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duale soppressione degli Agostimani, Gerolimini, Minimi e Serviti. Con altri decreti poi il Senato stabiliva le norme pel danaro affluente alla Cassa Civanzi.

Non è da meravigliarsi che queste disposizioni, non urtassero i sentimenti di molti, creando delle avversioni al Tron, e non facessero insorgere delle serie difficoltà, quantunque questi provvedimenti fossero tosto imitati dalla Baviera, dalla Imperatrice Maria Teresa, e da molti altri Stati. Non mancò il papa Clemente XIII Rezzonico a lagnarsi con breve del 10 ottobre 1768 pel dilatare del potere dello Stato sopra la chiesa, e con altro breve, del dicembre dello stesso anno, confermò il precedente. Ma il senato nei termini più ossequiosi e rispettosi mantenne le sue decisioni; nè le cose per parte del Pontefice ebbero altro seguito, mentre ben altrimenti per analoghi motivi era avvenuto un secolo e mezzo prima.

Qui piuttosto non sarà da dimenticare, un'altra singolare circostanza, nella quale il Tron sempre animato dallo scopo, di migliorare le condizioni economiche dello stato, e rianimare il Commercio, proponeva che pella nuova condotta degli Ebrei del 1776, si dovesse loro restringere la parte che avevano nel Commercio, dovendosi mettere un freno alla loro influenza, mentre i loro guadagni, per le molteplici loro relazioni, uscivano dallo stato. L'imperatore Giuseppe 2° si recò due volte a Venezia la prima nel 1769 e la seconda nel 1774 e si nell' una che nell'altra, Andrea Tron fu incaricato dal Senato, a fare pel governo, gli onori di casa.

Il Tron in ambedue le occasioni estese e indirizzò al Senato le prorie relazioni, che si leggono con diletto per la descrizione di particolari interessanti, sulle feste date, e sui colloqui avuti coll' Imperatore, relazioni che furono stampate. Cosi nell' anno 1782 quando il principe ereditario di Russia sotto il nome del conte del Nord venne a Venezia volle sempre presso di se Andrea Tron, che secondo la Contessa di Rosemberg, che descrisse le

feste fatte in quella circostanza, alla più grande capacità nel maneggio degli affari, aveva una conoscenza perfetta degli interessi delle corti, presso delle quali aveva risieduto.

Riformatore allo studio di Padova il Tron si era interessato pella riforma degli studii, e Gaspare Gozzi ne avea presentato una relazione nel 1770, così fu durante il tempo che il Tron occupava quella carica che dopo soppressa la compagnia di Gesù nel 1774, venivano istituite pubbliche scuole per l'educazione della gioventù ed a Gaspero Gozzi veniva affidata la compilazione del piano, la scelta dei maestri, dei riformatori ecc.

Una delle questioni, che assunse l'importanza di un vero avvenimento, perchè entravano non si sa come e perchè in giuoco, le passioni politiche di quel tempo, si fu quella della avocazione allo stato del servizio delle poste, prima tenuto dai Corrieri. La Questione fu promossa dal Tron. La discussioue incominciata nel 1774, si ripetè poi nel 1775 per l'opposizione dei nobili malcontenti con a capo Giorgio Pisani, avvocato al Criminale. Vediamo un pò la relazione originale del Tron, rivolta al Senato, che contiene dati e fatti che meritano esser conservati. Il Tron osserva, che la esperienza è la maestra delle cose umane, e che egli dopo trent' anni che per dovere d'ufficio, esaminava tanti affari interni ed esterni, era convinto, che quando le cose sono piantate sopra i veri principii del gius pubblico, e dirette con principii di vera giustizia e di vera imparzialità, nella loro esecuzioue, apportano utile e decoro al Principe, e vantaggio all'erario. Osserva che tutti i giureconsulti e dottori annoverano il gius postale, fra le più eminenti Regalie del Principato. Jus considerato incomunicabile, ed inalienabile, come quello che è tutto regio, perchè immediatamente promove la pubblica tranquillità e sicurezza. Serve alla comunicazione coi principi esteri, e coi ministri propri, appresso dei medesimi, ed essendo l'anima della Mercatura e del Commercio

promuove considerevole vantaggio all' Erario, con discreto anzi tenue aggravio dei sudditi. La privativa di tutte le incombenze attinenti al servizio postale, costituisce il pubblico regale diritto, circoscritto da leggi, regole, metodi, prezzi o sieno tariffe.

Il Tron ricorda che l' Austria aveva ricuperato tal diritto in Germania dalla famiglia Paar, e in Tirolo dalla famiglia Tassis, e fa quindi la storia del servizio postale a Venezia.

Fino dal 1300, una compagnia di uomini privati chiamati Corrieri, successivamente eretti in arte, e sottomessi al magistrato dei Provveditori di Comun, avea il trasporto dei pubblici dispacci.

Essi corrieri piantar ono stazioni di posta in qualche parte dello Stato, aprirono un ufficio in Roma, da dove in progresso, espressi, mediante la pubblica protezione preservarono il permesso dei viaggi; l'ufficio di Roma restava soggetto alla potestà del Veneto Ambasciatore colà residente. Ottennero essi nell' anno 1582 con decreto dell'Eccellentissimo Collegio Delegato dal Senato, facoltà di privatamente convenire cogli esteri, del viaggio da Venezia a Mantova Milano e viceversa, piantando Stazioni di posta nei luoghi intermedii con facoltà e previlegii, lasciando a loro i profitti, e stabilendo le tariffe. Vennero poi introdotte le poste estere di Ferrara, di Modena, di Toscana, di Fiandra, e di Vienna, con pregiudizio all' interesse e decoro del Principe.

Era dunque necessario, dice il Tron, togliere dalla mano dei corrieri la direzione e la Amministrazione delle Poste. I Sudditi pagano i porti, ma il principe non esige, e non riscuote per sè, anzi paga ai corrieri 1800 ducati all'anno per il preteso corriere di Torino, e paga istessamente, cosa che pare impossibile, come se fosse un semplice particolare, le staffette e gli espressi, che di tempo in tempo per uso e bisogno del Principato, spedisce. Insomma tutto l'utile è della compaguia, e che i Corrieri tengono occulto.

Per il servizio poi interno fra Provincia e Provincia e Venezia, esso era fatto dalle cosi dette Cavallerie, assunte da famiglie private di Bergamo e di Brescia.

Concludeva il Tron il suo importantissimo scritto. colla proposta di ricuperare con vantaggio dello Stato le 32 Correrie, pagando 12 m. ducati annui, e che tanto le Correrie, quanto le Cavallerie venissero Amministrate per conto regio da una sola Amministrazione, con quella sovraintendenza regale o metodo, che non credeva difficile. stabilire, citando gli esempi della amministrazione del Bancogiro, della Decima, delle Dogane, del Campatico, della Zecca, e ricordando gli ufficii unici postali di servizio di Londra, di Vienna, proponeva un simile unico ufficio a Venezia aperto giorno e notte. Di seguito a ciò il Senatc deliberava avocare a se il servizio postale, come negli altri stati, dando però all'arte dei corrieri un equo compenso.

Giorgio Pisani, come si disse sostenuto, dai nobili sediziosi, combattè la proposta di Andrea Tron come lesivo alla costituzione, e il 13 agosto 1774 ottenne far intromettere il Decreto Postale, come lesivo ai diritti della Quarantia, alla quale spettava l'elezione a cariche ed uffici popolari.

Nell'anno seguente 1775, la questione venne nuovamente presentata, e dopo una sospensione di 15 giorni si accettò la nomina del Deputato alle poste da parte della quarantia, lasciandosi al Senato la parte economica e politica della gestione -- ma in ogni caso veniva attuata, la riforma postale presentata dal Tron, sebbene a scopi partigiani avversata.

L'ultimo atto compiuto dal Tron, e che fu si può dire il suo testamento solenne, splendido documento detta to dalla sua mente elevata e dalla sua lunga esperienza, fu il suo magnifico discorso pronunziato in Senato il giorno 29 Maggio 1784 come inquisitore alle arti, sul Commercio, e che del resto é stato per intero riprodotto da Samuele Romanin. In esso tra altro il Tron, incitava i noblli Veneti ad

imitare l'esempio dei loro maggiori. occupandosi del Commercio dovendo essere essi i primi a giovare alla patria, ed a sollevare gli inferiori. Debito ammesso questo per legge e per natura al loro grado. Non adempie quest' obbligo, dice il Tron, chi unicamente coltiva il lusso, la morbidezza, il divertimento, o chi seppellisce nei forzieri il danaro, togliendo quei beni alla società, che la Provvidenza Divina depositò in sue mani, per suffragio dei poveri e pel bene della società e dello stato.

I principii esposti nel suo discorso dal Tron venivano ribaditi nel proclama degli Inquisitori alle Arti. Questi eccitamenti, ottennero un immediato effetto favorevole, nei commerci e nelle industrie, che parvero ravvivarsi, di seguito alla generosa iniziativa del Tron, annientati quindi dagli avvenimenti politici successivi.

Pochi mesi dopo il suo trionfo oratorio, il Tron moriva e la sua opera restava incompiuta e senza capo. Un uomo di così grande valore, e di elevato ingegno, non poteva non aver nemici ed invidiosi, fra i snoi concittadini, e il Tron venne e da vivo e da morto flagellato da innumerevoli satire sanguinose.

Ne scelgo un saggio fra le molte:

Pel decretar che se fa in Pregadi.

Sora de tuto, che de poco in qua
Se sente nel pregadi a decretar,
Sora el commercio, sora el militar,
Sul decima, e sul redecimà;

Sull' arsenal, sull' Università,

Su le man morte, e su d'ogni altro affar,

O interno o esterno, sia de terra o mar,

Con grave intacco della libertà;

No ghè altra causa fisica o moral,

No politica, no regolazion,

Nè premura del ben, timor del mal,

No massima de stato, o religion;

Ma causa d'ogni effetto micidial
No xe se non : Cussi comanda el Tron.

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