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golarmente ne' secoli XII, XIII e XIV, una famiglia de' Giroldi, la quale, oltrechè per il Ponzio ed il Turrisendo, consoli l'uno del 1157, l'altro del 1193, ed il Corrado, podestà del 1224, ricordati dal Mazzetti, va chiara altresì per quel Giovanni Bono, che, prima cantore, poscia arcidiacono della Cattedrale (gli Statuti Capitolari del 1246 lo dicono tale) ('), alla morte del vescovo Omobono de' Madalberti (11 ottobre 1248) fu da una parte de' canonici eletto a succedergli, mentre l'altra parte chiamava a tale ufficio Bernerio dei Sommi. Sebben il Giroldi facesse lodevolissima prova nella nuova dignità, pure l'elezion sua fu annullata dal pontefice, ed egli dovette un anno dopo ceder il luogo al suo fortunato competitore. Sembra però che nei tempi successivi, mentre Bernerio esulava da Cremona, vittima degli odî di Uberto Pallavicino, il Giroldi reggesse di fatto, se non di diritto, la nostra chiesa (2). Mori egli nel 1262; e la sua perdita fu pianta da un rozzo poeta contemporaneo in un ritmo latino, che oggi ancora si legge nell' Obituario della Cattedrale (3).

10. Dai Cremonesi vissuti in Trento passa il Mazzetti a discorrere di que' trentini che, recatisi in mezzo a noi, vi conseguirono cariche pubbliche e dignità ecclesiastiche. « E primieramente, esso scrive, ci si presentano nove Prelati Canonici di quest' insigne Cattedrale, che furon di Trento (*). » Ma, ahimè!, sopra nove canonici

(1) Questo documento, ancora inedito, è un de' pochi scampati da mani rapaci che si conservino nell'Archivio de' Canonici ai giorni nostri.

(2) Cfr. SOMMI-PICENARDI, o. c., tav. VI.

(3) Cfr. Arch. Stor. Lomb. VIII, 1881, p. 256. Sui primi del secolo XIV fiorirono in Cremona anche magister Bonaventura de Ghiroldis ed Henricus de Ghiroldis; quest'ultimo canonico del Duomo. Egli però, nel 1312, essendo « expulsus de civitate Cremone occasione partis Ghibeline et Cremone << habens inimicicias personales, propter quas non poterat absque periculo sui « corporis personaliter accedere ad Ecclesiam Cremonensem», dimorava a Mantova, dove mori nel 1313; come si ricava da un atto, conservatoci, al pari di quello, onde son tolte le parole or citate, dal De Corrigis ne' suoi protocolli, quinterno 10 e 11.

(*) O. c., p. 151.

otto non offrono della loro reale esistenza altre testimonianze, da quella in fuori, a noi sospetta, anzi più che sospetta, assolutamente inaccettabile, di monsignor Dragoni. Tanto basterà per impedirci addirittura di prestar la menoma fede alla venuta in Cremona non solo di Vigilio de' Vigili e di maestro Lupo da Furmiano, vecchie nostre conoscenze ; ma di quel Vigilio da Cavezzano, che avrebbe vissuto nel 1095, del terzo Vigilio da Barco, fiorito nel 1110; e così del quarto, ma questo da Castelbarco, che si vorrebbe rammentato sotto l'anno 1129; nonchè d'un Leone Caldonazzo (1186), d'un maestro Lupo da Stenico (1196), d'un Guidobono da Cavezzano (1410). Alla condanna inesorabile che colpisce tutti codesti pretesi membri del Capitolo di Cremona, figli dal primo. fino all' ultimo della troppo feconda fantasia di monsignor Dragoni, solo riesce a sottrarsi Pietro d'Arco, il quale, secondo che c'insegna Ferrante Aporti, fu nel 1470 insieme a Francesco Tornielli suo collega nel canonicato, incaricato dal Capitolo d'invigilare l'esecuzione de' nuovi libri liturgici della Cattedrale, affidata agli abili calligrafi ed esperti alluminatori, che rispondevano ai nomi di Pietro e Giovanni Gadi, Antonio Cicognara, Lorenzo Fodri e Baldassare de' Coldinari (1).

Dalla famiglia medesima de' signori d'Arco, alla quale il Mazzetti inclina ad assegnare Pietro, Cremona nel sec. XIII aveva

(1) Cfr. APORTI, Mem. di storia ecclesiast. crem., t. II, p. 162, ed anche G. SOMMI-PICENARDI, Cremona dur. il dom, de' Veneziani, Milano, 1860, p. 204. Gioverà avvertire che il nostro egregio amico cita in questo suo lavoro de' brani di lettere di Leopoldo Cicognara al Dragoni, dai quali risulta che costui aveva mandato al letterato veneziano certe notizie sul Cicognara miniatore, affermandole tratte dalla cronaca di D. Bordigallo, del quale anzi riferiva le parole. Siamo anche qui di fronte ad una falsificazione dell'incorreggibile Primicerio; perchè nella Cronaca di D. Bordigallo nè sotto l'anno indicato dal Dragoni, nè sotto verun' altra data si trova il brano relativo al Cicognara. S' aggiunga poi che tutti gli scritti del Bordigallo sono redatti in latino e che il frammento mandato dal Dragoni all'illustre storico dell'arte è in un italiano, che vorrebb' essere arcaico!

già ricevuto un podestà nella persona di Panzerio ('). Ed al tempo della magistratura sua, secondochè vuole un'antica tradizione, rimasta ignota al Mazzetti, sul pinnacolo del Torrazzo sarebbe stato posto un leone di bronzo (2).

Ricordati Panzerio d'Arco e quell'Alberico da Rovereto, venuto assai prima di lui, cioè nel 1225, a Cremona in qualità di giudice ed avvocato del podestà Ossa di Canevanova (3), il M. passa a commemorare taluni personaggi trentini, che in tempi ben più recenti preser stanza in Cremona o con famiglie cremonesi contrassero alleanze di sangue. Non credendo prezzo dell' opera seguirlo in queste investigazioni, noi toccheremo a chiusa delle presenti modestissime noterelle alcunchè di quelle pagine, in cui il Mazzetti, a coronar anch' egli l'opera sua, s'è industriato di mettere in bella luce i rapporti letterari che intercessero tra le due città.

Troppo scarsa essendogli risultata la messe da lui mietuta in questo campo, il Mazzetti ha finito per cedere ad una tentazione, alla quale uno studioso ammodo non dovrebbe soccombere giammai: quella, intendo, d'esagerare fuori d'ogni misura i pochi e poco ragguardevoli fatti da lui raccolti per accrescerne l'importanza e rendere così meno appariscente la esiguità del numero loro. Noi dunque, ai quali non sta punto a cuore d'affermar più vive, più frequenti e più notevoli di quanto siano realmente state le relazioni letterarie fra Trento e Cremona, dovremo adesso sobbarcarci alla poco piacevole bisogna di ricondurre le cose alle loro vere proporzioni, forando le vesciche, che la nostra guida s'è compiaciuta di gonfiare.

Registra il Mazzetti tra le « belle amicizie », che strinsero de' lor vincoli uomini illustri trentini a ietterati cremonesi, quella che uni

(') Non già nel 1275, come scrive il M., tratto in errore dall' Arisi, che forse a sua volta fu ingannato dal CAVITELLI, Ann., f. 96 t.; ma bensi due anni prima. La vera data ci è offerta dal Torresini. Vedi WÜSTENFELD, Serie de' rett. di Crem., in Repert. Dipl. Crem., vol. I, p. 242.

(2) CAVITELLI. o. c., loc. cit.

(3) WÜSTENFELD, o. c., p. 228.

nel secolo scorso all'abate Isidoro Bianchi, ch'ei chiama, e non a torto, onor non piccolo di Cremona, «< il conte G. B. D'Arco, Gre<< gorio Fontana, don Francesco Alpruni, chiari scrittori trentini, << ed il conte Carlo Firmian, i quali in oggetti d'erudizione gli << indirizzarono varie lettere, che si hanno nella Biblioteca Ambro« siana » (1).

<< Abbia il vero, o Mazzetti, il luogo suo »! Noi potremmo adesso esclamare, accomodando al caso nostro un verso di Salvator Rosa. Esistono infatti nel voluminoso carteggio del Bianchi, oggi conservato per volontà di quest'ultimo nell'Ambrosiana (2), lettere dei citati personaggi; ma chi abbia, come avemmo noi, opportunità d'esaminarle, dovrà concludere che il Mazzetti ne ha parlato senza averle vedute. Ov'egli difatti si fosse data cotal briga, non avrebbe tardato ad accorgersi che se le due sole lettere, che quivi si rinvengono, scritte dal conte Giambattista d'Arco al dotto cremonese, l'una in data dell'agosto 1782, l'altra del settembre 1783, attestano l'esistenza di buoni rapporti tra i due egregi uomini, esse però sono ben lontane dal rappresentarceli stretti di cordiale amicizia (3). Ed altrettanto egli avrebbe dovuto confessare se gli

(') O. c., p. 162. V. LANCETTI, Biogr. Crem., v. II, p. 223 e seg, ol trechè una diligente biografia del Bianchi, ci ha lasciato un' utile rassegna de' suoi numerosi scritti così editi come inediti ed un elenco particolareggiato degli uomini illustri che furono secolui in carteggio e de' quali le lettere stanno oggi presso la biblioteca Ambrosiana. Pure non s'accingerebbe a vana fatica chi, seguendo i nuovi metodi di studio, tentasse oggi descri vere la vita e l'ingegno di quest' uomo, il quale può dirsi uno de' più fecondi poligrafi, che l'Italia abbia posseduto nella seconda metà del settecento (1731-1808). I copiosi materiali inediti, che giacciono nelle biblioteche di Milano, di Cremona e d'altre città, offrirebbero ampia base ad una monografia, che sotto molti e molti rispetti riuscirebbe utile ed istruttiva; come ce ne porge eloquente testimonianza la pubblicazione testè avvenuta per cura di L. Auvray e G. Goyau ne' Mélanges d'Archéologie et d'Histoire, a. XII, 1892, p. 435 e seg.; a. XIII, 1893, p. 61 e seg.; 225 e seg. della corrispondenza inedita del Bianchi con Gaetano Marini.

(2) Sedici volumi, segnati T. 125-T. 150 sup.

(3) Nella prima di queste lettere (cod. T. 139 sup., f. 204 e 206) il

fossero passati sotto gli occhi i due viglietti, assai anteriori per data; chè l'uno è del 7 giugno, l'altro del 10 luglio 1768; coi quali il conte di Firmian rende grazie con urbanità contegnosa al Bianchi d'un opuscolo inviatogli e d' una lettera che questi erasi assunto di recapitargli ('); e le due letteruzze del P. Gregorio Fontana (*). Il solo trentino col quale il Bianchi ebbe vera consuetudine d'amicizia e mantenne regolare carteggio per parecchi anni, cioè dal 1792 al 1800, fu quindi quel Francesc' Antonio Alpruni, nativo di Borgo in Valsugana, filosofo e teologo di parecchia fama a que' tempi, che dal 1786 al 1802 coprì nell' Università di Pavia dapprima la cattedra di teologia morale; e poscia, soppressa la facoltà teologica, quelle di filosofia, diritto costituzionale, giurisprudenza naturale ('). Di lui restano nella corrispondenza del Bianchi sei lettere, reliquie d'un carteggio in origine assai più copioso, dalle quali si deduce apertamente come tra loro corressero affettuosi rapporti, fondati sopra una reciproca stima (*).

<< È poi bello il raccontare » così continua il Mazzetti, dopo aver fatto ricordo di qualche altro notevole personaggio della città

D' Arco ringrazia D. Isidoro del benevolo giudizio da lui pronunciato intorno al suo lavoro allor comparso alla luce; il saggio cioè Sull' influenza del commercio sopra i talenti e sui costumi. Cfr. AMBROSI, Scrittori ed Artisti Trentini, Trento, Zippel, 1883, p. 71 e seg.

(') Vedili ne' codd. T. 127 sup., f. 141 e T. 128 sup., f. 174.

(2) Vedile nel cod. T. 139 sup., f. 12 e 13. Per il Fontana cfr. Ambrosi, o. c., p. 77; Memorie e documenti per la storia dell' università di Pavia, Pavia, 1878, v. I, p. 448 e cfr. p. 231.

(3) AMBROSI, o. c., p. 72; Memorie e docum. per la storia dell' univers. di Pavia, v. I, p. 336.

(*) T. 139 sup., f. 80 e seg. In talune di queste lettere è questione della stampa, fatta dal Bianchi in Pavia pe' tipi del Comino nel 1794 del suo elogio di G. C. Amaduzzi (cfr. LANCETTI, o. c., v. II, p. 281); a proposito del quale anzi il 16 dicembre 1793 l'Alpruni così gli scrive: « Godo che lo « stesso Bettinelli se ne sia mostrato contento, quantunque dopo l' invettiva < dell' Ab. Monti dovrebbe esser più cauto nel censurare le altrui produ<zioni (cod. cit., f. 88).

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