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In altro sonetto cosi si parla del Tron:

Un, che la so privata condizion,
Nol ghe la cedaria a un potentato.
Un, che ghe vol imponer al Senato,
Come se fusse lu solo el Paron;
Nol nomino, ma mi no so veder,
Che a un omo de sta sorte ghe sia dà
In republica, ancuo sto gran poter;

Forse per manco in la latina età,
Credo che ognun de nu possa saver,
Quel che a Cesare un di la ga costà.

Il poeta, invocava nient'altro che un feroce e più grazioso è il sonetto intitolato :

Sopra i savii.

Sette savi vantava in tutti i stati,
La Grecia tolti insieme veramente,
Se sette soli aveva savia la mente,
Bisogna che ghe fusse dei gran mati.
Nu semo addesso in tempi più beati,
Più illuminadi dell'antico oriente,
Perchè Venezia in tutto l'occidente,
Ga seminà de savi i magistrati.
Savi alle aque, savi all'eresia
Sette savi, tre savi, cinque savi

Alla nostra pochetta mercanzia;

Bruto. Meno

Savi da mar, da terra, e i sie gran savi;

Ma de tutta sta savia litania

El savio Tron, domina mati e savi.

Riferisco un epigramma in morte del Tron, che se

torna a lode di lui, non lo è certo per i suoi savi colleghi.

Uno dei gran portenti
Che se pol dir del Tron,
Xe dir che l'è sta savio

Ma savio senza denti.

Pianzèlo con razon,

O veri della patria citadini,
Pianzèlo o doti o gnochi,

Chè savi senza denti, ghe n'è pochi.

Ed infine questo epigramma:

Tron, uomo potente
Facendo Bene e Male
Fini d'esser mortale;
Onora passeggiero

Un uom che fu un: Mistero.

Comunque fosse la cosa, fatto sta, che il Tron nella comune convinzione, era tutto nella Repubblica, per cui egli si credeva un' altro doge, ed infatti aspirava ad esservi eletto. Morto il doge Alvise IV Mocenigo nel 1779 Andrea Tron fu il competitore di Paolo Renier, che venne nominato. Il Renier era come ognuno sa uomo di alto valore, per cariche sostenute, per coltura, e per singolar eloquenza, ma il suo matrimonio colla ballerina da corda e l'aver egli tentato nel 1768 di distruggere il Tribunale dei X, non gli attirava gli animi, per cui, come si dice, ricorse alla corruzione, ed alle raccomandazioni.

Il Tron, fieramente invece pretendeva che l'elezione gli spettasse per i suoi grandi servizii, e per i suoi grandi meriti ma per lui fu di ostacolo, la condotta della moglie Catterina Dolfin, che danneggiava al prestigio del marito. Per ciò al Tron, che invano avea desiderato l'alta carica, indirizzarono la seguente satira:

Tronus eques sapiens, et Procurator, at illi

Si diadema neget patria, sponsa dabit.

Eletto doge il Renier, Andrea Tron dovette ad ogni modo andare a congratularsi per la di lui elezione, ma come narra il Balbi registrato dal Cicogna, gli fece un complimento cosi breve e cosi asciutto, che il Renier con

podestà ducale, rispose al Tron ancora più concisamente un semplice: grazie.

Morto il Tron nel 1785, non potè avere più occasioni di aspirare al dogado. Ciò non pertanto egli resta sempre una delle menti più forti e più colte, degli uomini di governo della fine della repubblica.

In altri tempi forse, e sovratutto con altri costumi esso di tempera non comune e di carattere energico, sarebbe stato in grado di richiamare a più alti destini, l'agonizzante sua patria o prepararle almeno, una fine più decorosa.

18 Gennaio 1906.

FILIPPO NANI MOCENIGO

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Ma il materiale poco conosciuto od inedito è tale ancora però, da augurarsi che qualche studioso oltre il Medin nel suo volume « La Storia della Repubblica di Venezia nella poesia » esamini in forma completa, la poesia e la satira di tutto il periodo del risorgimento nazionale.

« Chè se, invano, un artista, chiederebbe all' imagine di un solo pinnacolo, di una colonna, di un bassorilievo, di un musaico della miracolosa Basilica di S. Marco, l'impressione complessiva, profonda, straordinaria, che quelle cupole, quelle figure, quei fregi, quella selva di colonne, quella profusione di oro e di marmi accozzati sapientemente insieme nel magnifico tempio, destano nell'animo suo così tanto più inutilmente d'accordo col Medin si potrebbe sperare di poter vedere in uno od altro componimento poetico o satirico la nostra storia; riaccostando invece la lirica e la satira alla narrativa; riavvici

nando le lodi alle invettive, i lieti inni di vittoria ai disperati Jamenti, i canti augurali agli elegiaci, nella fusione armonica di co desta grandiosa opera poetica, si vedrebber riflessi curiosamente anche i minimi e non meno degli altri interessanti avvenimenti delle nostre liete o dolorose, gloriose o non gloriose vicende.

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Satira politica, quindi, stassera; non la satira politica; non, cioè, l'esame per quanto condensato di codeste for me di letteratura, più o meno letteraria (meno che più) o di grafia nella loro generalità, tema vastissimo che nel poco tempo benignamente conceduto a chi ha l'onore di parlarvi, Signore e Signori, potrebb' essere appena adombrato.

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ri

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Ma l'accenno a una parte di satira politica stretta nel tempo, nelle persone, nella esplicazione parte inedita o quasi sconosciuta, uscitami frammezzo alle ricerche di documenti di nostra storia, dalla caduta della Repubblica Veneta, che sono soltanto oggetto di studio, a coloro che trovano tempo e volontà di tuffarsi forto del presente nelle memorie del passato.

a con

La novità, la stranezza, la grandiosità degli avvenimenti che si maturarono in sulla fine del secolo XVIII, si prestarono quant' altri mai alla fioritura della poesia e delle satire politiche. Il torpore nel quale viveva l'antica Repubblica, veniva scosso dal rullo dei tamburi dei sans-cu

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