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allora reciprocamente dalla medesima e da Nano di Ceva. Questi - una delle più insigni figure della storia subalpina di quella età, saggio, valoroso, prudente -comprendeva che la salute e l'avvenire di sua famiglia stavano nell'affermazione della propria autorità su tutti i collaterali. Per trionfare, non esitò dinanzi ad un partito audace e rischioso, accogliendo l'avviso di Oddone Del Carretto, che lo consigliava a rinserrare i vincoli di unione con Asti; epperò il 22 ottobre '95 le vendeva tutti i suoi possessi al prezzo di 100.000 lire astesi, riavendoli tosto in feudo dalla Republica, con promessa di donarle e ricever pure in feudo da essa quanto potesse in avvenire acquistare. L'articolo contemplava appunto Guglielmo IV e le sue terre. Ratificati i patti il 21 novembre, e da' figli Giorgio III e Guglielmo V il 16 febbraio '96, la vittoria decisiva era omai per Nano soltanto più questione di tempo, in quanto dietro di lui erano tutte le forze astigiane. Per tener testa più gagliardamente, Monteregale ed i Bressani cercarono invano di eliminare le altre difficoltà, risolvendo il litigio con Guidotto di Valperga, vescovo d'Asti, mediante lodo proferto da Tomaso Asinari il 24 dicembre '96, dichiarato indi meglio il 6 aprile '97: tutto fu inutile, in ispecie per la piega assunta d'un tratto dalla politica generale, nonchè dalla rottura co' Bressani, sopravvenuta forse appunto per le prime manifestazioni pacifiche del Comune (1).

Amedeo V, composti i dissensi famigliari, pacificato col Delfino di Vienna e col conte di Ginevra, carezzato da Bonifacio VIII che gli concedeva con un suo breve non potrebbesi promulgar sentenza di scomunica contro di lui, nè d'interdetto contro i suoi dominî senza speciale mandato della Sede apostolica, cresceva ogni giorno più di autorità, onde la sua amicizia era grandemente ricercata. Nel '96, il marchese di Monferrato ne chiese ed ottenne in moglie la figliuola Margherita (23 marzo), con dote di 20.000 lire astesi assicurate sulla valle di Susa: lo sposo vi aggiunse una controdote di altre 10.000, dando a guarentigia del tutto i castelli di Lanzo, Ciriè e Caselle (2).

(1) Arch. di St. di Tor., Prov., Mond., Mazzo X, n. 6. Iura Montisreg., Liber istrum. M. R., ms. cit., f. 57 v.

f. 129.

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(2) CIBRARIO, St. mon., II, 201 segg. Arch. di St. di Tor., Prott. ducc. (25 novembre '95), e Real Casa, Mazzo III. Più tardi, nell'aprile 1300, per maggior guarentigia, Margherita mandò un suo procuratore à ricever giuramento di fedeltà da' tre luoghi. USSEGLIO, Lanzo, 82, Torino, 1887. Ne' dominî di Giovanni I verteva allora contesa fra Ivrea, i signori di Vallesa e Settimo Vittone ed il podestà di San Martino. Vedi Arch. Com. d'Ivrea, Mazzo I, nn. 42-44: 22 gennaio '96: transazione, presente il marchese, per cui detti signori cedono alla Città il castello di Settimo, riservata la casa che avevano in esso a censo dal Comune, con facoltà

Nell'agosto ebbe luogo a Pinerolo un congresso, cui intervennero gli ambasciatori de' marchesi di Monferrato e di Ferrara; poco più tardi, in settembre, Filippo di Savoia, ch'era stato in Inghilterra, riceveva certi Genovesi, non si sa se ambasciatori o mercanti. In quella, l'omaggio nuovamente prestato a Tomaso di Saluzzo dall'abate di San Dalmazzo per Borgo, Monasterolo, Roccavione e Val Vermenagna, ma preteso anche da Giovanni I, poco mancò mettesse fra loro alle mani i due Aleramidi: pur fu trovato termine di accomodamento, per cui il monferrino rinunziava alle sue ragioni in ricambio di aiuti contro Asti. Tomaso I morì indi a poco, il 3 dicembre, lasciando numerosa figliuolanza di maschi e femmine: di quelli alcuni furono ecclesiastici; Giovanni, che, secondo il disposto paterno, doveva ricever solo 100 marche d'argento, accampava tuttavia pretese, cui rinunziò poscia il 17 febbraio 97 mediante investitura di Busca e Centallo, cui furono aggiunti in processo di tempo Dogliani ed altri luoghi e castelli. Costui fu uomo savio, astuto e rinomato, onde lo chiamarono « Giovan grande » e « Giovan spada lunga », ed i nemici « Giovan cane »: di sua stirpe vennero i signori di Dogliani e la seconda casa de' marchesi di Clavesana. In compenso, Manfredo di Busca ed i suoi nipoti, abbandonati da' Provenzali, facevano il 18 marzo la loro sottomissione per Lagnasco ed altre terre (1).

Nel '96 sembra fossero sopite le ostilità in tutto il Piemonte, ancorchè Vercelli temesse in novembre qualche assalto da parte d'Ivrea per i luoghi di Bolengo, Piverone e Palazzo, contrastati fra le due città: per contro si riaccesero più vive e complesse nel '97. Rinata guerra fra Amedeo V ed Umberto Delfino, vi partecipò pel primo anche il giovane Filippo. In maggio il Conte andò a Roma presso il Pontefice; in luglio era già di ritorno, ed assisteva in. Torino ad una congrega di tutta la nobiltà savoina di Piemonte, nella quale è credibile si trattasse appunto di quella guerra. In principio di agosto, infatti, raccoglieva Filippo le sue genti in Val San Martino e poneva assedio al castello di Perrero. Il marchese di Saluzzo fu chiamato pur egli ad unirsi all'esercito di Savoia, ed il castello costretto in

al medesimo di costrurre in quel luogo un borgo; 16 aprile: sentenza arbitrale del Vescovo Alberto Gonzaga, che trasferisce in Ivrea il mero e misto impero; 3 dicembre: investitura in feudo gentile del castello di Settimo fatta da Giacomo del fu Corrado, signore di detto luogo, a favore d'Ivrea, colle corti, palazzi, etc., mediante 300 lire di segusini vecchi.

(1) SARACENO, 30. G. DELLA CHIESA, 933, 964.

MULETTI, II, 506; III, 9-11.

fine ad arrendersi. Contemporaneamente, Giovanni I e Manfredo IV riprendevano le armi contro Asti, e contro la Republica si pronunciavano anche Monteregale, Alba e Savigliano, la qual ultima terra già l'anno avanti aveva accolto truppe monferrine. Nonostante la scarsezza di documenti, si può ritenere come accertato che fra Giovanni I e Matteo Visconti corressero in questi anni amichevoli rapporti; onde fu certo per consenso ed opera del secondo che il primo ebbe aiuti da Alessandria, Tortona e Vercelli. Con essi, il 15 marzo, si spinse il marchese fino al ponte d'Isola, presso Asti, e bruciò molte terre fino a Neive; in aprile continuò il guasto del territorio nemico, ed alla fine di maggio tornò a' borghi della città medesima, procedendo oltre fino a Castel Alfero. Ma gli Astigiani non tardarono a pigliarsi amara rivincita, bruciando, guastando e saccheggiando co' loro aderenti i territorî di Alba, Savigliano e Mondovì, nonchè di Guglielmo IV di Ceva e di altri signori di sua parte. Fuperciò che il Comune monregalese, travagliato in ispecial modo da Nano, scese il 25 giugno ad accordi con lui, ed in ricambio del riconoscimento del proprio territorio ne' castelli e luoghi di Torre, Roburent, Montaldo, Frabosa, Roccaforte, Vasco, San Biagio, Rocca de' Baldi, Carrù e Carassone, e del rilascio de' prigionieri fatti durante le ostilità, consentiva ad espellere dalle sue terre i marchesi Oddone e Francesco di Clavesana, Guglielmo IV e tutti gli altri membri della casa cevasca in disaccordo col capo della famiglia, impegnandosi inoltre a non far pace o tregua co' Bressani senza consentimento di lui. Proseguendo i successi, le milizie astigiane espugnavano intanto Vignale; poi, il 3 ottobre, Albugnano, il 2 novembre Bieleta, il 3 Moncucco e Castiglione, il 2 dicembre Cartosio vecchio (1). La guerra proseguì nel '98: con quali fatti particolari s'ignora; ma consta che in detto anno i quattro Comuni di Alba, Cherasco, Savigliano e Mondovi, stanchi di patir danni da ambe le parti, si unirono in una lega, che durò anche più tardi (2). A' cu

(1) MANDELLI, IV, 123 segg. CIBRARIO, St. mon., II, 235. SARACENO, 31-32. G. DELLA CHIESA, 933-936. Iura Montisreg., ff. 421 segg. Fin dal 20 febbraio '96, insieme con Giovanni Scarella, consignore di parte di Garessio, Provenca, Mursecco e Ceresole, aveva Nano concesso forti riduzioni perpetue d'imposta agli abitanti di detti luoghi per gli aiuti avutine nella guerra (Arch. di St. di Tor., Prov., Mond., Mazzo XIV, n. 6 bis).

(2) Più che sulla testimonianza del VOERSIO, 191 e 482, e del NOVELLIS, St. di Savigl., 57, che, del resto, affermano la lega diretta contro Giovanni I e Manfredo IV nel qual caso non si capirebbe perchè non si fossero unite a dirittura con Asti, ni fondo sull'atto 8 gennaio 1300, di cui infra (Liber instrum. M. R., ms. cit., f. 42).

gini di Nano di Ceva, fin allora a lui restii, convenne fare di necessità virtù, ed il lor dissenso con lui compromettere in due cittadini astesi, Enrico Pelletta e Rufino Alfieri, i quali pronunziarono il 20 dicembre doversi da ambe le parti rimettere le ingiurie, danni e guasti recati; esser tenuti Guglielmo IV ed i suoi figli a rinunziare ad ogni ragione loro competente in Rezzo, Mursecco, Proenca, Ceresole, Bardinetto, Bagnasco, Massimino, Ormea, Monasterolo, Montezemolo, Castelnuovo, Bastia di Carassone, Castelvecchio e Castelbianco, salvo solo ciò che avevano in Ceva, Roasio e Priola; vendersi da' medesimi a Nano per 6000 lire astesi la metà di Ceva meno un'ottava parte, la villa di Roasio, i castelli e ville di Priola, Mombasiglio, Montegrosso, Lesegno, Cigliaro, Rocca, metà di Niella e metà di Perlo, co' mulini, battitoi, forni e redditi del mercato di Ceva, riavendoli in feudo da Nano stesso; cedersi infine da Leone, Oberto, Guglielmo, Giovanni e Francesco di Scagnello ogni ragione su tutto il marchesato cevasco, a riserva di Scagnello or detto. Il 4 febbraio '99, una serie di atti effettuò le decisioni degli arbitri; il giorno stesso, Nano, a tenor de' patti del 95, prestò omaggio e fedeltà agli Astigiani pe' luoghi nuovamente acquistati (1).

A quest' epoca doveva certo esser già stipulato un trattato di pace o tregua fra il Comune astese ed il Monferrato, perchè l'attenzione di Giovanni I si rivolge ora a tutt' altra parte: forse la sottomissione particolare di Guglielmo IV e dei suoi cugini a Nano fu conseguenza di questa pace che loro toglieva le ultime speranze di aiuto contro di lui. Sul finire del '98 era venuto meno il buon accordo fra il Monferrino e Matteo Visconti, ed il primo collegavasi col conte Filippo di Langosco, con Manfredo Beccaria e coi Pavesi per far guerra al secondo. Le ostilità cominciarono in marzo '99 congiuntesi il 18 le schiere a Mortara, il Beccaria marciò tosto su Novara, di cui gli furono aperte per intesa le porte. Due giorni dopo anche Vercelli era tolta a' Visconti dai Pavesi, e dopo una scorreria sul Milanese, si davano a Giovanni I Casale, poi Como. La guerra si prolungò in Lombardia fino al 4 settembre, ancorché già stipulata la pace generale il 31 luglio a mediazione di Venezia, e data l'8 agosto alla medesima l'adesione di Vercelli. Il marchese fu l'ultimo a far tregua, e vi si acconciò soltanto allora per non aver i mezzi di combatter oltre da solo. Quindi, il 16 settembre stesso, Matteo Visconti si avviava col figlio Galeazzo e molti ar

(1) Arch. di St. di Tor., Mond., Mazzo X, n. 6.

mati a Novara, poi a Vercelli, e là da' Tornielli, qui da' Tizzoni, gli furono restituite le città (1).

L'altra guerra fra Delfinato e Savoia si complicava colla lotta vitale tra Inghilterra e Francia, onde nelle tregue fra i due Stati maggiori erano compresi anche i minori. Sulla fine del '97 e nel corso del '98 fu dunque pace sulle Alpi. Nel '99, invece, le ostilità ricominciarono, ed il Delfino accennava ad assalire anche i possessi alpini di Filippo di Savoia, il quale, pertanto, chiamò tosto in armi le sue genti e cavalcò poi nel luglio per le valli al di sopra di Pinerolo. Scarsi i risultamenti di questa campagna, al ritorno dalla quale scoppiò rissa tra quei di Moncalieri e di Torino, tantochè da una parte e dall'altra s'ebbero morti e feriti, e, in conchiusione, i due luoghi dovettero pagar grosse multe. È però notevole osservare che il marchese di Saluzzo era ancor strettamente unito col principe sabaudo, e quest' ultimo aveva pur ricevuto in Avigliana, fin dal maggio, « certi ambasciatori saviglianesi » (2).

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Verso la fine del '99, adunque, un' aura di pace sembrava spirare su tutto il Piemonte. Dopo gli atti del 4 febbraio, anche Nano di Ceva non doveva più aver ragione di mantener guerra fra Monteregale ed i Bressani, ed il 10 ottobre, infatti, si conchiudeva una tregua. Seguirono ancora « novità » nel Comune per causa di quella turbolenta famiglia; epperciò ebbero luogo arresti e commovimenti. Ma il principio dell'intesa era posato, ed il 21 dicembre i Bressani e Della Valle, signori di Carrù, delegavano procuratore Giacomo Solaro a compromettere le lor discordie e differenze co' Monregalesi nel Vescovo d'Asti - Guido Valperga e negli ambasciatori di Alba, Savigliano e Cherasco. Il compromesso fu fatto il di medesimo fino al febbraio 1300: due giorni dopo, il termine venne prorogato a piacimento degli arbitri, e dichiarò accedervi anche. Oddone Bressano, uno de' personaggi più ragguardevoli e più riottosi del casato. L'istrumento è dell'8 gennaio seguente: fu redatto in Monteregale, sotto il portico della casa di Oddone di Morozzo, sindaco del Comune Guglielmo Bigliono, procuratore de' Bressani il Solaro. In esso pronunziarono unanimi gli arbitri: dover essere buona amistà fra le parti, con facoltà reciproca di andare, stare e tornare ne' territori l'una dell'altra; rimesse a vicenda le offese,

(1) B. SAN GIORGIO, 82; G. DELLA CHIESA, 936; G. FIAMMA, c. 337; Ann. Mediol., c. 70, GIULINI, Mem. di Mil., VIII, 512; MANDELLI, IV, 129 segg.

(2) CIBRARIO, St. mon., II, 237. Arch. Com. di Monc., Mazzo II. SARACENO, 33-34, 38n.

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