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CIÒ CHE FU

l'antico pianto

Quindi prosegua per cammini ombrosi, a fior di labbro modulando un canto che per me l'altra notte mi composi.

Poichè talor non piango io il mio pianto, lo canto, e qualche mia triste canzone fu come il sangue del mio cuore infranto.

Tempo fu che le mie forze più buone stremai in canti a' piedi d'un Signore che m'arse di ben vana passïone.

Io piangevo così note d'amore come la cieca in sul quadrivio, volta al sole, canta il suo buio dolore

e non s'avvede che nessun l'ascolta.

l'antico desiderio

Seduzione più d'ogni altra forte, prima d'ogni altra e più cruda fu quella per cui l'invito io ti sorrisi, o Morte.

Per cui il desiderio che flagella la prima volta, sgomentò di muto stupor la mia verginità novella.

E mi conobbi mani di velluto per le carezze lunghe, e per i nomi cari una voce dolce di lïuto.

E sentii nella mia bocca gli aromi d'un frutto al morso cupido maturo, ma l'acre impurità de' sensi indomi

mortificai con il mio orgoglio puro.

l'antico male

Mortificai la mia anima schiava, ma sotto cruda sferza di sarcasmi l'incatenata più s'umilïava.

Più inseguiva per vane ombre fantasmi dolci d'amore, come chi per sete succosi frutti col desio si plasmi.

E fatta a me nemica, con inquete pupille, e voce roca e gesto asprigno snudavo l'ansie e le viltà segrete.

Freddo disdegno chiuso in freddo ghigno m'oppose: Donde vieni? E chi sei tu? Ed io invocai gemendo quel benigno

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sonno per cui non v'ha risveglio più.

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