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LLA MORTE del duca Filippo Maria, avvenuta, come il lettore sa, addi 13 agosto del 1447, a Milano, il ducato fece novità e, mutata la forma di governo, proclamò quella che si disse Aurea Repubblica Ambrosiana. Ma non andò guari che sorsero parecchi pretendenti alla cospicua eredità ducale, quali i Veneziani, il duca di Savoia, il duca d' Orléans, il re di Napoli ('). Non ultimo fra essi era il conte Francesco Sforza, il quale tuttavia seppe tanto bene mascherare le sue aspirazioni, da essere assunto a capitano supremo delle forze della stessa repubblica.

(1) Che il re di Napoli sia stato dal duca Filippo Maria designato a suo erede, appare dal testamento pubblicato dall'Argelati, Bibl. Med., Col. 1447, e da questa schedula da me rinvenuta nel R. Arch. di Stato in Milano.

< Benchè creda che Bordone lhavera dicto ala Ill. Vra S., pur ve adviso che luy tornò senza verun spaciamento, principalmente perchè el marchese de Ferrara havia scripto a Cosimo che landata vra in Lombardia seria in vano perchè el duca havia lassato suo herede el Re de ragona et chel Castel de porta Zobia era in mano del ViceRe: e che li popoli et citta de Lombardia erano in grandissimo inconveniente fra loro» (omissis). Lettera di Nicodemo da Pontremoli al conte Francesco. Firenze (senza data).

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In questa delicata sua mansione, gli aderenti del conte furongli subito attorno a consigliarlo di chiamare contro di Alfonso, re di Napoli, alleato coi Veneziani a' danni della repubblica, l'angioino re Renato, perchè, rinverdendo i suoi diritti sul regno, scendesse in Italia ad osteggiarlo (1). Forse il conte non era alieno dall'accogliere un somigliante consiglio, perchè la discesa del re angioino avrebbe tenuto in rispetto il re aragonese; ma non appare dai documenti che egli abbia veramente operato qualche cosa in proposito. Ben si vede però, che, rottosi egli poco dopo colla repubblica, e venuto, mediante anche gli aiuti dei Veneziani accordatisi con lui, all'assedio di Milano, il re Renato lo viene interpellando, per sapere se l'essere ora esso Sforza amico dei Veneziani e dei Fiorentini, non gli pare buona ragione e propizia occasione per tentare qualche novità contro il regno. A cui il conte risponde che si gli sembra non doversi lasciar sfuggire questa opportunità ; dacchè egli ritiene che le sullodate potenze preferirebbero sempre esso Renato ai Catalani e ai Barbari: anzi lo consiglia a mandare loro con tutta sollecitudine una solenne ambasceria; assicurandolo d'essere, da parte sua, sempre disposto a fare quanto esse consiglierebbero, volendo egli, infin che vive, nutrire verso di esso Renato quella disposizione d'animo che ha sempre verso di lui nudrito il suo genitore (). Anche questa volta le pratiche diplomatiche sembrano essere rimaste, senz' altro, entro questi limiti. Stretta poi la pace coi Veneziani e ridotte ad ubbidienza le città ribelli, il novello duca attendeva con ogni cura a rendersi accetto

(1) (Omissis) <.... perseverando questo Re (Alfonso) ad guerra, li più dicono che se mandi per lo Re Renato et vedassi che la Ill. vra S. lacompagni ala Aquila et li se lassi con IIII" cavalli et III fanti et la Vra S. torni in lombardia, quando pur Venetiani vogliano molestare Milanesi et la Ill. Vra S. et non ve lassare perseguire la liberatione de costoro ». Lettera di Nicodemo da Pontremoli al conte Francesco Sforza. 22 febbraio 1448. (Vedi BUSER: Die Beziehungen der Medicer zu Frankreich, ecc., pag. 363.

Firenze,

(2) Vedi BUSER sullodato, pag. 365. Lettera del conte Francesco Sforza a re Renato. «In exercitu prope et contra Mediolanum, die 24 Februarij 1449. >>

alle popolazioni; allorquando la calata in Italia di Federico III, che designato imperatore, scendeva nel 1452, invitato da re Alfonso, per isposare Eleonora di Portogallo, e per cingere la corona imperiale, coll' intendimento altresì di mettersi alla testa d'una lega di principi italiani contro lo Sforza, fu cagione che questi si trovasse come costretto a rinunciare alla sua politica pacifica ('), e a tentare ogni via per annodare, contro della lega dai Veneziani stretta, a suo danno, col re di Napoli, col duca di Savoia, col marchese di Monferrato (), una controlega tra lui, i Fiorentini, i Genovesi, il marchese di Mantova, e il nostro re Renato (3). Aveva quest' ultimo accettato di prender parte a questa lega, nella speranza di poter poi, spalleggiato da' suoi potenti alleati, ritentare una nuova spedizione nel regno, dove molti baroni napoletani gli lasciavano intravvedere possibile una ristaurazione angioina. Lo stesso re Carlo VII di Francia era uno de' più caldi stimolatori a questo intervento di Renato nell'impresa contro i Veneziani, ripromettendosi dal buon esito di essa, un prospero successo anche nell' altro da iniziarsi nel regno. Le altre potenze italiane poi, avverse per lo avanti, o indifferenti alla causa angioina, vedendosi ora minacciate di essere da un momento all'altro assorbite dal re Alfonso, e gelose più che mai della preponderanza l' una dell' altra, inclinavano a Francia: il che era altro argomento a bene auspicare dell' impresa del regno.

La prima a mostrarsi inclinata a favorir Renato, era stata Firenze. Questa aveva già mandato in Francia, fin dal novembre

(1) « Questa venuta dello Imperatore farà novità asai in Italia et maxime se fa suo Vicario il Re di Ragona, che è la cagione perchè lo conforta et persuadegli il passare in Italia. Sono cose che pochi le intendono et non ce chi ci pensi et la S. V. et noi siamo in più pericolo che gli altri » (omissis). Lettera di Angelo Acciaioli, ex Florentia, 27 maggio 1451. (2) In una lettera, trovo detto che il 28 aprile 1451. che cade in mercoledi, la Signoria di Venezia, il re d'Aragona, il duca di Savoia e il marchese di Monferrato hanno fatto lega, e la domenica precedente era stata fatta processione per la detta lega, alla quale era stato presente anche il doge.

(3) La lega tra lo Sforza e i Fiorentini, veniva stretta il 14 febbraio 1452, Arch. Stor. Lomb. Anno XXI.

del 1447, un Pazzi a rinnovare presso di re Renato le più ampie proteste di amicizia; e ciò, dopo di aver fatto scandagliare la Signoria di Venezia, se avrebbe acconsentito a sostenere con essa i diritti del principe angioino sul regno di Napoli: senonchè Venezia già alleata con Alfonso, stette sul riserbo, nella speranza di avere una parte del dominio visconteo. Ora, avendo perduto Vada, assalita dalle navi del re napoletano, essa Firenze rinnovava le sue istanze presso re Carlo VII, perchè entrasse efficacemente nella partita, sia col sostenere apertamente il cognato Renato nella sua impresa contro il re aragonese, sia col fare una diversione sopra la Navarra; e per oratore inviava il valente Angelo Acciaioli, il quale aveva già caldeggiato, presso il duca di Milano che non vi era gran fatto inclinato, la sua alleanza colla Francia (').

Non parlò a' sordi; chè il re di Francia aveva dei motivi suoi particolari per entrare nelle vedute della repubblica firentina: oltre al vantaggio della restaurazione angioina nel napoletano, egli appuntava l'occhio ad assicurarsi, per via di questa impresa, il possesso di Genova già momentaneamente occupata da' suoi luogotenenti. Ben è vero che i Genovesi, com' ebbero fiutato che per cotesta lega tra i Firentini e il re di Francia, i capri espiatori sarebbero rimasti essi per l'appunto, si affrettarono a stringersi in alleanza con loro e col duca Francesco Sforza, ripiegando così il colpo contro il re francese; giacchè mettevano per condizione che a loro alleanza con essi era difensiva ed offensiva di fronte a Venezia ed a Francia. Epperò dinnanzi a tale stato di cose, Carlo VII, giudicando prudente di sospendere ogni apparecchio militare, dichiarava di voler stare semplice spettatore: ma, il 21 febbraio 1452, a Montils-les-Tours, firmava, in conseguenza degli sforzi dell' abile Acciaioli e dell' intervento di Renato, una convenzione, per la quale, da una parte i Firentini e lo Sforza promettevano di appoggiare i legittimi diritti di Renato sul regno; e dall' altra il re s'impegnava d'aiutarli fino alla festa di S. Giovanni del 1453, contro tutti, eccetto contro il papa e l'impe

(1) Vedi Documento 1.

ratore, e di inviare in loro aiuto un principe del suo sangue od un altro capitano, e finiva coll' esprimere la speranza che, dentro questo intervallo di tempo ogni contesa sarebbe stata appianata ('). Questa alleanza fu poi prorogata e raffermata da altre ambascerie (). Agli oratori poi, che Alfonso aveva inviati collo scopo di attraversare tale lega e di allacciarne un' altra trą lui e il re francese, Carlo VII faceva rispondere, per mezzo del suo Consiglio, che, siccome il re di Sicilia (Renato), era suo prossimo parente ed aveva buon diritto sul reame di Napoli, e che venendo egli a morire senza erede, esso reame perverrebbe a sua Maestà e successori, non gli pareva nè intendeva di tenere alcuna pratica intorno alla intelligenza e lega propostagli, se non a condizione che in detta pratica essi cavaliero e segretario, ambasciatori, avessero facoltà e commissione di praticare buon accordo con esso Re di Sicilia a causa del detto Reame (3).

Nel mese di maggio 1452, i Veneziani che già avevan maneggiato secretamente di toglier di mezzo col veleno e coll' assassinio il duca di Milano (*), senza stare tanto sui riguardi, riputarono necessario di rompere pei primi le ostilità contro il duca e con 16 000 cavalli e 6 000 fanti sotto Jacopo Piccinino, capo dei Bracceschi, giovine, e per la fama di suo padre, e per le sue virtù già molto riputato, lo investirono dalla parte di Lodi; nel tempo stesso che il marchese di Monferrato lo assaliva dalla parte di Alessandria. Il duca, forte di 18 000 cavalli e 3 000 fanti, lasciata la reggenza a sua moglie, a' cui fianchi era Angelo Simonetta, usci ad oste il 24 aprile del 1452, e, dirette le sue milizie sui confini, seppe tenere testa ai due eserciti nemici; quindi, munite di sue genti Alessandria e Lodi, e gli altri luoghi, dove i nemici lo potessero offendere, entrò nel Bresciano; e quivi, assistito da Bartotomeo Colleone, che aveva abbandonato i Vene

(') DESJARDINS: Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, I, pag. 72.

(*) Vedi Documento 2.

(3) Vedi Documento 3.
() Vedi BUSER, sullodato.

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