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Nessun'altra località in Italia ha dato vetri di Ennione; nemmeno gli Scavi di Pompei, il cui illustre direttore prof. Sogliano mi scrive (21 febb. 1906) « Nè in Pompei nè nelle contrade qua attorno vennero mai fuori vetri o altri oggetti firmati da Ennione ».

Presso Bagnolo venne messa in luce una tazza di vetro conservatissima, la quale è una copia fedele di quelle di Adria (secondo esemplare); ne differisce soltanto per il colore dell' impasto, che è giallo, Il prof. Cavedoni che la pubblicò nel 1845 negli Annali dell' Instituto di corrispondenza archeologica, vol. XVI (pag. 161 e tavola d'aggiunta G), così ne parla:

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Questa tazza, che a primo aspetto direbbesi di ambra, e i di cui ornati, benchè eseguiti assai negligentemente, fanno nel tutto insieme un bellissimo effetto, fu trovata, insieme con altri vasi di vetro, a Bagnolo nel Bresciano; e dal Museo del march. Obizzi del Cataio, che primo ne fece acquisto, passò nel R. Museo estense a Vienna e da ultimo a Modena (1). Pare ch'essa provenga da un sepolcro, ove fosse riposta come oggetto caro e pregiato dal defunto in vita sua, e fors'anche come cosa sacra ch' egli avesse usata in feste e riti bacchici.... ».

Nei pressi di Borgo S. Donnino, probabilmente nel sito dell' antica Fidentia, venne scoperto un frammento

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di vetro bianco, dall'influenza del tempo e dell' umidità del sottosuolo opalizzato con vaghi riflessi iridescenti, il quale (v. fig. 8), sebbene per le dimensioni mostri di aver appartenuto a tazza alquanto maggiore, tutta

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via, oltre che la stessa iscrizione in tabella ad anse

(1) R. Galleria e Museo Estense, antico inventario n. 841.

securiclate, serba pure altri indizi degli stessi ornati che si vedono sulle tazze Adriesi del secondo tipo. Il frammento di Borgo S. Donnino fu donato al Museo di Antichità di Parma, dove tuttora si conserva, dal can. Andrea Ghiozzi l'aprile del 1846.

Negli scavi fatti tra le rovine dell' antica Solunto a spese della Commissione di Antichità e Belle Arti vennero in luce numerosi frammenti di vetro dai colori e disegni più belli e più delicati, e di una fattura cosi difficile nell'impasto delle varie tinte da superare di gran lunga tutto ciò che di meglio possa produrre l' industria moderna. L'illustre prof. Salinas pubblicò nella Rivista Nazionale, anno I, n. 4 (aprile 1866) vari cimeli Soluntini, tra cui due frammenti di una tazza di Ennione molto simile al nostro primo esemplare (v. fig. 9 e 10

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a due terzi del vero). Una differenza notabile è solo questa, che nel frammento Soluntino l'iscrizione è su tre righe, mentre nella tazza Adriese è su quattro.

La tazza di Caresana (1), che ora si custodisce nel R. Museo di Antichità di Torino, rappresenta un terzo esemplare delle opere di Ennione fin qui ricordate. Ha la sola iscrizione ΕΝΝΙΩΝ ΕΠΟΙΕΙ Η Ρ. D. Luigi Bruzza barnabita nelle Iscrizioni Vercellesi (Roma 1874), pag. 375, cosi ne parla:

<< Questa bella tazza di vetro azzurro del diametro di m. 0,085 ed alta m. 0,060 fu ritrovata nel 1873 in un sepolcro insieme con due balsamari, l'uno di vetro bianco, l' altro di color d' ambra vergato di bianco e con una lucerna presso alla cappella di S. Giorgio poco fuori del luogo di Carezzana. Vi fu ritrovata anche una moneta di rame di secondo modulo coll' effigie dell'imperatore Claudio e con Pallade combattente a destra nel rovescio, e questa essendo stata coniata nell'anno 41 dell' era volgare può servire per determinare di quale età incirca fosse il sepolcro.

È però d' uopo avvertire che le monete le quali si trovano nei sepolcri della Gallia Cisalpina sono sempre di rame e di secondo modulo, onde pare che vi fossero deposte per rito religioso e simbolico, anzichè per indizio cronologico destinato ad attestarne l'età. Se però queste monete non valgono a indicare propriamente

(1) Di questa tazza trovo due disegni (Bruzza, opera citata, e Fabretti, Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la provincia di Torino, 1875, vol.I, fascic. 1, tav. d'aggiunta V, n. 2), ma cosi diversi fra loro che quasi non si può crederli derivati da un medesimo originale! Io qui presento, ridotto a metà (v. fig. 11), quello pubblicato dal Fabretti, sia perchè da informazioui avute risulta il meno infedele, sia perchè fa vedere anche come l'oggetto abbia delle screpolature e manchi di un pezzettino della gola del fondo.

l'anno in cui vi furono deposte, valgono nondimeno a indicare un certo spazio di tempo che non è forse molto. lontano dall'anno in cui furono battute. Perciò sembra molto probabile che il sepolcro di Carezzana fosse della metà incirca del secolo primo.

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La tazza di Refrancore è pubblicata negli Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la provincia di Torino, 1875, vol. I, fascic. 1. Veramente il disegno dato nella tavola d'aggiunta V, n. 1, appare piuttosto grossolano, ed io perciò non lo riproduco ma per contrario è assai diligente la descrizione che di esso fa il sig. E. Maggiora-Vergano (pag. 101), dalla quale si sarebbe indotti a credere che la tazza di Refrancore non è altro che una copia tratta dallo stesso stampo donde uscirono quelle di Adria (secondo esemplare), se una delle iscrizioni non fosse differente per aver ATOPAZON in luogo di ATOPAZNQ. Il sig. Maggiora-Vergano ne accompagna la descrizione con varie notizie illustrative; tra l'altro dice:

<< Un contadino di Refrancore, mio paesello natio, facendo nello scorso autunno alcuni lavori di scavo in

una sua vigna raccolse un ampollino ed una scodella di vetro alla quale colla zappa aveva rotta un'ansa ed un pezzettino di orlo, e mi mandò in dono entrambi gli oggetti . . . . L'ampollino era un L'ampollino era un unguentario in vetro azzurro che nulla presentava di particolare, ma la scodella invece era una stupenda coppa di vetro colore verde-mare con ornati a stampo . . . . Non è cosa insolita la scoperta di qualche tomba dell' epoca romana in Refrancore; e sebbene egli ripeta il suo nome da un fatto avvenuto nell' evo medio (1), necessariamente quelle colline al tempo dei Romani dovettero essere abitate, sia perchè vicinissime ad Asti, importante colonia, sia perchè attorniate da molti fra i vici citati nella tavola alimentaria Traiana. » (2).

Nei pressi di Aquileia, l'anno 1884, tra corredi funebri di antiche tombe furono trovati due vetri con la firma di Ennione, e precisamente una tazza completa, di un impasto azzurrognolo, eguale in tutto a quelle di Adria (secondo tipo), meno in una delle iscrizioni dove si legge ΑΓΟΡΑΖΩΝ invece di ΑΓΟΡΑΖΝΩ (3) e un frammento di consimile tazza, pure di pasta vitrea opaca di color azzurrognolo, su cui si legge ΕΝΝΙΩΝ ΕΠΟΙΗΣΕΝ. La tazza completa fu venduta a certo Evans inglese, che pare l'abbia portata in un Museo di Londra, mentre il frammento è rimasto in Aquileia, nell' I. R. Museo dello Stato.

(1) Rivus ex sanguine Francorum (Paolo Diacono, lib. 3, cap. 5.)

(2) La tazza di Refrancore fin dal 1881 si trova a Parigi nel Musée du Louvre, Antiquités Grecques et Romaines (Inventaire du Musée, MNC., 3).

(3) Corpus, Inscriptiones græcæ Siciliæ et Italiæ, n. 2410, 3, a ; Maionica, Le antiche epigrafi Aquileiesi nell'Archeografo Triestino, Vol. XV, pag. 295.

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