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Nuova Serie

Firenze, ottobre-novembre 1895 Vol. III, fase. 1o-2°

BULLETTINO

DELLA

SOCIETÀ DANTESCA ITALIANA

RASSEGNA CRITICA DEGLI STUDI DANTESCHI

DIRETTA DA M. BARBI

Esce una volta il mese

a fascicoli di almeno 16 pagine

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Sommario: G. A, VENTURI: La D. C. con il commento di T. Casini, 4a ed., e La D. C. riveduta nel testo e commentata da G. A. Scartazzini, 2a ed. - E. G. PARODI: A. Belloni, Intorno a due passi di un'Ecloga di Dante. S. MORPURGO: O. Zenatti, La "divina,, Commedia e il "divino,, poeta. FL. PELLEGRINI: N. Scarano, La saldezza delle ombre nella D. C. - A. FIAMMAZZO: G. Fioretto, Prolegomeni allo studio della D. C. P. L. RAMBALDI: G. Mercati, "Pietro Peccatore,,. - G. MAZZON: E. Bouvy, La critique dantesque au XVIIIe siècle. Annunzi bibliografici (Si parla del Giornale dantesco, III, 4-6, e di pubblicazioni varie di P. E. Guarnerio, F. Cipolla, T. Casini, A. Canepa, A. Lubin, A. Bartoli, F. Torraca, C. Del Balzo, A. Ghignoni, A. Zenatti, R. Murari, I. Sanesi, M. Funai, G. Salvemini, M. Pelaez, F. Pellegrini, A. D'Ancona, ecc.).

La Divina Commedia di Dante Alighieri con il commento di TOMMASO CASINI, quarta edizione, riveduta e corretta. In Firenze, G. C. Sansoni editore, 1895; 16°, pp. x1-820 (L. 4).

La Divina Commedia di Dante Alighieri, riveduta nel testo e commentata da G. A. SCARTAZZINI, seconda ediz. riveduta, corretta e notevolmente arricchita, coll'aggiunta del rimario perfezionato del Dottore Luigi Polacco. Ulrico Hoepli editore, Milano, 1896; 16°, pp. xx-1034 e pp. 122 di rimario e d'indice (L. 4,50).

Il commento del Casini, appena venne in luce pochi anni fa, ebbe ottima accoglienza: fu molto lodato da critici autorevoli e severi come il Torraca; mostrarono di tenerlo in gran pregio i più valenti dantisti; tanto si è divulgato, che ora n'è uscita la quarta edizione; e il Carducci lo ha detto recentemente «< il miglior commento della Divina Commedia per le scuole» (A proposito di un « Codice diplomatico Dantesco », nella Nuova Antologia del 15 agosto 1895). Sarebbe quindi inutile ripeterne le lodi ben meritate, e accennerò solo ad alcune opportune correzioni di questa ristampa, nella quale il libro riapparisce non mutato punto nè di forma nè di misura, ma riveduto accuratamente. Nella prefazione alla terza edizione il Casini scriveva che il commento era « rimasto, salvo alcuni pochi ritocchi, quello che era dapprima»: ora innanzi alla quarta avverte che non gli è parso ancora giunto il momento di rifare il suo lavoro (il quale, osserva giustamente, risponde tuttavia al suo fine principale di << esporre in modo sommario e fedele la esegesi e la critica moderna del poema di Dante »), ma che pure si è studiato di trarre profitto di non pochi risultati certi delle più recenti indagini, specialmente storiche, di emendare inesattezze viste da lui stesso o da altri additategli,

1. Bull. Soc. Dantesca.

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di correggere e migliorare il testo valendosi dei dotti e acuti studî del Moore. Cosi, sebbene non sempre ne accolga le conclusioni, veggo che nel v. 90 del co XI dell'Inf. ha sostituito, d'accordo col Moore, « vendetta > giustizia », nel v. 125 del canto seguente « cocea » a « copria », nel v. 29 del XV « la mano » a « la mia »; e nel Purgatorio, XVI, 145, « tornò » a « parlò », « antico » ad « amico » XXII, 97, « guardar » a « << riguardar » XXIV, 61, « viver » a « morir » XXVI, 75: nel Paradiso una sola volta, se non isbaglio, ha fatto una lievissima correzione, nel v. 141 del co I. Giuste ed utili correzioni m'è venuto fatto di osservare qua e là nel commento, come nelle note al v. 37 del c° III dell'Inf., al v. 97 del V, al v. 61 del X, al v. 137 del XXIV, al v. 123 del XXIX, al v. 26 del IV del Purgatorio. Forse (è una mia supposizione) qualche altro cambiamento e qualche giunterella il Casini non ha potuto introdurre per ragioni tipografiche.

Un anno o due dopo che, colla pubblicazione della terza cantica, era stata completata la stampa del libro del Casini, lo Scartazzini metteva in luce un'edizione minore del suo commento (Milano, Hoepli, 1893). Gli studiosi per verità avrebbero preferito una nuova edizione del dotto e ricco commento dallo stesso autore pubblicato a Lipsia (1874-1882), riveduta, accresciuta, e nella quale fosse stato rifatto il volume dell' Inferno (1): pure anche il nuovo lavoro poteva avere non poca importanza. << Non è semplicemente un sunto od un estratto dell'altro maggiore », diceva nella prefazione lo Scartazzini, poichè egli aveva riveduto il testo col sussidio di studî proprî e di altri, e pel commento aveva fatto tesoro delle pubblicazioni, in parte importantissime, degli ultimi anni ». Se non che la nuova opera diede argomento a non poche censure; e se altri ne osservava insieme le parti buone e le mende (2), un critico della Nuova Antologia (del 16 novembre 1892, bollett. bibliograf.) ne dava un giudizio molto severo, rilevandone gravi e non discutibili difetti. Ora lo Scartazzini ci offre di nuovo l'edizione minore col commento assai ampliato più ampliato, mi sembra, che corretto. « Il testo (con queste parole egli conclude la prefazione) è nella presente edizione essenzialmente quello della prima; anche l'indice è in sostanza il vecchio; il commento fu diligentemente riveduto ed emendato con ispecial riguardo alle osservazioni fatte sull'edizione del 1893. Inoltre esso commento fu

(i) Di questo commento assai si valse, com'era naturale, il Casini, specialmente pel Purgat. e pel Parad., ma onestamente citandolo ogni volta che occorresse, e facendone ampie lodi (nel III vol. del suo Man. della letterat. ital., Firenze, Sansoni, 1887, p. 50). Il Gaspary, in una nota della Stor. della letterat. ital., lo giudica « utilissimo pel molto materiale raccolto, ma non così perfetto come crede l'autore >>.

(2) Vedi Paget Toynbee, Academy, july 22, 1893 (il giudizio è riferito nel Bullett., n. s., I, p. 24), e U. Cosmo, Giorn. Dantesco, quad. II, 1893.

ampliato di circa un quarto, arricchendolo di molte chiose e citazioni di roba altrui, di pochissima roba propria. Il rimario è lavoro tutto nuovo, che vede qui per la prima volta la luce », ed « è tutto lavoro del professor Polacco ».

Pei luoghi dubbî e controversi del testo ora lo Scartazzini rimanda sempre al Moore, prescegliendo però spesso una diversa lezione: fra le pochissime mutazioni della presente ristampa mi sembra notevole, ma non so se ai più parrà giustificata e plausibile, questa: il v. 81 del co II dell'Inf. è letto dallo Scartazzini, indottovi dal Fiammazzo, « Più non t'è uo' ch'aprirmi il tuo talento » (V. Bullett., n. s. II, p. 70 e segg.). Nel commento l'autore ha largheggiato molto nel riferire interpretazioni e osservazioni di antichi commentatori, accresciuta la bibliografia, arricchite le notizie storiche, riferiti in generale i passi, prima soltanto indicati, della Bibbia, di S. Tommaso, di autori classici ecc. In alcuni luoghi ripristina qualche chiosa, già abbandonata, del commento lipsiense, come ai v. 61 e segg. del IX dell'Inf.; e circa l'allegoria delle fiere torna alla interpretazione più antica e più comune (lussuria, superbia e avarizia) (1), insieme con questa ricordando soltanto quella dei « moderni interpreti politici » (Firenze, Francia e Roma). Ma nel canto XVI sembra se ne dimentichi, e al v. 107 nota: « Se la lonza figura la lussuria, il senso sarà ecc. Se poi la lonza è, come nella Bibbia, il simbolo dell' incredulità, il Poeta vorrà dire ecc. ».

Nelle note del c° XV dell'Inf. avrei vivamente desiderata una correzione: la Nuova Antologia rimproverava allo Scartazzini di essersi «< dimenticato che fra le intenzioni sue vi era anche quella di far un libro ad uso delle scuole. Come spiegare altrimenti certe osservazioni e frasi poco misurate in materia di castità, anzi del tutto incomportabili con la decenza, da lui accolte nelle sue note, come là dove esprime il dubbio che Brunetto Latini abbia tentato "di fare di Dante una vittima del sozzo suo vizio,, (nota all'Inferno, XV, 30)? » Ebbene lo Scartazzini non cancella, « da sè stesso rimorso », quella nota, ma insiste al contrario in quel dubbio e sostiene la sua ipotesi, che offende insieme il sentimento e il buon senso, e che distruggerebbe l'affettuosa e dolcissima poesia di quel canto stupendo. Un arguto contadino afferma in una novella del Sacchetti che questo mondo corre per andazzi », e anche la mente del nostro illustre dantista corre un po' per andazzi: in altri tempi aveva

(1) Nella edizione del '93 scriveva: « l'allegoria delle tre fiere è uno dei punti più difficili e controversi del Poema, onde rimandiamo a quanto ne diciamo nell'introduzione». Ma l'introduzione non c'è! Nei Prolegomeni dell'edizione di Lipsia, vol. IV, 1890, p. 473, lo Scartazzini è d'opinione che come nelle scritture sacre, così nella D. C. la lonza figuri l'incredulità, il leone la superbia, la lupa la falsa dottrina. Cfr. Colagrosso, Studi di letterat. ital., Verona, Tedeschi, 1892, p. 20 e segg.

scritto (Comm. Lips., I, p. 150) che Dante condannò Brunetto fra i sodomiti, perchè Dante nel suo Poema è il delegato giudice del Giudice eterno, perchè altro è giustizia ed altro è affetto, perchè Brunetto era veramente macchiato del delitto per cui lo caccia nell' Inferno ». Al Bartoli parvero queste « grosse parole che non concludono assolutamente nulla »; ma ci sembrano da preferirsi sicuramente a quelle che lo Scartazzini ha sostituite, e che è meglio non qualificare.

Nella prefazione lo Scartazzini osserva essersi in questi ultimi anni << la letteratura dantesca arricchita e non poco », e accenna, fra altre pubblicazioni, alla « Collezione di opuscoli danteschi inediti o rari » diretta dal conte Passerini, fra i quali opuscoli le Postille del Betti cita poi forse anche con troppa frequenza per tutt'e tre le cantiche; ma parecchi libri e articoli mostra non conoscere, dei quali si sarebbe potuto giovare, e sembra non abbia notizia neppur di questo Bullettino. In certi << Appunti danteschi », pubblicati nella Biblioteca delle Scuole Classiche Ital. del 15 maggio 1894 (anno VI, serie 2a, n. 16), mi proposi di rammentare alcune discussioni e interpretazioni, a parer mio notevoli, di luoghi danteschi assai controversi, non citate nè dal Casini, nè dallo Scartazzini: le osservazioni che feci allora rispetto a quest'ultimo potrei quasi tutte ripetere, ma la seguente al meno non voglio nè debbo omettere. Nell' 87 Giovanni Mestica in un articolo nel Fanfulla della domenica provò evidentemente, mi pare, che Ugolino e Ruggieri sono tutt'e due nell'Antenòra; ma lo Scartazzini, senza curarsene affatto, seguita a dire « Precisamente li sul confine del secondo e del terzo giro, Dante vede due ghiacciati in una buca, l'uno dei quali si rode il teschio dell'altro. A quello che rode, e che è confitto nella ghiaccia del secondo giro, Dante dimanda chi egli sia e perchè roda quell' altro, confitto nella ghiaccia del terzo giro » ecc. E, si badi, lo Scartazzini dello scritto del Mestica doveva aver sicuramente notizia da un ottimo libro, che conosce e cita, Dante ne' tempi di Dante del Del Lungo; il quale discute la questione e, mentre innanzi aveva assegnato ambedue i dannati alla Tolomea, si dà vinto alle ragioni addotte dal Mestica (pp. 301 e 371 e segg.). Vedi anche Bartoli, Stor. della letterat. ital., VI, p.te 2a, p. 109 e segg., e G. Del Noce, Il Conte Ugolino della Gherardesca, Città di Castello, Lapi, 1894 (Collez. di opusc. danteschi, n. 15). Alcuni altri scritti indicherò, buona parte dei quali almeno non si capisce come sia sfuggita alla diligenza dello Scartazzini, tacendo di altri anche importanti ma troppo recenti, sicchè egli non poteva valersene: Del Lungo, Il disdegno di Guido, nella Nuova Antologia del 1o novembre 1889, per non citare altro su questa dibattutissima questione, della quale anche ultimamente si sono occupati il Mazzoni, il Torraca e lo Zenatti; Del Lungo, La Figurazione storica del Medio Evo Italiano nel Poema di Dante, Firenze, Sansoni, 1891, e Il volgar fiorentino nel Poema di Dante, negli Atti della R. Accad. della Crusca, Firenze, 1889 (segnatamente notevole quanto il

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