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Due altre opere d'ispirazione dantesca sono quelle del Barabino, nel palazzo Orsini, che trattano l'episodio di Matelda.

Il Barabino ideò forse, con il ricordo di qualche immagine veduta, l'incontro di Dante sui margini di un boschetto, sopra un prato fiorito e rugiadoso, con la monotonia di un idealismo degno dell'autore della Madonna dell'Ulivo. Nei disegni di palazzo Bianco si conserva uno schizzo di uno dei due affreschi, che costituiscono nella storia dell'iconografia dantesca, come lo permetteva la ristretta visione intellettuale di quel tempo, due immaginette degne della scuola storica allora dominante e della piacevole arte dello Scaramuzza.

L'influenza dell'arte di Dante Gabriele Rossetti giunge molto tardi, sulla fine del secolo, a sconvolgere l'arte dei pittori di storia che confondevano spesso la semplice vignetta con la visione storica proiettata nell'infinito.

Più intensi nella loro debole tecnica aridamente oggettiva, sono gli artisti che dalla vita di Dante trassero episodi da illustrare e commentare. Ricordo, soltanto per il catalogo, il quadro della morte di Dante, dipinto dal piemontese Vacca e posseduto dalla Galleria d'arte moderna di Genova.

L'opera veramente significativa la dipinse Tamar Luxoro con i due quadri dell'Entella, così commoventi, malgrado la derivazione fotografica, per quel senso di solitudine che emanano.

Queste due opere, di cui trattò Giuseppe Pessagno nella Gazzetta di Genova, appartengono al Comune e una di esse, il bozzetto, è collocata nei locali della Società di Storia Patria e l'altra, il quadro, che di poco differenzia nella trattazione dello stesso tema, nella Galleria d'arte moderna.

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Tamar Luxoro, pittore calamista, convertito dal Fontanesi e dotato di sottile sensibilità poetica, raffigurò Dante mentre passa l'Entella, scendendo dalla Badia dei Fieschi a Lavagna, dopo aver attraversato il ponte per dirigersi a Chiavari, percorrendo a cavallo il greto del fiume come nel bozzetto o la via ombrosa come nel quadro. Tutta la pace del tramonto che colora i monti lontani domina l'ampia vallata ed una lieve malinconia si diffonde dalla « fiumana bella». Dante pellegrino, vestito del gabbano rosso, trattenendo le briglie, si volta a guardare ancora la badia di Lavagna, nella solitudine della sera. Malgrado la durezza di certi particolari, disegnati con minuzia, e l'asprezza delle tinte crude, la poesia del quadro avvince e commuove.

Per la sola curiosità debbo citare un dipinto del Cogorno, eseguito nel 1860, in pieno fervore patriottico, che rappresenta

l'Olimpo italiano, con tutti i grandi radunati nel cielo di Roma fra le nuvole si vede l'Urbe per ricevere Goffredo Mameli: Dante, personaggio ufficiale della cerimonia, offre la corona d'alloro dei poeti, al morto Tirteo italiano.

L'arte genovese nel principio del secolo XX non si trova più alla retroguardia e non si confonde con l'accademia. Nella poesia domina Ceccardo Ceccardi Roccatagliata, un classico abbeverato di romanticismo e le figure minori dei poeti genovesi hanno una bella musa, felice per ispirazione e commovente per sentimento, ora pascoliana, ora carducciana, nutrita sempre di profonda coltura letteraria contemporanea.

S'iniziano alla pittura e scoltura giovani ingegni che disertano il liceo e l'università e vi portano il loro pensiero, la loro educazione intellettuale e la conoscenza di quanto, nel campo delle arti figurative, veniva tentato. Nelle opere di questi artisti la poesia d'Orazio, di Dante, di Shelley si trasfonde e Rubaldo Merello, Edoardo De Albertis sono due espressioni eminenti ed originali di questo periodo.

La nuova generazione fu dominata dal genio poetico di Gaetano Previati e gli artisti si dedicarono all'illustrazione dei poeti, dei libri di Tolstoi e della Divina Commedia.

Con puro concetto illustrativo, derivato dai delicatissimi disegnatori inglesi, pensò in pace ed eseguì in guerra, nei riposi delle trincee di Asiago, Riccardo Lombardo, le sue illustrazioni del Poema dantesco. Con passione di poeta si occupò il Mezzano di Savona a rievocare con immagini il viaggio di Dante in Lunigiana e nel convento di Montecorvo, ed E. Makenzie decorò il soffitto della sua biblioteca con una visione dell' Inferno comune ai pittori fiorentini del Quattrocento. Ma il più fortunato tentativo, concepito con diverso palpito e volo, fu quello del giovane illustratore delle « Canzoni del Sangue », che, dopo la guerra, incitato da Gabriele d'Annunzio, si accinse, con animo abituato alla disciplina delle speculazioni ideali, a comporre per ogni canto di Dante, un'immagine che ne fosse la sintesi figurativa.

L'opera del Nattini si presenta ora al suo inizio. L'artista attende all'intero ciclo, con la forma precisa e perfetta di un miniatore; abile nel segno e sicuro nell'interpretazione e nel com

mento, diligente traduttore senza impeti personali nè commozioni profonde dell'ambiente dantesco, attraverso a quelle linee di sogno infinite che balenano dalle parole del Poeta.

Le immagini del Nattini costituiscono una bella affermazione italiana, da porre accanto a quelle straniere, e questo giovane genovese, nell'iconografia dantesca, dopo la pittura di Giotto e dell'Orcagna, le miniature degli illustratori lombardi del '400 e i disegni del Botticelli e degli Zuccari, le illustrazioni del Pinelli e dello Scaramuzza e dopo il lungo dominio di Gustavo Doré, riprende con arte tutta italiana il divino Poema e racchiude tutti i tentativi isolati e sporadici del sec. XIX, in un'opera completa.

Genova, agosto 1922.

ORLANDO Grosso.

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PARTE SECONDA.

Liguri imitatori e studiosi di Dante.

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