Ecco l'egregia, la sublime e santa, Libertà di ladroni e di assassini! A Milano corse la satira : De quella bella eguaglianza Che tutt'i ricch l'ha traa in tocch. Per fai eguai l'hai fè pitocch. E qui nel Veneto: Liberté, Egalité, Fraternitè I franzesi in carrozza, e nualtri a piè. A Roma quando, più tardi, si elevarono due statue, una maggiore, raffigurante ia Repubblica francese con la scritta: Matri Magnae, l'altra più piccola raffigurante la Repubblica romana, con le parole: Filia grata, Pasquino tradusse La madre magna e la figlia se gratta! Del resto, sembra che neanche in Francia la libertà. portasse, pel momento, tanti vantaggi, se corse questo atroce calembourg. Erasi coniata una moneta, su cui campeggiava una testa di donna con lunghe e abbondanti treccie, attorniata dalle tre solite parole, divise da un punto. E si lesse : Liberté point, Egalité point, Fraternité point, détresse partout. Uno dei più terribili satirici contro il governo democratico succeduto a quello della Repubblica Veneta, fu un prete trevigiano, Domenico Loschi, pochissimo conosciuto, perchè i suoi versi giacciono manoscritti nella Biblioteca capitolare di Treviso, di dove alcuni furono scossi dal prof. Marchesan, il dotto illustratore della letteratura e della storia paesana, per pubblicarli in una edizione di soli 150 esemplari. Testimonio, anzi parte offesa, a quanto pare, egli stesso, delle ruberie manifeste o velate, indignato nel fondo dell'anima per le violenze dei soldati francesi, il Loschi si scaglia nei suoi sonetti in vernacolo, fierissimamente, contro il governo dilapidatore dei Municipalisti, contro la corruzione sfacciata di quei governi, ed insieme contro la ipocrisia vigliacca dei soliti Girella di mestiere, che avevano per àncora . D'ogni burrasca Da dieci a dodici tipica figura di op Il vescovo Bernardino Marin portunista politico che cantò imperturbabile il Te Deum pei tedeschi, pei francesi, pei russi, per l'imperatore, pel generale Bonaparte, per Napoleone I°, per la caduta di Mantova, per le vittorie di Eugenio Beauharnais e del generale Macdonald, come per quelle dell' arciduca Carlo il quale Vescovo, nell' Omelia tenuta nel giorno delle Pentecoste aveva altamente raccomandato ai trivigiani l'obbedienza all' autorità municipale, venuto a sapere delle pungentissime satire del Loschi, gli consiglio un pò più di ritegno e di prudenza; ma non valse! Il Loschi, impenitente satirico, continuava a scagliare i suoi strali finchè, in omaggio alla libertà di critica. e di satira consacrata dai diritti dell' uomo, cardine della democrazia venne arrestato e relegato in una cella dal convento degli Scalzi a Santi Quaranta. Sarei tentato di recitarvi parecchi sonetti del Loschi per la loro curiosa originalità; ma come i puntini che sostituir dovrebbero le parole pel rispetto a voi dovuto non si possono esprimere, e qualche sonetto sarebbe più composto di puntini che di parole, tanta era la licenziosità del satirico prete, così mi limito ad uno che caratterizza il momento. Caduta la Repubblica Oligarchica, i nuovi governi di Venezia e della Terraferma si intitolarono Municipalità provvisorie in quanto che nei rivolgimenti politici e sociali di quei primi tempi, non sarebbe stato possibile senza pur sapere qual sorte verrebbe destinata alla smembrata Repubbica l'impianto di uno stabile ed organico governo. Cosi che il Loschi, felicemente e argutamente satireggia per Treviso, e altrettanto avrebbesi patuto scrivere per Venezia, per Padova e per le altre città della veneta Terraferma : Tutto xe provisorio in sta cità ; E provisorio xe el so presidente, Xe provisoria tuta quela zente, Che magnarà, che magna e che ha magna. Xe provisori i municipalisti E tuta quela fragia de... bei cai De segretari e de protocolisti. Se tuto è provisorio, ah! perchè mai In quella inesauribile fonte di storiche memorie, veneziane specialmente, che è la raccolta Cicogna, gelosamente cnstodita nel Museo Civico di Venezia, ho trovato una satira curiosa che, altrettanto come la precedente, caratterizza un momento storico: quello in cui tre o quattro mesi dopo la fine della Repubblica Veneta, per gli antagonismi e le gelosie campanilistiche, fomentati, per proprio interesse, da Bonaparte riusci impossibile qualunque seria intesa fra le provincie della Terraferma veneziana, poichè ognuna voleva far da sè, guardando con sospetto la legittima egemonia che Venezia avrebbe dovuto, e potuto, esercitare sopra di esse, allo scopo di porre qualche argine alle pretese francesi. E non soltanto alla Terraferma veneziana ma alle altre d'Italia alludevasi. È una fiabola: La galina e i polesini. Udite quanto è satiricamente fine nella sua ingenuità: Del mondo in una età Una brava galina avea coà Varie specie de vovi Per grandi ogeti novi : E da quei gera nato Squasi tuti in un trato I so bei polesini, Che gera picinini, picinini. Oh! belo! Apena nati Ma tuti spiritosi e squasi mati Apena ch'i ha podesto saltuzzar Tuti un progeto a parte ha bù a formar. Stago su sto morer, Questo sarà el mio aver Uno diseva; e st'altro: in sto formato Sarà il mio regno, e vivarò contento. Chi aveva una montagna, chi un boscheto, Chi un bel prà, chi un lagheto. Infin, chi qua, chi là I s'aveva isolà Guai chi avesse parlà De unirse e infradelarse, Guai chi disesse mai de concentrarse ! La galina vedeva Tute le operazion che se faseva E gh'è qualcnn che dise Che la se la rideva. Ma finalmente un zorno Che sussurrava tuto quel contorno, |