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capitolare degl'inquisitori di Stato di Venezia scoperto dal Romanin non è autentico (Venezia, Randi, 1893). Il V. mostra anzitutto come s'iniziasse in Venezia il processo inquisitorio nel luglio 1310 e distingue l'inquisizione generale e l'inquisizione speciale, affidata la prima a due < esecutori od inquisitori dei Dieci », la seconda al « collegium secudum usum» composto di 4 membri tratti a sorte, il primo tra i consiglieri del Doge, il secondo fra i capi dei Dieci, il terzo tra i due inquisitori dei Dieci e l'ultimo fra gli avogadori del Comune. Ciò premesso, egli pone una seconda distinzione capitale fra i due « inquisitori dei Dieci »> suddetti, istituiti in un col Consiglio dei Dieci, ed i tre « inquisitori di Stato >> stabiliti con parte del 20 settembre 1539. Questi ultimi sono largamente studiati dal V., che si trattiene anche sul loro segretario come su quello che avrebbe compilato il capitolare in questione. Un esame minuto conduce il chiaro autore a rigettare come non ufficiali nè autentici tutti i pretesi capitolari dei tre inquisitori di Stato, non escluso quello edito dal Romanin, che cominciando con una legge del 1411 non può valere per un tribunale istituito nel 1539. Infine, a troncare ogni dubbio, il V. arreca una parte del 23 settembre 1755 con cui i tre inquisitori di Stato di allora dichiarano che il tribunale loro non ha codice qualsiasi e desidera procurarsene uno (F. G.).

La storia di molte istituzioni, per esempio di quelle di beneficenza, è ancora in gran parte da fare e perciò non può riuscire che interessante ogni nuovo contributo di studî e documenti al riguardo. Tale è il caso del lavoro di ANSELMO ANSELMI SU Il Monte di pietà di Arceria (Foligno, Tip. Artigianelli, 1893). Premesso un cenno sull'influenza de' Francescani nell'istituzione dei monti di pietà, prende in esame l'opinione che vuole istituito primo quello di Arcevia, determina l'anno di erezione del medesimo nel 1473, ne studia gli statuti, fa una statistica dei monti di pietà in Italia e termina con una cronologia dei primi Monti nell'Umbria e nelle Marche (F. G.).

Meritano ricordo i Tre corredi milanesi del quattrocento illustrati del prof. C. MERKEL (Roma, Forzani, 1893. Estratto dal « Bullettino dell'Istituto storico italiano», n. 13). I tre corredi milanesi, che il M. trovò in fondo di pergamene dell'Ing. Tapparone-Canefri di Alessandria, ed illustrò con la massima diligenza, appartengono a persone di condizioni pressochè uguali, lontane sia dalla povertà, sia dai primi gradi sociali ed i rispettivi atti notarili furono redatti il 1° nel 1420, l'ultimo nel 1492; per tal guisa noi possiamo facilmente conoscere le tendenze al lusso ed una parte della storia del costume nella società milanese del 1400. E l'illustrazione, che il M. ne ha fatto, puossi ben dire, assai più che una modesta spiegazione di molti vocaboli oggi o ignoti o non più

usati, un vero e proprio ed importante contributo alla storia della vita privata e del costume nell'Italia del 1400; perchè l'A. ricorrendo alle leggi suntuarie e ad altri corredi nuziali, che sono pure così ricca miniera di notizie per tale argomento, e ad altre monografie sulla vita privata di alcune regioni, e sulle varie industrie, non ha solamente trovato larga messe di raffronti che gli valsero per un'esatta o quanto meno assai probabile interpretazione di molte parole, ma ancora di più ci ha potuto offrire il modo di potere affermare come nell'Italia settentrionale si tendesse ad assumere le medesime usanze, non ostante le diverse condizioni politiche ed il rigore in un luogo più, in altro meno severo delle leggi suntuarie, come più dell'amore dell'arte potesse nelle foggie del vestire l'amore del lusso, di quel lusso che se provocò le melanconiche querimonie dei vecchi puritani e le pettegole prescrizioni del legislatore, pure ebbe stretta relazione collo sviluppo meraviglioso delle industrie in quel secolo.

Certo i corredi del quattrocento rivelano ancora la povertà e rozzezza antica sotto il lusso nuovo; sono notevoli quindi le sproporzioni tra il valore cospicuo delle vesti principali ed il piccolo numero ed esiguo valore degli oggetti di biancheria; difatto la spesa degli oggetti di biancheria personale non raggiunge nel primo corredo che 24 lire e 2 soldi, mentre quella dei capi di vestito tocca le 282 lire. Contrariamente agli usi nostri soleva invece la sposa recare allora nel suo corredo e biancheria spettante agli usi di casa ed utensili di casa, come stefania, cassoni, coltelliera, coltelli, forchetta, ecc., e la spesa indicata nel nostro corredo per questi ultimi supera quella della biancheria personale, salendo alle 50 lire. Altre considerazioni più ampie potrebbonsi fare se lo spazio ce lo consentisse, e certo chiunque si accingesse ad uno studio sulle foggie di vestire nei secoli scorsi trove rebbe nell'illustrazione del M. una fonte copiosa e sicura di notizie; per taluni vocaboli le indagini di lui non furono fortunate; per altri, che vivono sempre nei dialetti lombardi, l'A. avrebbe trovato ampia materia di riscontro in documenti bresciani, come ad es., nel liber potheris della città di Brescia, e nelle provvisioni del Comune di cui larga parte fu pure sfruttata dall'avv. Cassa (A. ZANELLI).

Nello scritto del prof. GAETANO CoGo, Brunoro Della Scala e l'in· vasione degli Ungari nel 1411 (Venezia, Visentini, 1893) si trovano notizie e documenti nuovi sull'ultimo Scaligero che abbia avuto notevole importanza politica nella storia d'Italia, rivendicando l'avito dominio famigliare. L'agitarsi di Brunoro Della Scala e di Marsilio da Carrara presso i nemici presenti od eventuali della repubblica di Venezia e specialmente l'opera del primo presso l'imperatore Sigismondo son ben rinarrati dal C., che in un'appendice tratta anche del celebre giureconsulto Raffaele Fulgoso (F. G.).

BENEDETTO CROCE si è proposto di studiare i rapporti fra Spagna e Italia ed ha subito posto mano ad una serie di dotte monografie. Senza parlare di alcuni scritti minori, importa sopratutto soffermarsi su due che formano come i due primi capitoli di una grande opera. Entrambi sono estratti dalle Memorie dell'Accademia Pontaniana e s'intitolano, l'uno Primi contatti fra Spagna e Italia, l'altro, La corte spagnuola di Alfonso d'Aragona a Napoli. Impossibile riassumere l'immensa quantità di notizie che il Croce ha saputo ridurre in poche pagine, movendo dai tempi romani (ch'egli considera specialmente dal punto di vista dei rapporti letterarî) e scendendo giù giù attraverso tutto il medio evo. Piuttosto è a fare un'osservazione d'indole generale: l'egregio A. esamina con iscrupolosa diligenza e copia ingente di dottrina tutto ciò che ha rapporto coll'influsso spagnuolo in Italia, ma trascura pressochè del tutto il reciproco influsso italiano in Ispagna. Ciò significa considerare la questione da un lato solo, e specialmente per ciò che concerne la tanto dibattuta questione dell'origine del secentismo sarebbe assai importante cercare non solo quanto la Spagna abbia potuto dare all'Italia, ma anche quanto questa a quella. Ci permettiamo questa osservazione non per toglier merito ai due eccellenti lavori del Croce, ma piuttosto per additare al medesimo un'altra via, che la sua molta dottrina ed i suoi larghi mezzi gli permetteranno di percorrere con altrettanta sicurezza e fortuna di risultamenti (F. G.).

LUCA BELTRAMI ritorna sopra un argomento che in questi ultimi anni ha dato luogo a parecchi egregî lavori, Gli sponsali di Galeazzo Maria Sforza (Milano, 1894). L'A. ha messo largamente a profitto il materiale dell'Archivio di Stato di Milano, dell'Archivio Gonzaga di Mantova e della Biblioteca Nazionale di Parigi (Archivio Sforzesco), ed a seconda del medesimo egli espone le prime pratiche nuziali fra gli Sforza, i Gonzaga e la casa di Savoia, giacchè fin dal 1450 erasi firmato il contratto fra Galeazzo Maria, figlio del duca Francesco Sforza, e Susanna, primogenita del marchese Lodovico, alla quale fu poi sostituita nel 1457 l'altra sorella Dorotea per l' incipiente gibbosità di Susanna. Dorotea e Galeazzo Maria si considerarono come sposi ed ebbero quindi per parecchi anni un affettuoso carteggio, ma l'ambizione sforzesca prendeva intanto nel 1460 a vagheggiare nozze più illustri, ed allora cominciò a dirsi che anche Dorotea era minacciata di gibbosità ed a chiedere conseguentemente una visita che la dignità della casa Gonzaga non poteva consentire nei modi proposti. Nel 1467, mentre finalmente Galeazzo Maria, vedendo sorgere gravi difficoltà al matrimonio con Bona di Savoia, accennava a decidersi per Dorotea, questa mori. Fu accusato lo Sforza di averla fatta avvelenare, ma i

Rivista Storica Italiana, II.

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documenti smentiscono la calunnia. Ebbero luogo allora le nozze con Bona, cui Luigi XI re di Francia assegnava larga dote colla città di Vercelli, causa non ultima delle guerre fra Milano e Savoia ch'ebbero appunto luogo in quegli anni. Giova però avvertire che il Beltrami avrebbe fatto bene ad indicare anche gli studiosi moderni che si sono occupati dell'argomento, perchè una buona parte dei documenti da lui citati (ed alcuni anche ch'egli non avrebbe dovuto trascurare) sono già stati pubblicati integralmente o parzialmente dal Davari, dal Fi lippi o da me (F. G.).

In Giustizie a Trento sotto il vescovo Giovanni IV (1466-1486) il sig. GIUSEPPE PAPALEONI (Firenze, Cellini, 1893), offre un largo contributo di notizie e documenti riguardo sopratutto alla strage degli Ebrei accusati di aver martoriato ed ucciso il fanciullo Simone Unferdorben, San Simone da Trento. I dati che ci presenta il P., veramente raccapriccianti, sono un pregevolissimo materiale per quella storia degli Ebrei ne' secoli di mezzo, che, già tentata più volte, è tuttavia ancor lontana dall'essere fattibile finchè non saranno noti tanti documenti e particolari di ogni singola terra. Anche la storia del costume e della vita in genere si avvantaggia di questa pubblicazione del P. (F. G.).

Qualche interesse per la storia del diritto marittimo presentano Alcuni documenti sul diritto di ancoraggio nel medio evo pubblicati da ENRICO CELANI (Roma, Tipogr. Poliglotta, 1893). I documenti sono quattro, cioè un contratto per la vendita delle gabelle d'ancoraggio di Civitavecchia del 1464, un'altra locazione e vendita delle medesime del 1492, una terza del 1494, e la concessione fatta dal cardinale di S. Giorgio al castellano di Civitavecchia nel 1502 della condotta dell'ancoraggio pel ricupero di 1000 ducati d'oro da lui versati alla camera apostolica. In una breve e succosa introduzione il C. riassume ed illustra i documenti stessi (F. G.).

Storia moderna. Per Nozze Calligaris-Gutierrez Diaz sono state fatte alcune interessanti pubblicazioni. Il prof. CARLO CIPOLLA ha stampato una nota Intorno a due documenti riguardanti Giovanni 11 Bentivoglio (Verona, Franchini, 1893). Essi portano le date 17 dicembre 1501 e 4 febbraio 1506 e fanno parte di una collezione messa insieme dal barone von Pilat e destinata, credesi, alla biblioteca di Klagenfurt. Costituiscono il testamento ed il codicillo del Bentivoglio e sono illu strati colla solita diligenza ed erudizione dal valentissimo professore dell'Università torinese (F. G.).

BERNARDO MORSOLIN continua i suoi pregevoli studî sulle medaglie

del Rinascimento trovate nella sua patria Vicenza. Ora egli discorre di Due medaglie vicentine inedite (Milano, 1893), cioè di una scoperta fin dal 1828, in onore e coll'effigie d'Isabella Nogarola, famiglia di poeti e poetesse in grande amicizia con G. G. Trissino, e di un'altra ritrovata più tardi, coll'impronta di Claudio Muzani, cavaliere e fratello di tre amici del Palladio. Per Nozze Franco-Fulco, poi, il M. esamina i rapporti che il celebre artista Nicola Poussin può aver avuto colcovolo », ossia grotta di Costozza nel Vicentino, mettendo in rilievo principalmente la tradizione locale al riguardo. Entrambi i lavoretti non disdicono alla ben meritata riputazione del chiaro autore (F. G.).

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In Savona, presso il sig. G. B. Minuto, sono alcuni marmi che furono finora creduti avanzi del mausoleo di Gastone di Foix. I marmi sono quattro, ed il secondo ed il terzo non possono appartenere allo stesso monumento che il quarto, mentre il primo potrebbe appartenere bensì al mausoleo di Gastone, ma non se ne ha alcuna prova. Quanto alla iscrizione del quarto marmo, da cui volevasi dedurre che il medesimo si riferisse al valoroso generale francese caduto a Ravenna, l'iscrizione fu mal letta: letta bene, essa dice che Margherita di Foix, marchesana di Saluzzo, dedicò quel marmo alla memoria de' suoi genitori, Giovanni di Foix e Margherita di Suffolx. Quello poi ch'era creduto lo stemma di Foix, è invece lo stemma della famiglia Ferrero di Savona. Tutto ciò dimostra in un suo dotto lavoro (I presunti avanzi del mausoleo di Gastone di Foix in Savona, Torino, Paravia, 1894) il sig. VITTORIO POGGI, che ne toglie occasione per dar anche in sette tavole la storia genealogica dei Ferrero savonesi (F. G.).

Col titolo di La politica di Leone X fu pubblicato nel 1892 un importante volume di FRANCESCO NITTI, molto discusso e, complessivamente, lodato dalla critica italiana e straniera. Il N. prometteva allora di stampare altrove i principali documenti inediti comprovanti la sua esposizione, ed ora ha mantenuto la promessa (Documenti ed osservazioni riguardanti la politica di Leone X, Roma, R. Società romana di storia patria, 1893). I documenti sono soltanto sei, ma tutti di capitale importanza. Il primo è il trattato segreto fra Leone X e Ferdinando il cattolico, del 21 settembre 1514; il secondo, una minuta di lettera del cardinale Giulio de' Medici, da Roma, a Giuliano de' Medici ed a Jacopo Salviati, a Firenze, del 20 agosto 1515; il terzo, una minuta d'istruzione di Giuliano de' Medici a Raffaello Girolami, del 25 agosto stesso anno; il quarto, un istromento, rogato da Piero Ardinghelli, notaio e segretario del Papa, tra Leone X e don Luigi Curoz, ambasciatore di Carlo, re di Spagna, del 17 giugno 1519; il quinto, una minuta

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