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I.

BARTOLOMEO GENTILE FALLAMONICA

(CONTRIBUTO Alla storia del lullismo nei primordi del CINQUECENTO)

I.

Bartolomeo Gentile Fallamonica (o Falamonica, come vorrebbe la grafia più antica) discese da uno dei più antichi casati che contasse il patriziato genovese nel secolo XV. La sua famiglia, aggregatasi nel 1335 all'albergo dei Gentili, compariva già dal secolo XII nei consigli della Repubblica : 1) sebbene se ne abbiano sicure notizie genealogiche") solo appunto co 'l Trecento. Agli inizî del quale troviamo il vero capostipite del Nostro, Ogerio Fallamonica, padre di Accellino, il cui figlio Pancrazio compare nel febbraio 1332 come erede di un suo parente Nicolò e curatore di un «< Andalo quondam Manuelis quondam Ansaldi », e nel 1345 come partecipe della Compagnia dei Grani. Da Pancrazio, Giovanni che sposò Leonora Oltramarina e ne ebbe quattro figli: Anfreone, Antonio, Pantaleo, Geronimo. Qui la stirpe si scinde nei due rami di Anfreone e Geromino: il secondo, o cadetto, destinato a breve vita, poichè il figlio di Geromino, Giuliano, ebbe una sola figlia, Mariola, che andò sposa ad Alberto Spinola e morì nel 1489. Anfreone generò invece, dal suo matrimonio con Pietra Centuriona Oltramarina, una ben più numerosa figliolanza: cinque figli e sei figlie, nientemeno!) Ma dei figli solo i due primi meritano di essere ricordati per discendenza: Gaspare, che sposò

Benedetta Piccamiglio, ne ebbe un figlio, Benedetto, trasmigrato presto in Sicilia, e fece due volte testamento, ai 20 giugno 1490 e 14 aprile 1493;) e Pancrazio, il quale si unì a un'altra Piccamiglio, Violantina, che doveva renderlo padre di sei figli: Bartolomeo, Giacomo, Pietro, Francesco, Geronimo (o Antonio) e Giannettino, e di cinque figliuole, dai graziosi nomi di Franceschetta, Pellegrina, Elianetta, Argenta e Pometta. Bartolomeo è appunto il nostro poeta, che compare la prima volta nel testamento paterno, redatto il 25 febbraio 1469:5) ma non doveva essere il primogenito, se dei fratelli chi soprintendeva alla cura del patrimonio in luogo del padre malato era non lui ma Pietro, come si rileva dal testamento stesso.

E doveva essere ancora giovane, nel 1469, il futuro poeta e descrittore dell'Universo, se era vivo il 10 luglio 1511, quando fece testamento) sua sorella Pellegrina, coniugata a Giannotto Calvi, e soprattutto se a quest'epoca era tuttavia così poco straniato dalle cose della vita, che si trovava debitore di una « bona summa pecunie » verso la sorella, forse altrettanto buona ma non egualmente liberale, poichè segnò il debito nel testamento.") — Questi i soli dati precisi intorno alla vita del poeta, di cui non conosciamo nemmeno la consorte, madre di Isabella, che sposò Andrea Calvo, e di Clarisia. Mancò invece a Bartolomeo discendenza maschile: mentre per altri rami il sangue dei Fallamonica si propagò ancora in linea diretta fino a quasi tutto il Seicento. E possiamo consolarci di così scarse notizie solo pensando che probabilmente egli nacque a Genova, in quella « contrata S. Pancracii» dov'era la «domus solite abitationis» del padre suo:8) come sembra attestarci più di un passo del poema, che gli ha dato diritto al ricordo dei posteri.")

Ma c'è una notizia ancora, meno precisa delle altre, e tuttavia per noi più importante di tutte: Bartolomeo, se da giovane e da vecchio ci risulta risedente a Genova, nella sua virilità dovette essere in Ispagna, e per un tempo considerevole. 10) Come altrimenti spiegare la profonda conoscenza del pensiero lulliano (proprio nelle sue parti anche più tardi meno divulgate) che avremo occasione di rilevare minutamente nell'opera sua? E come la simpatia per Raimondo Lullo, che egli elevò a suo proprio Virgilio, per farsi da lui ammaestrare e guidare in una nuova Commedia? Certo solo alla corte d'Aragona il Nostro potè trovare chi lo instradasse verso i misteri del filosofo di Maiorca, il doctor illuminatus: ed egli ne compensava l'ospite Iberia poetandovi misticamente in una corona di sonetti italiani Sobre « Ecce homo », che

l'attenzione dei contemporanei raccolse ben presto in un famoso Cancionero del 1520. 11) Del resto, questa sua residenza in Ispagna non può riuscir cosa inverosimile a chi pensi, anche solo per qualche conoscenza di cose colombiane, quanto fosse diffuso l'elemento genovese nella Penisola Iberica nel Quattrocento; e come l'esodo dalla famiglia non fosse cosa inaudita fra i Fallamonica, visto che, contemporaneamente all'assenza di Bartolomeo, suo cugino Benedetto di Gaspare, come già abbiamo accennato, era in Sicilia, e il suo stesso fratello Giacomo, a quel che ci dice pur sempre il testamento dello zio Gaspare, stava a Manfrenette. E in Ispagna l'aveva preceduto, ma alla corte di Castiglia, sulla fine del Tre e nei primi del Quattrocento, anche un altro poeta genovese: Francesco Imperiali. 12) Genova non mancò, insomma, di portare qualche contributo a quelle relazioni culturali tra Spagna e Italia nel primo Rinascimento, che ebbero tanta importanza nelle due letterature. 13)

Ad ogni modo, possiamo esser certi che il Fallamonica visse a lungo fuori di Genova, dove sicuramente non avrebbe potuto acquisire la sua larga e versatile coltura. Ci toglie da ogni dubbio al riguardo l'asserzione di Oberto Foglietta, che dopo aver ricordato Folchetto di Marsiglia, interlocutore di Dante nel cielo di Venere, 11) e la sua vita raminga, soggiunge: « Eadem quoque est Andaloi Nigrii [Andalò di Negro] et Barptol. Falamonicae genuensium civium fortuna ». 15) Che più? Il poeta stesso non manca d'informarci in proposito con una terzina, che richiederebbe altri chiarimenti biografici, purtroppo a noi negati:

Il mondo per mia sorte a sdegno m'ebbe,
e posto alla man stanca per molti anni,
ma fu salute all'alma, e non m'increbbe. 10

Forse fu il Fallamonica bandito dalla patria, o almeno dalla famiglia? E perchè? La fantasia può correre qui a briglia sciolta: ma noi dobbiamo accontentarci di queste poche notizie sicure. 17)

Dante e la Liguria.

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II.

L'opera del Fallamonica è tuttavia un tramite attraverso cui potremo sapere qualche cosa di più, della sua personalità e della sua figura spirituale: perchè tale è appunto lo scopo precipuo della nostra indagine. Opera che, a parte l'esiguo gruppo di liriche, consiste essenzialmente in un poema sine titulo, a cui i posteri hanno dato la semplice denominazione di Canti: una vasta esposizione enciclopedica in terzine di tutto il sistema della realtà, per cui l'autore trascorre dietro la guida sapiente di Raimondo Lullo, il suo Virgilio. Ed è opera della sua vecchiaia, com'egli ci avverte nel proemio: dove scrive di essersi dedicato a questo lavoro nel declinar dell'età, quando tutti i più vivi desideri dell'anima sua si ritraevano ormai in sè stessi, « lasciando addietro il sessagesim'anno. » 18) Su questo e su qualche altro elemento si sono affaticati i dotti con discorde parere, cercando di determinare con qualche approssimazione l'intervallo di tempo in cui fu composto il poema. Come terminus a quo lo Spotorno poneva il 1480, anno dell'assalto dei Turchi a Otranto, di cui scorgeva cenno nel poema, 19) o più in generale il pontificato di Sisto IV (1471-1484); come terminus ad quem il 1492-93, non trovando nessuna allusione del Fallamonica alla scoperta dell'America. Che anzi, poichè il primo scrittore che dia notizia del Nostro, l'annalista mons. Agostino Giustiniani, il famoso vescovo di Nebbio, dice di lui sotto l'anno 1492: « Fioritte per questi tempi Bartolomeo Gentile Fallamonica in poesia » : 20) così il valente Barnabita poneva in questi anni la morte stessa del poeta, asserendo che « secondo il costume del Giustiniani, del Vasari e di altri scrittori, fiorire significa o l'ultimo, o certo gli ultimi anni del vivere ». 21) È un po' troppo, veramente! Se, come oggi sappiamo con certezza, il Nostro era ancora vivo nel 1511, il Giustiniani sotto quel fioritte non voleva significar altro che la fase più matura dello scrittore. Sicchè giustamente contro lo Spotorno ha osservato il Chinazzi, che anche la mancanza di un accenno alla scoperta dell'America (o per meglio dire, al primo viaggio di Colombo) non può avere valore probativo: e che se non vogliamo farlo morire decrepito (e indebitato in tardissima età), i suoi sessant'anni dovranno già cadere nel Cinquecento, e in questo anche la stesura del libro. 22) Quanto

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