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morte e dove furono trasportate anche le sue spoglie. Il monumento è opera dello scultore romano Cadolini e consiste in un bassorilievo rappresentante il busto dell'Onofri sopra un tronco di colonna, e di fronte la figura della Repubblica che lo guarda e piange. L'epigrafe è semplice ma eloquente:

ANT. HONUPHRIO

PATRI PATRIE

Fu l'Onofri di alta e bella persona; di sembianze gravi e dignitose, tali che si conciliava subito il rispetto altrui: era poi di così affabili e cortesi maniere, che se ne acquistava facilmente la fiducia e la benevolenza. Gaio e socievole per natura, nelle conversazioni rendevasi a tutti caro e desiderabile per svegliatezza di spirito e per un cotal suo fare tutto lepore e facezie.

Qualificato come diplomatico di prim'ordine, è a dolersi che non ci rimangano di lui nemmeno i discorsi proferiti nelle diverse circostanze solenni: discorsi che se furono atti a stabilire la sua riputazione letteraria fra i contemporanei, l'avrebbero tramandata anche ai posteri.

Ma ciò non toglie che A. Onofri non sia stato, per egregie e degne opere compiute, il più benemerito della patria fra i Sammarinesi, e non sia in gran parte merito suo se, in quella spaventosa bufera durata più di vent'anni, la Repubblica di S. Marino potè sopravvivere alle lotte continue, e resistere fino al ritornar della calma.

È questo che mi ero proposto di dimostrare col presente scritto: se non ci sono riuscito, mi basta di aver messo in chiaro fatti che mi parvero importantissimi, portando il mio debole contributo alla memoria del Padre della patria. Possa esso risvegliare nei petti infiacchiti dei contemporanei quel santo zelo, che fu di sprone all'Onofri in tutta la sua vita laboriosa.

PIETRO BOSCHI.

DOCUMENTI (1),

I. Memoria del cittadino A. Onofri Deputato della Repubblica di San Marino alla Commissione del Direttorio Esecutivo della Rep. Francese in Roma nel 1798 (Archivio gov. di San Marino. Reggenza. Carteggio. Lettere alla Repubblica. 1797-1799. Busta 148).

Roma, 20 aprile 1798.

Il General in capo Bonaparte col mezzo del cittadino Monge, spedito li 19 Pluvioso dell'anno VI della Repubblica Francese alla piccola Repubblica di S. Marino, le esebisce l'ingrandimento del suo territorio. Essa rifiuta la graziosa offerta, col timore di compromettere un giorno la preziosa libertà che gode da oltre tredici secoli. Si limita solamente alla richiesta di alcuni oggetti indispensabili alla sua esistenza, presentando al Generale una memoria che li conteneva sotto diversi articoli. Il cittadino Monge, che fu l'organo di queste relazioni, scrive da Tolentino il 1° Ventoso a. V Rep. che il Gen. in capo ha trovato ragionevoli tutte le nostre domande, e ci lusinga che riceveremo incessantemente una risposta favorevole. Li 10 Ventoso il Gen. in capo scrive da Modena alla Rep. di S. Marino che i suoi cittadini possidenti nello Stato già pontificio, saranno esenti da qualunque contribuzione e rispettati in qualunque luogo della Rep. Francese. In tempo stesso li donò in nome della Rep. Francese quattro pezzi di cannone da campagna e 1000 quintali di grano. Il Gen. Sahuguet è incaricato di eseguire questi ordini. Non potè farsi l'esportazione dei cannoni sul momento, attesi i pericoli che si sarebbero incontrati per parte dei sollevati della vicina Montagna. Quanto al grano il Gen. Sahuguet accordò solo il permesso della libera estrazione. Li 14 Floréal il cittadino Monge scrive da Roma alla Rep. di S. Marino, d'ordine del Gen. in capo Bonaparte, per informarsi se la medesima ha ricevuto dei cannoni, e se ha conseguiti altri oggetti che pareva desiderare. I Capitani Reggenti risposero sul momento al cittadino Monge e scrissero altra lettera al Gen. in capo sul dubbio che la prima fosse mancata, affidandola per maggior sicurezza al Gen. Sahuguet. Non vedendo risposta alcuna la Reggenza replicò altra lettera allo stesso Gen. in capo sotto il 29 maggio, pregandolo di accogliere i suoi Deputati che potessero presentarseli a Milano per ossequiarlo e per trattare di cose che interessavano sommamente. Anche questa lettera fu affidata al Gen. Sahuguet. Sospiravano i Sammarinesi questa risposta, ma dopo aver atteso molto tempo inutilmente, seppero con sommo loro dispiacere che il Gen. Bonaparte era partito da Milano alla volta di Parigi. Dopo le più belle speranze pertanto di dovere, dopo molti secoli di avvilimento, provare di giorni più felici e le maggiori beneficenze della grande Nazione Francese, si trovarono alla discrezione dei loro vicini, stati sempre in passato poco loro ben affetti. Questi avvenimenti e lo stato attuale precario più che mai della Rep. di S. Marino diedero stimolo alla spedizione di un Deputato al Gen. Berthier in Roma.....

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(1) Dei documenti inediti che ho consultati riporto qui alcuni come saggio dei molti esistenti nell'Archivio governativo di S. Marino, donde ho tratto quasi tutto il materiale per il presente scritto. Le opere stampate, delle quali mi sono limitatamente servito, e che ho sempre citato a suo luogo, sono: Le aggiunte alle Memorie storiche della Rep. di S. Marino di MELCHIORRE DELFICO, Vol. 3o, pag. 2-14. Firenze, 1843. ВокBiografia di A. Onofri, nello stesso volume. N. 15. GHESI B., Orazione funebre detta nelle esequie di A. Onofri. Rimini, 1862. BORGHON-FORTRION, Napoléon et la Republique de San Marino. Paris. BRIZI O., Biografie degli illustri sammarinesi. N. 17 Arezzo, 1866. FATTORI M., Ricordi storici di S. Marino. Roma, 1882. MALAGOLA C., L'archivio governativo della Rep. di S. Marino. Bologna, 1891. PADIGLIONE C., Dizionario bibliografico di S. Marino. Napoli, 1872.

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II.

Lettera di Gaetano Marini ai Reggenti di S. Marino dopo la missione dell' Onofri a Roma nel 1798 (Archivio gov. di S. Marino, 1. c.).

Signori, a quest'ora sarà giunto in patria il sig. Onofri di ritorno dalla sua commissione, che ha eseguita con tanta facilità, destrezza e fatica, con quanta niuno sicuramente avrebbe saputo o potuto fare; ed io rallegromi grandemente colla Repubblica che nel maggior suo bisogno abbia avuto un si abile, si accorto e sì grazioso cittadino. La Commissione francese lo ha onorato e rispettato quanto si meritava, ed ha avuto gli elogi di quanti lo hanno conosciuto e saputo quanto ha fatto in così critiche e difficili circostanze. A me in particolare è grandemente dispiaciuta la di lui partenza, che posso dire con verità che la di lui presenza mi rallegrava moltissimo e mi era cara oltremodo la conversazione. Il trattato che ha concluso colla Repubblica non poteva essere nè più onorifico, nè più utile, e mi auguro possa ottenere altrettanto dalla Cisalpina, e che la nostra Repubblica abbia a godere giorni lieti e tranquilli in mezzo alle orribili tempeste delle vicine. Se ciò sarà, come spero, la cosa sarà più che umana, e molto si dovrà al gran Protettore, al quale si dovrà rendere grazie pro re bene gesta.

Sono con tutto l'ossequio e rispetto

Delle SS. LL. dev.mo
GAETANO MARINI.

Roma, 20 giugno 1798.

III.

Lettera di A. Onofri da Milano ai Reggenti di S. Marino nel 1802 (Archivio gov. di S. Marino. Reggenza. Carteggio. 1800-1803. Busta 149).

Eccellenze, Se non avessi avuto un conoscente nel Burrò di Finanza, per cui mezzo ho potuto risapere l'esito della tratta accordata dal Vice-Presidente alla nostra popolazione, l'avressimo attesa inutilmente in eterno. Stesi e presentai la Memoria al Ministro degli affari esteri il dì 19 aprile, contenente la petizione in sacchi 200 di granturco e confermai verbalmente quest'istanza al Vice-presidente nella seconda udienza, estendendo la richiesta a sacchi 400, che venne ben accolta e favorita. Io ero si persuaso che l'affare fosse concluso che lo partecipai alle EE. VV. e contemporaneamente ne scrissi a Bologna ed al sig. Montalto per affrettare la spedizione dell'ordine, quando si fosse tenuta la via o della Direzione centrale di Bologna o della Regolatoria dipartimentale di Forlì. A caso seppi sabato sera, l'8 del corrente, che l'ordine della Finanza generale non era spedito ancora. La mattina del 9 susseguente mi presentai alla finanza, dalla quale rilevai che l'ordine non si era spedito perchè niuno erasi presentato onde effettuare il pagamento dei diritti soliti a pagarsi da chiunque in simili estrazioni, ascendenti a soldi 50 per moggio, vale a dire a bajocchi 35 di nostra moneta. Quest'incaglio m'inquietò altamente, e corsi subito dal Ministro degli affari esteri per reclamare contro quest'indebita esazione. Lo trovai dubbioso sulla propria autorità, dicendomi che occorreva stendere una nota per presentare al Vice-presidente, e che egli mi prometteva di farmi il rapporto favorevole. Entro la giornata stesi e presentai questa nota e mi fu data ieri la risposta, copia della quale accludo all'EE. VV., dalla quale rileveranno che non devesi pagare dai nostri che la sola bolletta del dazio di tariffa a Rimini. Questa mattina sono tornato nuovamente al Burrò della Finanza ed ho trovato la lettera per la Delegazione di Rimini, già scritta e posta al protocollo, tantochè con questo corriere arriverà al suo destino.

La concessione è di moggie 300 milanesi, e ciascun moggio è di peso di libbre 140 di oncie 28. Dal fin qui detto rileveranno le EE. VV. gl'incagli e i disordini che sieguono anche nelle più piccole cose. In quest'ordinario scrivo anche ad un mio amico impiegato nella Delegazione di Finanza in Rimini, acciò sieno a vista mandati ad effetto gli ordini del Governo a nostro riguardo. Sarà però necessario che le EE. VV. provvedino affinchè sia tenuto un registro delle estrazioni che si faranno dai nostri, acciò qualcuno non profitti di questa concessione, sotto nome di Sammarinese.

Colla posta di ieri ricevetti la pregiatissima delle EE. VV. del 5 corr. maggio. Ò avuto il piacere di vedere che le riflessioni fatte costi alle osservazioni sugli ar ticoli del trattato riguardante la Daziaria, sono interamente uniformi a ciò che io

ho fatto rilevare in una memoria già presentata al Ministro degli affari esteri. Ora avranno sentito il nuovo incidente sulla prestazione annua determinata che s'intende di voler assegnare in granaglie alla nostra popolazione, onde impedire le esportazioni effrenate, che potrebbero farsi per codesta parte. Io ho proposto il progetto di verificazione da farsi del nostro governo mediante i certificati, dei quali ciascuno dei nostri che vorrebbe estrarre dovesse essere accompagnato. Il Ministro però, che in questi dettagli prende norma della Finanza, sembra fermo nel suo primo pensiere. Sotto qualche rapporto io veggo forse più vantaggioso questo partito e veggo che sul calcolo da farsi in proporzione della popolazione presunta, verrebbe determinata una quantità di granaglie maggiore di quella che regolarmente si estrae dai nostri ogni anno. Ò parlato molto col Ministro anche sull'articolo delle fiere, del sale e del tabacco, e l'ho trovato abbastanza persuadibile quando i finanzieri, che egli va a consultare, non distruggono tutto quel bene che alle volte mi lusingo di aver potuto fare. Attendo sempre che mi partecipi il momento di un nuovo congresso, e l'attendo con impazienza, affine di abbreviare per il possibile il mio soggiorno dispendioso e poco piacevole per la circostanza in un paese sommamente tedioso per chi ha da trattare degli affari. Oltre i stimoli forti che ho di affrettare la conclusione di questo trattato, un nuovo impulso me ne ha dato questa mattina una molto sensibile scossa di terremoto, che vorrei sperare non avesse seguito.

Pieno infine dell'usata rispettosa stima, ho l'onore di devotamente confermarmi Um. Oss. Obb.mo Servitore ANT. ONOFRI.

Milano, 12 maggio 1802.

IV.

Lettera dell'Onofri da Milano ai Reggenti di S. Marino prima dell'udienza imperiale del 1805 (Archivio gov. di S. Marino. Carteggio della Reggenza. 1804-1808. Busta 150).

Eccellenze, Sino da mercoldì passato io ho presentate le mie credenziali al signor Ministro delle relazioni estere, da cui fui ricevuto con sentimenti di considerazione e contrassegni di stima a cotesto governo. Da quel giorno io ebbi tutte le considerazioni convenienti ai Membri del corpo diplomatico, nella di cui tribuna fui invitato ad assistere alla Incoronazione di S. M. seguita con pompa inesprimibile domenica scorsa. Ogni giorno io attendo l'invito all'udienza di S. M. ed avuto che io l'abbia, ne renderò immediato conto alle EE. VV. Ieri assistetti alle feste del Circo, invitatovi pure dalla Corte, ed ebbi luogo ivi pure tra i Ministri delle Corti estere. Ho eseguite tutte le visite di convenienza, cercando di preoccupare in nostro pro lo spirito di tutti quei personaggi che possono esserci utili. Così sia prospero l'esito della mia missione, come ne sembrano ben augurati i principî.

Ecco quanto ho l'onore di partecipare per ora alle EE. VV. delle quali con profondo rispetto mi fo dovere di divotamente confermarmi Um. Dev. Obbl.mo servo ANT. ONOFRI.

Milano, 29 maggio 1805.

V.

Libello infamatorio contro la Rep. di S. Marino, spedito a Roma nell'ot tobre 1823 (Archivio gov. Carteggio della Reggenza. 1822-24. Busta 156). Eccellenze, Fra i fasti che parleranno del Governo di un Leone XII la necessità e la giustizia vi induce pur quelli che coortano la S. Sede a proteggere la religione depressa in S. Marino, ed assicurare la tranquillità dello Stato della Chiesa, e garantire la popolazione che soffre per opera di pochi egoisti, tostochè non negasi che la Rep. di S. Marino è sotto l'augusta protezione della Chiesa. A chi difatti meglio può convenire (per non dir spettare) un'opera sì giusta e meritoria, se non al regime pontificio, tostochè esso ne è il protettore? Nido questo di perversi fuggiaschi delittuosi e ribelli (A); salvezza di rei, che pagano la locale autorità (B); perenne disordine nell'amministrazione pubblica (C); ove altro non trovasi che la miscredenza e l'irreligione (D); ove covansi gli odî, le frodi ed il mal costume (E), ove l'insubordinazione è la guida dei prepotenti cittadini, che sotto simbolo d'indipendenza

tramandano l'uno all'altro il comando (F); causali tutte che costrinsero due dei pacifici abitatori ad esulare volontarî dall'infelice patria, resa tale dall'egoismo dei pochi, che sono tracciati nei fatti che alludono l'invocata Suprema Autorità vostra. Se sussiste che S. Marino è sotto l'Egida di S. S.; se è vero che il Sovrano della Chiesa non protegge il delitto nè l'empietà, sarà la S. Santità in diritto di accorrere con un sistema che la saggezza dei paterni consigli saprà inspirarle. Ciò contrappone il vantato titolo d'indipendenza locale, anche nel caso non piacesse al governo di Roma incorporarlo nei proprii dominî, lo che sarebbe il migliore dei voti di tutti i buoni e pacifici cittadini. È certo poi che se tardasse un conveniente riparo, non è lontana una guerra civile fra oppressi ed oppressori, e questa non conferirebbe certamente alla pace nello Stato pontificio e ferirebbe doppiamente alla S. Sede. A brevità si tracciarono pochi fatti e si munirono dell'indicazione testimoniale onde verificarli (G). L'opera è degna di un Senato che ama la tranquillità de' suoi popoli, e che non può accordare protezione ad una ciurma sacrilega ed empia quale è la Rep. di S. Marino, e che deve in conseguenza prendere le necessare misure. Indicazioni di pochi fatti che richiedono riparo e mano forte.

(4) Chi attentò perfino alla vita di S. M. Sarda ebbe rifugio in S. Marino. Certo Antonio Onofri, che in ogni incontro si distinse, diè tale asilo ai ribelli. Esso levò perfino dei passaporti in bianco. Esso li spedì ai fuggiaschi a mezzo di Camillo Sabatini con piego d'Ufficio, che venne sorpreso dal dottor Giovanni Malpeli, che ne fece rimostranza al Pubblico Consiglio. Quest'orda venne arrestata in Rimini. Azzardò sempre dei passaporti in bianco come accadde a Marino Cecchetti, ora in Roma nel Palazzo della famiglia Barberini presso il Tenente Paroli; ne tiene un deposito nella propria abitazione nelle case Lettimi e Diotallevi di Rimini.

(B) È notorio che fra i molti misfatti che rimasero impuniti vi fu ancora l'assassinio di Virginio Lolli e della sua domestica; che S. Marino diè pure asilo a Francesco Maccioni ed altri soci di falsa moneta, che vennero negati alla Corte di Toscana; che fra i confugiati in S. Marino, da Antonio Onofri e Giuseppe Mercuri protetti, vi furono ancora Bartolomeo Chiavarelli di Fossombrone, Raimondo Sarbolonghi di Roma e Sebastiano Canciati di Cantiano, i primi due dei quali cospirarono al parricidio col mezzo di veleno, ed il terzo propinollo alla propria moglie.

(C) L'Onofri fu quello che eccedè all'estinta Federazione della cosidetta romana Repubblica, che profittò di scudi 3000 in tale evento, ne duplicò la dose quando si fe spedire in Milano, e trasse altro consimile profitto quando fu in Roma a nome di quella disordinata Repubblica, implorando dalla S. M. di Pio VII un'annua quantità ben grande di sali e la libera introduzione di tabacchi esotici, bastante per anni 10 alla ristrettissima popolazione di quel distretto di anime 3900, per tramandare ambedue i generi a loro destinamento nello Stato papale, a danno della R. Camera A. L'indicata famiglia Onofri ha un prato di quel Comune, la cui risposta era fissata alla riparazione delle mura castellane, le quali da ogni parte sono rovinose. È infinito il numero dei debitori pubblici che il duumvirato G. Mercuri ed A. Onofri, a pregiudizio dell'intero popolo tollera, benchè dolosi gestori.

(D) Furti sacrileghi impuniti in persona di certo Giuseppe Bruschi; il deperimento del Monte Frumentario; stupri violenti difesi perchè commessi dal figliano di Onofri, ed è certo Marino Tini in persona della zitella Farnesi; ed è certo Antonio Cecchi che protetto pure dall'Onofri, ricevè dal fratello della deflorata, che inutilmente fece i suoi reclami, un'archibugiata nelle spalle. L'eredità Capicchioni di sc. 10 milla, che per giro degli accennati Onofri e Mercuri, si attende nel 1829 destinata..... dalla S. Visita per impiegarla nella edificazione di un novello Tempio, è servita per i di loro vizi. I Legati Pii rimangono insoddisfatti. Le confraternite del Rosario, del Carmine, della Misericordia (sono) amministrate dai loro partiggiati, senza dipendenza dall'Ordinario.

(E) Si fece marcire nel carcere Giuseppe Maracci, Giandomenico Frangioni, Francesco e Michele Martelli, Pietro Casali, Ippolito Fabbrini, Cammillo e Giovanni Sabatini, in odio di aver domandata la resa dei conti dei Pubblici Funzionari, e di avere richiesti altri utili provvedimenti. Gli Archivi restano aperti all'Onofri e di lui satelliti, per cui è in loro arbitrio ogni sottrazione che piaccia, come avvenne di un Inventario del Fidecommisso Leonardelli. Se piace ai manutentori del disordine si fa tutto: così accadde in circostanza che Girolamo e Gozio Gazi commisero un

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