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vincitrici della Republica, venne in buon punto l'intervento degli Angioini, spianti l'occasione di rimetter piede nelle regioni subalpine e rifarvi il perduto dominio. Berengario Gaucelm fu delegato da re Carlo governatore ed amministratore di quel marchesato, e la sua presenza in Chivasso rianimò tutti i malcontenti del nuovo ordine di cose. Ancorchè benemerito di aver fatto passare Giovanni I al di là dei monti, fu contro il Saluzzese che si diressero i primi atti ostili della nuova autorità. Subito Manfredo di Busca in nome suo e de' nipoti Giovanni e Ramasio, con lui spogliati fin dal '77 de' possessi aviti da Tomaso I, chiedeva al Gaucelm di concedergli investitura a nome del Re de' castelli e ville di Busca, Montemale, Dronero, Villamairana, Lagnasco, parte di Cervignasco, di Pagno, di Castellar e di Brondello; ed il 31 agosto Carlo II ordinava da Tarascona al suo rappresentante di accettare l'offerto omaggio, che fu prestato il 13 dicembre in Chivasso da un procuratore dei marchesi di Busca. Assumevano costoro l'obbligo di servire ogni anno due mesi con due cavalli e la terza parte degli uomini di detti luoghi quante volte accadesse a' Provenzali di far guerra in Lombardia, e con tutte le loro forze nel raggio di dieci miglia. Acquistando il Re qualche terra nel marchesato di Saluzzo che fosse già stata di essi signori di Busca, doveva rimetterla a' medesimi; e parimenti costoro, acquistando paesi già stati del Re. Gravissimo in sè e per le conseguenze avrebbe potuto avere, un articolo speciale che impegnava l'Angioino a non far pace o tregua col marchese di Saluzzo senza consenso di quelli di Busca. I patti furono mandati a Carlo per la ratifica, ma intanto Asti, preferendo accettare i Provenzali come amichevoli mediatori, anzichè, così esausta da due terribili guerre, combatterne un ritorno armato in Piemonte, il 30 novembre deputava quattro ambasciatori a conchiudere tregua con Giovanni I. Tra il 18 ed il 21 dicembre, il Comune riceveva ancora la sottomissione di Alberto III, Manfredo, Guglielmo, Giacomo e Raimondo, tutti marchesi d'Incisa, i quali giurarono di far guerra per esso e soggiacere a tutti i carichi dal medesimo imposti o da imporsi; il 26, poi, stipulavasi in Nizza di Provenza la tregua fra Asti ed il Monferrato, duratura per cinque anni. Tomaso di Saluzzo fu dichiarato da ambe le parti fra i proprii aderenti, ma dagli Asti

c. 50, Asti, 1534. Fu corretta in 20 la data 17 giugno, tenendo conto della discordanza del giorno del mese e della settimana, nonchè di altre date dello stesso n. 927 del Cod. Ast. Cfr. anche le mie Ric. e st. St. Bra, I, 63 segg.

giani solo per ciò che teneva in feudo da loro; da Giovanni I, invece, anche come « consanguineo ed amico ». Conseguentemente, il 1 febbraio '93 era dal Re ingiunto al Gaucelm di annullare l'articolo bellicoso nella convenzione co' marchesi di Busca, ed egli lo cassava infatti il 5 aprile consecutivo. Ma a quest'epoca il Gaucelm era già di ritorno a Montpellier: la sua opera era finita dinanzi all'incalzare di nuovi eventi (1).

Nel trattato del 26 dicembre '92, Asti dichiarava tra' suoi aderenti così il Comune come il vescovo d'Alba: nondimeno le due autorità sembra non procedessero allora con molto accordo. Il 27 gennaio '93 il Comune albese riceveva il giuramento della sua « società del popolo dagli uomini di Diano, Rodello, Verduno e Roddi, e queste due ultime vedemmo terre vescovili (2). In quest'anno, per altro, sulla storia del Piemonte meridionale si stende folta la tenebria oltre questa notizia interessante, ma isolata, non è cenno che di fatti di scarsa importanza (3). Teatro di gravi avvenimenti era sempre il Monferrato, dove fin dall'anno avanti Matteo Visconti aveva assalito Trino ed altri luoghi, tantochè bisogno andassero a Milano i due governatori paesani Uberto di Cocconato e Bonifacio di Tiglio, e concordassero con lui, il 17 marzo, di crearlo « capitano e governatore » del marchesato per cinque anni, con provvisione di 3000 lire di tercioli, e quitanza di tutte le somme dovute dal Comune milanese a Guglielmo VII e, quindi, al di lui figlio. Partito il Gaucelm, al Cocconato ed a' suoi colleghi parve atto più generoso e più saggio conservar l'indipendenza del Monferrato e salvaguardar la successione del legittimo erede, respingendo i messi del Visconti a pigliar in custodia le fortezze e far sciôrre alcuni prigioni. Di qui, il 28 ottobre, vive recriminazioni di Matteo, il quale, nondimeno, dal seguito degli eventi par fosse ricevuto infine in Casale, ch'era il luogo che gli premeva di più. Verso il medesimo tempo, Lodovico di Savoia, fratello di Amedeo V, avrebbe

(1) Docc. in MULETTI, II, 474 segg., 478 segg. Cod. Ast., nn. 533 (Nella data che ivi è il 20 dicembre, i sigg. SELLA e VAYRA, LXVII, rilevarono, dalla discordanza col giorno della settimana, uno sbaglio di due giorni in più; ma in una copia antica dell'Arch. di St. di Tor., Prott. ducc., leggesi anzi 21) e 928. (2) CIBRARIO, Chieri, 151 n. Cfr. sopra, p. 7.

(3) Accordo per decime Saluzzo e Cervignasco fra Tomaso I e Collegiata Moncalieri (MULETTI, II, 481 segg.); altro fra il medesimo e le monache di Rifreddo circa giurisdizione sugli uomini di Sant'Ilario e Paralupo, presso Revello (ibidem); patti fra Monteregale e Bressano Della Valle per condotta acqua d'Ellero (Iura Montisreg., ff. 330, 420 v.); accordo pei confini fra Savigliano e Cavallermaggiore (TURLETTI, IV, doc. 133, 10 dic.).

occupato Chivasso e Verrua, seppure non è falso il documento che ce ne ha conservato notizia (1).

Carlo II aveva trattenuto a lungo Giovanni I colla lusinga di dargli in moglie una sua figliuola: intanto egli si vedeva ogni giorno più vicino a perder tutto quanto lo Stato. Tornò adunque di qua dell'Alpi nella primavera del '94: il 4 marzo ricevette da Tomaso di Saluzzo il consueto omaggio per Dogliani, che questi teneva in feudo da lui; nell'aprile era già rientrato nel Monferrato senza incontrar ostacoli da parte del Visconti, che anzi fin da principio sembra si comportasse con lui come amico. Ivrea lo riconobbe « capitano il 16 maggio, mediante certi patti convenuti seco in nome della città dal sindaco Deberlenda in presenza del vescovo Alberto Gonzaga; la vendita di Cornegliano al Saluzzese gli assicurò alleanze e denari per ripigliar la guerra con Asti. Intorno ad essa, però, durante il '94 è profonda oscurità: i particolari che ne raccontano alcuni storici appartengono ad altro tempo (2).

Lo stesso anno '94 accadde un fatto invero decisivo per l'avvenire del Piemonte, e forse d'Italia. Già si è detto come Amedeo V assumesse il comitato di Savoia, che pur sarebbe spettato a suo nipote Filippo. Ne nacquero naturalmente contese, anche perchè Lodovico, fratello di Amedeo, vedendo lui conte, volle per sè parte maggior dell'avuta. Con Lodovico, stipite della linea di Vaud, fu tuttavia possibile mettersi d'accordo mediante una serie di compromessi e negoziati diversi: restava ad intendersi con Filippo, cui il padre aveva lasciato i dominî aviti di Piemonte sotto la tutela della madre Guia di Borgogna. Fin dal 9 febbraio '86 la tutrice aveva rimesso il governo effettivo del paese al cognato Amedeo, e l'ordine era stato promulgato il 24 maggio in un'assemblea ragunata sulle rive del Sangone presso Giaveno. Ma Amedeo V governò poscia in suo proprio nome; onde il nipote, uscito omai di minorità, moveva giusti richiami, che avrebbero potuto dar luogo a grossi guai. A

(1) MANDELLI, IV, 119; B. SAN GIORGIO, 80 segg. (Francesco di Tiglio è vi errore per Facino, ossia Bonifacio); G. DELLA CHIESA, 932. (2) MULETTI, II, 486, dov'è rettificata la data dei cronisti. G. DELLA CHIESA, 933; G. DEL CARRETTO, 1159. Arch. Com. d'Ivrea, Mazzo I, n. 40. B. SAN GIORGIO, . c., riferisce un documento, secondo cui, il 12 maggio '94, Galeazzo Visconti, figlio di Matteo e vicario imperiale, avrebbe pronunziato, come arbitro e comune amico, dover il conte Lodovico di Savoia restituire a Giovanni I Chivasso e Verrua. A me il documento riesce molto sospetto. Ad Asti, G. DELLA CHIESA, 1. c., aggiunge nella guerra Alessandria, ma non par probabile. Come nascesse, infine, l'errore di B. SAN GIORGIO, 80 (L. DELLA CHIESA, St. del Piem., 82, Torino, 1777, e MURATORI, Ann. d'It.), spiegherò altrove.

Rivista Storica Italiana, XI.

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tagliare il male alle radici, fu, secondo il sistema di allora, compromesso in Lodovico di Vaud, Umberto di Luirieux e Pier Simondi giureconsulto, i quali pronunziarono appunto il 10 dicembre '94 che Filippo ed i suoi fratelli dovessero rinunziare a qualsiasi titolo e ragione sul comitato di Savoia e ducato di Aosta: Amedeo V dismetterebbe in cambio al nipote il Piemonte da Rivoli in giù, vale a dire Collegno, Alpignano, Pianezza, Torino, Grugliasco, Cavoretto, Moncalieri, Castelvecchio, Carignano, Vigone, Villafranca, Cavour, Miradolo, Perosa e valle, Pinerolo, Cumiana, Frossasco e Macello, e l'omaggio dei nobili di Alpignano, Piossasco, Trana, Baudissero, Scalenghe, Piobesi, Vinovo, Lucerna, Torre, Bobbio, Airasca, Val San Martino, Lombriasco, Bricherasio, Mombrone, Beinasco, e dei marchesi di Romagnano, co' diritti su Montozolo, ancor tenuto dai Chieresi, e Sommariva del Bosco, da Giovanni I, riservandosi solo l'omaggio dei marchesi di Monferrato e di Saluzzo; questi paesi sarebbero tenuti da Filippo e suoi successori in feudo da' conti di Savoia; Guia si riterrebbe soddisfatta di sue ragioni dotali mediante la cessione suddetta al suo primogenito, il quale darebbe 400 lire tornesi annue a' suoi fratelli finchè fossero provveduti di un vescovato o di altro sufficiente beneficio. Non tutti si acquetarono al pronunziato, ed i parenti di Borgogna istigavano Filippo a rigettarlo: egli, invece, lo ratificò il 31 gennaio '95, e così già il 24 febbraio gli erano rimesse le sue terre (1). L'importanza di quest'avvenimento fu enorme: creato un ramo collaterale della Casa sabauda in Piemonte con interessi unicamente di qua dell'Alpi, veniva dato a quella dinastia un impulso vigoroso a riguardare con più cura alle cose nostre, e perchè colla conservazione di Val di Susa e l'alta sovranità sul rimanente la linea comitale continuava ad esservi interessata ancor essa, si preparavano gli splendidi destini nazionali degli Umbertidi.

Filippo di Savoia impiegò i primissimi mesi del suo reggimento a visitare i proprii domini e riceverne, tra feste e conviti, gli omaggi. Ma assai per tempo volse l'occhio alla politica esterna, e già alla fine di aprile negoziava a Torino con cinque cittadini astigiani, fra cui principale Petrino Isnardi, e mandava poi in Asti, suo ambasciatore, Ottone di Miglioreto (2). Da questo momento la situazione

(1) CIBRARIO, St. mon., II, 194 segg. va corretta come nel testo), 27 segg.

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DATTA, II, 20 segg., 23 segg. (la data Arch. di St. di Tor., Prott. ducc.

(2) Datta, I, 25 segg., SARACENO, Reg. princ. Ac., 23-28, Torino, 1881 (estr. Misc. st. it., XX).

generale si delinea meglio. Tomaso I di Saluzzo aveva già da più anni conferito gran parte del governo al primogenito Manfredo IV: or l'11 luglio '94 aggiungeva altra larga donazione al medesimo, pur non trascurando di acquistar ancora per sè, nel '95, la terza parte di Boves da Emanuele Mondini e consorti (1). Tutto un viluppo di guerre ardeva nel Piemonte meridionale, dove perdurava l'ostinazione di Guglielmo IV di Ceva in sostenere i suoi diritti ad una parte di quel marchesato contro l'indirizzo accentratore di Nano. Con lui si erano posti i signori di Monasterolo, Ormea, Battifollo, Scagnello, Massimino, Pornasio, Nucetto e Cusio, pentiti forse di aver ceduto poc'anzi alle premure e pressioni di Nano stesso; e per opera de' Bressani li appoggiava tutti Monteregale di nuovo

in lotta anche colla Chiesa d'Asti intorno all'elezione del podestà scendendo a combatter per essi contro il marchese (2). Tra Asti e Monferrato durava sempre l'altra guerra incominciata l'anno avanti, per cui forse il 17 gennaio '95 il capitano del popolo ed il Consiglio dei duecento savi della città concedevano al Comune ed uomini di Bra la custodia del territorio di Pollenzo, con varî diritti: tale concessione, per altro, non ebbe effetto che due anni e mezzo dopo, nell'agosto '97, quando di nuovo erano vive le ostilità fra la Republica e i due marchesi Giovanni I e Manfredo IV (3). Della guerra monferrina, per allora, sembra entrasse appunto mediatore Filippo di Savoia: ma fallita l'opera sua, era nel maggio '95 richiesto di aiuti da Giovanni, e mandavagli infatti soldati sotto Falchetto de' Bersatori, altre genti chiamando da varî punti del suo Stato; onde lo stesso capitano d'Asti si recava a Pinerolo, prescelta dimora del giovine principe, e tra' conviti si riprendevano i negoziati, che forse stavolta approdarono a pace o tregua, giacchè pel resto dell'anno non si ha più notizia di fatti d'armi, ad eccezione, in epoca incerta, di un tentativo di Filippo medesimo di entrar per sorpresa nel castello di Moretta (4).

Non è improbabile che durante questa guerra cominciasse a scadere l'autorità della Republica su' Comuni di Alba, Savigliano, Cherasco e Monteregale; onde si spiegherebbe meglio il contegno assunto

(1) MULETTI, II, 486; G. DELLA CHIESA, 933.

(2) Arch. di St. di Tor., Prov., Mond., Mazzo X, n. 6. Iura Montisreg., ft. 421 segg. Cfr. sopra, pp. 5 e 10.

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(3) Arch. Com. di Bra, Privil., Mazzo I, n. 1. Cfr. Ric. e st. st. Bra, I, 48 segg. Fu in seguito alla cessione di Pollenzo a Bra ch'ebbe luogo nel '98 la delimitazione di confini fra Bra stessa e Cherasco, su cui ADRIANI, Indice, 48 seg.

(4) SARACENO, 28-29.

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DATTA, I, 27.

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