Letture edite e inedite de Giovan Batista Gelli sopra la Commedia di Dante, Opseg 1

Naslovnica
Fratelli Bocca, 1887
 

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Stranica 278 - Sì che appena rimaser per le cune, Augure, e diede il punto con Calcanta . In Aulide a tagliar la prima fune. Euripilo ebbe nome, e così il canta L'alta mia tragedia in alcun loco: Ben lo sai tu, che la sai tutta quanta. Quell' altro che ne' fianchi è così poco, Michele Scotto fu, che veramente Delle magiche frode seppe il gioco.
Stranica 171 - Sapienza, quanta è l'arte che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo, e quanto giusto tua virtù comparte!
Stranica 531 - L' articolar del cerebro è perfetto, Lo Motor primo a lui si volge lieto, Sovra tanta arte di natura, e spira Spirito nuovo di virtù repleto, Che ciò che truova attivo quivi tira In sua sustanzia, e fassi un'alma sola, Che vive e sente, e sé in sé rigira.
Stranica 55 - E s' egli stanchi gli altri a muta a muta In Mongibello alla fucina negra; Gridando : buon Vulcano, aiuta, aiuta, Sì com' ei fece alla pugna di Flegra, E me saetti di tutta sua forza, Non ne potrebbe aver vendetta allegra. Allora 'I Duca mio parlò di forza Tanto, ch' io non l' avea sì forte udito : O Capaneo, in ciò che non s...
Stranica 461 - AL fine delle sue parole il ladro Le mani alzò con ambedue le fiche, Gridando : Togli, Iddio, chè a te le squadro. Da indi in qua mi fur le serpi amiche, Perch...
Stranica 525 - Esce di mano a Lui che la vagheggia, Prima che sia, a guisa di fanciulla Che piangendo e ridendo pargoleggia, L'anima semplicetta che sa nulla, Salvo che, mossa da lieto Fattore, Volentier torna a ciò che la trastulla.
Stranica 87 - La cara e buona imagine paterna Di voi, quando nel mondo ad ora ad ora M'insegnavate come Tuom s'eterna: E quant' io l' abbo in grado, mentre io vivo Convien che nella mia lingua si scerna.
Stranica 586 - Vedi l' erbetta, i fiori e gli arbuscelli, Che qui la terra sol da sè produce. Mentre che vegnan lieti gli occhi belli, Che lagrimando a te venir mi fenno, Seder ti puoi e puoi andar tra elli. Non aspettar mio dir più, nè mio cenno. Libero, dritto e sano è tuo arbitrio, E fallo fora non fare a suo senno; Perch' io te sopra te corono e mitrio.
Stranica 594 - Mentre che vegnan lieti li occhi belli che, lacrimando, a te venir mi fenno, seder ti puoi e puoi andar tra elli. Non aspettar mio dir più né mio cenno: libero, dritto e sano è tuo arbitrio, e fallo fora non fare a suo senno: per ch'io te sovra te corono e mitrio ». (Purg.
Stranica 195 - Ahi, Costantin, di quanto- mal fu matre , Non la tua conversion , ma quella dote Che da te prese il primo ricco patre...

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