per sostegno di me, doppia colonna SONETTO CLXIX. Sono i soliti lamenti artificiosi per la freddezza di L. V. 1. D'un: da un. ghiaccio: L. insensibile. 3. m'asciuga e sugge: vuota di sangue. Secondo il Mo., asciuga si riferisce alle vene e sugge al cuore. Cfr. n. CCLVI, 5-6. V. 4. 'nvisibilemente: a poco a poco. 5-7. La morte minaccia di colpire la mia vita, come minaccia il cielo quando tucna e il leone quando rugge. fugge: corre rapida alla fine. V. 8. taccio: non oso neppur lamentarmi, per non suscitare lo sdegno di L. 9-11. Dalla poco felice immagine di questa doppia colonna, fatta di pietà e d'amore, che, sostenendo il P., difenderebbe infine la sua anima dai colpi della morte, parrebbe avvalorata l'ipotesi di chi crede che L. fosse una Colonna, cioè di una famiglia, nel cui stemma si vede appunto una colonna. V. 12. ne 'l conosco in vista ecc.: e non ne vedo segno nel volto di L. 13. donna: signora. 14. ventura: mala ventura. CCIII. Lasso, ch'i' ardo ed altri non mel crede! non vedete voi 'l cor nelli occhi mei? 4. e si: eppure. 5. È un vocativo, come se dicesse: O donna di infinita bellezza ecc. - poca fede nell'amore del P. V. 6. Cfr. LXXVI, 11. 7. stella: destino. 8. al fonte di pietà: presso L. che è così pietosa per natura. 11. Potrebbero farmi amare da mille donne. Ma pel Sic. quel mille si riferisce a rime del v. 10, e il P. direbbe: < potrebbero infiammare o suscitare mille altre di queste rime ». V. 12. ch'l' veggio nel penser: perchè io vedo nella fantasia, pensando al futuro. dolce mio foco: vocativo, per indicare L. Vv. 13-4. Che anche quando la mia lingua sarà fredda e i vostri belli occhi chiusi per la morte, essi (arder mio e onori) rimarranno pieni di faville d'amore da infiammare gli spiriti gentili che verranno e udranno o leggeranno (Ferr.). Ma pel Sic. ciò che rimane pien di faville, e cioè vivo e acceso del fuoco della sua passione, dopo che la lingua sarà fredda e gli occhi chiusi, sono le rime. CCIV. Anima, che diverse cose tante vedi, odi e leggi e parli e scrivi e pensi; errar non dêsi in quel breve viaggio per la nebbia entro de' suoi dolci sdegni, SONETTO CLXXI. - È, come il seguente, un' apostrofe all'anima, alla quale però qui tien dietro anche un' apostrofe ai sensi. In parte è un'allegoria piuttosto artificiosa, nè felicemente espressa nei vv. 5-8. 5-8. Per qual compenso (per quanto), vorreste voi, anima e sensi, esser giunti al cammino di questa vita, che gli uomini percorrono così male (che si mal tiensi), dopo o prima (poscia o ante) di L., in modo da non trovarvi, come guida nel cammino stesso, i due begli occhi di lei o le traccie ⚫ lasciate da' suoi piedi (i segni delle sue virtù; cfr. v. 9)? — Naturalmente la risposta sarebbe negativa, e cioè il P. non vorrebbe, a nessun costo, esser nato prima o dopo di L. in modo da non esser vissuto al tempo di lei. Vv. 9-10. La luce degli occhi, e i segni (orme) dei piedi di L. (confronta vv. 7-8), devorio esser guida al P. nel breve viaggio di questa vita. — dêsi: devesi. V. 11. etterno albergo: il cielo che si contrappone al breve viaggio. 12. Sforzati al cielo: sforzati per giungere al cielo. cuore. Provenzalismo. coraggio: V. 13. Pur senza esser sviata dagli sdegni di L., simili a una nebbia che rende più difficile il cammino al viandante. Cfr. n. LXVI, 27. V. 14. I passi e il raggio (la luce degli occhi) di L. (v. 9). CCV. Dolci ire, dolci sdegni e dolci paci,' or di dolce òra, or pien di dolci faci, e tempra il dolce amaro che n'à offeso, tinto di dolce invidia : « Assai sostenne SONETTO CLXXII. Continua, sempre con forme artificiose, a parlare all' anima, come nel son. precedente, del quale riprende la fine del v. 13 nel suo primo verso, e il concetto dei vv. 5-8 nell'ultima terzina. Come osserva il Ferr., in quello L. appare guida del P. al cielo, qui causa a lui di fama in terra. Vv. 1-4. Cfr. Trionfo della morte, 82-3. · òra: aura, conforto. — faci: allattamenti all'amore. Questa prima quartina manca del verbo, ed è una specie di esclamazione, nella quale il poeta enumera le dolcezze del suo amore. Ma per il Sic. invece è una risposta al P. fatta dall'anima, invocata nel sonetto precedente, mentre la quartina seguente sarebbe la risposta del poeta all' anima. V. 8. Tu sola mi piaci. Traduce Ovidio, Ars. am., I, 42. 9. fia: vi sarà nel tempo avvenire. 10. tinto del color pallido che proviene da dolce invidia (dolce desiderio). 'Assal sostenne: soffrì abbastanza, cioè quanto era giusto soffrire e non più. (Mo.). V. 13. venne al mondo, visse. 10 15 20 CCVI. S'i' 'l dissi mai, ch' i' vegna in odio a quella s'i''l dissi contra me s'arme ogni stella, e la nemica mia più feroce ver me sempre e più bella. dritto a morte m'invia, pur come suol si stia, nè mai più dolce o pia ver me si mostri in atto od in favella. cresca in me quanto il fier ghiaccio in costei; s'i''l dissi, unqua non veggian li occhi miei Sol chiaro o sua sorella, nè donna nè donzella, ma terribil procella qual Faraone in perseguir li Ebrei. s'i' 'l dissi, io spiaccia a quella ch'i' torrei, dal dì che la mamelli lasciai fin che si svella da me l'alma, adorar; forse el farei. nè diventi altra, ma pur qual solia Mal fa chi tanta fè sì tosto oblia! I' nol dissi già mai, nè dir poria per oro o per cittadi o per castella; vinca 'l ver dunque e si rimanga in sella, Tu sai in me il tutto, Amor: s'ella ne spia, I' beato direi tre volte e quattro e sei, chi, devendo languir, si morì pria. Per Rachel ò servito e non per Lia; nè con altra saprei viver; e sosterrei quando 'l ciel ne rappella, girmen con ella in sul carro de Elia. |