Slike stranica
PDF
ePub

forza alla quale non potè resistere, diceva il Codice Sardo. E se questa forza non sia al tutto invincibile, l' imputabilità non va tolta, ma si scema.

Questa forza, com' era naturalmente intesa nella legge, dev' essere diversa da quella che costituisce la spinta criminosa, come la dicono i giureconsulti, senza la quale nessun reato avviene. Altrimenti ci vuol molto poco a vedere che scrivendo questa disposizione, si cassa tutta la legge penale. Ed i giudici veri pe' quali era scritta, l'hanno sempre intesa per una causa esterna, più o meno invincibile, ma contro cui non vale libertà di scelta, che è da essa paralizzata e spenta. Ma i giurati, che non hanno obbligo di esser dotti in giure penale, hanno confuso spesso le due forze, quella che lascia l'imputazione e quella che partorisce inimputabilità, cioè la vincibile e l' assoluta. Quindi i verdetti falsi e scandalosi. Il ladro che vedendo i gioielli esposti da un orefice, poteva assumere di essere stato da una forza a cui non potė resistere, tratto a rubarli; altri che di notte salgono dando la scalata al tetto di una casa, lo scoverchiano, si calan dentro, legano, feriscono due che dormono, e dopo rubato quanto v'è, se ne vanno placidamente per la porta, si potè credere di aver agito perchè tratti da una forza, a cui, sebbene in parte, non avean potuto resistere. Il vero è che non furono tratti da altra forza che da quella della cupidità della cosa rubata, che è comune a tutti i ladri. (§ 88, 89, 109, 117, 118).

Il nuovo Codice a questo male grande, ha apprestato il rimedio più radicale.

Bandita in qualunque modo la parola forza, anche con

là giunta di esterna, che da molti si credeva necessaria, e sufficiente, i casi di costringimento li ha diffiniti e descritti obbiettivamente, non lasciando che se ne trovino o se ne inventino altri. Si è in caso d' inimputabilità per forza istante e sopraffaciente della volontà, quando, o si obbedisce ad ordine dell' autorità a cui si deve obbedienza ; a; o quando si è costretti dalla necessità di respingere una violenza attuale ed ingiusta; o quando si è nella necessità di salvarsi da un pericolo grave ed imminente a cur non si è dato causa, e che non si possa altrimenti evitare.

Fuori di questi casi, tassativi, altri non ce ne possono essere. Cosi gli esempi stravaganti detti di sopra, non potranno più aver luogo. Quei ladri non potranno dimostrare che i due derubati che dormivano, o i gioielli avessero usato violenza verso la loro persona.

La teorica consacrata nel Codice riesce tanto più salutare quanto è più chiara, ed è cotanto più chiara per quanto designa con contorni più precisi e tutti esterni ed obbiettivi, i soli elementi delle inimputabilità. I casi aggiunti negli articoli 376 e 377 sono esemplificativi, non pongono una regola diversa.

E solo dove ci è, o può parere di esserci qualche difetto di precisione e di nettezza nell' esprimere il pensiero del legislatore, potrà darsi luogo a qualche perplessità. Cosi nel 2.° numero dell' art.° 49 non pare ben definito nè che sia violenza, nè se basti ogni violenza alla persona quantunque ingiusta ed attuale, ma non grave; né infine, questo caso è molto chiaro in che differisca da quello della difesa, che è nel numero seguente (§ 121).

[merged small][ocr errors]

Nondimeno certo è che in ogni caso, la violenza è cosa al tutto fisica, ed esterna; che non vi è altra causa reputata buona a togliere l' imputabilità, e quindi rimane a' giurati solo la latitudine di valutare la gravità della violenza, che importa la legittimità del resistervi o respingerla.

Or questa gravissima riforma, reclamata da tutti, è stata esattamente interpretata, non senza per altro qualche perplessità, dalla Corte di Cassazione. La quale ha sostenuto la vera dottrina del Codice, sopratutto dov'era più rivocata in dubbio e correva più pericolo, cioè nell'occasione delle quistioni a' giurati, che spesso si reclamava che fossero poste in maniera da far ritenere l'errore e la forza del costrignimento, com'era negli aboliti codici.

Si sosteneva che posta dalla difesa di un imputato la quistione dell'imputabilità tolta o scemata, nè il Presidente nè la Corte di Assisie avessero facoltà di farla determinare in fatto concreto, e guardare se questo è fra quelli che si dicono discriminanti annoverati e riconosciuti dalla legge. Basterebbe p. e. dire assenza di mente, senza dirne la cagione, basterebbe dire forza costringente, senza dire donde venga e quale sia.

Il Presidente o la Corte di Assisie, si è sostenuto, e con gran forza, che si negasse di porre la quistione, sotto pretesto che quell'assenza di mente, o quella forma di costringimento non sono quelle della legge, entrerebbe a giudicare una quistione di fatto, riservata a' soli giurati.

Ma è ben facile vedere che il cercare come un fatto è definito dalla legge è una vera quistione di diritto, al tutto diversa dal cercare se il fatto è avvenuto o no

che certo non è ricerca permessa al giudice del solo diritto. Se nell'ipotesi, al ladro che pretendesse che fu costretto dalla vista della cosa rubata, si negasse di porre la quistione del costringimento, perchè questo è riposto dalla legge in un fatto di violenza esterna e fisica, con ciò si risolverebbe una mera quistione di diritto sugli elementi necessarii a comporre un quid juris, posti dalla legge. La ricerca di fatto è solo se il furto fu realmente consumato, ed i giurati rimarrebbero liberi di affermarlo o negarlo, indipendentemente dal vedere se la vista della cosa rubata costituisce caso di inimputabilità o di scusa a' sensi di legge; il che è loro vietato.

La Corte di Cassazione ha tenuto fermo ai veri principii stabiliti nel Codice. Ebbe quindi più volte a dichiarare che, proposto dalla difesa un fatto come cagione d'imputabilità, il Presidente e la Corte di Assisie hanno non solo il diritto, ma l'obbligo di invitare la difesa a determinarlo e di guardare se quel fatto è ammesso dalla legge come discriminante o scusante, o non sia piuttosto un trovato antigiuridico per traviare le menti de' giurati, come erano prima, con le vaghe espressioni di forza irresistibile, o di assenza o vizio di mente, che poteasi far derivare da qualunque causa.

Le Corti di Assisie si conformano alla legge ricusando in tali casi di porre il quesito; ma violano gravemente la stessa legge se negano perchè il fatto non è provato o non risulta dal pubblico dibattimento (1).

I casi di costringimento sono tassativamente scritti nella

(1) Sent. 8 Ottobre 1891 Cipriano Marco, 1 Sett. 92 Laz

[blocks in formation]

legge e la qualità essenziale che dee avere l'errore è che sia l'effetto di uno stato di mente fisiologicamente diIstrutto o turbato.

Anche nel caso speciale dell' ubbriachezza la Corte ha ben trovato necessario che questa per togliere l'imputabilità bisogna si dimostri che per essa si sia nello stato di parziale o completa assenza o vizio di mente (1).

Questa nozione chiara e diritta in cui è venuta la Corte di Cassazione nell' interpretare la teorica fondamentale che il nuovo Codice ha voluto togliere alla confusione deplorata che inducevano le parole de' Codici aboliti, naturalmente non poteva e non può essere accettato da chi ha interesse a perpetuare quelle false interpretazioni, massime nell'animo de' giurati. Fra le molte cose dette in contrario, importante è una scrittura pubblicata nel Vol. 11 del Foro penale.

Quel che si è opposto è che il Presidente della Corte di Assisie, negandosi di porre a' giurati la quistione indeterminata, com'è proposta, assuma di risolvere, giudicando in fatto, se il dibattimento ha dato le prove dell'esistenza o vanità della discriminante; giudizio che gli è espressamente vietato.

Niente è più facile a torre il dubbio, come di sopra si è detto, e la Corte di Cassazione lo ha fatto, col por

zupone, 27 Febb. 1893 — Cagnacci, 8 Marzo 1893

tri casi molti.

Nicolai, ed al

[merged small][merged small][ocr errors]
« PrethodnaNastavi »