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Il Veneto Magistrato alle Acque

INTRODUZIONE

Una delle più importanti materie d'interna amministrazione, sotto la Veneta Repubblica, fu considerata quella delle Acque, essendo stata mira principale di governo la tutela della salute, della libertà e del commercio della Nazione.

Questa materia, per essere utilmente diretta, richiede menti pratiche, prontezza nei consigli e nelle applicazioni, quindi non potè venir regolata con i metodi comuni a tutte le altre. Basti, quivi, solo accennare che, nel secolo XVI, fu, con vera sapienza, resa assolutamente autonoma l'amministrazione preposta a tale ramo. Ed è precisamente da quell' epoca che lo studio di quell'amministrazione comincia a presentare interesse e ad essere fecondo di pratica utilità; tuttavia, per rendere possibilmente completa la presente memoria, nou ometteremo di accennare anche quei provvedimenti che in materia vennero presi in tempi più remoti, e che pervennero a nostra notizia.

Divideremo il lavoro in due parti. La prima tratterà dalle origini al 1500, la seconda dal 1500 in poi.

Tale divisione si rende necessaria, perchè, mentre a cominciare dal secolo XVI questa materia si presenta soggetta alla regolare disciplina di speciali istituti, costituenti ordinarie e stabili magistrature, in addietro, quasicosa di Stato, era più direttamente trattata dal potere legislativo, ed il potere esecutivo sulla stessa era limitatamente diretto dall' autorità ducale e veniva esercitato da una svariata successione di magistrature ordinarie e di Commissioni estraordinarie, nessuna delle quali però presenta un complesso organico tale da potersi qualificare col titolo specifico di Magistrato alle Acque.

Procureremo quindi, nella prima parte, di percorrere tutte le vie intricatissime che si prensentano, e che varranno a farci meglio conoscere i tentativi che precedettero e condussero al sapiente ordinamento del secolo XVI.

Per dare poi a tutto il lavoro un certo ordine lo abbiamo suddiviso nei seguenti Capitoli:

PARTE PRIMA: Provvedimenti per la Dominante, Provvedimenti per lidi e fumi.

PARTE SECONDA: Collegio alle Acque,

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Savii,

Amministrazione

Dobbiamo giustificare poi il titolo di Magistrato alle Acque, dato a questa memoria.

Tutte le civili istituzioni della Republica si distinguevano in Corti, Offizii, Collegi e Consigli.

Con i due primi termini si qualificavano le istituzioni presiedute e dirette da soli tre funzionari scelti dalla classe nobile, con i due successivi quelle dirette da un numero superiore di membri scelti dalla stessa classe. Più esattamente dobbiamo avvertire che i Collegi non potevano essere costituiti da un numero inferiore a cinque membri. mentre i Consigli contavano una ben più larga rappresentanza. Col titolo speciale di magistrato si qualificavano le sole Corti ed Officii, sebbene coll' espressione magistrature venete si designasse la collettività di tutte le istituzioni.

Sarebbe quindi rigorosamente inesatto appellare Magistrato alle Acque la collettività degli organismi amministrativi preposti a tale materia, poichè nel mentre dalle origini a tutto il secolo XV non presiedette alla stessa una istituzione regolare e speciale, successivamente fu creato un magistrato col titolo di Savii alle Acque che veniva a completare la sua attività col concorso di altro detto gli Esecutori alle Acque, col quale anzi formava un tutto sottoposto a sua volta alla più ampia autorità di uno speciale e superiore Collegio.

Non trovandosi quindi alcun termine nel linguaggio veneto amministrativo che collettivamente esprima il complesso di tutte queste contemporanee istituzioni che dal secolo XVI in poi spiegarono la loro azione amministrativa in materia, accetteremo la qualifica, non scientifica ma volgare, di Magistrato alle Acque.

PARTE PRIMA

(DALLE ORIGINI AL 1500)

CAPITOLO I.

Provvedimenti per la Dominaute.

Cassiodoro, nella nota sua lettera (1) diretta circa il 520 ai veneti isolani, ci offre le prime notizie sulla condizione delle nostre lagune.

Ricorda l'alternarsi del flusso e riflusso che copre e discopre la spiaggia, « ubi alternus aestus egrediens << modo claudit, modo aperit faciem reciproca inundatione << camporum ».

Scrive che quivi si scorgono, per l'ampia estensione del mare, disperse quà e colà abitazioni, non prodotte dalla natura, ma fabbricate dall'arte; che i veneti isolani mettevano insieme varii giunchi pieghevoli, ed ivi radunavano una massa di soda terra, e non temevano di opporre questo fragilissimo riparo ai flutti del mare, giacchè non può questo lido guadoso gittar fuori gran copia d'acqua che fiaccata si spande, mancandogli l'aiuto della profondità: «viminibus enim flexibilibus illigatis, terreua << illic soliditas aggregatur, at marino fluctui tam fragilis

(1) Cassiodoro, Variar. lib. XII, 24.

<< munitio non dubitatur opponi, scilicet quando vados um <«<litus moles ejicere nescit undarum et sine viribus fertur, << quod altitudinis auxilio non iuvatur ».

Da queste parole rileviamo le prime attività dei nostri antichi padri, suggerite, più che dal criterio di voler regolare i corsi delle acque, dal bisogno di rendere solidi quei terreni sui quali, coll' addensarsi dei rifugiati, veniva di necessità il dover moltiplicare le abitazioni.

E a tale bisogno trovansi corrispondere i provvedimenti presi anche nelle epoche successive.

Notiamo che, nel sec. IX, al tempo che Rialto divenne sede del doge, furono destinati alcuni magistrati al prosciugamento del suolo, e pare che la terra a quest'uopo derivasse dallo scavamento e rettificazione dei canali o rivi interni, molti dei quali sono perciò a stimarsi artefatti (1).

Nel sec. XIII ci vengono in ausilio i primi documenti ufficiali, che si conservano nell' Archivio di Stato.

Rileviamo da un documento del 1223 (2) che il doge con i suoi consiglieri aveva intera e diretta autorità esecutiva in tale materia. Le opere di escavo dei canali venivano deliberate ed affidate a private imprese mediante regolari contratti, portanti i relativi obblighi, coll' esborso di stabilita cauzione.

E tali contratti erano stipulati dagli assuntori direttamente col doge ed i consiglieri, ai quali era ancora riservato il collaudo dei lavori e l'eventuale giudizio circa le differenze che potessero insorgere.

E sebbene non si sappia in quali misure di compenso venissero soddisfatte le differenti opere, notiamo, ad esempio, che nel 1224 (3) l'escavo alla profondità di tre piedi

(1) Romanin, Stor. di Venezia, vol. I. pag, 64.

(2) Archivio di Stato, Liber plegiorum, 1223, 31 ottobre, c. 20 t. (3) Archivio di Stato, Liber plegiorum, 1224, 9 marzo, c. 26.

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