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denti l'imputabilità, si dimanderà sempre se sussistono in fatto, ma a' termini della legge; che per altro debbono rimanere in mente di chi formula le quistioni; i giurati non debbono saperli.

Ma questo rimedio che si risolve nel far divieto ad un magistrato, nel fargliene colpa tale che induca nullità, di chiamare le cose col nome che vi ha dato il legislatore, giova per togliere l'apparenza esterna della confusione de' due concetti di fatto e di diritto. Ma nel fondo non approda a nulla. In certi casi può bastare, come p. e. nell'omicidio, adoperare la descrizione del colpo tirato a tal parte che produsse la morte, anzi che usare del definito omicidio, ma quando si passa poi a richiedere se quella uccisione fu per legittima difesa, se fu per mente viziata, o se invece fu premeditata, tutte le circolocuzioni del Presidente non possono impedire che non si giudichi in diritto, e come dice l'art. a' termini di legge, perchè tutti quei concetti di errore o di costringimento sono definiti nella legge. Nè quel magistrato può inventare e comunicare istantaneamente a' giurati una lingua nuova, che traduca il vietato nomen juris in altro diverso modo, pur conservandone il significato legislativo. Si sa p. e. che fonte inesausta di errori de' giurati è la discriminante della forza che spinge il colpevole al reato, costringendo la sua volontà ed annullando la libertà de' suoi atti. L'errore viene dal confondere il costringimento che discolpa, con la spinta criminosa che è inseparabile da ogni reato. Come farà il Presidente a scrivere il caso nella quistione, in guisa da farne risultare netta questa differenza, abbastanza difficile a capire, e la natura vera del costringimento, se non se ne riporta alla. definizione che il legislatore ne ha dato? In ogni caso, lo faccia, lo possa fare, o non lo faccia il Presidente, certo è che nes

suna forza umana può togliere dall'animo de'giurati di uniformare il loro criterio alla definizione che, volere o non volere, sanno che è nella legge, che se non è stata loro riferita con le stesse parole, non è possibile che siasi potuto dissimularla in tutto.

In altri termini quandc, proprio come dice, forse non volendo, la legge, si debbono chiedere a' giurati gli elementi materiali non solo, ma morali del fatto, è fuor di dubbio che la loro risposta sarà sempre mista di fatto e di diritto.

Unica via ci sarebbe a discernere l'una cosa dall'altra, ed è se i Giurati potessero, come fanno i giudici nella motivazione delle sentenze, scrivere e narrare i semplici e puri elementi del fatto, dell'accaduto, a cui poi i giudici apporrebbero le definizioni legali. Ma questo è impossibile.

In Inghilterra l'accusa del reato con tutte le sue aggravanti o scusanti, non può variare, e però i giurati non rispondono che ad un solo quesito se l'imputato è colpevole o no. S'intende che anche a risponder cosi può esser mestieri anche di nozioni di diritto, ma nessuno si è avvisato d' interdirle, come un frutto vietato, a' giurati, come abbiam fatto noi ponendo questa distinzione a base e fondamento del loro giudizio (1).

(4) « Uno de'punti più importanti, che assicura la miglior posizione dei giurati inglesi, sta in questo: che i giurati danno il loro verdetto su tutta la quistione di reità, epperò hanno a decidere sulla così detta quistione di fatto, come sulla quistione di dritto, cioè, per quanto è necessario per risolvere la quistione di reità estendono la loro discussione e decisione anche all' idee di diritto Mittermaier. Studii Critici su' tribunali di giurati in Europa ed A

merica.

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Al compilatore del Codice, ministro liberalissimo in un ministero di parte progressiva, il giuri, per quella sua fisonomia di guarentigia politica, non poteva ispirare che benevola considerazione e rispetto.

E quindi nel regolare la competenza delle Corti d'assisie, nelle Disposizioni per l'applicazione del Codice, ha riprodotto non solo, ma aumentato, specialmente per ciò che riguarda le infrazioni punibili prevedute dall' ultime leggi elettorali, e municipali, i casi in cui le Assisie giudicano per eccezione di reati, che secondo la regola ordinaria, sarebbero di competenza di altro giudice. Ha serbato intero alle Assisie il giudicare dei reati contro la sicurezza dello stato, e di tutti gli altri punibili o con pene perpetue, o con pena non inferiore nel minimo a' 5 e non superiore nel massimo a' 10 anni di reclusione o detenzione.

Dall' avere esteso la competenza de' Tribunali a' reati punibili con meno di 5, ma fino al massimo di 10 anni, parrebbe che si fosse voluto sottrarre a' giurati il giudicare di non pochi delitti, con accrescere fino a'10 anni la competenza de'Tribunali, che avea termine con 5 anni di carcere; e solo in casi molto straordinarii, e per eccezione, potevasi giungere a 40 anni del medesimo carcere.

Ma va notato che con le Disposizioni, si è molto modificato l'art. 12 della Procedura, togliendone la facoltà concessa dall' art. 440. Secondo quest' ultimo, in tutti i casi in cui o per ragione di età o dello stato di mente, o per qualsivoglia attenuante, comprese quelle non definite dalla legge, la pena

da criminale può scendere a correzionale, è in facoltà della Sezione di accusa di dichiarare la competenza del Tribunale. In contrario, l'art. 12 come ora è modificato dispone che << nel determinare la competenza, non si tien conto di alcuna a circostanza per la quale, senza che sia mutato il titolo del << reato, possa esser diminuita la pena stabilita dalla legge, ec<«< cettochè si tratti delle diminuzioni per ragione di età ».

Questa modificazione all' art.° 12, della cui necessità ed utilità può disputarsi, e che forse potrà ingenerare incertezze e dubbii, in materia così grave, qual'è la competenza, è scritta, si vede bene, col solo intendimento di non sottrarre a' giurati il giudizio di molti casi in cui, discendendosi dall' originaria e normale pena, si dichiara la competenza de' Tribunali. Or sebbene ciò abbia luogo anche, in senso inverso, per le aggravanti, cioè che prima si poteva ed ora non più vi è facoltà di mandare alle Assisie i delitti la cui pena ordinaria, può essere aumentata, o pel concorso di reati o per la recidiva, pure questi casi sono assai rari a fronte di quelli di molto più numerosi in cui si declinava dalla competenza delle Assisie per attenuanti di qualunque specie, anche le non definite, che in prattica sono oramai quasi di regola in tutti i reati.

Con questo provvedimento si è inteso ridare al giuri tanti altri casi di competenza, per quelli da se n' erano tolti, con estendere quella de' Tribunali fino a' 10 anni.

La modificazione dell' art.o 12 non può avere avuto altro fine, poichè il principio della competenza eccezionale è mantenuto nell'art. 252, ove è dato alla Camera di Consiglio di mandare al giudizio del Pretore, per attenuanti, un delitto che sarebbe di competenza del Tribunale.

Sicchè può dirsi che la giurisdizione del giuri per le nuove

Disposizioni di coordinamento del Codice con la Procedura, è stata alquanto estesa, od almeno mantenuta qual' era.

Il che, per verità non toglie che il nuovo legislatore abbia rinunziato alle prevenzioni ed a' dubbii che il giuri destava al suo nascere, e che, per disgrazia, non pare avvesse dileguato con una esperienza di molti anni.

Non pure questi dubbii sono rimasti, ma anzi e nello scrivere il Codice, e nelle Disposizioni di coordinamento, si vede lo studio posto nel mantenere ed acrescere i rimedii che furon creduti opportuni a migliorare sempre l'istituzione, renderne più semplice e sicuro il compito, e cansare i pericoli di verdetti resi con poca esattezza, o irregolari od eccessivi.

Prova che gli antichi dubbii erano ancor vivi per l'autore del Codice, è che non venne tolta o modificata nessuna di quelle precauzioni già prese, sebbene contraddicano al principio della divisione fra i poteri, gli attributi ed i criterii de' giudici di fatto e di quelli di diritto.

Mantenuto, senza modifica alcuna, il divieto di esaminare la sufficienza, utilità o necessità della prova da parte del giuri a cui pure e solo riguarda, e di cui per ciò esso, come più sopra si è detto, dovrebbe essere il solo giudice.

Lasciato com'è nel Presidente non pure il potere direttivo nella discussione della prova, o il potere discrezionale per cui può modificarla, o aumentarne la forza e l'evidenza, ma lasciatogli il contrastato riassunto delle prove, che, volere o non volere, non può non far intravedere il suo avviso, sempre autorevole pe' giurati.

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Anzi, come gl' incidenti sulla utilità di alcune prove, p. e. di attendere i testimonii che per avventura non si fossero presentati, o dichiararli inutili, il che, come si è detto, non si può

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