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20) FRANCESCO ERCOLE, L'unità politica della nazione italiana e l'Impero nel pensiero di Dante, in Archivio stor. ital., 1917, disp. 1.a e 2.a, p. 79 e segg.

21) Ibidem, p. 106 e anche 115 n.

22. Quanto all'umanità si riferiva alle citate parole: religione della natura umana »; e quanto alla patria, nell'articolo La Pace (Scritti, Daelli, XIV, p, 214), sentenziava, con energica breviloquenza: «La religione di Dante è Pola, presso del Carnaro ch'Italia chiude e i suoi termini bagna

23) III, 3, 7; 16, 10.

24) Diciamo così, ben intendendo però che appaiare Dante riformatore di religione con Lutero non era nè poteva essere la sua precisa intenzione. A Lutero, in ogni modo, egli pensava, trattando del carattere di Dante: «A me la sua vita ricorda a ogni tanto, non Lutero ch'era di natura profondamente dissimile, ma le sue belle parole: giacchè non è sicura cosa nè giusto operare contro coscienza, io qui sto tale qual'io mi sono ; nè altro posso. Dio m'aiuti. Amen ».

25) Discorso sul testo della Divina Commedia, XL, XLIII, CXX, CLXXXVIII. 26) Ibidem, XLII, CXCVII.

27) Ibidem, CLXVI, CXCVII.

28) Commento foscoliano alla Divina Commedia, Ed. Naz., XXIX, Lett., V, p. 45. 29) Discorso sul testo, XL, CXIX.

30) Del 12 ottobre 1834; ED. Naz., X, Ep., III, p. 143. Il concetto è spiegato chiaramente in Dal Papa al Concilio (Scritti, ed. Daelli, VII, p. 247). Politicamente, il popolo doveva celebrare il principio regolatore della civiltà procedendo all'interpretazione della legge di Dio sotto il nome di Costituente; religiosamente, doveva applicare quel principio medesimo sotto il nome di Concilio.

31 Lettres de J. M. à Daniel Stern, ed. cit., p. 47. Ma già nell'art. sulle Opere minori aveva osservato: <«< diresti ch'ei (Dante) si confessasse nel suo segreto della stessa colpa (di Orimberto di Santafiora) », p. 270); e parlato, come abbiam visto, di un «<nesso»>, secondo lui evidentissimo nel poeta, tra i vivi e i morti, tra la vita terrena e la futura.

32) Si ricordino le notissime pagine sulla tempesta del dubbio.

33) A Jacopo Ruffini (lettera preposta ai Ricordi dei fratelli Bandiera, Ed. Naz., XXX, Politica, X, 17): «due o tre volte nella mia vita,... quando.... io sentiva il dubbio infernale sfiorare, senza vincerla, l'anima mia, ho pensato che la tua preghiera intercedeva per me, e che la potenza indomita, eterna, d'onde io traeva subitamente forza a combattere, era un bacio delle tue sante labbra sulla fronte del tuo povero amico ».

34) Ved. la nota n. 8, sul principio di queste pagine.

35) Mi sia lecito rimandare, per tutto questo, al citato mio lavoro: G. M. e la prima fase del suo pensiero letterario (Cap. I-V).

36) Pubbl. da G. SALVEMINI, Ricerche e documenti sulla giovinezza di G. M. e dei fratelli Ruffini, in Studi storici, XX, 1911, p. 76.

37) Questo luogo del Paradiso (I, p. 103 e segg.) è citato, come la più solida colonna della dottrina unitaria di Dante, in Opere minori, p. 237-8, « Ogni esistenza »>, egli dice, «è un fine.... E quel fine è uno svolgere, porre in atto tutte quante le facoltà che costituiscono la natura umana, l'umanità.... Ma gl'individui hanno.... fini secondari diversi.... tutti tendenti a svolgere e associare più sempre le facoltà collettive e le forze. Il nostro Dante intendeva questo più di cinque secoli addietro, quand'ei parlava del gran mare dell'Essere, nel quale tutte le esistenze erano portate dalla virtù divina a diversi porti ».

88) Nè si comprenderebbe forse bene nel Nostro, senza badare alla fonte foscoliana, che è questa: «Stando alla teoria di Pitagora, com'è riferita dai primi padri della chiesa cristiana, Dio sta tutto quanto nelle circonferenze dell'Universo, sopraintendendo a quanto vi si genera,... padre di tutti, mente ed anima di tutta la circonferenza e di tutti i moti dell'Universo» (Discorso, CLXXXIV).

39) ED. Naz., XX, Ep., X, p. 230. Mezzo barbaro, Dante; cioè non del tutto assertore, come voleva il Mazzini, dell'idea nazionale. Un'eco del disaccordo con gli amici è nel Lorenzo Benoni (1. cit.): « I commenti di Fantasio erano piuttosto speciosi che profondi ». Effettivamente, il Mazzini, dopo il 1844, cioè dopo la pubblicazione del suo «< credo dantesco», non mutò più; ved. gli accenni a Dante, negli scritti posteriori: Italia del popolo, La santa alleanza dei popoli, La nostra bandiera, Doveri dell'uomo, Política internazionale.

40) G. M. e la prima fase, ecc. pp. 110, 137, 184.

41) In una lettera alla madre, dell'8 luglio 1843 (Ed. Naz., XXIV, Ep. XII, p. 180): << Il rassegnare ai Francesi (Guizot e Cousin) l'onore della dottrina (del progresso) troppo. Parmi che i germi, germi vigorosi e potenti, sian tutti da trovarsi in alcuni dei nostri italiani, cominciando da Dante, nelle opere minori », E, del resto, anche

nell'art. sulle Opere minori, che abbiam sempre tenuto innanzi per la nostra disamina, a p. 249: « La santa dottrina del Progresso conquista per esse (pagine di Dante) una autorità italiana, non mai,'ch'io mi sappia, avvertita, e nondimeno più antica di tutte le altre ».

42) Il 12 febbraio 1844, poco prima di dar fuori l'art. sulle Opere minori, scriveva alla madre (ED. Naz., XX. Ep. X, p. 59): « V'è una classe di scrittori francesi con opinioni aderenti al Papato, i quali, perchè non trovano eco in Francia, magnificano Roma, parlando sempre di Dante e de' nostri grandi, perchè credono l'Italia paese cattolicissimo ».

43) Intorno all'Enciclica di Gregorio XVI, Papa; Ed. Naz., III, Polit., II, p. 133. 44) Dell'amor patrio di Dante; ED. NAZ., I, Lett. I, p. 11.

45) Dante, p. 12; Opere minori, pp. 268 e 276.

V.

DANTE NELL'ARTE LIGURE.

Lo studio delle manifestazioni artistiche liguri ispirate da Dante, si deve modellare sulle risultanze della storia letteraria del Poeta, in Italia e specialmente in Liguria, per ritrovare nelle pitture e nelle scolture l'eco del divino poema.

L'iconografia generale ligure appare sempre derivata (il seicento forma eccezione) da quella delle scuole confinanti, ispirate dai loro centri di coltura, come se a Genova fosse esercitata soltanto l'arte della pittura senza il motore della fantasia e del pensiero, e le immagini si togliessero, non dai libri, ma dalle altrui composizioni per copiarle e trasformarle.

La letteratura ligure segue quella italiana nel culto del poema dantesco e l'iconografia quella delle opere da questo ispirate.

La Divina Commedia, come la Leggenda Aurea, non fu fonte d'ispirazione all'arte locale: la Leggenda Aurea che dominò tutta l'arte francese del sec. XIV e XV ed ebbe nell'Angelico il più serafico traduttore, non lasciò in Liguria un'immagine perchè appunto non doveva essere molto nota tra mercanti poco dediti alle speculazioni ideali, sebbene il suo autore fosse venuto tra loro a esercitarvi un alto ministero.

La via delle immagini è quella seguìta dalle correnti artistiche, che, dal '300 al '400, percorsero il nostro paese. Gli artisti toscani del '300, senesi e pisani, o giotteschi dell'alta Italia, portano in Liguria la loro arte e il loro bagaglio pittorico: alcuni vi soggiornano, altri fanno la spola fra la loro città e la Francia, lasciando immagini nel loro passaggio.

A questi maestri toscani si deve la diffusione delle immagini dantesche in Piemonte e in Liguria; le poche che rimangono, poichè le scuole, a loro succedute, traggono da altre fonti la loro ispirazione. Il gruppo ligure-nizzardo, con influenze lombarde,

fiamminghe, francesi, la scuola romana ed infine il Correggio e i Veneziani non sembrano commuoversi alle vicende drammatiche e alle elevazioni celestiali della Divina Commedia, come risulta dal Paradiso del Tintoretto.

Giorgio Vasari e Taddeo Zuccari, sulla metà del sec. XVI, volgono il loro pensiero al Poeta, il primo per comporre un colloquio di poeti attorno a Dante, il secondo per riprendere, con rinnovate forme, l'inimitabile illustrazione delle cantiche, già definita dal Botticelli. Anche di questo ritorno a Dante, in pieno umanesimo, abbiamo un riscontro a Genova.

Ma il grande amore a Dante appare del tutto recente, dalla sua consacrazione a poeta nazionale, quando all'ammirazione per il suo genio si unì quella per il suo amor patrio e il Poeta divenne la più alta espressione dell'italianità risorta.

Neoclassici e romantici misero in onore il Poema, e dalla più profonda intuizione delle cantiche si giunse alla più sfrenata fantasia per identificare con troppa passione patria la figura del popolare Re soldato, nel famoso enigmatico veltro!

L'ottocento è in tutta Europa il secolo di Dante: il Pinelli illustra il Poema che trova poi il suo grande divulgatore popolare nel Doré. Luigi Sabatelli, Ingres, Delacroix, Scheffer tolgono quadri dall'Inferno, e Dante Gabriele Rossetti inizia il movimento preraffaellita, ispirandosi alla Vita Nova.

L'arte genovese di questo secolo trova negli episodi passionali di Francesca e di Pia gli elementi drammatici, così cari ai pittori romantici, e, dall'apparizione di Matelda, il Barabino trae le immagini per gli affreschi del palazzo Orsini.

Se nei secoli passati il pensiero di Dante lasciò poche tracce in Liguria, il nuovo secolo diede all'arte italiana, che aveva tentato sulla fine dell'ottocento una illustrazione nazionale, riuscita solo nell'intenzione, un artista genovese che sembra riallacciarsi ai miniaturisti quattrocenteschi, impeccabile di forma, vigile nel non tradire il Poeta, nelle immagini che commentano ogni canto della Commedia. Con l'opera di Amos Nattini sarà commemorato il secentenario dantesco.

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Affreschi nel Cimitero di Campochiesa presso Albenga (a sinistra: Dante, Virgilio e le raffigurazioni dell' Inferno; a destra: Peccati e peccatori nelle pene infernali).

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