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giudicare senza un criterio della prova già discussa, quando ve ne sia richiamo, si fanno da tutta la Corte, cosi a' giurati si comunica il giudizio sulla prova non pure del Presidente ma di tutta la Corte (1).

Ed infine, prova più certa che l'esperienza non ne ha dimostrato l'inutilità, anzi il bisogno, si è mantenuto perfettamente

(4) A proposito della composizione delle Assisie è noto che i due giudici che sono aggiunti al Presidente sono battuti in breccia, con l'istesso metodo e criterio con cui si vuol torre il riassunto. Che cosa fanno ? Nulla. Mentre tutti parlano, essi, pitagoricamente non dicono una parola. Dunque, da prima a' consiglieri di Appello furono sostituiti i giudici del Tribunale; poi si dice che anche questi sono inutili. Che siano inutili può dirlo chi non ha veduto che nel decidere degl'incidenti, spesso si trova che la risoluzione annunziata dal solo Presidente era un errore, che avrebbe menato a nullità, il che si è evitato per una risoluzione contraria e più equa e legale presa nella camera di consiglio, in cui i due assessori han dovuto o modificare l'opinione del Presidente o imporgli la loro, perchè infine i voti si contano, e due vincono uno. E che questo sia avvenuto, e possa avvenire nel calcolo della pena, tanto più che per lo stile del nuovo Codice Penale, sarà questo un problema spinosissimo e difficile a risolvere, si può argomentare di leggieri.

Quanta utilità poi abbia arrecato il surrogare a' consiglieri d' appello i giudici del Tribunale, si fa manifesto quando, logoro dagli anni, fatto rauco e sfinito dal lavoro un Presidente, se ne cerca un altro. Allora era facile trovarne il successore in uno di quei consiglieri rotti all' improba fatica, scaltriti ed educati dall' esperienza. Ora il Ministro, che non può promuovere un giudice di Tribunale a Presidente di una Corte, deve andare attorno costretto a scegliere a tentoni chi presiede alle Assisie. Anche quando indovina, è inevitabile un periodonon breve di prova, che costa qualche cosa alla giustizia ed anche all' erario dello stato. Venendo in Cassazione processi da una stessa Corte di assisie con un aumento straordinario di irregolarità, si trovava sempre che il Presidente era a fare le sue prime armi.

Tanto egli è vero che anche ne' mutamenti che paiono più semplici evidens esse utilitas debet, ut recedatur ab eo jure quod diu visum est.

il famoso art. 507, su' verdetti contraddittori o insufficienti, che è proprio, come si disse di sopra, tutt'altro che un diploma d' onore pel giuri.

Si è in fine, mantenuto alla Corte la facoltà di annullare il verdetto, quando sia pronunziato a maggioranza di sette sopra cinque voti, il che implica un giudizio di fatto del giudice su quello de' giurati.

VII.

Ma nello scrivere il Codice e la legge di coordinamento, si fa aperto il pensiero del legislatore di rendere più facile e più sicuro il giudizio de'giurati, col dare forza ed efficacia maggiore a'precetti che accompagnarono l'inizio dell'istituzione ed a quelli che furon trovati dopo, e scritti nella legge del 1874.

Sopratutto per quel che risguarda la difficile distinzione del giudizio di fatto da quello di diritto, può dirsi che la redazione di tutto il Codice penale abbia sempre avuto presente questo fine.

La modifica che la legge del 1874 apportò agli articoli 494 e 495 della Procedura, vietando di scriversi ne' quesiti posti al giuri il nomen juris cosi del reato che delle cagioni dirimenti, od aggravanti o scusanti, ebbe appunto questo intento di scernere la quistione del fatto da quella del diritto. I posteri, coloro che questo tempo chiameranno antico >> dovranno studiar molto per farsi persuasi come, in tanto progresso di dottrina giuridica, siasi potuto imporre ad un magistrato di non far uso del linguaggio del legislatore. E che si sia creduto potersi fare un intero giudizio sopra p. e. un caso di omicidio, a patto di non dir mai omicidio, o frode, o falsità, o simile. Certo una sentenza in diritto civile, ove fosse vie

tato dire testamento, erede, donazione, ipoteca, o anche minore, marito, donna maritata, sarebbe una specie di nuovo logogrifo.

Ad ogni modo, nelle nuove Disposizioni si è lasciato questo art. 495 appunto come l'avea rifatto la legge del 1874. Ma forse a togliere quel che ha di strano che l'adoperare la lingua del legislatore fosse a reputarsi una colpa nel magistrato che presiede le Assisie, ma pur tenendo che questo giovi a distinguere ai giurati il fatto dal diritto; si è pensato di togliere addirittura dal Codice ogni denominazione giuridica de' reati, e così il Presidente non può violare la Procedura adoperando la parola della legge, per la buona ragione che non ci è. Si dice, è vero nelle rubriche de' capi e de' titoli, dell'omicidio, delle frodi, de' furti, degl'incendii, ma negli articoli che hanno la pena, il fatto si descrive, ma non gli si dà alcun nome.

Ne' Codici attuali, ed anche ne' progetti anteriori, nel caso di omicidio è scritto: chi cagiona la morte di alcuno è reo di omicidio. Poi vengono le varie specie, ed ognuna col suo nome, omicidio volontario, parricidio, assassinio, veneficio, infanticidio. Ora, l'art.° 364 del Codice ha solo: chiunque cagiona la morte di alcuno è punito con la reclusione; e le specie sono distinte per la pena, non mai pel nome.

E non pure nel diffinire i reati speciali si è creduto tenere questo modo, ma, cosa di alquanto più dubbia utilità, anche nello stabilire le regole generali dell' imputabilità. Il concorso allo altrui reato era distinto ne' Codici anteriori in mandato, istigazione, costringimento per minaccie, seduzione con promesse e donativi, ed i correi varii in agenti principali, o complici semplicemente, ognuno col suo nome scritto nel Codice. Ora è detto solo che concorre al reato chi ha determinato altri a commetterlo.

Cosi il Presidente non trovando nella legge nè parricidio, nè assassinio, nè mandalo, nè istigazione, o non può far uso di siffatte voci, o se ne fa uso, come non sono nella legge, cessano d'essere nomina juris, e però non incorre nella nullità preveduta dall'art. 495 P. P.

Se questo metodo sia migliore del primo, se conferisca a dare più netti contorni alla figura di ciascun reato, o se infine non riesca che a sostituire un nome giuridico ad un altro, non è il caso di farne disamina. Il certo è che se si è seguito un tal sistema, non si è fatto per altro che in vista de' giudizii per giurati, per agevolare per loro la distinzione della ricerca del puro fatto, da quello del diritto.

VIII.

Maggior chiarezza, più grande aiuto il nuovo Codice ha voluto apprestare al giuri specialmente nelle regole della inimputabilità o piena ed intera, o parziale.

Son notissimi gli errori e gli scandali giudiziarii del giuri per rispetto alle due fonti d' inimputabilità, cioè l'errore ed il costringimento.

In quanto al primo, le formule degli antichi Codici che disegnavano chiaramente l' imbecillità assoluta, la pazzia, il morboso furore, furono sostituite dalle vaghe e generali espressioni di privazione o vizio di mente, derivanti da qualunque causa. Fu tolto cosi alle cagioni d'inimputabilità il carattere d'infermità, di anormalità al tutto fisiologica; e la privazione di mente od il vizio derivante da qualunque causa, si ritenne facilmente che potessero derivare da cagioni anche al tutto psicologiche. La legge non intendeva questo; ma lo dicevano bene i difensori e facilmente ne

furon persuasi 1 giurati. Quindi la gelosia, l'amore, la libidine, l'odio, il dispetto entrati e riconosciuti come legittimi efficienti da produrre l'inimputabilità, si trovarono non mancare quasi in nessun caso, salvo nel solo improbabile di un reato senza causa alcuna.

Il nuovo Codice è tornato nettamente al principio vero delle cause fisiologiche perchè vuole l'infermità della mente.

Forse andava meglio detto, come nel primo Progetto dell' istesso ministro Zanardelli, deficienza o morbosa alterazione di mente, perchè in modo più chiaro poneva un concetto diverso dalla gelosia, dall' invidia e da tutte le altre cagioni che non tolgono la scelta, e quindi non producono inimputabilità, ně in tutto nè in parte.

Cosi a chi ferisce od uccide una donzella, perchè gli avea promesso di sposarlo, e poi si è ritratta, per la buona ragione che suo padre si è opposto al matrimonio, visti i pessimi costumi del futuro sposo, la Corte di assisie può ben negare di essere il caso di proporre a' giurati la quistione dell' infermità della mente, perchè la sua non è ammalata di altro che di cupidità e di sdegno irragionevole ed inescusabile, proprio di lui, e che non stanno con le cause che sempre e tutti fanno cadere nel reato; com'è la infermità fisiologica, che la legge riconosce come unica causa di giustificazione.

Chi può levare, anzi ha già levato la voce a combattere questo principio, si capisce che è quella, diciamola pure scuola, che si dice positiva di penalità, che distruggendo ogni volontà o scelta nell'uomo, e facendo del delitto un derivato di cause esterne, fatali, indeclinabili, leva di mezzo qualunque idea di responsabilità. Il reo non sarebbe responsabile del fatto criminoso più che non fosse di avere il capo conformato in un modo, o in

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