Slike stranica
PDF
ePub

causa di reciproco maltalento. Mentre, pertanto, il marchese di Monferrato attendeva al ricupero del suo paese col favor de' « graffagna, del Langosco e degli intrinseci d'Asti, il Principe si riaccostava a Manfredo IV, ed il 15 ottobre compromettevano in Lodovico II di Vaud. Ma perchè il Saluzzese, considerandosi come legittimo padrone del Monferrato, era restio a consentire alle molte usurpazioni e pretese di Filippo, non fu loro possibile di mettersi d'accordo. Della qual cosa profittava Teodoro, che in dicembre occupò Chivasso, San Raffaele ed altri luoghi, pur rispettando Gassino e Castiglione, tenute dal Principe, ancora in buoni rapporti cogli Astigiani, ed aspettando la primavera per portar colpi decisivi (1). Ricominciate le ostilità fra Saluzzo ed Acaia, cui aiutavano specialmente i Chieresi, Manfredo IV ricorreva per protezione a Carlo II. Ebbela invero per lettere regie dell'11 marzo 307 al Comune di Alba, ma a costo solo di nuovi sacrifizi. Perocchè il 16 aprile l'Angioino spediva procura da Marsiglia al De Leto e ad altri suoi ufficiali a fine di accettare la donazione, offerta dal marchese di Saluzzo, di tutti i suoi diritti sul Monferrato, nonchè sul luogo, distretto e pertinenze di Fossano; ed il 6 maggio, nel castello inferiore di Busca, si redigeva l'istrumento che l'affermava fatta « per i benefizî, largizioni e munificenze che il marchese aveva ricevuto e sperava ricevere in avvenire dal Re ». Di che natura fossero questi « benefizî, largizioni e munificenze » fa intendere a pieno una supplica indirizzata quel di medesimo dal povero Manfredo a Carlo II, in cui si espone come nella pace del '305 fosse convenuta la restituzione di tutte le terre state già degli Angioini, ma il De Leto ne avesse pur occupate altre molte ingiustamente, epperò si chiedono i compensi promessi in Provenza ed altrove per Fossano e pel Monferrato, e la restituzione di Boves, Brusaporcello, Roccavione, Quaranta, Caraglio, Montemale, Valgrana, Monterosso, Pradleves, Castelmagno, omaggio di Busca, fedeltà di Centallo, Demonte e tutta Val Sturana, Bernezzo, Vignolo, Cervasca, Roccasparviera e la Manta, pur con offerta di tenere ogni cosa dalla Maestà regia. Ma della supplica non si fe' conto; invece, per virtù della donazione predetta, Moncalvo, Vignale e Lu furono tosto rimesse agli Angioini, ed il 13 maggio stesso Manfredo IV delegava Nicolò di Costigliole e Mulazzano di Saluzzo, suo fratel bastardo, a consegnare anche Fossano a Rostagno

(1) G. VENTURA, c. 42, 755 seg. (G. DELLA CHIESA, 942; G. DEL CARRETTO, 1166). B. SAN GIORGIO, 91-94. Arch. di St. di Tor., March. Sal., Mazzo I.

de' Maironi, ufficiale del Re, con grande sdegno degli Astigiani, che costrinsero il De Leto a partirsi dalla loro città. Eppure tutto ciò riuscì inutile al marchese! (1).

Infatti, già nell'aprile, gli Astigiani erano entrati per sorpresa nella villa di Cavallermaggiore, e vi chiamavano tosto Filippo di Savoia, ch'era ancora nella loro Città, anzi vi aveva fatto tornare la moglie. Il Principe non volle assentire alla richiesta, e la domane. parti corrucciato con tutta la famiglia. Cominciò allora ad entrare in pratica aperta co' fuorusciti, in ispecie con Guglielmo Turco, Federico Asinari e Guglielmo Guttuario, ch'erano de' capi, ricevendoli famigliarmente nelle sue terre, ed adducendo a ragione del suo contegno il non pagato stipendio da un biennio. Nondimeno, la venuta a Cavallermaggiore di Giorgio di Ceva, con sue genti, in capo di venti giorni costrinse alla resa anche il castello; e la stessa brusca partenza e la nuova attitudine di Filippo erano dovute ad un riavvicinamento co' Provenzali, neppur esso propizio a Manfredo IV. Fin dal 27 dicembre precedente, il Principe aveva disciolto ed annullato i patti con Amedeo V, che, sempre occupato altrove, non poteva discendere nè mandar il figlio in Piemonte: epperò il 16 aprile, mentre destinava i procuratori a ricevere la donazione del marchese di Saluzzo, Carlo II, con doppio negoziato, ne delegava pur altri a stringere nuovi patti con Filippo d'Acaia. L'11 maggio e continuava sempre l'inganno verso il Saluzzese si stipularono a Govone parecchi trattati fra il Re ed il Principe: i procuratori regî erano quei medesimi destinati a ricevere la donazione di Manfredo IV; Filippo intervenne personalmente. Col primo si riferivano le parti all'arbitrato e convenzione del 17 novembre '305 riguardo alla divisione de' Comuni e territori di Asti e di Chieri, coll'espressa condizione che non vi si dovesse adoprar guerra nè violenza, e nè il Principe, nè il Re, e loro successori, potessero ottenere il dominio e la capitania di quella città se non in comune; rescisse inoltre le prelevazioni di terre o denari in favore di uno qualsiasi de' contraenti, ed aggiunto l'obbligo per Filippo e suoi eredi di tener l'acquisto in feudo dal Re e discendenti suoi. Una seconda convenzione contemplava la conquista del Monferrato per forza d'armi: il paese sarebbe diviso in quattro parti, due al Re,

(1) Arch. di St. di Tor., March. Sal., Mazzo I. Cfr. G. DELLA CHIESA, 943 seg MULETTI, III, 77, 80; VI, 339; ADRIANI, Docc. provenz., 69. - G. VENTURA, cc. 42 e 44, 755 e 757; B. SAN GIORGIO, 94-95. MORIONDO, II, 452; LANFRANCHI, St. di Foss., II, 208, doc. 90, ins. nella Biblioteca di S. M. in Torino.

una al Principe e la quarta al conte di Savoia, se accedesse al trattrato entro il maggio; queste ultime come feudo di Carlo. Non accedendo Amedeo V, la sua parte toccherebbe pur essa a Filippo; Vignale e Lu erano assegnate a' Provenzali, che già li tenevano, ed al Principe, reciprocamente, Fiano, Gassino, e gli omaggi di Bussolino, Castiglione, Settimo e Baratonia, sempre in qualità di feudi regi, e salvi i diritti che il Re stesso potrebbe avere in Baratonia per i signori di San Martino. Da ultimo un terzo trattato tra Filippo di Taranto e Filippo di Savoia a nome anche della consorte Isabella portava la cessione dell'Acaia al primo mediante compenso nel regno di Napoli. Doveva consistere il compenso nella contea di Alba nell' Abbruzzo ed in tante terre vicine quante fossero necessarie a formare il reddito annuo di 200 oncie d'oro; ma, sebbene i trattati dell'11 maggio fossero tutti ratificati il 24 luglio, ed il 30 settembre Filippo delegasse Berlione Rivoira e Nicolino Duc a ricevere l'investitura di quei paesi, effettuata il 25 ottobre in Marsiglia, il Principe non fu immesso mai nel dominio: neanche è certo fossero pagate le somme interinalmente promesse, ed il cui sborso appare in vero ordinato dal Re (2 e 18 ottobre). Ancora il 31 gennaio '308 ragionavasi dell'esecuzione de' patti riguardo al cambio dell'Acaia colla contea di Alba: in quel giorno, infatti, essa fu eretta da Carlo II in principato. Nondimeno, la non avvenuta esecuzione del trattato permise a Filippo di Savoia ed a' successori suoi di continuare a fregiarsi del titolo di Acaia e di provarsi parecchie volte a rivendicarne la signoria. Anche le altre convenzioni dell'11 maggio '307 non ebbero altro seguito che di tentativi: pur non solo per questi, ma anche in se stesse hanno molto maggior importanza storica, in quanto coll'obbligo di vassallaggio, imposto al Principe per gli acquisti da farsi in comune, dimostrano sempre meglio gl'intendimenti angioini di signoreggiare in modo stabile tutta la regione piemontese. Questo disegno, appar, del resto, anche da un altr'atto del '307, che dichiara indissolubilmente unite le tre contee di Provenza, Forcalchieri e Piemonte, nonchè dell'invio di rinforzi sotto Gerardo di Sant'Elpidio per cominciare la guerra contro il Monferrato (1).

[ocr errors]

(1) G. VENTURA, cc. 42 e 47, 756 e 761. CIBRARIO, St. mon., II, 276 segg.; SCARABELLI, Paralip. di St. piemont., 35 segg. (Arch. St. it., S. I, t. XIII), Firenze, 1847. DATTA, II, 43 segg., 45 segg. Arch. di St. di Tor., Prov., Asti, Mazzo II, nn. 19 e 21, e Real Casa, Princip. Ac. (Cfr. DATTA, I, 50). Docc. prov., 69-70 (cfr. Arch. di St. di Tor., Real Casa, 1. c., e Prov., Alba, Mazzo I, GUICHENON, IV, 104. CAMERA, II, 130 e 147.

n. 7).

ADRIANI,

Le 200 oncie d'oro

Singolarissima appare la disposizione dei potentati subalpini verso l'estate del '307. Asti, guelfa pel prevalere dei Solari, era unita coi guelfi di Lombardia, ma anche col marchese di Monferrato, cui sorregevano ad un tempo i « graffagna » paesani ed il casato genovese ghibellino degli Spinola (1); per contro, gli Angioini e Filippo di Savoia, già guelfo anch'egli, si vedono non solo riconciliati col marchese di Saluzzo, ma adoperarsi ancora per rimettere in Asti i De Castello tanto son false le opinioni volgari. Il 5 maggio, Teodoro Paleologo, coll'aiuto degl' intrinseci di Asti, poneva assedio a Moncalvo, dov' era un presidio angioino con molti fuorusciti; ma, stando intorno alla terra, riceveva da Chieri disfida di Filippo e Lodovico di Savoia, in data 19 e 21 del mese (2). Traevano infatti in soccorso della piazza le forze combinate del siniscalco, del Principe e di Giorgio di Ceva: onde intimoriti gli assediatori, tornarono alle case loro. Ma la mossa de' collegati non era solo ad intento di liberar Moncalvo: avanzatisi il di seguente nella campagna di Tonco, sotto pretesto di acquistar vettovaglie, s'intrattennero cogli estrinseci d'Asti, indi Filippo e il De Leto mandarono Giacomo Oggero di Savigliano in quella città a chieder facoltà di entrarvi colle lor genti per pigliare alcun riposo. I Solari ed il popolo erano omai sull'avviso, chè il notaio Uberto Gambarelli aveva rivelato la redazione dell'atto 17 novembre 305: all'insidiosa domanda si oppose un fermo diniego, anzi, provveduto d'urgenza alla difesa, s'intimò agli Angioini di non avvicinarsi alle mura, con divieto fin di vender loro checchesia. Il grand' esercito si diresse allora verso Moncucco, assediato il 6 giugno dal Principe; e Teodoro, ripreso animo, si collocò fra Vignale e Lu, in modo da stringer ambe le terre. I due luoghi vennero presto a patti: il 10 Lu, il 12 Vignale. Prestavano omaggio e fedeltà al marchese di Monferrato, a condizione che, venendo le armi regie in aiuto prima della fine del luglio prossimo, e non potendo il Paleologo ricacciarle entro dieci giorni, non varrebbe il giuramento fatto, ed essi tornerebbero sotto l'Angioino. In conseguenza, il 17 era stato convocato da Teodoro l'esercito generale monferrino, al quale nella prima settimana di agosto veniva erano per la piccola Margherita, figlia di Filippo e d'Isabella, cui erano stati donati, alla sua nascita, parecchi luoghi. A' genitori, pel tempo in cui viveva la principessa di Taranto, che aveva in appanaggio la contea d'Alba, dovevano toccare annualmente 600 oncie d'oro.

(1) Altro che contribuire a schiacciare il capo all'idra guelfa, come di Teodoro dice il FERRAI. Studi stor., 12.

(2) B. SAN GIORGIO, 94. Di qui appare che Chieri era aderente più fida del Principe che degl'intrinseci d'Asti.

pure ad unirsi Filippone di Langosco collo sforzo de' Pavesi e di altri alleati lombardi. Il siniscalco, dal canto suo, andò a porre il proprio campo sotto Vignale: allora il Langosco fe' ritrarre la persona del marchese a Rosignano, e la mattina dopo attaccò con gran furore il nemico. Acerba la pugna: da ultimo furono vinti i Monferrini, e lo stesso Filippone cadde prigioniero de' Provenzali. La battaglia decise la campagna, ma non la guerra; il Principe di Acaia s'impadroni ancora di Leyni, ma col Re poteva presto conchiudersi da Teodoro pace onorevole e vantaggiosa per mezzo del suocero Opizzino. Carlo II rimise in libertà il Langosco e restituì i luoghi di Moncalvo e Vignale, ritenuti in seguito dallo Spinola come pegno della dote della figlia Argentina, sebbene il primo prestasse fedeltà al Paleologo il 9 gennaio '308 (1).

Questa desistenza di Carlo dall'impresa monferrina era però un'altra grave lesione de' patti dell'11 maggio, nè mancò il Principe di richiamarsene vivamente. Il 31 gennaio, adunque, procedevano ad un'altra convenzione pel risarcimento dei danni. Fu stabilito lo sborso di una somma di denaro, ed il Re l'ordinò con sue lettere del 6 ed 8 febbraio, nel qual ultimo giorno dispensava pure Filippo dall'obbligo di servirlo personalmente in guerra come vassallo, nonostante le consuetudini contrarie. A questi accordi, altri tennero subito dietro fra il Principe stesso e Manfredo IV, per opera principalmente di Amedeo V e di suo figlio Edoardo, il qual ultimo fu eletto arbitro dalle parti insieme con Robaldo di Rivalba e Rufino De Brayda. Il 17 maggio il conte di Savoia investiva il Saluzzese di Busca, Fontanile e Bonavalle, e tre di dopo gli arbitri publicavano una tregua fino al 1 novembre. Verso lo stesso tempo, rivocato il siniscalco De Leto, contro cui si erano accumulati odî e rancori, e che d'altronde pareva nutrire inclinazioni più bellicose che pacifiche, Carlo II, aderendo alle preghiere de' fuorusciti d'Alba, Cherasco e Monteregale, ne chiamava in sua presenza i sindaci, e, mostrandosi dolente delle « uccisioni, stragi, rapine, pericoli di corpi e di anime, dispersioni di beni », esprimeva loro la volontà di « ricondurre la concordia e la fratellanza fra' cittadini di una stessa terra, confortandoli ad aiutarlo d'opera e di consiglio. In conchiusione, l'11 maggio stesso scriveva da Genova al nuovo siniscalco Raimondo del Balzo di rimettere dovunque gli estrinseci dopo fatta

(1) G. VENTURA, cc. 42 e 44, 755-757 (G. DELLA CHIESA, 944, e G. DEL CARREtto, 1167); B. SAN GIORGIO, 94 segg. SARACENO, 40. All'assedio di Leynì furono condotti trabuchi da' Moncalieresi (Arch. Com. di Monc., Conti, vol. I).

[ocr errors]
« PrethodnaNastavi »