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È fatto ghiotto sì, ch'esser non puote
Che per diversi salti non si spanda;
E quanto le sue pecore rimote

E vagabonde più da esso vanno,
Più tornano all' ovil di latte vote.
Ben son di quelle che temono il danno,

E stringonsi al pastor; ma son sì poche,
Che le cappe fornisce poco panno.
Or, se le mie parole non son fioche,
E la tua udienza è stata attenta,

Se ciò ch'ho detto alla mente rivoche,
In parte fia la tua voglia contenta;

Perchè vedrai la pianta onde si scheggia,
E vedrà il Coreggièr the argomenta
U' ben s' impingua, se non si vaneggia.

avida di nuova vivanda, cioè di
prelature e di onorí, ch' esser non
puote che non si spanda per salti
(boschi, foreste) diversi, cioè dee
necessariamente uscire dai campi
dove il pastore vuole che si pa-
scoli, e spandersi in campi di al-

tra pastura.

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133. Non son fioche, non de-
boli, oscure e mal capite.
136. In parte fia cc.: rimarrà,
quanto al primo de' due dubbii,
soddisfatta la tua brama.
137. Vedrai la pianta onde si
scheggia, capirai di quale pianta si
fanno scheggie, figuratamente detto
per di quale oggetto si fa parole.

il

132. Che le cappe fornisce ec. Volendo il Poeta che in questa allegoria per le pecore intenda s. Tommaso i correligiosi suoi, fa qui perciò che le vestimenta di cotali pecore non velli dica, ma cappe, vesti cioè religiose; e fa che ne dinoti il picciol numero de' buoni con dire che per far loro le cappe basta poco panno. se non si vaneggia.

138-139. Vedrà il Coreggièr che s'argomenta U' ben ec., medesimo che se detto fosse: appalesando tu nel mondo questo mio discorso, vedrà il Domenicano chè si voglia significare ciò che, della Religione di lui parlando, dissi: U' ben s'impingua,

FINE DEL CANTO UNDECIMO

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CANTO XII

ARGOMENTO

Volgesi intorno alla ruota primiera
Nova ghirlanda, che per grata cura
Viva sfavilla entro sì bella sfera.
Quivi la vita di Bonaventura

Narra, di San Domenico qual fosse,
E quella guerra onde con fede pura
Entro agli sterpi eretici percosse.

Si

tosto come l'ultima parola

La benedetta fiamma per dir tolse,

A rotar cominciò la santa mola;

E nel suo giro tutta non si volsc

Prima ch' un' altra d'un cerchio la chiuse,
E moto a moto e canto a canto colse;

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6

mola appella metaforicamente il 6. Colse, lo stesso che accolse, cerchio che que' beati splendori per accoppiò, unì, adunò.

veggion

Idio

Canto che tanto vince nostre Muse,
Nostre Sirene, in quelle dolci tube,
Quanto primo splendor quel che rifuse fle
Come si volgar per tenera nube

Duearchi paralleli e concolori,

Quando Giunone a sua ancella jube,
Nascendo di quel d'entro quel di fuori,
A guisa del parlar di quella vaga
Ch' Amor consunse come Sol vapori;
E fanno qui la gente esser presaga,
Per lo patto che con Noè pose,

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Del mondo che giammai più non s'allaga; 8
Così di quelle sempiterne rose

Volgeansi circa noi le due ghirlande,
Etsi l'estrema all' intima rispose.

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perciò dicono apparire nell'aria l'arcobaleno allorquando Giunone chiama a sè Iride per darle alcun comando — jube, dal latino jubeo, es, per comanda.

13-15. Nascendo di quel ec: producendosi per via di rifles sione di raggi l'arco di fuori,il maggiore, di quel d'entro, dal minore A guisa ec.: come per riflessione di voce formasi il

10. Come si volgon: altri legge parlare dell' Eco, cui l' amor di come si veggion.

12. Quando Giunone a sua ancella jube. Insegnano le favole esser Iride la primaria ancella, ossia ministra, di Giunone; c come Giunone pongono essere nell'aria, ed Iride nell'arcobaleno,

Narciso consunse, consumò, non altrimenti che il Sole i vapori, e ridusse all' invisibile della sola voce.

19. Rose, appella que' beati splen dori,

21. E si l'estrema ec.: e sicco.

Poichè 'l tripudio e l'a festa grande,
Si del cantare e sì del fiammeggiarsi
Luce con luce gaudïose e blande,
Insieme a punto ed a voler quetarsi,

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Pur come gli occhi e al piacer chesi muove
Conviene insieme chiudere levarsi;

Del cuor dell' una delle luci nuo ve

Si mosse voce, che l'ago alla stella
Parer mi fece in volgermi al suo dove;
Etcominciò: l'amor che mi fa bella

Mi tragge a ragionar dell'altro duca,
Per cui del mio sì ben ci si favella.
Degno è che doveè l' un l'altro s'induca
Sì, che com' elli ad una militâro,
Così la gloria loro insieme luca.
L'esercito di Cristo, che sì caro

me i colori dell' esterior arcoba-
leno corrispondono ai colori del
l'intimo, così il moto e il canto
degli Spiriti componenti il cerchio
estremo, esteriore, corrispose ap-
puntino al moto e al canto del
cerchio interno.

25. Insieme a punto ed a voler, insieme cioè e quanto al tempo e quanto alla volontà - quetarsi, si fermarono.

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29-30. Che l'ago alla stella cc.: che in volgermi al suo dove, al luogo dov' clla stava Parer mi fece l'ago alla stella, fece che sembrassi l'ago calamitato volgentesi alla polare stella.

32-33. Dell' altro duca, dell'altro Capo e guida di religiosa famiglia, di s. Domenico Per cui del mio cc., per concludere l'eccellenza del quale ha s. Tommaso d'Aquino così ben favellato del duca mio, s. Francesco.

37-39. L'esercito di Cristo cc. il popolo Cristiano, che a riarmarlo, contra il Demonio, cost o a Cristo si caro, si moveva dietro la santa Croce, tardo per la

daib chi

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