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Nondimeno così com'è finora, e fin quando non sarà soppresso, il che è avvenuto per disgrazia, anche a più buone istituzioni, il riassunto del Presidente è un'altra prova della preoccupazione del legislatore italiano sulla prudenza di lasciare piena ed intera la libertà del criterio de' giurati nelle quistioni di fatto.

gia della verità e della giustizia, con che concorre al benessere, ed alla gloria della gran patria inglese, che è una tanto in politica, quanto in amministrazione della giustizia, ed al che, è ammesso, che concorrano con la stessa sincerità tutti quelli che compongono la Corte.

Quindi nessuna paura che il Giudice faccia intravedere la sua opinione, anzi obbligo a costui di ammonire continuamente i giurati sull' indole della prova, e sulle regole di credibilità ed importanza delle medesime. E per rispetto alla legge, laddove, in Italia, i giurati mancano al loro principal dovere se pensano alle disposizioni delle leggi penali o considerano le conseguenze per l'accusato delle loro dichiarazioni, il Giudice inglese non usa di migliore e più valido argomento per ammonire i giurati a fare rettamente il dover loro, che quello di richiamarli ogni momento, alla gravità delle conseguenze legali del verdetto. Nessun bavaglio aʼgiurati perchè o con la loro dimanda, od anche espressamente dichiarando di non aver bisogno di altre prove, facciano indovinare prima del tempo, la loro oplnione. Niun limite, salvo quello della inutilità, alla accusa od alla difesa, di produrre quante prove vogliono, e quando lo stimino opportuno, di fare a' testimonii tutte le dimande che credono, non badando se siano molte o poche, suggestive o sincere, e non nascondendo, anzi dichiarando espressamente di averli prima esaminati, in privato. Cose tutte, di cui la più piccola, sarebbe un' enorme cagione di nullità di tutto il giudizio, e farebbe levare le alte grida alle Corti di Cassazione del continente.

E forse non può farsi diversamente, perchè il giurì nuovo è una pura creazione della legge, e questa fa bene a regolarlo ad ogni passo, sorvegliarlo quasi, e viverne sempre in pensiero. In Inghilterra è venuto su co' costumi e nato naturalmente, come molte altre istituzioni di quel nobile paese, pel quale, possono dirsi scritte quelle parole di Sallustio: « Jus bonumque apud eos, non legibus magis, quam natura valet ».

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IV.

E questa preoccupazione, questo dubbio che è evidente non sia mai cessato nell'animo del legislatore, il dubbio cioè che i giurati possano errare anche nella ricerca del fatto, supposta segregata da quella legale, se è chiaro anche per la facoltà data al giudice di annullare il verdetto quando fu a maggioranza di solo sette sopra cinque voti, diventa di un' evidenza palpabile per l'articolo 507 Proc. Penale.

1 giurati scelti prima da chi li scrisse nelle liste, poi dal caso di una prima estrazione che li ridusse a 30, poi da una seconda estrazione, che gli ridusse a 12, depurandoli con le ricuse del P. M. e de' difensori; prestato un giuramento alquanto confuso, assistono al dibattimento, chiedono, qualche rara volta di essere chiariti su qualche cosa, ma timidamente, perchẻ, per poco che faccian trasparire la loro opinione su ciò che chiedono, sono esclusi e dichiarati impossibili. Ascoltano le accuse, le difese, la lettura delle quistioni, la spiega che ne fa il Presidente, un'ultima ed energica esortazione del detto magistrato, a cui il legislatore istesso la suggerisce a parola, e, muniti di questi conforti, entrano, finalmente l'aula delle loro deliberazioni.

Ma quando n'escono, a capo di certo tempo, di certo tempo, che qualche volta può essere lunghissimo, si può trovare, per disgrazia che la deliberazione de' giurati è incompleta, contraddittoria, o in altra manicra, irregolare. Questo prevede come possibile l'art. 507 della Procedura. Incompleta, come, quando, poste le quistioni in certa relazione fra loro, e subordinato il dover rispondere alla posteriore, secondo che siasi affermata o negata la precedente, il giuri non intendendo bene questo riscontro lo

gico de' due quesiti, dovendo, non risponde al secondo, quando pure avea affermato o negato il primo ciò che formava condizione a dover rispondere al posteriore. Se è negata la premeditazione, si risponda al quesito della provocazione. I giurati negano la premeditazione e non rispondono, come dovrebbero a quello se l'omicidio fu provocato.

Contraddittorio è il verdetto quando contiene affermazioni o negazioni che addirittura non possono stare insieme, per contraddizion, che non consente. Nel caso di sopra posto del quesito della provocazione nella negativa della premeditazione, se i giurati rispondono affermando, ciò non ostante, l'una e l'altra, rendono un verdetto contraddittorio. E così, quando dichiarino l'imputato autore dell'omicidio e complice non necessario, o negata, in generale una scusa, ne misurano poi l'efficacia.

Or questo credere possibile l'errore del giudice, anche fino alla contraddizione, è cosa che pur troppo avviene anche in altri giudizii che non siano quelli de' giurati. Ciò che ci è di particolare in questi è che laddove, salvo il caso di quelli incompleti, quali sono i contumaciali, in cui manca una delle parti, o di quelli rarissimi di rivocazione, nei giudizii de' giudici propriamente detti, l'errore dell' inferiore è portato alla disamina di un magistrato superiore, istituito a questo solo fine del rivedere le sentenze, i giurati sono fatti essi stessi giudici de' proprii errori, perchè si rimandano nella camera del consiglio, per rifare il verdetto e compierlo, o torne via le contraddizioni, o renderlo in altro modo regolare.

Grande guarentigia al pubblico, e sopratutto all' infelice imputato, che si vede scendere sul capo una pena gravissima, per opera di giudici, trovati un momento prima e nella sua stessa causa, in flagranza di logica insufficiente o falsa!

V.

Nel 1874, dal provvido e sapiente ministro Vigliani, fu fatta una legge intesa a migliorare, e in certo modo riformare l'istituto del giuri.

Questa legge, oltre al rendere più certa la buona scelta dei giurati, che volle tolti da talune categorie di cittadini, che facevano sperar bene della loro coltura ed intelligenza, volle trovare un rimedio alla vera difficoltà di questi giudizii, di cui a, dirla franca una volta, l'opinione giuridica del paese non sempre si lodava, nè si loda (1).

(4) Da questa legge del 1874 intesa a migliorare le condizioni intellettuali de' giurati, facendone categorie secondo le quali dovessero essere scelti fra gente cappata, che offra serie guarentigie di esser pari all' alto ufficio, si è avuto il frutto che se n'aspettava? Se la statistica penale in luogo di notare se l'imputato è nato in un mese dell'anno o in altro (quasi avesse a farsene l'oroscopo) se è ammogliato o celibe, se ha figliuoli e quanti, se son maschi o femmine, se sa leggere, se è entrato nel servizio militare e simili inutilità, volesse e potesse notare le cose serie, cioè se dopo la legge, siasi più raramente di prima, fatta applicazione dell'art. 507 della Procedura, le conseguenze benefiche, o, per disgrazia la sua inefficacia potrebbe esser chiara, per quanta fede almeno si possa dare a dati statistici, che in molti, non è mai grandissima. Mancando questi dati, è civiie presunzione di credere che con le categorie la forza intellettiva de' giurati (della morale non è a parlare) siasi accresciuta. Nondimeno a chi per oltre 40 anni ha avuto l'onore di rappresentare il P. M. presso una delle già soppresse Corti di Cassazioni penali, deve esser lecito ricordare che il caso di doversi ricorrere all' espediente dell'articolo suddetto per riparare a verdetti contraddittorii od altrimenti irregolari, era tutt'altro che raro. E che non mancavano altri quotidiani argomenti a scuotere la presunzione delle migliorate condizioni intellettuali ed anche grammaticali de' giurati. Come sarebbe il trovarsi scritto nel verdetto originale maggoranza in luogo di mag

La radice del male gli è appunto in quel secondo vizio organico con cui nacque il giuri, nella difficoltà di scernere la ricerca di fatto da quella del diritto.

Il Ministro notò che così come si proponevano le quistioni a' giurati, anche secondo la formola più esatta della Proc. Pen. del 1865, involgeva una mistura di fatto e di diritto, non chiamava i giurati a constatare i semplici elementi di fatto che costituiscono il reato, ma giungeva fino all' essenza giuridica e legale del reato istesso.

Chiamando il giurato a rispondere se l'imputato è colpevole di omicidio, di grassazione, di furto, di truffa, certo non può rispondere se non ha un concetto di quei reati, il quale gli viene dalla legge, non dalla logica comune. E val poco soggiungere la dimanda in fatto per avere tirato un colpo a Tizio che lo trasse a morte, o simile, perchè in. ogni caso deve giudicare implicitamente se quel colpo costituisce l'omicidio, quel prendere l'altrui la estorsione, il furto o la truffa ecc. Sicchè risolvono sempre una vera e pura quistione di diritto; cosa aliena dall' indole d'una istituzione fondata sul concetto della separazione del giudizio del fatto da quello del diritto.

Sicchè spiegando l'art. 495 della P. Pen. si impose al Presidente delle Assisie di porre la quistione se l'imputato fosse colpevole di aver commesso il fatto che è indicato nell' accusa, con tutt' i suoi elementi materiali e morali, ma astenendosi dal dare al fatto alcuna denominazione legale.

E cosi per le aggravanti o scusanti: o per le cagioni esclu

gioranza, e, caso verificatosi più volte, il Capo de' giurati, che ha l'obbligo di leggere le quistioni, e raccogliere i voti, tornato in udienza, dichiarare che non poteva leggere esse quistioni con le risposte, per..... un improvviso, per quanto inesplicabile, abbassamento della sua facoltà visiva.

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