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non è esteso il numero: Terenzio di nome (in Inf. XVIII, 127 fraintende il passo dell'Eunuchus III, 1); Cicerone in alcune opere, specialmente delle filosofiche; Virgilio nelle Ecloghe, nell'Eneide (fraintendendone però alcuni luoghi, come En. I, 664-5, cfr. Conv. II, 6; En. III, 56-7, cfr. Purg. XXII, 40, ecc.), non nelle Georgiche; Orazio satiro (specialmente per le Epistole e l'Arte poetica); Ovidio, Giovenale, Stazio, Lucano, ecc., per ognuno de' quali scrittori l'A. determina con molta probabilità l'estensione e il modo della conoscenza che n'ebbe il poeta, rimanendo pur tuttavia insoluti alcuni quesiti, per es. donde mai egli traesse (Purg. I, 31 sgg.) la finzione di Catone vecchio venerando, quando consta ch'esso morì non cinquantenne; e come potesse (Inf. XXXIV, 65 sgg.) porre tra le fauci di Lucifero un Marco Bruto, uomo nobilissimo per virtù e morali e civili.

Diligentissimo al solito lo studio, anzi gli studi del Toynbee nella Romania, che completano il precedente sugli studi classici di Dante. Anche in questa parte è impossibile un riassunto, trattandosi di confronti istituiti con profondo acume e con una quasi matematica evidenza: forse per alcuno di essi può rimaner qualche dubbio, se la notizia il poeta la traesse dall'autore ricordato, ovvero non piuttosto da alcuno dei lessici in uso nel suo tempo, e da lui giovane, nel principio de' suoi studi certamente usati. Ad ogni modo giova qui almeno indicare in parte quali siano questi confronti:

1° Per Pitagora: Conv. II, 14 Aristot., Metaphys. I; summa, II, c. 3; Conv. 11, 15 = Aristot., De meteor. I; summa, II, c. 5 (cfr. Alb. M., De meteor. 1, tract. II, c. 2); Conv. II, 16 S. Agost., De civ. Dei, VIII, 2 e XVIII, 25 (ma anche Cicer., Tuscul. Disput. V, 3); Conv. III, 5 = Arist., De coelo, II, summa, IV, c. 1; Conv. III, 11: = Cicer., Tuscul. Disput. V, 3 (ma anche S. Agost., De civ. Dei, VIII, 2); De Monarchia, I, 15 luoghi diversi della Metaphys. di Aristotele.

2o Per Alberto Magno: Conv. II, 14 De meteor. I, tract. IV, c. 9; Inf. XIV, 31-6= De meteor. I, tract. IV, c. 8 (ma anche Epistola Alexandri ad Aristotilem); Conv. II, 15 = De meteor. I, tract. II, c. 2, 3, 5 (ma anche Arist., De meteor. I, summa, II, cc. 5-6); Conv. IV, 23 De iuventute et senectute, tract. I, c. 2; Conv. II, 3 = De celo et mundo, lib. II, tract. III, c. 11; Epist. VII, 3= De nat. locorum, distinc. III, c. 7.

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3o Per Alfragano (Elementa astronomica): inconfutabili sono ormai i ravvicinamenti di Vita Nuova, § 2, id., § 30 (secondo l'usanza d'Arabia); Conv. II, 4, 6, 7, 14, 15; III, 5, 6, 8.

Più incerti forse sono parecchi dei paralleli stabiliti con Orosio, del quale tuttavia è indubitabile Dante si servì largamente. E. ROSTAGNO.

RAFFAELE PETROSEMOLO, La saldezza delle ombre nella Divina Commedia. Palermo, Lo Castro, 1896; 8°, pp. 17 (Estr. dalla Rassegna Siciliana). — Quanti studiano le contradizioni, apparenti o vere che sieno agli occhi loro, di Dante nella costruzione de' suoi regni oltramondani, vorrei avessero presenti le osservazioni che il Goethe faceva, conversando con l' Eckermann, a proposito di altri consimili casi al Rubens, allo Shakespeare, di cui parlava, ben avrebbe potuto aggiungere Dante. Secondo lui, che fu anche critico così acuto, la contradizione è spesso necessaria ai grandi per meglio riuscire agli effetti d'arte che si proposero. L'artista (diceva il Goethe) deve ne' particolari seguir la natura con fedeltà scrupolosa; nè, per esempio, muterà nello scheletro d'un animale alcun che,

per arbitrio suo proprio, distruggendo così quel che ne è il carattere originale e guastando la natura. Ma nell'alta pratica dell'arte è talvolta costretto a finzioni, perchè egli ha con la natura un doppio nesso; signore e schiavo di lei nel tempo medesimo: schiavo, perchè deve agire con mezzi esterni se vuole essere capito; signore, perchè ha a sua disposizione i mezzi terreni e se ne vale per un'idealità superiore. Giungeva pertanto il Goethe fino a giustificare il Rubens d'aver fatte le ombre d'un quadro divergenti in senso opposto! Non è questo, certo, il caso di Dante, che fu tanto preciso osservatore ed interprete de' fenomeni naturali, anche là dove egli avrebbe potuto immaginarli e rappresentarli contrariamente all'esperienza umana. Ma chi giurerebbe che, in quella sua creazione di tutto un mondo, non abbia potuto, qui o là, lasciarsi trascinare dalle necessità o almeno dalle convenienze dell'arte a qualche incoerenza? Lo scopo suo non mi sembra sia quello di darci un pieno ritratto de' tre regni, ma l'illusione di di averli innanzi ritrattati: come lo scenografo che vuole illudere gli spettatori, ma non sì che essi pretendano misurare e dimostrare matematicamente le distanze e la statica degli edifici sceneggiati. Se non che, bisogna anche in ciò procedere molto cauti; e alla incoerenza o contradizione di qualche particolare credere soltanto quando non appaghino le spiegazioni proposte. Eccone una, molto ingegnosa, del signor Petrosemolo, sulla questione che si torna ora a discutere (cfr. Bull., N. S., vol. III, pp. 11-13) della saldezza delle ombre: sono o no palpabili? quando palpabili, e quando no? Anche il signor Petrosemolo dimostra che il luogo (Inf. VI, 35) dove Dante sembra a prima vista che parli della vanità delle ombre, non vuol dire che egli camminasse sprofondandovi i piedi per entro, ma procedendo, anzi, su loro, e calpestandole come fossero corpi. Nell'Inferno dunque le ombre, e con Dante e tra loro, son cosa salda: nel Purgatorio, prosegue il signor Petrosemolo, esse, vane fuor che nell'aspetto, hanno una tal quale realtà superficiale: nel Paradiso variano a volontà l'aspetto. Quanto più il peso del peccato preme su loro, più dunque son crassamente materiali, e subiscono per ciò la legge dell'attrazione verso il centro; quanto più son sciolte dal peccato, più si alzano libere e spirituali. E, posta questa regola, l'analisi de' casi diversi è fatta con sottigliezza notevole davvero; valga questo esempio su' baci che si danno i lussuriosi nel Purgatorio (XXVI, 37): « L'ombre non s'abbracciano, ma si baciano, rapidamente allontanandosi.... non si tratta di vero bacio, ma di semplice atto; poichè nel contatto è tutta la dolcezza del bacio, e quei lussuriosi la cercano, ma non la trovano, perchè non è più tangibile la loro materia; e il desiderio insoddisfatto è loro pena, come appunto ai golosi. » Sta bene. Eppure, dopo letto e riletto, tu resti col dubbio: pensò Dante a sì fatte gradazioni? I luoghi del poema che vi si riferiscono non dovrebbero essere assai più chiari ed espliciti? e là dove Dante si è curato di darci tutta quanta per disteso la teoria delle ombre, non avrebbe egli dovuto spiegare anche ciò? Le osservazioni del Goethe quindi possono esser citate a proposito anche per la questione della saldezza delle ombre. G. MAZZONI.

CARLO DRIGANI, Responsabile

583-1896. Firenze, Tip. di S. Landi

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2/ Brif d.R. Marsh. Iminsville Winders Co.

Per i non Soci: L. 1 il fascicolo

ALLA LIBRERIA DI B. SEEBER

Succ. di LOESCHER & SEEBER

FIRENZE

delle vic,

entro, ma proced ferno dunque le prosegue il signor quale realtà super' il peso del pecca biscono per ciò l dal peccato, più s diversi

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Direzione:

Via della Dogana, 1

Per i non Soci L. 1 il fascicolo alla Libreria di B. Seeber, Firenze

Sommario: Atti e comunicazioni della Società (Adunanze del Comitato centrale. Adunanza del Comitato milanese. Relazione economica del Tesoriere. Relazione dei Revisori del Rendiconto. Nuovi Soci). Annunzi bibliografici (Giornale dantesco, III, 11-12 e IV, 1-2, Rapporto della Società Dantesca di Cambridge (Mass.), e pubblicazioni varie di R. Murari, L. Cesarini Sforza, A. Francescatti, G. Poletto, A. Ghignoni, F. Pasqualigo, G. Lisio, G. Cugnoni, G. Zannoni, G. De-Botazzi, ecc.).

ATTI E COMUNICAZIONI DELLA SOCIETÀ

Adunanze del Comitato Centrale

Il di 17 maggio a ore 14 s' adunò in Palazzo Vecchio, sotto la presidenza del senatore Torrigiani, il Comitato Centrale della Società con l'intervento dei delegati dei Comitati provinciali. Erano presenti i soci Barbi, Biagi, Del Lungo, Fornaciari, Franchetti, Morpurgo, Paoli, Rajna e Tortoli. Il Comitato milanese era rappresentato dal suo segretario prof. Scherillo, il Comitato di Pesaro dal prof. Barbi, il Comitato romano dal suo presidente prof. Chiarini. Scusarono l'assenza i soci Alfani, Casini, Conti, D'Ancona, Dazzi, Mestica, Tommasini e Torraca.

Il Presidente annunzia la pubblicazione del primo volume dell'edizione critica delle opere di Dante, contenente il De vulgari Eloquentia a cura del prof. Rajna; del quale sarà mandato un esemplare ad ogni socio col proprio nome impresso nella guardia.

RAJNA, fra il plauso dei colleghi, presenta la prima copia al marchese Torrigiani come sindaco di Firenze e presidente onorario della Società. TORRIGIANI ringrazia il prof. Rajna dell'opera sua spesa a vantaggio della Società e degli studi danteschi, e del cortese pensiero di recare a lui il primo esemplare del volume, con cui viene splendidamente inaugurata la serie dei testi critici promessi dalla Società.

Annunzia che pur l'altre opere minori possono dirsi assicurate, essendo stata ciascuna affidata alle cure di competenti persone, proposte dalla Commissione per l'edizione critica delle Opere di Dante: la Vita Nuova e le Rime al prof. M. Barbi, il Convivio al prof. E. G. Parodi, il trat

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