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lare, che è la bontà, ossia il buono amore di Dante, individualmente considerato. A cadauna di queste Beatrici s' accomoda più e meno, per interpretazione diversa, il discorso del testo presente. Salvo che Beatrice prototipo, cioè Dio, è incomprensibile all' umano intelletto, e però Dante non osa trattarne che per i suoi effetti. Convito 3. 8. Di tutte quelle cose che lo intelletto nostro vincono sì che non può vedere quello che sono, convenevolissimo trattare è per li loro effetti. Effetto, e quasi ombra anzi immagine vera della Bontà divina è la bontà umana, così la generale come la particolare. Dante vuol parlare di Dio per via d'immagine, perchè l'intelletto nostro non può conoscerlo che per enigma. La figura, ossia immagine, qual egli se l'era formata nella mente, di Beatrice tipo della bontà umana, era sempre con Dante, non altrimenti che la bontà sua propria ch' era immagine di quella di Dio. Ora com'è che Dante, per comandamento d'Amore, nella sua puerizia andò cercando molte volte, per vedere Beatrice, se Beatrice come idea tipica della bontà umana e Beatrice particolare erano sempre con lui? A ciò lievemente rispondesi, che ecc. ecc. » per ben due pagine. E per ogni parola o frase del testo trovava il Pasqualigo queste cotali allegorie, dimentico che non omnia quæ gesta narrantur etiam significare aliquid putanda sunt (S. Agostino, citato nel De Monarchia III 4), e che.... per troppa sottiglianza il fil si rompe!

GIUSEPPE LISIO, Studio su la forma metrica della canzone italiana nel secolo XIII. Imola, Tip. d'Ignazio Galeati e Figlio, 1895, 8°, pp. 48 (Edizione di sole 50 copie numerate). A chiunque vorrà quind' innanzi studiare sotto il rispetto metrico la canzone dantesca riuscirà utilissimo per distinguere ciò ch'essa offre di comune colle canzoni de' predecessori e, in parte, de'contemporanei, da ciò che presenta di nuovo e peculiare, questo studio, nella prima parte del quale si espongono ordinatamente gli schemi metrici che la strofe della canzone presenta nei rimatori italiani del sec. XIII, distinguendo questi in sei categorie: Poeti siciliani e meridionali; Poeti di transizione; Guittone e i suoi seguaci; Scuola bolognese; Poeti fiorentini; Anonimi; e si classificano poi gli schemi stessi, giusta alcuni tipi, acutamente rilevati dall' A. con un esame attento delle molteplici forme delle fronti e delle sirime. A questa prima parte, che è, per quanto la materia lo consente, positiva e sicura, ne segue una seconda di soggetto più disputabile; poichè in essa, dopo un' accurata esposizione critica di ciò che i trattatisti dall' Alighieri (nel De vulgari Eloquentia e non eloquio, come l'A. scrive con forma ormai condannata e proscritta) ai più recenti ebbero a scrivere intorno alla canzone italiana, si affronta l'intricato ed oscuro problema delle origini sue. L' A. combatte così l'opinione, secondo la quale si dovrebbe ravvisare in essa una derivazione pura e semplice dalla canzone provenzale, come l'altra, che la nostra canzone derivi dalla ballata, per giungere, dietro sottili considerazioni sulla struttura della fronte e della sirima in paragone delle forme che presenta l'antica nostra poesia popolare, e in ispecie lo strambotto, e sulle attinenze tra la poesia e la musica, alla conclusione, che la canzone italiana, forma di poesia riflessa, pensata, artistica, è metricamente originale, poichè prende le mosse dalle forme popolari, di cui osserva costantemente talune norme, senza che si possa per questo negare avere i rimatori nostri preso a variare, accrescere, complicare esse forme guardando ne' modelli dei trovatori.

G. V.

Il prof. GIUSEPPE CUGNONI ha pubblicato nella Collezione di Opuscoli danteschi, diretta da G. L. Passerini (n. 31-32), il Commento di Filippo Villani al primo canto dell' Inferno, traendolo dal codice Chigiano L. VII. 253, che unico lo conserva. Ne riparleremo.

GIOVANNI ZANNONI, Una lettera inedita di Carlo Innocenzo Frugoni a Lodovico Antonio Loschi. Roma, tip. Elzeviriana, 1895; 8°, pp. 16. Per le nozze Flamini-Fanelli. In essa si manifesta il malumore del Frugoni contro il Bettinelli, per averlo questi compromesso colla pubblicazione dei suoi versi sciolti dopo le Lettere Virgiliane. « Non dirò che le Lettere Bettinelliane non sieno scritte con sapor di lingua e con eleganza. Dirò bene che poteva lasciar que' nostri primi padri della poesia in pace, e non ne turbare i riposi sì arditamente. Eglino sono in regno. Molte età e tutte le nazioni, senza contradizione, gli hanno riguardati, e gli riguardano, e gli riguarderanno, come i primi maestri dell'italiana poesia. Perchè volere a tante età ed a tante nazioni opporsi, e farle tutte passare per tante balorde? Io non lo approvo; come non ò approvato mai, ch'egli, me vivente, senza consultarmi, abbia stampato tutti que' miei versi sciolti, ne' quali molti errori e molte alterazioni son corse, avendogli tratti da copie, che sono sempre infedeli. S. Ignazio gliel perdoni. Io non posso perdonarglielo. >>

Nel volumetto Italiani in Germania di GIUSEPPE DE-BOTAZZI, docente di lingua italiana a Stuttgart (Torino, Roux, Frassati e C.°, 1895; 16°, pp. 232) si contengono anche alcuni brevi cenni sul culto professato a Dante dalla Società italiana di Berlino dal 1843 al 1865.

Sotto la direzione del prof. F. TORRACA la casa editrice Sansoni ha preso a pubblicare una Biblioteca critica della letteratura italiana, nella quale saranno raccolte, in volumetti mensili a modico prezzo, le migliori memorie concernenti la nostra storia letteraria. Segnaliamo allo studioso del Medio Evo e di Dante fra i volumi finora pubblicati :

G. Giesebrecht, Dell'istruzione in Italia nei primi secoli del Medio Evo, traduz. di C. Pascal (L. 1.20).

A. F. OZANAM, Le scuole e l'istruzione in Italia nel Medio Evo, traduzione di G. Z.-J. (L. 1).

B. CAPASSO, Sui Diurnali di Matteo da Giovenazzo, dissertazione critica 2a ediz. migliorata e accresciuta (L. 1.20).

G. PARIS, I racconti orientali nella letteratura francese, traduz. di M. Menghini (Cent. 80).

T. CARLYLE, Dante e Shakspeare, prima versione italiana del prof. Cino Chiarini (cent. 60).

G. PARIS, La leggenda di Saladino, traduz. di M. Menghini (L. 1).

L'editore U. Hoepli annunzia la prossima pubblicazione di uno splendido volume: La Divina Commedia di Dante Alighieri illustrata nei luoghi e nelle persone a cura di CORRADO RICCI. L'A. si è proposto « di illustrare la Commedia con la riproduzione dal vero dei luoghi, che il poeta ri

corda, e di quante cose possano riferirsi alle persone in essa mentovate, come castelli, statue, sepolcri, pitture, ecc. » Nessun luogo, per quanto remoto o difficile, ha trascurato; né è rimasto pago « d'avere una veduta qualsiasi di un fiume e di una valle », ma ha voluto « ch'essa fosse presa nel punto rispondente al concetto dantesco.... Così chi legge il poema, può scorgere il paesaggio vero che suggerì immagini all'Alighieri, o servì di fondo ai personaggi o ai drammi da lui ricordati ». « Rigoroso (avverte il Ricci) e quindi limitatissimo sono stato rispetto alla parte iconografica, rifiutando di giovarmi dei ritratti di papi e sovrani e d'altre minori persone che si trovano espressi in pitture e scolture, o incisi in opere di troppo posteriori a Dante e che in gran parte sono immaginari. Anche delle statue e dei busti antichi, allineati in tutti i musei, non volli giovarmi ad illustrazione degli eroi e dei letterati dell' antichità classica, greca e romana, nominati nella Divina Commedia, avanti tutto perchè i nomi apposti ad ogni statua o busto quantunque ostentati con apparente sicurezza sono generalmente arbitrari ed incerti, infine perchè nello spirito del tempo di Dante l'arte non si sentiva affatto in quel modo. Perciò ho preferito riprodurre il Virgilio medioevale di Mantova e prendere diverse immagini dalla pittura e dalla scoltura trecentistiche pienamente corrispondenti all'intenzione estetica del poeta. Gli affreschi di stile giottesco e le scolture, in ispecie sepolcrali, hanno dato perciò il maggior contributo. Di Bonifazio VIII ho riunito ben cinque effigi antiche, essendo egli il più celebre tra i contemporanei di Dante, intorno ai ritratti dei quali ho posto cura speciale tanto da raccogliere quelli certi di Can Grande della Scala, di Benedetto XI, di Roberto re di Napoli, di Arrigo VII e quelli tradizionali di Clemente V, di Onorio III, di Cimabue, di Giotto, di Uguccione della Faggiola, di Farinata degli Uberti e d'altri. Non è male infatti vedere, come, ai tempi di Dante, l'arte abbia inteso alcune figure e diversi episodi accolti nel poema e come inoltre, prima di lui e subito dopo, si rappresentassero i regni d'oltretomba. Ho perciò riprodotte, oltre alle ricordate immagini di Santi, scene relative ad alcuni fatti della loro vita, e figurazioni dell' Inferno, del Purgatorio e del Paradiso, offrendo spesso cose nuove e importanti, come, ad esempio, il Giudizio universale di Toscanella, e l'Inferno di Fornovo sul Taro, nel quale ultimo, quantunque del secolo XII, si riscontra già una divisione penale ». La raccolta non conta meno di quattrocento illustrazioni, di cui trenta sono state riprodotte in eliotipia e le altre in zincotipia; e farà sicuramente molto onore così al valente autore come al coraggioso editore. Si pubblicherà in 36 fascicoli (due al mese) al prezzo di L. 1 ciascuno. Per coloro che pagheranno anticipatamente, il prezzo d'associazione è di L. 33: a pubblicazione compiuta l'opera costerà L. 40.

Lo stesso editore annunzia pure la pubblicazione del primo volume di una nuova opera dello SCARTAZZINI: Enciclopedia dantesca: dizionario critico e ragionato di quanto concerne la vita e le opere di Dante Alighieri. Il secondo ed ultimo volume uscirà l'anno prossimo. (Prezzo dell'opera L. 25; legata solidamente L. 28).

CARLO DRIGANI, Responsabile

553-1896. Firenze, Tip. di S. Landi

SOCIETÀ DANTESCA ITALIANA

(FIRENZE)

La Società Dantesca Italiana, costituita per accomunare gli studi dei dotti italiani e stranieri intorno a Dante e per renderli più divulgati ed efficaci, intende ora principalmente a un'edizione critica delle opere del sommo Poeta.

Il Comitato centrale ha sede in Firenze (Via della Dogana, 1): vi sono o possono essere Comitati regionali, dipendenti dal centrale, dovunque, nella penisola o all'estero, si trovi un numero di Soci sufficiente a costituirli. Dove non sono costituiti i Comitati regionali, i Soci corrispondono direttamente colla Presidenza del Comitato centrale.

La quota annua da pagarsi da ciascun Socio è L. 10; e possono esser Soci anche gli Enti (Istituti d'istruzione, Biblioteche, Municipi, ecc.) e tutti quelli, che pur non essendo speciali cultori di Dante, vogliano concorrere ad onorare con questo mezzo il sommo Poeta. Ricevono il nome di Soci promotori coloro che, oltre alla quota annua danno alla Società per una sola volta lire cento almeno; il nome di benemeriti coloro che per una sola volta le facciano una largizione di danaro, non inferiore a cinquecento lire, ovvero qualche dono di gran valore, specialmente in libri od in opere d'arte, che comecchessia si riferiscano a Dante. Il socio benemerito non è tenuto alla quota annua.

I Soci hanno diritto a un esemplare di quelle pubblicazioni che vengono fatte coi fondi sociali. Quanto alle altre che la Società abbia promosse ed aiutate, sarà loro concesso, nell'acquisto, il maggior vantaggio possibile.

Gli Autori e gli editori di studi danteschi sono pregati di favorirne possibilmente due copie alla Direzione del Bullettino;i direttori di riviste, di fare il cambio con questo, o almeno di mandare i numeri che contengano qualche articolo riferentesi a Dante.

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