satirico Nel 1848-49, a Venezia, di Sior Antonio Rioba, della ridicola statua del campo dei Mori a Cannaregio, si fece un nuovo Pasquino, e il giornale uscito a quel tempo raccolse la satira popolare sugli avvenimenti del tempo: giornale dicentesi « buffo, politico, pittoresco » contro tutti, ferocissimo contro l' Austria, raccogliente l'anima patriottica, ma talvolta anche ingiusto. Bastavano i suoi pupazzetti a far odiare i nemici, tanto erano orribili. Sior Antonio Rioba che scherzava sempre, si senti però l'anima invasa da ardor patriotico senza scherzi quando pubblicò l'inno di guerra musicato dal maestro Buzzolla : Ma non solo la satira veneziana del 1848 si scagliò contro l'Austria. Francesco Dall' Ongaro, in uno dei suoi famosi stornelli, diceva di Pio IX che aveva issata la bandiera della redenzione italica: Pio Nono non è un nome e non è quello Pio Nono è figlio del nostro cervello Pio Nono è una bandiera, un ritornello Un nome buono da cantarsi a coro. E con questo, il popolo veneziano cantava: Benedetta la santa bandiera Che il Vicario di Cristo impugnò. Quando però Pio IX abbandonò la causa della indipendenza italiana, la satira sostituì impiantò a impugnò; e sior Antonio Rioba spiegava: « Qualche maligno deve aver suggerito al popolo questa variante, perchè l'impiantare, nel dialetto veneziano, vuol dire : abbandonare dopo aver ingannato. » ciò Contro Carlo Alberto si scagliò spietatamente la satira veneziana in quel tempo. Eran momenti di passione, di delirio, di agitazioni profonde, e le ragioni e le circostanze dei fatti, superiori alle volontà ed alle possibilità che ebbe agio di esaminare imparzialmente e freddamente la Storia, più tardi non potevano esser vagliate. Si imaginò il tradimento! Cosi un avviso invitò i cittadini ad una « Gran serata misteriosa, con trattenimento di giuochi di prestigio, negromanzia, magia bianca ed egiziana » con uno svariato programma, nel quale fra altri - figuravano i seguenti numeri: Il Talismano, ossia la bandiera tricolore. Il pallone a vento, ossia la comparsa del Re Sabaudo. - La spada incantata, ossia la spada d'Italia. strategiche. Il patto infernale, ossia la Convenzione Salasco e l'armistizio del Re Sabaudo - Il gran quadro magico, ossia la storia dei tradimenti e dei traditori d'Italia. Dopo il plebiscito favorevole all' unione al Piemonte, e dopo il forzato abbandono di Venezia da parte di Carlo Alberto, une imitazione metastasiana, intitolata: Oh! se tornasse il Piemontese, diceva: Nel rischio in cui s'avvenne Quell' augellin talora Arrigo Bocchi scriveva che: Giuda tradito ha Cristo: Fè male assai; ma alfin tradito ha un solo. Alberto fu più tristo, Chè tradi tutto della patria il suolo. Giuda tradito ha chi sapea Del tradimento e l'ora e il di. D'Alberto l'alma rea Tradi chi vita e fede in lui ponea. Dunque il lettor conchiuda Che Carlo Alberto fu peggior di Giuda. E un'altra parodia ingiuriosa e ingiusta del cinque maggio, sempre alludente a Carlo Alberto: Lui sfogorante in soglio Oh! vaticinio fortunatamente fallace! Le mille e mille voci che da ogni parte d' Italia s' elevavano al soglio piemontese, ben furono udite dal Magnanimo Re. Ed ei risorse! Carlo Alberto che resistendo al'e minaccie austriache tenne il patto costituzionale da altri sovrani vilmente lacerato; che volle centro il proprio trono delle aspirazioni unitarie; che sfortunato a Novara pur legò a Vittorio Emanuele II° il glorioso compito di fare l'Italia, in mezzo ai nembi che d' ogni parte s'addensavano, non meritava certamente l'ingiuria scagliatagli da italiani, giustificati soltanto dalla cieca passion del momento: ingiuria concellata dal sangue veneziano sparso poscia sotto la bandiera sabauda, per la redenzione d'Italia; dall' entusiasmo col quale, in quella radiosa giornata del 1866, il figlio suo Vittorio Emanuele, fu accolto davanti S. Marco, ove è ancor vibrante l'antica anima veneziana, e dalla fede con cui tutte le terre venete associano il caro nome di Savoia, ai gloriosi destini della patria! Il decennio di resistenza, dal '48 al '59 non fu tempo di satira. Preparandosi nei conciliaboli segreti e coll' educazione patriottica i nuovi destini, nel sottinteso d'ogni scritto e d'ogni discorso, i cuori si riscaldavano, al pensiero che andava avvicinandosi certamente il sospirato momento della redenzione, e in esso pensiero le menti s' accendevano, mentre si sospiravano in segreto le poesie della patria, dall' Inno di Mameli ai fratelli d'Italia, ai versi di Giovanni Prati, scritti, può dirsi, col sangue, dopo gli eccidi di Padova: E se un epigramma corre allora pel popolo, è l'espressione dell' odio più feroce contro l'oppressore, quando l'Imperatore d'Austria scampa per miracolo al pugnale assassino: Ahi! sventura, sventura, sventura, Lo colpi nella parte più dura. Il quale epigramma fece inpennare il buono e mite Manzoni, quando gli si disse che era imputato di averne scritto metà. Infatti ! . . . . L'anima popolare non fu però sempre feroce; chè quando l'Arciduca Massimiliano il quale cercava di temperare, per quanto possibile, con la gentilezza, col rispetto alla nazionalità, con umani sentimenti, l'avversione contro il governo straniero, e il ricordo delle sanguinose repressioni e dei patiboli circuito dalle arti diplomatiche della Francia napoleonica, si lascia accecare dai bagliori del trono messicano l' epigramma si muove a benignità e gli rivolge un consiglio: Massimiliano non ti fidare Torna al castello di Miramare, Profezia atrocemente avveratasi! . . . . |