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« Poco può dare et torre una ora prima

O poi d'una prigione et gabbia uscire,
Nella quale sono omè chiusa et ristretta
Per haver troppo badato et atteso

All' honor della Getica natione .

(1)

e l'onda dei ricordi l'assale, e non può trattenere un rimpianto:

O stirpe amala che con tanta gloria

Si fatto Imperio hai tant'anni tenuto,

Or per man d'un avaro, empio Tiranno

Fia l'honor di quei gran Duci abbattuto! (2).

Amalafreda cerca invano di farle coraggio: da ultimo la esorta a fidar nell' Imperatore, di cui un nuncio è giunto fino a loro. Poi c'è un breve intermezzo di commedia. Telefo, capitano della guardia, innamorato di Ulvilda, invidia Amalasunta che ha lei per compagna :

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e le antitesi di parola e di pensiero, proprie della poesia amorosa, e da essa passate fin nella commedia dell'arte, (6)

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(4) Correzione di mano dell' Autore da: Hai quella che potria bear gli Dei.

(5) c. 51.b

(6) cfr. Lorenzo Stoppato, La Commedia popolare in Italia, Saggi, Padova, 1887, pp. 168 sgg.

si succedono; non manca quella dei due soli: tra il vero sole e quello della sua donna, il secondo, manco a dirlo, porta la vittoria. Poi, siccome essa se n'è andata, anche lui se ne va. Sulla scena compare Cologerio, il messo greco, al quale Amalasunta consegna una lettera, e ripete le ultime raccomandazioni; egli l'assicura che farà tutto quello di cui l'ha incaricata, e la conforta ad attendere fiduciosa l'arrivo di Belisario che non può ormai tardar più tanto. Così si chiude l'atto; segue il Coro di gentildonne ravennati le quali hanno accompagnato Amalasunta: esse ne lodano il tentativo di far di Atalarico un re perfetto in cui fossero congiunte la scienza e la possanza (1).

Quanto al secondo atto, possiamo sbrigarcene in poche parole appunto perchè molte, troppe, ne ha sciupate il Benivieni, pover'uomo! doveva riempirne cinque, e i fatti eran pochini; nessuna meraviglia che ricorresse alle digressioni.

Il guardiano della rocca deve andare alla città vicina per far spese, e domanda a Rifeo, il sacerdote, se nulla gli bisogna parlano intanto di Amalasunta. Poi questa sopraggiunge; Rifeo la saluta come si conviene a nobildonna, e Amalasunta vuol esser da lui illuminata: non si può acquietare, non riconosce quella giustizia

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(1) Anche il canto lirico fra il secondo e il terzo atto riprenderà lo stesso concetto.

(2) c. 56.b

(3) ib.

Rifeo le fa un lungo discorso, di cui le basi sono queste :

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terminando coll' esortarla a rivolgersi a Colui «Che puote eterni far nostri desiri. »

Nel terzo atto cominciano al solito gli impedimenti. Demetrio finto messaggiero greco, inviato da Teodato a ingannare Amalasunta, compare sulla scena. Il carattere e fino il nome l'autore ha preso da Procopio (3); soltanto per i suoi fini ha caricate un po' le tinte. Eccovi qualcuna delle ammonizioni che il bravo Demetrio fa a sè stesso:

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(3) op. cit., ed. cit., vol. I, cap. I, par. 3.

(4) In tutte le sue tragedie i B. mostra certo disprezzo e disistima dei Greci.

(5) Ms. si cagli.

(6) cc. 59.a 59.b

tutte queste belle cose egli le dice memtre dalla riva del lago cammina verso il centro dell'isola; s'accorgono di lui le donne del coro:

* Di verso il laco alcun veggio (1), qua viene,
All'abito pur greco si rassembra ;

A rilento procede, come quelli

Che non è del paese experto bene:
Buon sia per la regina

Et annunzio atto a cavarla di pene ». (2)

Demetrio domanda di Amalasunta, se porta in pace

casi »

rispondono

esce, il falso le si

<«<le indegne sue miserie e i nuovi che è nel tempio, e quando essa ne avvicina, parlandole melato e lusinghiero, e fingendosi valletto di Belisario che in giornata comparirà a liberarla, purché essa sia disposta di seguirlo nascostamente da tutti. Amalasunta è indecisa se credergli o no; ma giacchè si corre sempre a tener vero ciò che si desidera, e la poveretta non chiede di meglio che di persuadersi della verità di quelle parole, va argomentando fra sè:

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quando poi le cose espostele da quel bugiardo ritrova in una lettera sigillata col sigillo che essa aveva lasciato nelle mani di Cologerio, e da Cologerio firmata, senza temere più oltre,

(1) Da questo, come da altri passi, ho dedotta la mia precedente affermazione che, anche nel nostro Fiorentino, soltanto uno dei personaggi del Coro interloquisca, durante l'azione, cogli

attori.

(2) c. 59.b (3) c. 61.b

decide di cogliere la buona ventura, fuggendo, non appena arrivi Belisario. Il Coro dubita dell' andamento dei fatti: segue un triste lamento sulle cose di Grecia.

Nel IV atto Amalasunta racconta ad Amalafreda, cui si era riservata di parteciparlo, l'arrivo di Demetrio e il fermo proposito che essa ha di partire con lui: Amalafreda le mostra i pericoli dell' avventura, il Coro aggiunge le sue ammonizioni; ma la regina non si lascia piegare, ed anzi, perchè

ciascuno a difendere è tenuto Quel che di fare intende. . . . »

regala anch'essa agli uditori un bel ragionamento ch' io mi guarderò bene dal riportare. Ecco ad ogni modo il giudizio saggio del Coro:

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Non vale lusinga, ragion, prego, incontra ;

Et quel che ha maggior senno più delira . . . (3)

La prega almeno di consultare Rifeo. Amalasunta non vorrebbe, ma poi acconsente: sennonchè arrivando nel frattempo il falso Belisario, essa si congeda dalla suocera e dagli altri. L'atto si chiude coi ragionamenti

(1) c. 65,b
(2) c. 67.a

(3) ib.

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