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altrettanto, non la lor successione sarebbe caduta in men di un secolo a Genova, e meno avrebbe forse gravato la fortuna di Guglielmo VII sovra i marchesi d'Incisa quell'anno stesso 1292. Del resto, la sottomissione loro non fu così fatale come quella di un'altra grande famiglia subalpina, di origine diversa ed oscura, certo antica, forse regale; una famiglia che aveva goduto in altri tempi potenza pari, se non maggiore, degli Aleramidi. I conti di Biandrate erano davvero abbattuti, nonostante facessero ancora più tardi generosi sforzi per risollevarsi. Sconfitto e morto a Sommariva del Bosco il giovane Federico, figlio del conte Emanuele, in novembre '90 Riva si rimetteva in balia degli Astigiani, ed il 10 dicembre dello stesso anno anche Emanuele medesimo, l'altro figlio Guido ed il nipote Antonio piegavano dinanzi al comune vincitore, abbandonandogli molte terre. Verso lo stesso tempo (24 novembre), Baldracco Solaro, podestà di Chieri, arbitro interessato ne' dissensi fra questo Comune e Pietro di Bonifacio di Biandrate, sentenziava dovesse il medesimo vendere ai Chieresi i luoghi di Andezeno e di Cesole e pagar loro un fodro annuale. Appena il ramo di San Giorgio, per la maggior lontananza de' suoi possessi da Chieri ed Asti, conservò un avanzo dell'antico splendore nell'attual provincia di Novara, pur urtandosi colà con altre ambizioni feudali e comunali (1), del pari che la schiatta, forse affine, de' marchesi di Romagnano: questi Arduinici, nondimeno, tornarono più tardi a risorgere (2). In fine, sotto la suprema signoria monferrina, poi di Savoia, continuavano a contrastarsi le terre del bel Canavese le stirpi sorelle e nemiche dei Valperga e dei San Martino (3).

Dal risorgere degli elementi feudali sulla fine del secolo XIII tro

nanzi, p. 22-23. La genealogia, anzichè in OLIVERO, Mem. stor. città e marches. Ceva, Ceva, 1858, v. in SELLA e VAYRA, alleg. 7, tav. V, colle modificazioni del MARTINI, Cenni stor. del marches. di Ceva, Ceva, 1893, di cui è in corso di stampa una mia minuta recensione critica.

(1) G. VENTURA, c. 22, 730 seg.; G. DELLA CHIESA, 926; Cod. Ast., nn. 809, 810 e (App.) 1035; CIBRARIO, St. di Chieri, 148, 2a ed., Torino, 1831. La discendenza dei Biandrate dai conti di Pombia è sostenuta dal TONETTI, St. Valle Sesia, Varallo, 1875; dal BIANCHETTI, L'Ossola inf., t. I, Varallo, 1878; dal CARUTTI, Umb. I ed il re Ard.. 270 segg., Roma, 1884, e dal RUSCONI, I cc. di P. e di B., Milano, 1885; l'arduinica dal DIONISOTTI, Op. cit., 73 segg. Se poi i conti di Pombia appartengano alla Casa d'Ivrea è altra più ardua questione, cui risolve affermativamente il CARUTtti, l. c.

(2) Vedi per ora il mio libro Lo Stato sab. da Am. VIII ad Em. Fil., I, 40 segg.. Torino, 1892. Più ampie notizie darò altrove. Per l'affinità coi Biandrate, DIONISOTTI, La Valsesia ed il Com. di Romagnano Sesia, Torino, 1871, e Fam. cel., 71 segg.

(3) P. AZARIO, De bello canapiciano, 336 segg., ed. Milano, 1771; BERTOLOTTI, Passegg. stor. nel Canav., passim.

viamo però esclusi i vescovi e gli abati, cui l'aura de' nuovi tempi non soffiava punto favorevole. A nulla, o quasi, erano ridotti nel fatto i diritti delle abazie di Breme, Novalesa, San Solutore, Santa Maria di Pinerolo, Santa Maria di Caramagna, ecc.; a stento l'abate Federico di San Dalmazzo di Pedona, venerando per età e nella vita politica sperimentato, otteneva dal marchese di Saluzzo il riconoscimento di alcune ragioni nel Borgo ed in Centallo (9 aprile '85 e 21 febbraio '87): solo l'abazia fruttuariense continuò anche più tardi a sussister compatta nel basso Canavese co' suoi forti villaggi di Montanaro, Volpiano, Lombardore e Feletto intorno alla chiesa ed al borgo centrale di San Benigno (1). Il vescovo d'Ivrea, i cui diritti signorili sulla città erano ancora salvaguardati negli atti comunali del 1260, era stato poco a poco spogliato di ogni terra importante dal marchese di Monferrato, in ispecie dopochè la città, il 23 luglio '78, aveva prestato giuramento a Guglielmo VII, acquisitore fin dal 19 marzo precedente di tutti i diritti che vi vantava il Comune di Vercelli: egli stesso, il prelato, par fosse stretto di assedio in un suo ultimo castello (2). A Torino, il vescovo Goffredo di Montanaro, pur uomo attivo ed intelligente, non riuscì a ricuperare i castelli di Rivoli e Cavour per cui si arrovellava presso la curia romana fin dal '67; tanto meno Montozolo, occupato da' Chieresi: par anzi non potesse neppur ottenere Castelvecchio presso Moncalieri, che gli doveva esser reso per disposto testamentario di Tomaso III (3). Da Vercelli, dopo la cessione fatta nel 1243 al Comune dal legato pontificio Gregorio di Montelungo, in tempo di sede vescovile vacante, di quanto la Chiesa eusebiana possedesse tra il Po, la Dora e la Sesia e nel territorio di Casal Sant'Evasio, il nuovo eletto Martino Avogadro di Quaregna aveva dovuto riparar nel Biellese, dov'eran molte le terre de' suoi congiunti: Biella ed i luoghi circostanti divennero d'allora in poi il rifugio de' suoi successori, ancorchè il Comune vercellese, con un importante atto dell'86, restituisse al vescovo il castello di Mongrando e gli riconoscesse il diritto di ricevere le istanze degli uomini del distretto e giurisdizione di Vercelli, de' conti, signori ed uomini del Canavese e de' Comuni d'Ivrea, Trino e Casale (4). Di

(1) Arch. di St. di Tor., Abazie; MULETTI, II, 439, 445 segg. Su Fruttuaria, il mio St. sab., II, 173 segg., e per i tempi più antichi CALLIGARIS, Un'ant. cron. piemont. ined., Torino, 1889.

(2) Arch. Com. d'Ivrea, Mazzo I, nn. 30, 38, 39; DATTA, I, 14.

(3) M. h. p., Chart., I, 1479 segg.; CIBRARIO, St. mon., II, 175, cfrtato con DATTA, I, 22.

(4) MANDELLI, II Com. di Verc., I, 247 segg.; IV, 107 segg., Vercelli, 1857-61;

Asti e di Alba, naturalmente, i vescovi, già potentissimi, non erano ancor tanto scaduti: anzi questo, sempre signore di Verduno e di Roddi, in qualità di delegato apostolico teneva allora un posto cospicuo in Piemonte in un coll'abate di Vallombrosa, suo subdelegato; quello poi, cercava fin di profittare de' primi segni di debolezza del Comune astigiano per riguadagnare il perduto e riallargare un'altra volta i suoi possessi, sebbene l'attuazione riuscisse a lui più difficile che il disegno, ed anche al riguardo si notino fatti rivelatori d'impotenza a reggere all'età nuova. Dopo la cacciata de' Provenzali, i cittadini, desiderosi che fossero tolte le censure ecclesiastiche fulminate contro di loro per l'usurpazione di parecchi feudi della Chiesa d'Asti, ne promettevano restituzione al vescovo Corrado, che il 24 gennaio '79 levò infatti la scomunica: in realtà però non li dismisero punto. Il 22 luglio '82 Benedetto Della Torre vendeva al prelato la sua porzione di tal feudo per lire 150 astesi, ed altrettanto faceva Ottone il 10 ottobre '85 per la sua del medesimo e dell'altro di San Michele. Oberto, un de' successori di Corrado, comprò per 800 lire astesi una parte di Govone da Rainero Solaro (23 novembre '89), e più tardi Sant'Albano da Petrino de Drua, che ratificò la vendita il 10 maggio '92. A' vescovi d'Asti toccò appunto in quest'epoca di sostenere un'aspra lotta con alcuni signori aventi possessi nella lor terra di Bene inferiore: prima, il 10 maggio '80, Anselmo di Calosso, podestà del luogo pel vescovo Corrado, pronunziava sentenza di bando e confisca per congiura e ribellione contro Giacomo di Gorzegno; più tardi, nel giugno '82, Uberto di Govone, nuovo podestà di Bene, ne emanava altre contro i fratelli Oddone e Bartolomeo Caccia per ribellione, tradimento, omicidî, adulterî ed altri delitti. I Caccia furono a lungo renitenti: mallevò per loro Guglielmo VII, finsero di sottomettersi, da capo rialzarono la superba cervice. Dall'87 al '90 è una serie di minaccie, ingiunzioni, misure coercitive contro di loro da parte del vescovo, de' suoi 'ufficiali e fin del subdelegato apostolico: soltanto in luglio '91 i Caccia consentirono a vendere per 1000 lire astesi quanto tenevano in Bene, e a rilasciare dalle carceri di Bonvicino i sudditi del prelato che vi tenevano prigionieri (1).

Importanza particolare hanno i rapporti del vescovo d'Asti con

MULLATERA, Mem. cron. Biella, 36 segg., Biella, 1778; CIBRARIO, Oper. e framm. stor., 157-158, Firenze, 1856; Arch. Com. di Verc., Mazzo XVIII.

(1) Libro Verde della Chiesa d'Asti, ms. orig. in Arch. di St. di Tor.; copia autentica nella Nazionale della stessa città, N. IV, 13, ff. 5, 19, 20, 49, 75, 88-92, 94.

Monteregale, or Mondovi, in quanto c'introducono ad esporre la condizione de' maggiori Comuni subalpini a quest'epoca. Alba si era data al marchese di Monferrato, Cuneo soggiaceva a quel di Saluzzo, Fossano era degli Astigiani, Torino di Savoia, Ivrea e Casale pur monferrine. Novara e Vercelli, dal cui vescovo dipendeva Biella, erano state anch'esse di Guglielmo VII, or proclamavano « capitano >> per cinque anni Matteo Visconti (1). Gli Alessandrini, cui, per aver imprigionato il marchese, spettava il principal merito di una rovina, toglievano per sè Viarigi e San Salvatore, mentre gli Astigiani occupavano Albugnano ed altri luoghi. Par tuttavia che qualche fortezza di Alessandria fosse ancora in mano de' Monferrini, i quali non la sgombrarono che più tardi, quando il 28 febbraio '92 ricevette anch'essa capitano » il Visconti (2). In Chieri l'energia di libertà era maggiore che negli altri Comuni piemontesi: alleati di Asti, ma non suoi dipendenti, i Chieresi furono tra coloro che raccolsero più frutti della caduta di Guglielmo VII. Oltre le cessioni imposte a Pietro di Biandrate, nello stesso mese di novembre '90 costringevano i signori di Moncucco a compromettere le loro differenze col Comune nel podestà Baldracco Solaro, il quale pronunciava anche stavolta che detti signori dovevano cedere i castelli e luoghi di Moncucco e Cinzano e le parti che possedevano in Vernone e Mombello, salvo a riaverli in feudo gentile dal Comune stesso, che ne li investi infatti il giorno 9. Già precedentemente, il 25 settembre, i signori di Arignano avevano dovuto donare e riaver quindi in feudo altre parti di Mombello e di Arignano, e l'11 novembre rinnovarono la cessione e la fedeltà. Parimenti, fin dal 3 ottobre, si era reso alleato e cittadino di Chieri Uberto de' conti Radicati di San Sebastiano, signor di Avuglione; e poco più tardi Ubertino, Ranieri ed altri signori di Castelnuovo chiedevano l'investitura di Moriondo, e giuravano fedeltà parecchi uomini di Vernone. Nell'aprile '91 fu occupata in armi la villa di Berzano fra Albugnano e Moncucco; ed il 3 settembre di detto anno Matteo, sire d'Ostero, ed i suoi figli giurarono similmente la cittadinanza nelle mani di Guglielmo Alfieri, promettendo di servir Chieri del castello contro tutti, eccettuati il marchese di Monferrato ed i signori di Sciolze, da cui lo tenevano

(1) G. VENTURA, 719; G. FIAMMA, Man. florum, c. 329, in R. I. S., XI; Ann. Mediolan., c. 62, ibidem, XVI.

(2) G. VENTURA, 7. c. Alle ville da lui enumerate, B. SAN GIORGIO, 79, aggiunge il castello e la villa di Cossombrato, il castello di Montiglio, la Villa, Agliano, Monale e le altre terre vicine ». GHILINI, 51; G. FIAMMA, C. 331.

in feudo (1). Di Cherasco non risulta da alcun documento che il 4 aprile '89 prestasse fedeltà a Carlo II d'Angiò, anzi le condizioni generali del Piemonte a quest'epoca sembrano escludere assolutamente il fatto: par invece che il Comune conservasse l'autonomia sotto il primato e protettorato degli Astigiani. Consta infatti che, il 9 marzo '77, Asti, Chieri ed Alba, allora non per anco datasi a Monferrato, avevano conchiuso pace ed alleanza con Cherasco, costretta a riconoscere l'egemonia astigiana persino in certe questioni di gabelle. Fra gli articoli di questo trattato eravene uno che prescriveva apposita convenzione per la reciproca cittadinanza di Asti e Cherasco: essa fu poi stipulata il 29 novembre '81, ed in due atti del '92, di cui sarà discorso più innanzi, le due terre appaiono sempre alleate senza che si abbia notizia di dissensi inframmezzo (2). Press'a poco in ugual condizione era Savigliano dopo la sua riconciliazione con Asti il 25 dicembre '76: il Comune saviglianese, per altro, sembra godesse maggior libertà di azione rispetto alla Republica dominatrice che non quello di Cherasco; e la non avvenuta restituzione della torre di Montemaggiore da parte appunto dei Cheraschesi, contro il tenore dei patti del '76, doveva lasciar qualche traccia di malumore in Savigliano. Quivi pertanto, ancorchè essa appaia sempre aderente di Asti negli atti succitati del 12 luglio e 26 dicembre '92, maturavano germi fecondi più tardi di ostilità (3). Intorno a Monteregale le notizie storiche di questi anni abbondano maggiormente e ne chiariscono anche meglio le condizioni. Dopo la cacciata degli Angioini, il Comune ebbe anzitutto di mira di regolare certe questioni ond'era turbato fin dal periodo precedente di qui la vendita e cessione del castello di Mirabello o della Chiusa a Federico Bressano e consorti per lire 200 astesi (2 dicembre '77), con impegno da parte degli uomini di detto luogo di non offendere quelli di Mondovì; di qui ancora, in dicembre '84, la determinazione de' confini con Montaldo e Roburent riguardo al bosco negro, e qualche altra convenzione di ugual natura fin nel '90, ed oltre, cogli uomini della montagna, Garessio, ecc. Il

(1) Arch. Com. di Chieri, Libro rosso, ff. 115, 121, 128, 144, 152, 157, 158, 160-161, 165, 170; CIBRARIO, Chieri, 147. Cfr. sopra, p. 5.

(2) Cod. Ast., nn. 661 e 928; Mon. hist. patriae, Chart., II, 1671 segg. L'affermazione erronea solo in VOERSIO, Hist. di Cher., 453-454, Mondovì, 1618 (Cfr. ADRIANI, Ind. analit. e cron. di alc. docc. per servire alla st. di Cher., 47, Torino, 1857). (3) Cod. Ast., n. 713 (La data 1277, a nativitate, accettata dal TURLETTI, St. di Savigl., I, 150 segg., Savigliano, 1879 segg., e da me stesso, Ric. e st. st. Bra, I, 47-48, come secondo lo stile comune, va corretta nel medesimo in 1276. Cfr. SELLA e VAYRA, CLI). VOERSIO, 134; ADRIANI, 47 (n. 158); TURLETTI, 1. c.

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