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A Roma, Marforio domanda a Pasquino:
Tempo da ladri !

tempo fa Pasquino?

Chiedesi a un veneziano:

Che

Ma è proprio vero

che i francesi son tutti ladri? Tuti no, ma

Bona parte!

Del resto, nessuno più di Vittorio Alfieri nel suo Misogallo poteva sferzare l'orgoglio francese, ribadendo con la gagliardia del suo verso l' aculeo della satira più vivacemente feritrice; egli sembra un vendicatore delle disgrazie italiche dal 1797 in poi:

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Ma non soltanto contro la Repubblica l'irato poeta. scaglia i suoi fulmini; non soltanto è fieramente satirico. contro il predominio francese in Italia e la demagogia, ma lancia quel suo terribile epigramma:

Dimmi che cosa è re?

Di reo due terzi egli è.
Anzi, per dire il vero,
La differenza è zero

Frattanto Bon aparte vende Venezia a Campoformio e la satira ha ben ragione di colpire e trionfare. La democrazia è specialmente bersaglio agli strali politici. Un documento manoscritto, curiosissimo, nella già citata Raccolta Cicogna, è il testamento della Democrazia.

Codesta dei testamenti satirici era una forma spesso usata. Infatti, al momento della caduta dell' antica Repubblica corse per le mani di tutti il testamento del Leone, col quale raccomanda l' anima a Plutone e lascia il corpo » al mare, gli orecchi ai vigili spioni, gli occhi ai birri » ministri di sua ferocità, ai giudici i denti, la bocca ai » ministri, la barba alla nobiltà, le unghie ai barnabotti, » il ventre ai tribunali »; e più tardi fu assai conosciuto quello di Napoleone:

Je ligue aux Enfers mon génie

Mex éxploits aux aventuriers

Le grand Livre à mes créanciers,

Aux français l'horreur de mes crimes,

Mon exemple à tous les tyrans

La France à ses rois legitimes,

Et l'hôpital à mes parens.

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Troppo lungo e, in qualche parte, molto sconveniente, sarebbe il leggervi intero o Signori il Testamento della Democrazia veneziana; vi basti però conoscere che essa fra altro lasciava ai Municipalisti cioè ai governanti succeduti all' autorità dogale l'albero della Libertà, pia ntato in piazza San Marco, e in altri siti, come simbolo di rigenerazione politica « per farsi bastonare »; e le due colonne della Piazzetta per metterli in berlina » Ad uno dei più scalmanati giacobini, il municipalista avvocato Giuliani, sopra il cui capo si accumularono tante

accuse

e non soltanto politiche, lasciava tutte le carte da Faraone e Bassetta che « resteranno inutilizzate » dopo la morte di essa Democrazia, acciò « possa con queste guadagnarsi il pane, dopo che avrà dilapidato quanto rubò al popolo veneto ».

A tutti i funzionari « l'incombenza di scopare, coi pennacchi dei loro cappelli, la piazza di S. Marco, acciò le scarpe Todesche non si lordino nel fango della Veneta abasata libertà. »

Ai nobili veneti le tele adoperate per le funzioni democratiche in Piazza, acciò si facciano fazzoletti bianchi, << quali saranno dati due per ciascun nobile, uno per asciugarsi gli occhi nel piangere la passata loro stolidezza e l'altro per forbirsi la bocca nelle loro presenti sognate speranze. »

A tutti i Ladri, truffatori, spioni e malviventi, tutte le pelli dei bovi mangiati in Venezia dai francesi, perchè si facciano buone scarpe, e fuggir tosto lontani, onde non cadere sotto la spada dell'aquila a due teste.

A quei furibondi che nel Teatro Civico applaudirono la sciocca commedia del Matrimonio democratico, tutte le pietre dei Leoni spezzati, per attaccarsele al collo.

A Vincenzo Dandolo altro giacobino arrabbiato la moribonda Democrazia veneziana legava satiricamente << i ritratti di Marat e Robespierre per fornir la sua camera, augurando a lui eguale fortuna. »

Erede residuaria di tutte le sue disgrazie, calamità ed afflizioni, istituiva la sopravvivente Repubblica Cisalpina, che venuta a morte a sua volta raccoglieva, nella satira, il premio delle sue gesta ingloriose:

Qui giace una Repubblica

Già detta Cisalpina

Di cui non fu la simile

Dal Messico alla China.

I ladri ia fondarono

I pazzi l'esaltarono

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E fu allora una invasione di caricature, parte delle quali, io credo, già fatte fare dalla vigile e furba perseverante diplomazia austriaca, per infiltrare nell' animo del popolo l'odio contro i francesi. Non ve n'era forse bisogno, perchè tutta la loro azione era stata diretta a farsi odiare; ma probabilmente i tedeschi non avevano imaginato che a tanti eccessi sarebbero giunti e, quindi, si premunivano a tempo.

I plenipotenziari partono da Campoformio (dopo aver pattuita la sorte di Venezia) in una ricca carrozza. L'oste domanda: Chi paga? Pantalone dall' alto del predellino posteriore risponde compunto: Pago mi!

Pantalone tipico ed eterno, di tutti gli Stati, di tutti i Governi, di tutti i popoli, e di tutti i tempi!

Bonaparte su di un rialzo vende come un cavadenti, i suoi specifici. Ha in mano un vaso: balsamo mortifero. Sono per terra, altri vasi, e scatole: Sangue degli innocenti eguaglianza di far tutti poveri libertà di rubare.

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Il ciarlatano raffigurato dal « Nume liberatore d'Italia» dice alla turba delle maschere veneziane:

Io dispenso l'Elixir

Che restaura ogni cervello,
Che fa goder il bordello
Della cara libertà.

Or venite in fretta o gente,
Soddisfate il bel desire
D'eguaglianza e di virtù.

Le maschere rispondono :

Che contenti gavaremo!
Semo quà sior Bonaparte
Tuti a lú nù s'afidemo

Perchè certi del suo cuor.

Ma dietro al ciarlatano s'alza un'ombra di soldato con la spada sguainata, che ammonisce le maschere :

Come mai, popoli amici
Vi lasciate corbellar?
Non vedete che il furfante
Cerca tutti di spogliar?

Venduta Venezia a Campoformio, lo sdegno popolare prorompe impetuosamente nella satira. La lealtà francese è così descritta, il un manoscritto della Querini Stampatia.

Figlia dell' empietà, del tradimento

Nacqui fra il sangue e fra l'orror di morte
Quanto spietata più, quanto pò forte

Di mille enormità solo strumento.

Di fellonia mi nutro, onor non sento
Fingo pietà nell'altrui triste sorte
Ma sol per raddoppiar mali e ritorte
E tutto derubar senza cimento.

Umanità, Religion, Giustizia

Follie sono per me, che sol professo
Per meglio altrui tradir, finta amicizia.

Solo il vizio chiamar mi può cortese;

Insulto la ragion, sfregio il mio sesso.
Sai tu chi son?

Democrazia francese!

La lamentazione dal poeta dialettale faceva a questi esclamare, che

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