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2. La prima nota adunque del sonetto mazzettiano (') ricorda i nomi di quei cremonesi che sia in Trento sia in altri luoghi della provincia conseguirono dignità ecclesiastiche come canonici ovvero decani. Ed a proposito di essi io non trovo da fare se non una sola osservazione; e questa è che, mentre della esistenza in Cremona di una famiglia Turchi (2), da cui Trento ebbe un decano sulla fine del secolo XII in Arnoldo, e Città d'Arco dei canonici nel secolo. seguente, rinvengo qualche ricordo, non mi avvenne invece mai di ritrovare notizia o per lo meno menzione nè degli Opinami, nè dei Ballisti, ai quali sarebbero appartenuti un Antonio nel 1436, un Giovanni ed un Albertino nel 1396 e nel 1444. Convien credere pertanto che costoro fossero di bassa estrazione, se pure

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Compie un'impresa di virtù superna

Chi lascia il soglio ed umil chiostro elegge.

Vincerà gli anni il memorando esempio;

E dell'almo Pastor la fama eterna

Vivrà nel cor del suo diletto gregge.

Il virtuoso prelato ritirossi a convivere colla religiosa famiglia de' Chierici Regolari della Somasca e presso di loro fini la sua vita.

(') P. 7-10.

(3) Da quanto scrive più innanzi il M. (p. 146 e seg.) par da dedurre che un ramo, se non l'intiera famiglia, dei Turchi cremonesi si fosse stabilito in Trento fin dal XII secolo. I Turchi rimasti in Cremona non ebbero mai, come i loro parenti espatriati, titolo nobiliare, né trovaron luogo fra le famiglie decurionali, nè hanno dato alla patria uomini illustri, ad eccezione di quel Tommaso, che, nato da genitori « onestissimi » (è questo il solo elogio che ne fanno i di lui biografi), entrò nell' ordine domenicano nel 1610 e diè sì chiare prove di dottrina e d'ingegno da esser nel 1638 chiamato ad insegnar metafisica nell' Università di Padova. Eletto da Urbano VIII nel 1643 Procurator Generale del suo ordine, fu costretto ad

non è da supporre che i lor nomi uscissero o guasti o mal in-
terpretati dai documenti, donde il Mazzetti li ricavò (').

Fra gli arcidiaconi della Cattedrale di Trento il M. ne rinvenne
due cremonesi: Paolo Crotti e Paolo Somenzi. Di quest' ultimo,
che il M. ci dice esser stato chierico familiare di Clemente VII,
ed investito per singolar raccomandazione dell' imperatore Massi-
miliano di non pochi beneficî nel vescovado trentino, non serbano
ricordo gli scrittori nostri (2). Ben noto è invece il primo. Pietro

abbandonare la cattedra, su cui non risali più, giacchè nel 1644 divenne

Generale dell'Ordine stesso. Morì, di cinquantaquattro anni circa, nel 1649.

Copiose notizie su di lui si trovano, oltre che presso gli scrittori Dome-

nicani, in ARISI, Cremona literata, t. III, pag. 308 e seg.; DOMANESCHI, De

rebus Coenobii Cremonens. Ord. Praedicat., Cremona, Ricchini, 1767, p. 254

e seg.; e sopratutto VAIRANI, Cremonens. Monum. Romae extantia, Romar,
G. Salamoni, MDCCLXXVIII, p. 161 e seg., ove è riportato il ritratto del
Turchi e l'iscrizione, che si leggeva in suo onore nell' ora distrutto con-
vento di S. Domenico in Cremona.

(1) Un'iscrizione esistente nella chiesa di S. Carlo in Cremona ricorda

un Vincenzo de Balestris, morto nel 1633 (cfr. VAIRANI, Inscript. Crem, uni-

versae, Cremonae, L. Manini, MDCCXCVI, n. 771); ed in Cremona vive

tuttavia una famiglia Balestreri, alla quale appartenne quel Giovanni (Io-

hannes Balistarius, che sul cader del secolo XIV e sui primi del seguente

tenne scuola di grammatica in Cremona ed in Perugia, dove fra i suoi al-

lievi contò Flavio Biondo (v. ARISI, O c., t. I, pag. 223). Forse coi Bale-

stri o coi Balestreri (che dovrebbero essere una sola e medesima casata)

furon congiunti i due cremonesi ricordati dal Mazzetti.

(2) La famiglia Somenzi però era assai antica in Cremona e diede alla patria

alcuni uomini non oscuri. Lasciando da parte quel Giovan Paolo Somenzi,

chirurgo espertissimo, dotto di ebraico, di greco e di latino, che sarebbe

nato nel 1331, giacchè della sua esistenza non abbiamo altra testimonianza

che un'iscrizione conservata dal Bressiani (cfr. VAIRANI, Inscr., n. 2041),

possiamo ricordare quel Magister Petrus de Somentiis, che nel 1509, secondo

afferma D. BORDIGALLO nel suo inedito Disignum urbis Cremonae (Cod.

Ponzoni, 36, f. 11 r.), era uno de' lectores publici et solemnes in humanitatis

studiis, ed abitava nella parrocchia di S. Vito (ibid. f. 14 r.): Giacomo So-

menzi, priore della chiesa di S. Silvestro, che nel 1512 vi fece colorire de-

gli affreschi a sue spese (VAIRANI, o. c., n. 1948) e finalmente quel Tom-

maso di Andrea Somenzi, oratore, medico e poeta, morto nel 1586, di cui

l'ARISI fa si gran lodi (o. c., t. II, p. 341).

Paolo, come vuole l'Arisi, o Paolo, come lo dice il M., de' Crotti, famiglia nobile ed antichissima. Il Crotti, oltrechè accolito di Sisto IV, fu canonico di Cremona, di Bologna e di Trento. Non mi risulta donde il M. abbia tratta la notizia che egli visse qual maggiordomo presso il Cardinale della Rovere; a me consterebbe invece che tale ufficio, unitamente a quello di segretario, il Crotti lo tenne presso il Cardinale di S. Sisto, lo spagnuolo Pietro de Ferretis, la morte del quale, avvenuta nel 1478, deplorò con un'orazione funebre, che, a quanto sembra, è, se non il solo, un de' pochissimi tra i suoi scritti a noi conservati (').

<< biblioteca ms.

(') Dice del Crotti il M. che a Trento dettò varie opere (p. 10); ma non aggiunge verbo che illustri si vaghe indicazioni. Non è del resto più esplicito l'ARISI, il quale consacrando una pagina della sua Cremona literala (t. I, p. 339) al Crotti, scrive: Malo quidem fato ejus opera] deperdita vel ad nos non delata. Aggiunge però che A. Cotta gli aveva dato avviso come in Ambrosiana esistesse la sopraricordata orazione in morte del Cardinale, che egli chiama de Ferricis, ai cui servigi stava il Crotti. Può essere che tale notizia sia stata data dal Cotta all'Arisi; osservo però che essa si trova anche in una lettera del Muratori al letterato cremonese (v. Lettere di A. L. Muratori a F. Arisi, edite da A. CERUTI in Miscell. di Storia Italiana, t. XVII', p. 191) dell' 11 aprile 1697, espressa in questa guisa : « Abbiamo in questa una orazione di un Cremonese; l'iscrizione è questa: « Quae sequuntur scripta sunt per Petrum Paulum de Crotis reverendissimi <s. memoriae dom. Petri Ferreti tituli S. Sixti presbyteri Cardinalis et epi«scopi Fucason. dom. magistrum et secretarium in eius funere ». In fine: << Paulus de Crotis, canonicus cremonensis sedis apostolice acolitus numera<<rius ob integram fidem devotum grata memor. clientelam perpetue moe<rens ac lugens ». Ma neppur il Muratori avvertì che la copia dell'orazione funebre del Crotti contenuta nel cod. Ambrosiano. P. 151 inf., deve probabilmente ritenersi esemplata sopra una rara stampa romana del sec. XV, la quale ci offre insieme alla commemorazione del cardinale di S. Sisto scritta dal Crotti quella pure del frate minore Lodovico da Imola, di cui l'Ambrosiana stessa possiede due esemplari (S. QQ. I, 3, n. 14, S. QQ. II. 41, n. 3;) ed un terzo la Magliabechiana Cfr. F. FOSSIUS, Catalogus codicum sacc. XV impressorum qui in publica Biblioth. Magliabech. Florentiae asservantur, t. II, Florentiae, MDCCXCIV, c. 9. Di mano del Crotti, che lo scrisse in Bologna nel 1461, è poi un codice di Pomponio Mela, oggi conservato in Vaticana (Fondo Ottoboni 1808). Cfr. Pomp. Melae de chorogr. libri tres, ed. G. Parthey, Berolini, 1867, f. xvi.

3. Enumerati così i cremonesi, che ottennero nel Trentino dignità ecclesiastiche, il M. ricorda quelli che vi sostennero invece ufficî civili; ed innanzi a tutti Gian Francesco Pavarelli e Mainardo Trussi, i quali furono podestà di Trento, l'uno nel 1626, l'altro. del 1640. Che il primo sia stato cremonese ne son certo per altre prove; ma altrettanto non posso dire del secondo, sul quale tacciono i nostri scrittori (1). E poco più che il nudo nome rimane di Vincenzo Mainoldi, che resse nel 1586 la pretura roveretana (†)

(') Secondo l'ARISI, Spectabiles causarum patronos ex inclyto Cremonensi collegio recensit., ecc., Placentiae, typ. I. Bazachii (s. a., ma 1697). il Pavarelli fu ascritto al collegio dei dottori nel 1617 (p. 46). Nel 1578 era però già fra i decurioni della città sua, poichè come tale lo trovo ricordato nel Catalogus nobilium, magnificorum et illustrium dd. Decurionum civitatis Cremonae anni MDLXXVIII, premesso alla nuova edizione, che in quell'anno fu fatta dal tipografo Cristoforo Dragoni degli Statuta Civitatis Cremonae. Ecco l'indicazione dell'elenco: D. Joannes Pavarellus f. q. D. Alexandri viciniae maiori, burgi S. Stephani, P. S. Laurentii. In quanto a Mainardo Trussi non si può a tutto rigore chiamarlo cremonese, poichè la famiglia dalla quale ei discendeva, era originaria di Castelleone e di là passata a Milano. Quello stravagante ingegno di Clemente Fiammeno, castellonese e parroco della cattedrale di Cremona, ricorda Mainardo nella sua Castellonea (in Cremona, MDCXXXVI, , per Francesco Bertolotti, p. 173) e lo dice << dottore di grande ingegno ». Ma assai più a lungo si compiace di discorrere del padre di Mainardo, cioè Trusso, che era stato eletto senatore nel 1607 e, morendo nel 1621, volle da Milano esser trasportato in patria, dove fu sepolto nella Cappella Maggiore di Santa Maria della Misericordia (O. LANDI, Senat. Mediol. 1. VI, p. 212, ARISI, Crem. lit. t. III, p. 316). Il Fiammeni riporta anche l'epitafio, posto sulla tomba di Trusso, dettovi fra altro nel gergo enfatico del tempo trux thrax in truces thraces homines; ed aggiunge: «La famiglia Trussa è antica et hora molto risplendente nella Germania, dove pochi anni sono vivea ancora Ghirardo Truchses Arcivescovo di Colonia ». V. anche p. 169, p. 226, ecc. Un sonetto di Trusso in elogio delle storie del Cavitelli si legge in fronte a quest'opera (L. CAVITELLI, Ann. Cremonae, p. 7 t.). Mainardo fu anche per due volte podestà di Rovereto.

(2) Di lui tace l'ARISI nei Caus. Patr.; ma il BRESSIANI, Collegio dei Dottori della città di Cremona, ecc. (Cremona, G. P. Zanni, 1652), afferma che entrò a far parte del collegio nel 1573. Del 1582 fu eletto a principe dell'Accademia degli Animosi, da poco sorta in Cremona (ARISI, Crem. liter., t. II, p. 259). Un'iscrizione, che esisteva « nella sacristia minore della Chiesa

e di Giulio Maggi e di Paolo Barbò, che nel 1605 e nel 1626 tennero la medesima carica (1). Chiaro al contrario, sebbene il M. non lo avvertisse, il nome di Orazio Mainoldi, podestà di Rovereto nel 1586, che fu figlio di Giovanbattista e di Partenia Gallarati, gentildonna ai suoi dì famosa in patria e fuori per la molta dottrina ed il vivace ingegno, che la resero cara al Vida, a G. F. Quinziano Stoa, a Giulio Salerno, a Marcello Palonio (), e fratello di Giacomo, il quale fu presidente del Senato di Milano. Orazio sostenne così in Cremona come in altre città della penisola varie magistrature; fu podestà di Ravenna e capitano di giustizia per quattr'anni a Milano. Eletto senatore nel 1623 andò l'anno seguente

Cathedrale dalla parte sinistra dell' altare », raccolta dal Bressiani (l. c) e sfuggita al Vairani, ricordava come, essendo con altri prefetto della fabbrica del Duomo, il Mainoldi nel 1605 avesse condotto a termine la trasformazione in sacristia di una cappella dedicata a S. Benedetto. Cfr. l'iscrizione 199 della raccolta Vairani. A queste notizie aggiunge il Bressiani: « Da << Ferdinando Arciduca d'Austria fu eletto Podestà di Rovereto nel Tirolo, « servi anco in alcune ambascerie l'istesso Arciduca con molto suo honore >>. (') La famiglia a cui appartenne Giulio Maggi era delle più antiche e delle più illustri in Cremona. Egli però non ha lasciato di sé altre memorie che quelle della Pretura sostenuta. Era entrato nel collegio dei Dottori nel 1594. Ved. BRESSIANI, o. c., pag. 73. Paolo Antonio Barbò, di stirpe nobilissima, (ved. LANCETTI, Biografia Cremonese, Milano, Borsani, 1819. t. II, p. 77), nato da Pietro, fu de' Giureconsulti nel 1623. Dopo aver esercitato due anni la pretura, tornò in patria, dove fu fatto Decurione. Mori nel 1641 e fu sepolto nella chiesa di S. Imerio de' Carmelitani Scalzi. Dice di lui il BRESSIANI (0. c., p. 76) che « nell'Avvocare fu ottimo ».

(*) Alcune notizie su di lei in ARISI, Crem. lit., t. II, p. 256 e seg., che fa ricordo di un codice esistente ai suoi giorni nella biblioteca Mainoldi, contenente buon numero di lettere latine, dirette da Partenia ad uomini dotti ed a gentildonne del suo tempo. Non ci è noto dove questo ms. sia ora nascosto, ov'esso non debba identificarsi con quello di proprietà del sig. Cattaneo, del quale è fatta menzione nel Giorn. di Erudiz., v. I, p. 289, Firenze, 1889; ma dall' indice datone dall' ARISI risulta con certezza che era diverso da un codicetto autografo di Partenia, che fa parte della raccolta Ponzoni custodita presso la biblioteca governativa di Cremona, da chi scrive minutamente illustrato nel già citato Giorn. di Erudiz., v. II, p. 66 e seg.

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