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lanie di Lanzo, Ciriè e Caselle, riservato il diritto di riscatto mediante pagamento delle 30.000 lire dotali. Nuova difficoltà gli si affacciava nell'attitudine ostile de' Vercellesi, che rivendicavano Trino; ma da questo travaglio lo liberò un compromesso del 2 maggio in Filippone di Langosco e Guido Della Torre, e cedendo Trino per lor sentenza, ebbe in compenso la pace. Sciolto da quell'impaccio, Manfredo IV cominciava a contrastare apertamente a' « graffagna », omai levatisi in armi contro di lui, ed insignorivasi facilmente di Chivasso. Moncalvo, Vignale, Lu, ed altri luoghi, espugnando una notte a forza anche Cunico. La fortuna sembrava sorridergli: a Costantinopoli, l'ambascieria monferrina ufficiale ottenne solo a stento che si mandasse ad appurare la verità sulla gravidanza della marchesa vedova, sospesa infrattanto la venuta in Italia di Teodoro Paleologo, cui Jolanda destinava la successione di Giovanni I. Ma mentre questo ritardo poteva assicurare il Monferrato al marchese di Saluzzo, che ragionevolmente ne esultava, gravi fatti sopravvenivano altronde ad arrestarne i progressi, ed in sua speranza di acquistare l'altrui, perdeva gran parte del proprio (1).

Rainaldo De Leto erasi mosso prontamente da Aversa, ed alla notizia del suo approssimarsi, il Comune di Monteregale delegava il 5 febbraio Tomaso Garbena per dare e trasferire in re Carlo e suoi eredi legittimi il dominio e la signoria del luogo e dipendenze (2). Nel marzo, il siniscalco era già in Piemonte: conduceva seco 100 militi e 200 balestrieri, e fermò la sua prima stanza in Alba, salutato con gran plauso da' popoli. Il 21, nel palazzo arcivescovile di quella città, fu compiuta la dedizione di Mondovì: il sindaco Garbena pose il Comune sotto la signoria dell'Angioino, promettendo omaggio e fedeltà a condizione che il Re non potesse alienare nè obbligare la terra, nè sotto alcun titolo trasferirla in altri che ne' suoi figli maschi. Ogni anno, il giorno di San Martino, Monteregale darebbe al Signore una somma per cui chi possedesse 300 lire astesi, o più, pagherebbbe tre soldi; chi da 100 a 300 due soldi, chi meno di 100, uno solo: l'estimo sarebbe fatto da probi uomini del Monte, a ciò eletti dalla curia regia. La nomina de' publici ufficiali doveva spet

(1) B. SAN GIORGIO, 85 segg.; G. VENTURA, c. 36, 748 (G. DELLA CHIESA, 938; G. DEL CARRETTO, 1161). Arch. di St. di Tor., Monferr. Marches., e Real Casa, Matrim., Mazzo III. Probabilmente IRICO, 107 segg.; MULETTI, III, 61 segg. graflagna era dispregiativo per « guelfi ». Cfr. i < graffagnini » d'Alba, sopra,

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p. 13.

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(2) Liber instrum. Montisreg., ms. cit., f. 71 v. La domane troviamo un'importante concessione di privilegî a Demonte (Arch. Com. di Demonte, C'arte e tit. div.).

tare al Re, purchè non li prendesse da Mondovì, nè dal distretto, e salvi i diritti del vescovo d'Asti intorno all'elezione del podestà e de consoli detti ufficiali sarebbero tenuti a reggere secondo gli Statuti del Comune, con che il nunzio regio potesse assistere alla compilazione de' nuovi capitoli sui malefizi, riservati anche in ciò i diritti della Chiesa d'Asti. Gli uomini del Monte si obbligavano ad andare in esercito pel Re e successori suoi una volta all'anno, a spese del Comune, per venti giorni, nel territorio compreso da Moncalieri ed Asti fino a Limone e Briga: oltre questi limiti, non potrebbero venir chiamati ad esercito o cavalcata, se non a spese del Re; ed accadendo di non esser richiesti un anno, non si esigerebbe in altro tempo il servizio allora non fatto. Aggiungevasi al riguardo, che di coloro i quali « stavano al medesimo pane, luogo, fuoco e catena » non dovrebbero andare in campo più di due, da' 17 a' 60 anni, ed essendovi due soli, non ne andrebbe che uno. Per le armature perdute in guerra e pe' cavalli « magagnati » era stabilito un compenso entro il mese: i prigioni fatti in servizio del Re sarebbero riscattati mediante cambio. Promise, a sua volta, il siniscalco di mantenere i diritti del Comune, crescerli ed ampliarli: non permetterebbe che uscisse dal distretto niun luogo appartenentevi; non pretenderebbe i castelli tenuti dalla Chiesa d'Asti, specialmente Vico, Torre, Montaldo e Roburent, nè chiederebbe in dette ville se non quanto potevano chiedere gli uomini di Mondovì, rispettando i diritti della Chiesa suddetta, e permettendo che il vescovo potesse munire quei castelli di vettovaglie e clienti del Monte. Non dovevano esser violate le convenzioni fra il prelato, o suoi antecessori, ed il re Carlo I, nè i Monregalesi potevano venir chiamati a combattere contro di lui. Erano dichiarate ville del distretto Rocca de' Baldi, San Biagio, Carrù, Frabosa e Bastia di Carassone; e sotto la giurisdizione del vicario del Monte cadrebbero pure le altre ville e castella che gli Angioini potrebbero acquistare entro un raggio di sei miglia, nel quale, ad ogni modo, s'intendevano fin d'ora compresi il castello di Miribello, la villa della Chiusa, il castello e la villa di Morozzo. Miribello, poi, comunque acquistato, doveva essere distrutto. Veniva sancita un'amnistia per 17 mesi in addietro, nonchè per l'espulsione delle genti regie al tempo di Carlo I; promettevasi inoltre dal De Leto immunità agli uomini di Mondovì da ogni pedaggio o maltolta in tutti i domini subalpini del Re, e rimessione degli obblighi loro verso Alba, Asti e Fossano, come pure delle rappresaglie e licenze degli uomini di questi luoghi contro Monregalesi. Il Re

terrebbe indenni i Della Valle per la distruzione del castello di Roccaforte eseguita « pel bene del Comune »; del resto ad essi ed a' Bressani estendevasi pure l'amnistia. Nessuno potrebbe essere chiamato in giudizio fuori del Monte per cause civili o criminali, nè tratto in ostaggio, o confinato fuori del distretto, senza volontà del Comune; la società del popolo conservata, senza che vi si potesse fare mutazione alcuna. Infine, per la convenzione presente si ritenevano abrogati tutti i patti anteriori, trannechè, parendo al siniscalco ed al sindaco di farvi aggiunte, modificazioni o cancellazioni, dovevano aver riguardo alle scritture ed istrumentî fermati l'anno avanti in Aix fra i rappresentanti di Mondovi e Riccardo Gambatesa (1). Savigliano e Cherasco, ancorchè tenessero fin da principio un contegno benevolo, non sembrano però essersi date al siniscalco se non più tardi, forse quando già le armi provenzali avevano fatto in Piemonte maggiori progressi: per Savigliano, almeno, il primo documento che vi attesti ristorata la signoria angioina è, per ora, soltanto del 4 ottobre; per Cherasco, anche più tardo, cioè del 5 novembre, quando il siniscalco concesse a quel Comune la prima cognizione delle cause civili e criminali, colla conferma di altri privilegî. Di Savigliano ci è pur fatto noto da un documento posteriore che aveva posta la condizione che, riacquistandosi dal Re Cavallermaggiore, Cavallerleone, Polonghera, Villanova (Solaro), Monasterolo, Scarnafigi, Lagnasco, Solere, Genola, Levaldigi, La Manta, Marene e Montemaggiore, dovessero far parte del suo distretto e dipendenze (2).

La ristorazione angioina in Alba e Mondovì era avvenuta colla benevolenza degli intrinseci d'Asti, ond'era naturale una colleganza fra essi ed il siniscalco regio. Nella Republica, finita la podesteria del Mombello, riuscì a Filippo di Savoia di far cassare l'elezione di un successore a lui sgradito; epperò si creavano quattro consoli pel luglio, poi altrettanti per l'agosto. In questi mesi ebbero luogo fatti d'arme di qualche importanza. Dal momento i De Castello erano uniti col marchese di Saluzzo, e questi teneva Fossano e Cavallermaggiore, era il natural nemico degli occupanti e del Principe, i quali diedero infatti il guasto a Carmagnola con metà dei cavalieri astesi. L'altra metà, in numero di circa 60, col grosso delle milizie cittadine, usci un giorno contro Casorzo, ed accorrendovi da Mon

(1) G. Ventura, c. 39, 750. (2) TURLETTI, I, 160-161.

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Liber instrum. Montisreg., ms. cit., ff. 66 seg. ADRIANI, Ind., 54.

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calvo Manfredo IV co' fuorusciti, accennò ad appiccar seco battaglia in tal ordine e contegno, ch'egli preferi evitare lo scontro e volgere in ritirata. Verso lo stesso tempo. ma se prima o dopo non consta―gl'intrinseci andavano ad altri guasti intorno a Tongo ed a Moncalvo, insieme colle genti provenzali: sotto Moncalvo appunto cadde prigione Leone Voglietto, uom notevole fra i De Castello, e condotto in Asti, fu tenuto a lungo nelle carceri della città. Dipoi, a richiesta del siniscalco, andarono alla loro volta gli occupanti astesi a' guasti di Novello, e dormirono la notte in Cherasco, già amica, se non già suddita del Re. Disegno del De Leto era di ritôr Cuneo a Manfredo IV per mezzo di segrete intelligenze, ma una pioggia torrenziale indugiò e deviò per istrada gli assalitori, tantochè non furono all'ora convenuta, e quindi parecchi loro fautori, intimoriti per creder scoverta la trama, si affrettarono ad abbandonare la terra (1).

Cominciava dunque il marchese di Saluzzo ad accorgersi che il nuovo nembo addensantesi sarebbe andato a cadere sovra di lui, già travagliato all'interno del Monferrato dai < graffagna », all'esterno dagl'intrinseci d'Asti, dal siniscalco e dal Principe, ed abbandonato fin dal Delfino per le aderenze di questo colla casa reale di Francia. Vuolsi allora volgesse l'animo suo a tal signore che dell'infido parente era nemico, e su Filippo di Acaia poteva assai come capofamiglia e signore feudale. Di qui, il 3 agosto, Manfredo IV avrebbe delegato Francesco Soave per procedere ad accordi con Amedeo V di Savoia, facendogli omaggio di tutti i castelli, ville, giurisdizioni, diritti, feudi ed allodi possedesse ne' marchesati di Monferrato e di Saluzzo; ed il 27 il Soave e Pietro di San Giorgio avrebbero donato e riavuto in feudo tutte le cose suddette, particolarmente Saluzzo, Revello, Racconigi e Carmagnola, a nome non solo di Manfredo, ma anche di Federico, contro promessa di aiuto. Però il documento non è senza sospetto, e d'altronde Amedeo V era allora impegnato più che mai nella guerra contro il Delfino (2).

Il siniscalco, invece, attendeva validi aiuti dalla Provenza. Il 30 agosto medesimo, Giacomo Arduino, procuratore di re Carlo, otteneva agevolmente la fedeltà di Roccasparviera e Val di Stura, e

(1) G. VENTURA, cc. 37 e 39, 749 segg.

(2) CIBRARIO, St. mon., II, 274 seg.; MULETTI, III, 65 segg. I dubbî in MANFRONI, I dir. di Casa Sav. sopra il march. di Sal., in Rendic. R. Accad. Lincei, S. IV, t. I, 494 seg. (Atti, 1884-1885). Cfr. tuttavia Arch. di St. di Tor., Sal. Marches., Categ. IV, Mazzo I, n. 15.

nel settembre 300 militi ed oltre 1000 fanti angioini scendevano a Demonte, che transigè subito il giorno 6 in tutte le questioni che aveva coll'autorità regia. Nondimeno quell'esercito esitava ad avanzarsi nel paese nemico, temendo qualche sorpresa. A dargli mano andò in persona il De Leto; e con lui movevano pure il principe di Acaia e le milizie astigiane capitanate dal nuovo podestà Moroello Isimbardi, di Pavia, che, entrato in carica il 1 del mese per sei, ebbe poscia prorogato l'ufficio ad un anno. La conquista fu rapida: già il 16 settembre stesso, Carlo II aveva conceduto a Nano ed a Giorgio III di Ceva patenti di grazia per ogni danno, offesa e fellonia, considerando con quanti servizi avessero ricomprata la partecipazione alla guerra contro Carlo I, sia difendendo Alba ed i Solari nel '303, sia combattendo ancora presentemente con ogni possanza per la causa guelfa in Piemonte; or anche Giovanni di Saluzzo, sgomento dal turbine imperversante intorno a' suoi dominî, ne aveva stimolo efficace ad abbandonare il fratello e prestar omaggio a' Provenzali per Busca. In men di tre mesi, il siniscalco occupd Cuneo, il distretto e le valli, e potè rimandar le sue truppe in Provenza dopo aver costretto Manfredo IV ad una pace onerosa. Egli cedeva infatti agli Angioini le loro recenti conquiste, e di più mandava fino a Napoli due ambasciatori a far dichiarare dal Re i proprii diritti sul Monferrato; il che ebbe luogo in effetto il 7 febbraio '306, ceduti in compenso a Carlo, il giorno 10, i luoghi di Nizza della Paglia e Castagnole, e riconosciuto da lui il rimanente del marchesato monferrino (1).

Di tanti successi cominciarono ad impensierirsi ed aombrarsi gli Astigiani, cui nulla aveva il De Leto comunicato anteriormente di suoi disegni; e che non avessero torto, mostrano invero le trattative corse allora tra il Re e Filippo di Acaia per mezzo del siniscalco e di Girardo da Vigone. Fatto compromesso in Corrado De Brayda e Zaberto (o Lamberto) di Luserna, pronunziavano questi in Asti medesima, il 17 novembre '305, che i due principi dovevano cercare in comune d'impadronirsi della Città e sue dipendenze, come pure di Chieri e del suo territorio: l'acquistato sarebbe diviso in due parti uguali, a giudizio di due arbitri, pigliando ciascuno per sè la parte più conveniente per la posizione de' suoi dominî; però a Filippo erano

(1) G. DELLA CHIESA, 939, 944. Arch. Com. di Demonte, Privil. etc. G. VENTURA, Cc. 38-39, 41, 749-750, 752; Arch. Com. di Monc., Conti, vol. I. Arch. di St. di Tor., Prov., Mond., Mazzo X, n. 3. CAMERA, Ann. del regno Due Sicilie, II, 117, Napoli, 1860. B. SAN GIORGIO, 90-91.

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