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e restituire al Comune, contro 6000 lire, i luoghi indebitamente occupati a quello. Guglielmo Turco veniva confinato a Cipro, e non volendovi andare, doveva recarvisi un de' suoi figli, restando egli tutta la vita al di là del torrente Sangone: non consentendo neppure a ciò, gli altri dell' Ospizio De Castello lo abbandonerebbero affatto, nè gli darebbero aiuto contro il Comune, nè contro i Solari. Franceschino, Cagna ed altri Gardini dovevano esser immessi nel possesso di Monale; altre disposizioni riguardavano Agliano, Castelnuovo di Calcea, Moasca, Rocca d'Azzano, Neive, Cossombrato, Corsione, Corcavagno e Settime, nonchè modalità di minore importanza. Rientrati i De Castello, scambiarono il bacio di pace co' Solari sulla piazza di San Secondo; Guglielmo Turco, però, non volle andare a Cipro, nè mandarvi suo figlio. Roberto e Nicolino Bertaldi ricusarono parimenti di render Masio, onde furono fatti dipingere sul mercato appiccati per i piedi (1).

Il 3 marzo 310 duravano ancora le fazioni di guerra fra Monferrato ed Acaia, perchè è notizia esser stata allora incendiata Cambiano le cose, però, volgevano a pace. Il 19, in assenza del Principe dichiarato conservatore del pacifico e tranquillo stato di Asti ed esecutore della sentenza arbitrale del 18 dicembre », il suo vicario Rubeo Mahoneri si presentava in Monale per adempiere il prescritto riguardo a' Gardini: segno certo delle disposizioni di Filippo ad osservar l'arbitrato, sebbene poco di poi, il 22 maggio, i Solari tornassero a cacciare i tre casati dell'Ospizio De Castello, stavolta, però, seguiti a Masio solo da pochi fedeli. Intanto erano creati arbitri fra il Principe e Teodoro I, per intesa delle parti, Tomaso di Gabiano, Giacomo di Scalenghe e Guglielmo di Rivarolo: pronunciarono una prima volta il 5 aprile, ma la sentenza non piacque; onde convennero di nuovo ripetutamente, finchè il 26 giugno, nella pievanía di Cossombrato, riuscirono a gettar le basi di un accordo in realtà effettuato. In forza della nuova sentenza, Filippo doveva dismettere entro otto giorni dalla ratifica il castello e luogo di Leyni; quanto agli altri luoghi da lui occupati dopo la morte di Giovanni I, rimaneva in facoltà di Teodoro riacquistarli fra cinque anni, pagando 50.000 fiorini: passati i cinque anni, rimarrebbero al Prin- cipe (2). Il giorno avanti si era pure stipulata definitivamente la pace

(1) G. VENTURA, c. 51, 769 seg. Cod. Ast., App., nn. 1040 e 1041 (trasunto di trasunto di parte della sentenza arbitrale, che perciò vuol essere integrato con G. VENTURA, 1. c.).

(2) Chron. vetus civit. Cherii, in CIBRARIO, St. di Ch., II, 355; MIOLO, Cron., in

tra Filippo e Manfredo IV, ed il 1 luglio facevano compromesso anche i marchesi di Saluzzo e di Monferrato. Come prova di fiducia, quest'ultimo scelse a suo rappresentante Filippo di Acaia: accettollo il primo, aggiungendovi Guglielmo di Ocano e Bertolotto di Baldissero, priore di Pagno; ma per allora la sentenza non ebbe effetto. Infine, il 6, aveva luogo la restituzione di Leyni al Paleologo, e così, per qualche giorno almeno, il Piemonte parve pacificato, esclusi soltanto al solito i De Castello (1).

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A quest'epoca erano già in Lombardia Gerardo, vescovo di Costanza, e Sifrido, di Coira, nunzì di Enrico VII a spianar la via per la sua calata in Italia. Così i guelfi Filippone di Langosco e Guido Della Torre, rispettivamente dominatori in Pavia ed in Milano, come i ghibellini Riccardo Tizzoni, esule da Vercelli, e Matteo Visconti, spogliato dell'antica signoria, mostravano ugual premura in favorire i divisamenti del re dei Romani, e non è pertanto meraviglia se un fenomeno identico accadesse ne' grandi feudatarî piemontesi, e questi si riconciliassero tra loro sotto l'influsso dell'azione de rappresentanti imperiali, che non dovè certo rimanere estranea agli atti surriferiti. Ma a contrastare e contrastare e prevenire i disegni di Enrico VII e de' suoi nunzî, fin dal 10 giugno passava le Alpi Roberto, allora in Provenza, avviandosi con 500 militi per Cuneo, Fossano, Savigliano, Cherasco ed Alba. L'11 luglio i Cheraschesi nominavano appositi sindaci e procuratori a riverirlo, ed anche i Solari e gli altri occupanti astesi non si mostravano alieni dal venire a patti con lui. Filippo si affrettò a congregare il Consiglio della Città, e perchè erano presenti il vescovo di Basilea ed il sire di Vaud, ambasciatori di Enrico, coll'opera loro potè strapparne promessa di non darsi al Re; ma, partiti i nunzî imperiali, fu deciso l'invio di otto persone all'Angioino, giunto già in Alba. Sindaco del Comune era stato eletto Salimbene Casseno: il Principe gl'intimò di non andare ad Alba, e tanto impauri lui e gli altri con sue minaccie, che non osarono adempiere il mandato. Bonifacio, Sibaudo e Carlotto Solaro, invece, a dispetto del Principe, si recarono presso il Re, che molto li accarezzò ed onorò. In conchiusione, il 28 luglio, nella casa dove era ospitato Roberto, stipulavasi un trattato di alleanza fra Bonifacio Solaro, quale sindaco della Republica, e Bertrando di Mar

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Misc. di st. it., I, 151. Cod. Ast., App., n. 1041. G. VENTURA, c. 51, 770. Arch. di St. di Tor., March. Monferr., Mazzo IV. DATTA, II, 71 segg. (1) Arch. di St. di Tor., March. Sal., e March. Monferr., Mazzo cit. MULETTI, III, 88 s seg.

siglia, procuratore dell'Angioino: per esso gli Astigiani si ponevano sotto la protezione del Re e gli promettevano ogni anno cento marche d'argento, con impegno di darsegli affatto quando fosse dal Papa consentito. Poco dipoi, il 9 agosto, recavasi Roberto stesso in Asti con 40 cavalieri, e nel giorno di San Lorenzo dava un gran pranzo a' cittadini nel convento de' frati minori, sfoggiando il lusso, nuovo in Piemonte, del vasellame d'oro e d'argento a mensa. Il 12 del mese entrò quindi in Alessandria, che si diè pure, sotto certe condizioni, al nuovo siniscalco Riccardo Gambatesa, prestando tosto il solito giuramento di fedeltà (1). Intanto Eurico VII, scortato appena da 500 a 600 persone (2), cominciava la spedizione d'Italia.

Nel settembre, Amedeo V mosse incontro al re dei Romani a Soletta e l'accompagnò di là, attraverso la Svizzera e la Savoia, fino a Susa, dove cominciarono a trovare signori lombardi, come il Visconti e il Langosco, ed ambasciatori di Chieri, Asti ed altre città. Da Susa venne Eurico a Torino, poi a Chieri, donde il 10 novembre il vescovo di Basilea invitava il marchese di Saluzzo a raggiungere il suo signore (3). Il 10 stesso, o l'11, il Cesare lussemburghese

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VOERSIO, 203; Adriani,

(1) BONAINI, I, 4 segg., 12 segg., docc. 6, 8, 9, 24. Ind., 55. G. VENTURA, c. 53, 771, di cui seguo le date a preferenza di quelle di G. DELLA CHIESA, 946, che, attingendo tutto il resto della narrazione al Ventura, appar qui corrotto. Tanto meno poi hanno valore le date del GHILINI, 58 seg., troppo tardo. Per gli atti deditizî, ADRIANI, Docc. prov., 70, cfrtando anche NicoLÒ DI BOTRINTO, Rel. de H. VII itin. ital., in BÖHMER, Fontes rerum german., I, 70 segg. (2) Anche sul numero delle truppe che accompagnavano Enrico VII è discrepanza fra i cronisti. G. VENTURA, c. 58, 776, dice 3000 uomini e più (nel testo muratoriano plus quam 6000 che forse dovrebbe correggersi in 600 »), onde ripetono naturalmente 3000 ». G. DELLA CHIESA, 947, e G. DEL CARRETTO, 1170. Per contro, G. VILLANI, IX, 7, scrive: con poca gente »; D. COMPAGNI, III, 24, con pochi cavalli ; A. MUSSATO, Hist. aug., I, 9, 300 cavalieri e 300 fanti ; NICOLÒ DI BOTRINTO, 69, con lui erano pochi; G. DA CERMENATE, 33, c. 16, salivano a 500 persone. La testimonianza del FERRETO, IV, 1058, si riferisce al tempo del

soggiorno in Asti.

(3) Ancorchè il Ferrai, nelle note al Cermenate, non se ne sia punto accorto, anzi accetti ciecamente le date del Muletti, con una citazione spropositata per giunta, nulla di più difficile che la cronologia dei primi tempi del soggiorno di Enrico VII in Piemonte. Il MIOLO, 150, la cui cronaca si estende fino al 1569, dà le date seguite dal MULETTI, III, 89, e dal CIBRARIO, St. mon., 306 (Cfr. Istit. mon. Sav., II, 84, Firenze, 1869), cioè: 22 ottobre, a Susa; 30, a Torino. In un codice di Coblenza descritto dal GAR, in Arch. Stor. It., II, 329, leggesi: Rex ascendit Montsenys. Henricus rex descendit Suse, anno X, die XXIII octobris. Invece G. VENTURA, c. 58, 776, dice: Appulerunt Secusie mense septembris », e G. DA CERMENATE, I. c., determina meglio: Circa festum b. Michaelis», che è il 29 settembre. Quanto minor fede si debba prestare al Miolo ed a' suoi copisti moderni, di fronte al Ventura ed al Cermenate, mostra, oltre la tardità, l'errore di far dimorare Enrico VII a Torino fino al 17 novembre: potrebbe però esservi errore nel testo attuale del Ventura e del Cermenate. Così, per quanto riguarda i personaggi che andarono incontro ad Enrico, le notizie confuse del Miolo, che sono poi quelle del Muletti, vanno certo posposte a quelle del Ventura e del Cermenate, cui mi sono di prefe

entrava in Asti, riconducendo seco i De Castello, e congregato il 15 il Consiglio sulle vôlte del Duomo, otteneva di quel giorno la fedeltà dai sindaci Filippo di Viale e Benedetto Pelletta, confermando tutti i privilegi della Città, prima a bocca, poi, il 17, con solenne diploma. Rivelatogli allora il trattato del 28 luglio, Enrico lo fe' abbruciare dal vescovo Nicolò di Botrinto; quindi, il 18, convocò tutto il popolo sulla piazza del Mercato, e chiese ed ebbe generale balia; infine, il 25, cassò il podestà Bonifacio Guasco ed il capitano Robertono Trotto, istituendo vicario Nicolò Bonsignori: più tardi ancora, il 3 dicembre, confermò la sentenza arbitrale pronunciata l'anno avanti da Amedeo V e Filippo. Fu pure durante il soggiorno del re dei Romani in Asti ch'ebbe luogo, il 24 novembre, l'omaggio ed investitura del conte di Savoia, ed il 25 quello di Teodoro I come marchese del Monferrato, nonostante l'opposizione dianzi suscitatagli da Manfredo IV di Saluzzo (1).

Partito da Asti il 12 dicembre, Enrico VII si dirigeva successivamente a Casale, Vercelli, Novara e Milano, ricevendo ovunque il giuramento, riconciliando le parti, rimettendo gli esuli, costituendo vicari suoi così furono pel momento composte le vertenze fra Tizzoni ed Avogadri in Vercelli, Tornielli da una parte, Cavalleri e Brusati, dall'altra, in Novara (2). Mentre il re dei Romani proseguiva in Lombardia, la casa di Savoia, che lo aveva sovvenuto a più riprese di milizie, si preparava a raccogliere i frutti del favore prestatogli. Amedeo V era presente il 27 dicembre all'atto di riconciliazione steso in Milano fra Torriani e Visconti; il Principe, in

renza attenuto. Per Chieri v. anche Chron. vetus Cherii, in CIBRARIO, Chieri, II, 355 seg. La questione si complica poi per ciò che in questi ultimi anni fu publicato un documento che porrebbe un convegno fra Enrico VII e Clemente V, papa, nel castello di Rivoli (ČLARETTA, Clem. V ed Enr. VII al cast. di Riv., Pisa, 1885, estr. dal Giorn. Arald.); ma l'egregio uomo, che mi onora di sua amicizia, permetterà che io ritenga il documento come tarda spiegazione di pitture, non ricordo di fatto storico realmente accaduto. Per la lettera del vescovo di Basilea a Manfredo IV, ed altra precedente del Re al medesimo, G. DELLA CHIESA, 948, che dovette averle sott'occhio. Anche sul giorno dell'ingresso di Enrico in Asti è discrepanza fra il Ventura, che pone il 10, e le Gesta Baldewini, che l'11 novembre.

(1) G. VENTURA, c. 58, 777. Cfr. Arch. di St. di Tor., Prov., Asti, Mazzo I. BONAINI, I, 61-72; DÖNNIGES, Acta Henr. VII, I, 3 segg., 6, 11 segg. Che ivi debba correggersi in XVIII» il « XXXIII, anzichè in 24 », come vuole il Dönniges stesso, od in 23, come ritiene il SOMMERFELDT, 37, appare dal confronto col « crastina die del Ventura dopo la conferma dei privilegî del 17. B. SAN GIORGIO, 99-100. N. DI BOTRINTO, 70 seg.; SOMMERFELDT, 37 segg.

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(2) DÖNNIGES, I, 15 segg.; BÖHMER, Regesta Imperii (1246-1313), 285. Stuttgart e Tubinga, 1844. A Vercelli si fermò dal 15 al 19 dicembre. Le fedeltà in BONAINI, I, 57, 59. Per l'itinerario, anche il codice di Coblenza, 1. c. E sovratutto MANDELLI, IV, 165 segg.

vece, ancora il 15 di quel mese si trovava a Pinerolo, donde largiva franchigie al Comune ed uomini di Carignano, imitando l'esempio dato poc'anzi dal Conte rispetto a Caselle. Non ristette però gran tempo senza recarsi egli pure alla corte di Enrico, e già il 6 gennaio '311 assisteva con Amedeo V, Teodoro I, Manfredo IV ed altri signori subalpini all'incoronazione del Lussemburghese a re d'Italia; nella qual'occasione vuolsi cominciassero le pratiche di alleanza particolare tra il Principe stesso ed il Delfino di Vienna, indi a poco conchiusa (1).

Il 6 gennaio stesso, Enrico creava Amedeo suo vicario generale in Lombardia, ed invero, l'8 febbraio, i deputati delle città gli prestavano giuramento di pagare ogni anno lo stipendio delle truppe che ciascuna di esse era quotata a mantenere per la comune difesa. Appunto per pattuire intorno alla paga del contingente astigiano che il Ventura fa salire indi a poco, al tempo dell'assedio di Brescia, a 70 cavalieri e 1000 fanti, il vicario imperiale ed il Consiglio della città avevano delegato fin dal 28 gennaio due sindaci, nelle persone di Aimone Solaro e Guglielmo Isnardi - l'un guelfo, l'altro ghibellino, con facoltà inoltre di obbligare il Comune per un debito di 10.000 lire verso il conte di Savoia, cioè 4000 propriamente verso di lui, e 6000 per le quali egli si era obbligato in nome della Republica a Bongiovanni Asinari ed a Giacomo Malabayla. Vuolsi notare, però, a quest'ultimo proposito, che Amedeo si era obbligato bensì, ma non aveva sborsato, nè sborsò poi il denaro, ed ancora nel '312 il Malabayla ed Agliano Cacherano, collettori de' redditi del Comune astese, chiedevano al Consiglio, in nome proprio, dell'Asinari e nipoti suoi, la facoltà di convertire detti redditi in estinzione di un loro credito, che ora figura non solo di lire 6000, ma 7500, in vigore dell'obbligazione passata ad essi il 13 dicembre '309, col consenso del Consiglio stesso, dal conte di Savoia e dal Principe, onde procedevasi a deliberazioni e provvedimenti al riguardo (2).

Il 10 febbraio, ne' dominî angioini di Piemonte, dove la vita procedeva tranquilla sotto un governo regolare, si veniva, conforme

(1) USSEGLIO, Lanzo, 92; SARACENO, 41. DATTA, II, 76 segg. di Caselle, Concess. e privil. MULETTI, III, 92.

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(2) DATTA, I, 65. Sulla natura del vicariato di Amedeo V, ‹

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imperiale, non

di Enrico VII» personalmente, vedi SCARABELLI, 28, e, sovratutto, FELSBERG, I, G. VENTURA, cc. 59 e 60, 778 segg., cfrtati insieme. Arch. di St. di Tor., Prov., Asti, Mazzo III, n. 1.

9 segg. n. 1042.

Cod. Ast., App.,

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