, passim; MERCKEL, Opp. citt., passim; CIPOLLA e MERCKEL, Un'iscriz. del 1236 e l'orig. di Fossano, in Riv. stor. it., VI, 28. Deficiente il PASERIO, Not. stor. di Foss., Fossano, 1872.

(3) G. DELLA CHIESA, 927 segg., 937 (Cfr. le mie Ric. e st. st. di Bra, I, 156

Fin dal 1261 le ferite scambiate fra Bonifacio Solaro e Robaldo De Catena, genero di Rufino Guttuario, avevano provocato un primo scindersi de' cittadini in parti, e quindici « ospizi » s'erano accolti in una grande società, che si denominò dei « Becchincenere per resistere alla prepotenza dei Solari. Ne vennero nuove reciproche violenze, e nel '71 (1) una vera battaglia combattuta sul mercato durò circa un'ora. Composte le discordie, un autorevole cronista del tempo, che ricorda essersi trovato presente alla mischia del '71, afferma che la città rimase poi in pace interna fino al 1300: nondimeno lo stesso scrittore accenna altrove ad atti segreti d'inimicizia fra Solari e Guttuarî al tempo della dedizione di Cuneo a Tomaso I di Saluzzo. Secondo il Ventura, adunque, l'occupazione di quel luogo da parte del marchese sarebbe avvenuta col tacito assenso de' Guttuarî, allora preponderanti, mentre i Solari erano tenuti in basso « per aver favorito gli Angioini »; accusa abbastanza singolare per chiunque osservi come nella celebre seduta del Consiglio astese al campo di Quaranta, il 30 luglio '75, nel momento della lotta più intensa contro i Provenzali, sedessero sette Solari, un sol Guttuario, nessun Isnardo e nessun Turco (2). Comechessia, anche in Asti era negli animi un turbamento foriero di non lontane sventure.

Or da questo stato di cose e dalle lotte del decennio successivo, si origina e si determina quel complesso d'indirizzi e di fatti che governa e spiega tutta la storia del Piemonte nel secolo XIV.

nuova guerra.

II.

Dissoluzione dello Stato monferrino: il marchese Giovanni I condotto in Provenza. Pratiche di accordo con Amedeo V. Trattato con Asti: violazione dei patti Immistione angioina in Piemonte: sottomissione de' marchesi Tregua fra Asti e Monferrato. Scarsità di notizie sul Piemonte meridionale pel 1293: Matteo Visconti capitano e governatore del Monferrato. Ritorno di Giovanni I: nuova guerra con Asti. Compromessi

d'Incisa agli Astigiani.

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fra Amedeo V, Lodovico e Filippo di Savoia: divisione degli Stati savoini. Filippo in Piemonte: negoziati con Asti. Donazione di Tomaso I di Saluzzo al primogenito Manfredo IV. contro il marchese Nano. con Margherita di Savoia.

Guerra di Ceva: Monteregale e Guglielmo IV Autorità di Amedeo V: matrimonio di Giovanni I Questioni fra Ivrea ed i signori di Settimo Vittone. Congresso di Pinerolo e sue conseguenze. Questione dell'omaggio dell'abate di

segg.); MANDELLI, IV, passim; CIBRARIO, Chieri, 229 segg., 2a ed. Notisi che anche in Chieri vi era un Ospizio De Castello », ma guelfo e popolare.

(1) La data risulta con certezza da G. VENTURA, c. 4, 706, che ricorda come podestà Galeotto Lambertini e, l'anno dopo, Guglielmo della stessa famiglia. Ciò vale anche a correggere la tavola dei podestà astigiani data dai sigg. SELLA e VAYRA, CCLXXX seg., in quanto la podesteria di Galeotto nel '71 risulta dal Codex. (2) G. VENTURA, c. 12, 715; Cod. Ast., App., n. 1023. Cfr. sopra, p. 2.

San Dalmazzo fra Saluzzo e Monferrato.

Dogliani. tino.

Morte di Tomaso I: Giovanni di Guerra fra Delfinato e Savoia: spedizione di Filippo in Val San MarAltra guerra fra Monferrato ed Asti: contegno di Alba, Savigliano, Cherasco e Monteregale. Fatti d'armi. Pace fra Monteregale e Nano di Ceva: Imprese di Giovanni I contro Tregue e paci in Piemonte alla vigilia del Giubileo. Negoziati

sottomissione di Guglielmo IV e suoi aderenti. il Visconti.

ed accordi fra Monteregale ed i Bressani. Se allo Stato monferrino, con tanto avvedimento e tenacia ricostituito ed ampliato da Guglielmo VII, noceva già molto la prigionia del marchese, la morte di lui crebbe ancora la confusione e la rovina. Gli Astigiani, gli Alessandrini ed il Visconti continuavano le loro conquiste, ed insorgevano tutte le terre nuovamente aggiunte da Guglielmo all'avito marchesato. Pavia proclamò signore Manfredino Beccaria, indi a non molto cacciato; Alba, ancorchè non se ne conosca la data precisa, entrò pur essa nell'orbita dell'influenza astigiana, e già il 26 o 27 maggio, abbisognandole denaro per pagar molti debiti, toglieva a mutuo 1468 lire da Pietro De Brayda, rimesso in grazia dal Comune non solo, insieme cogli altri << graffagninio fuorusciti, ma or preponderante nella città, sì che per malleveria del suo prestito gli si ipotecava l'importante castello e luogo della Morra (1). Men certa è la condotta d'Ivrea, la quale appare bensì tra gli aderenti del marchese nella tregua del 26 dicembre seguente, ma consta aver tardato oltre due anni il giuramento a Giovanni I (2). Egli stesso, il giovane signore, fu da benevoli fatto condurre in luogo sicuro fuor del suo Stato, prima presso Tomaso e Manfredo di Saluzzo, poi presso il conte delfino Umberto, infine sotto la protezione di re Carlo II in Provenza (3). Il governo del Monferrato rimase affidato a quattro prodi e leali gentiluomini, Uberto di Cocconato, Facino di Tiglio, Nicolò bastardo di Guglielmo VII e Giacomo di Gabiano, de' quali fu precipua cura stringer accordi co' nemici esterni a fine di salvar lo Stato dall'ultimo sfacelo. Amedeo V di Savoia, oltre la condotta al servizio degli Astigiani, il 22 giugno '87 aveva conchiuso lega particolare con Ottone Visconti, arcivescovo di Milano e zio di Matteo, e colle città di Milano stessa, Pavia, Cremona e Piacenza: con lui, prima che con ogni altro, s'iniziarono pratiche di accomodamento, e nonostante le smentite recate in Asti da Amedeo di Conflans, vicario generale di

(1) G. DELLA CHIESA, 931; G. VENTURA, c. 14, 719; Cod. Ast., nn. 927-928; Arch. di St. di Tor., Monferr. marches., Mazzo IV, colla data 27; ibidem, Monferr. feudi, Mazzo LI, n. 1, colla data 26.

(2) Arch. Com. d'Ivrea, Mazzo I, n. 40. Notisi che appaiono aderenti anche Vercelli e Novara, già datesi al Visconti.

(3) MULETTI, ÏV, 408, 486; O. ALFIERI, 681; G. VENTURA e G. DELLA CHIESA, ll. cc.

qua dell'Alpi pel Conte, la sua attitudine sembra aver indotto la Republica a conchiudere un onesto trattato di pace coi governatori monferrini (1). Stipulossi l'atto il 12 giugno nel campo astese su quel di Tonco: per esso veniva fatta rinunzia agli Astigiani di tutti i diritti del Monferrato in Felizzano, Vignale, Castagnole, Calliano, Incisa e, in genere, in tutti i luoghi tenuti dal Comune; ceduti inoltre Tonco e Corticelle, in vece della qual'ultima terra, però, era riservato a quattro arbitri di determinare un compenso, quando non fosse rilasciata fra otto giorni. Non adempiendosi la sentenza arbitrale, sarebbe irrita e nulla la pace, pur rimanendo ferme le cessioni ad Asti, la quale rinunziava, intanto, a sua volta, ad ogni pretesa o ragione sui luoghi rimasti al marchese. Un articolo speciale riguardava il riconoscimento dell'indipendenza albese; un altro l'obbligo dei nobili di Cocconato di pagare ad Asti le taglie ed i fodri per due feudi che tenevano da essa. La serie degli aderenti nominati da Asti rispecchia mirabilmente la situazione politica generale vi si annoverano, in quest'ordine, l'arcivescovo di Milano; il vescovo di Alba; il conte di Savoia per tutta la terra di qua dei monti; il Comune di Chieri co' suoi vassalli; Emanuele ed Antonio conti di Biandrate; i Comuni ed uomini di Alba, Savigliano, Fossano, Monteregale, Cherasco; i signori d'Incisa; poi Genova, Cremona, Brescia, Piacenza, Pavia, Vercelli, Novara e Tortona. Meno di un mese dopo (7 luglio '92), anche fra Amedeo V ed i governatori del Monferrato si stipulava tregua regolare, convertita più tardi in rapporti amichevoli e famigliari con Giovanni I (2).

Il trattato del 12 giugno non ristabili immediatamente la pace, essendo insorte difficoltà per l'esecuzione degli articoli concernenti il castello e luogo di Corticelle. Gli arbitri si riunirono il 20 giugno ad Alfiano, presso Tonco, ma non riuscirono a mettersi d'accordo. Il contegno energico e minaccioso de' rappresentanti astigiani mosse i monferrini a fissare un nuovo colloquio il 28, a Cossombrato, prorogato a tal fine il termine della sentenza; ma nè allora nè poi fu possibile l'intesa, e ricominciarono le ostilità, colla peggio, s'intende, de' marchionali: Pollenzo, riedificata nell'85, andò allora definitivamente distrutta, e gli Astigiani fecero uno statuto che non potesse più essere riedificata (3). A salvare il Monferrato, fermando le armi、

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(1) Cod. Ast., n. 927; O. ALFIERI, 682. Arch. di St. di Tor., Monferr. marches., Mazzo II. CIBRARIO, St. mon., II, 214 seg.

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(2) Cod. Ast., l. c. Arch. di St. di Tor., Monferr. (3) Cfr. G. DELLA CHIESA, 923, con O. ALFIERI, 682.

marches., Mazzo II.

Statuta civitatis Ast.,

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