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L'accusa e la confessione si confondono in un medesimo concetto. Il Quando di carne a spirto era salita, e il Tosto che il vostro viso si nascose, esprimono entrambi e letteralmente e allegoricamente una cosa sola, poichè da una parte vi ha la materialità e la presenza, dall' altra la spiritualizzazione e l'occultamento. To sto adunque che la Beatrice fu salita nel regno ove gli angeli hanno pace, egli corse per via non vera dietro a false immagini di bene. Ma siccome si è veduto che all'epoca di quell' avvenimento il nostro poeta aveva di poco varcata la soglia della gioventù, e così entrato appena nella città del ben vivere, che pur è selva erronea di questa vita (Conv. tratt. IV, cap. XXIV); perduta di vista la guida della sua adolescenza, non seppe per sè stesso tenere il buon cammino che gli era stato scorto fin là; e cose mortali (Purg., XXXI, 53) traendolo nel lor desio, non si levò dietro all'ammirabile donna che non era più tale.

Per conchiudere sul presente ragionare, dico infine che Dante, figurandosi entrato nella selva oscura, che è quanto dire nella società di coloro che, occupati delle terrene faccende, vivono secondo l'uomo, subito dopo che Beatrice era ita nell' alto cielo (9 giugno 1290), converrà che per venire al giorno della visione (25 marzo 1300) sia stato in quella condizione nove anni e circa nove mesi e mezzo; il qual tempo corrisponderebbe al disbramarsi (Purg., XXXII, 2) la decenne sete de' suoi occhi, quando la rivide in cima al dilettoso monte.

Sopra le due terzine, che fanno seguito a quella or ora chiosata, nulla è più da dire; chè intorno al termine della valle fu già espresso, secondo la lettera, il mio interdimento, e del colle, le cui spalle vede il poeta già vestite dei raggi del sole, si tratterà altrove.

Allor fu la paura un poco queta,

prosegue l'autore,

che nel lago del cor m' era durata
la notte ch' io passai con tanta pieta.

Gli era durata nel lago del cuore la paura, o la notte? Faccio questa domanda, poichè, secondo si ponga, o si tolga la virgola tra notte e ch'io, come si vede nelle diverse lezioni, può intendersi l'una o l'altra cosa. Tuttavia ritenendo io che sia durata la notte, siccome espressione più consona, e al periodo di cui è parte, e a ciò che viene di poi, faccio in quel senso la seguente parafrasi del ternaro. Allora, dice il nostro poeta, cioè quando giunto al piè del colle, drizzando in su lo sguardo che da tanto tempo avea nella selva erronea tenuto rivolto alle terrene cose, vide la sua alta parte già illuminata dal pianeta che mena dritto altrui per ogni calle. Allora, dice, fu alquanto più tranquillo, imperciocchè nel lago del cuore, nell'intimo suo, nel profondo del suo dentro, gli era durata la notte, cioè, gli erano rimasti nel pensiero gli errori, le miserie e le confusioni della selva, che egli traversò con tanta pena, con tanto travaglio, nei primi dieci anni della gioventù.

E come quei che con lena affannata
uscito fuor del pelago alla riva,
si volge all'acqua perigliosa e guata;
così l'animo mio, ch' ancor fuggiva,
si volse indietro a rimirar lo passo

che non lasciò giammai persona viva.

L'importanza di quest'ultimo ternaro, che ha rapporto diretto colla uscita di Dante dalla selva oscura, ed è considerabile anello della parte che l'autore assume nella Commedia, richiede speciale attenzione nello esaminarlo, imperciocchè il senso ne sia recondito, ed incerto ne riesca lo scoprimento, se non si è costante seguace delle sue dichiarazioni come degli intendimenti che si riassumono dalle sue opere.

Tre cose pertanto sono da considerarsi distintamente, acciocchè la terzina prenda il suo convenevole assetto frammezzo a ciò che precede, e quel che verrà in seguito nell'ordine della narrazione; vale a dire:

1. L'animo;

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2. L'azione composta del suo fuggire ancora, e del volgersi indietro a rimirare;

3. Il passo che non lasciò giammai persona viva.

Or per animo, ha egli inteso l'appetito sensitivo, oppure quello che spetta alla parte razionale? E, quindi, che significano il fuggire ancora, e quel volgersi indietro a rimirare?.... Lo passo, ha da togliersi per donde si passa, o per l'atto del passare?.... Al non lasciare, assegneremo il senso di impedire, opporsi, ovvero di non tralasciare, non omettere, o non lasciar di fare?.... Ed infine, è il passo che non lasciò giammai persona viva, o, per converso, la persona viva che non lasciò giammai il passo?.... Ecco una serie di dubbi che l'attenta lettura di quei versi mi ha presentate alla mente ed alle quali cercherò di dare nel modo che mi sembrerà migliore una soluzione, che fondandosi su principî fissati dall' autore stesso mostrerà nel senso puramente letterale il più probabile valore di quei versi, da cui trarre il tanto di allegoria che vi sta racchiusa in rapporto alle cose precedentemente dichiarate. Alcuni passi del Convito, sciogliendo il primo dubbio, risponderanno, in pari tempo, alle domande che l'accompagnano; onde non avrò che da porgerli al lettore, seguiti, quando occorra, da qualche spiegazione.

Al capitolo XXII del trattato quarto di quel libro, ragionando adunque l'autore della dolcezza dell' umana felicità, che è frutto del diritto appetito d'animo naturale, dichiara com'esso nasca per effetto della divina bontà in noi seminata ed infusa dal principio della nostra generazione, e quindi dalla divina grazia Sorga. Poi, tenendo dietro a quello che bene comincia, dice: «< Dal » principio sè stesso ama, avvegnachè indistintamente; poi viene distinguendo quelle cose che a lui sono più amabili e meno, e » più odibili; e seguita e fugge, e più e meno, secondochè la co» noscenza distingue.... » E più sotto: «Non dica alcuno, che » ogni appetito sia animo; che qui s'intende animo solamente

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» quello che spetta alla parte razionale, cioè la volontà e lo intel» letto; sicchè se volesse chiamare animo l'appetito sensitivo, qui » non ha luogo, nè stanza può avere ».

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Per questi brani del citato capitolo si scorge facilmente che l'Alighieri, sceverando l'appetito o animo razionale dal sensuale, attribuisce come di ragione al primo distinguere le cose che a lui sono più o meno amabili, o odibili; e quelle seguitare a fuggire più e meno, secondo il proprio discernimento. Pertanto l'animo del poeta che fuggiva pur là ove la veduta del monte, vestito di luce, gli aveva un poco quetata la paura, s'intenderà per quello che spetta alla ragione, siccome ci viene confermato per l'analogia del fuggire, dal capitolo XXVI del medesimo trattato, dove, ritornando a discorrere dello appetito che in noi dal nostro principio nasce, aggiunge: « Questo appetito mai altro non fa che cacciare » e fuggire. E qualunque ora esso caccia quello che è da cacciare » e quanto si conviene, e fugge quello che è da fuggire e quanto » si conviene, l'uomo è nelli termini della sua perfezione. Vera» mente questo appetito conviene essere cavalcato dalla ragione; » chè, siccome uno sciolto cavallo, quanto ch'ello sia di natura » nobile, per sè senza il buono cavalcatore bene non si conduce; » e così questo appetito, che irascibile e concupiscibile si chiama, >> quanto ch'ello sia nobile, alla ragione ubbidire conviene, la » quale guida quello con freno e con isproni ».

Sciolto il dubbio intorno all' animo, e appreso che cosa intenda il filosofo pel suo seguitare a fuggire, faccio ritorno al poeta, là quando dice, che l'animo suo ancor fuggiva; ed accostando il filosofico argomentare alla poetica narrazione, si troverà altresì il valore di ancora più appropriato al caso, poichè questo avverbio, entrando con vario senso nel discorso, e d' ordinario o come particella copulativa significante continuazione a cui equivalgono le voci inoltre, di più...., o come avverbio di tempo che vale tuttora, tuttavia, non lo si potrebbe definire nel fattispecie senza il loro comune concorso. E veramente, non avrei conosciuto il significato del fuggire, applicato all' animo, senza il Convito; come non potrei stabilire, con qualche fondamento, il senso del vocabolo ancora, se non tenendo conto esatto delle parole del poeta.

Si è veduto che Dante, già fuori della selva, già uscito dalla città della quale riprovava in generale i costumi; deciso, insomma,

di non più vivere secondo l'uomo per elevarsi col pensiero alle eterne cose, pur nel suo interno conteneva ancora la notte che traversò con tanta pena; o, in altri termini, l'intimo pensiero ricordando le fallacie e le vanità a cui torse l'amore nel suo passaggio decennale per la selva erronea, che gli costarono delusioni ed affanni; quantunque stimasse di essere uscito alla riva di quel mare periglioso, nondimeno l'animo suo tuttavia fuggiva come sciolto cavallo quando più non era mestieri. Ma fuggiva ancora, perchè il cavalcatore mancandogli la piena potestà della propria virtù, non aveva bastante fortezza da infrenarlo e volgerlo fin d'allora alla pugna contro le attrattive delle sirene, ossia di quelle false immagini di bene che avevano indirizzati i passi suoi per via non vera. Se male non mi appongo, sembra qui che il pensiero dell' autore sia di rappresentarci la lotta che s'impegna nell' uomo tra il buon proponimento di abbandonare un passato che non ha soddisfatto alle veraci aspirazioni del cuore, e l'abito ancor prepotente di quel passato coi suoi diletti fuggevoli e le stesse sue lusinghe; poichè l'espressione dell' animo ancor fuggente di cui si serve, mentre ci mostra per un verso la volontà di allontanarsi da quelle cose, fa capire per altro, che la parte deliberante pur non aveva ta nto imperio sull'animo da infrenarlo là dove pericolo più non era onde riesce manifesto, che se quello fuggiva ancora per lodevole irascibilità in quanto a sè, il difetto stava tutto dalla parte del cavalcatore, cioè della ragione.

Dunque questa direttrice degli umani appetiti agiva imperfet tamente sull'animo del poeta, e non altrimenti avvenir poteva nelle circostanze descritte. Sappiamo già come poco dopo entrato nella seconda età ei si fosse partito dall'uso della ragione per non aver seguite le vestigie che Beatrice innanzi a lui segnava nella sua adolescenza; ed ora ben lo si comprende, che non potesse per forza di virtù propria togliere così d'un tratto l'animo da quelle cose fino allora desiderate, per passare dall'influsso loro alla intiera obbedienza di quello imperio che avea per tanto tempo trascurato. Era impossibile che, morto nella selva, appena uscitone si sentisse a piena e rigogliosa vita; altrimenti qual bisogno avreb

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