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noi, Diciesse » intendendo cosí la preghiera volta non a Dio, ma, come in tutti gli altri « pianti >> provenzoli, a Maria vergine. (4363) BERTONI GIULIO. Noterelle provenzali. (In Riv. des langues rom., LX, ser. 6a, vol. 5). Sommario: 1. Nuovi versi di Bertrand de Born; 2. Sopra un passo di Gormonda; 3. Per un discordo di Pons di Capduoill; 4. Nota sopra una tenzone di Sordello; 5. Sopra un passo del « Documentum honoris» di Sordello; 6. Detti di filosofi e savi. (4364) BEZZI ERNESTINA. Frammenti d'una redazione veneto-lombarda della « Leggenda di s. Caterina ». (Nel Giorn. st. d. Lett. it., LIX, 85). Son due frammenti che la B. publica di su una cartapecora trecentesca che serviva di copertina a un libro del Museo civico di Padova. (4365) Per le corse dei palii in Verona. (Nella Miscell. di Studii storici in onore di A. Manno. Torino, 1911).

BIADEGO GIUSEPPE.

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BOTTIGLIONI GINO. Sulle « Selve » del magnifico Lorenzo dei Medici: ricerche e considerazioni. (Nella Riv. abruzz., ott. 1911).

Si cercan, tra altro, nell' opera del Magnifico, le traccie della poesia di D. e del « dolce stil novo ». (4370) BRUNELLI E. Il quadretto n. 281, della Pinacoteca di Bologna. (Nel Bull. d. Soc. fil. romana, 1911, fasc. 1o).

Fu sostenuto da altri che in questa pittura è rappresentata la uccisione di Iacopo del Cassero (Purg.,

V, 64); ora il B., con buoni argomenti, confuta tale opinione, confermata anche dal Catalogo ufficiale della Pinacoteca bolognese, sostenendo che il dipinto, della seconda metà del Quattrocento e di scarso valore, rappresenti piuttosto un santo, che potrebbe anche essere s. Bernardino, in atto di salvar miracolosamente un suo devoto che stava per essere ucciso. (4371) BUSNELLI GIOVANNI. Il concetto e l'ordine del « Paradiso » dantesco. Città di Castello, S. Lapi, 1912, voll. due, in-16°, pp. 271-(1); 197-(1).

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CATALOGO della Biblioteca dantesca in vendita alla Libreria internazionale succ. B. Seeber. Firenze, (s. n. tip.), 1912, in-8° picc., pp. 60.

Ricca raccolta nella quale sono edizioni abbastanza rare a prezzi modesti. Il catalogo comprende: Opere di Dante (1-11); Edizioni della « Divina Commedia » (13-150); Traduzioni della « Divina Commedia » (151177); « Vita nuova » (178-195); Traduzioni della « Vita nuova » (196-202); Il « Convito » (203-208); « De vulgari Eloquentia » (209-211); « Canzoniere » e altre rime (212-214); « De Monarchia » (215-16); « Epistole » (217219); « Sette salmi », e altre rime sacre (220-225); Vita di Dante (226-250); Libri stranieri intorno a Dante (251258); Periodici (259-260); Scritti varii riguardanti Dante e le sue opere (261-755).

(4383)

CATALOGO no. 36 [della] Libreria antiquaria e

moderna Riccardo Gagliardi. Como, Lito-tipografia commerciale, 1912, in-8°, pp. (2)48-(2).

Opere di Dante o intorno a Dante (dal no. 259 al no. 335). (4384) CAVALCANTI GUIDO. Rime: con introduzione e appendice bibliografica di E. C. Lanciano, Carabba, editore, 1910, in-16o, pp. 166.

L'edizione non è fatta pe' cosí detti « specialisti » ma, secondo il metodo seguito da questa simpatica collezione di Scrittori nostri, bene ideata dal Carabba e diretta dal Papini, coll' intendimento di offrire libri facilmente accessibili e per ogni desiderio soddisfacenti al gran publico, ossia al piccolo publico, ai lettori piú modesti, di specie comune, troppo spesso ingiustamente disdegnati da certi eruditi nostri. L'editore segue tuttavia le migliori edizioni delle rime dell'amico di Dante, e ne trae fuori un libro nel quale quanto ancóra del Cavalcanti è leggibile si possa legger facilmente e correttamente. Non è già molto?

(4385)

Giornale dantesco, anno XX, quad. IV

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Riv. d'It., XIII, 944). Intorno al v. 45 dell' VIII di Purgatorio. La << noterella » è vòlta a indagare il perché delle parole di Sordello a' Poeti visitatori: Grazioso fia lor vedervi assai; e per affermare che Sordello con tali parole intendeva semplicemente di far certi Vergilio e Dante della accoglienza onesta e lieta che dalle anime della valletta, dalle « grandi ombre », sarebbe loro stata fatta, cosí come vuole lo spirito di carità cristiana che aleggia per tutto il Purgatorio. (4388)

CIAN VITTORIO.

Una chiosa al testo delle

quale il mercatante fiorentino onesto a prode « ha var-
cato i secoli per recare a noi, con semplice cuore,
l'eco di quella rude vita dove si maturavano i germi
piú fecondi della nuova civiltà: un vero e modesto
italiano, un uomo prima di tutto; un'anima entro cui
cantano, come possono, le antiche memorie; uno spet-
tatore di piccoli fatti cui dà grandezza soltanto l' av-
venire su un lembo di terra benedetto; spettatore
commosso con gli occhi di chi v'è tutto impigliato, e
lí vive, e n'è parte. E un contemporaneo di Dante;
fortuna per lui e per le sue scritture, materia di re-
verenza per noi ».
(4391)

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CRESCIMONE V. — Sulla « Divina Commedia »: monografie e frammenti. Caltanissetta, tip. Ospizio prov. di beneficenza Umberto I, 1911, in-8°, pp. VIII-(1)-399-(3).

Scopo dell'Autore, o principale suo scopo, « sovvenire ai volenterosi con un'opera che basti da sola a un sufficiente e onesto intendimento del divino Poema, mercé una lettura facile e dilettevole ». Contenuto del volume: 1. Sintesi introduttiva del periodo

Epistole giovanili di Giovanni Boccaccio. (Nel predantesco; 2. I preludii del sensualismo classico nella

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« D. C. »; 3. L'enciclopedismo di Dante Alighieri; 4. Il sentimento della gloria in Dante; 5. La « Divina Commedia »; 6. Che cos'è la « D. C. »; 7. Il contenuto teologico del « Paradiso »; 8. Un luogo pedagogico di D. e l'immutabilità del carattere. Nel suo intero insieme un bello e utile libro, i cui pregi compensano qualche inesattezza, qualche giudizio non in tutto accettabile, qualche inevitabile lacuna. (4393)

CRESCINI VINCENZO.
Fra i pentiti del-
l'amore. (Nella Riv. d'Italia, XV, 177).

Bella prelezione al corso dantesco padovano del 1912, fatta il 10 aprile nell' aula massima del Museo civico; argomento: il Canto XXVI del Purgatorio.

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Rime di Dante. Roma, C. Colombo, tip. della Camera dei Dep., 1912, in-8°, pp. 15-(1). Intorno agli amori di Dante è tutta una letteratura : : e quasi parrebbe che poco ancóra, tra le cose che su questo argomento sono state scritte, rimanesse da dire. Questo acuto studio del D'Ancona (acuto se non sempre a fondo persuasivo) dimostra che non è cosí. Si sa che le donne amate da Dante dovrebber esser almen tre: la « Pargoletta », della quale tratta il sonetto: Chi guarderà giammai sanza paura e la notissima ballata: Io mi son pargoletta bella e nova; la << Montanina » delle cosí dette Rime petrose; la << Lisetta» il cui nome ricorre su alcuni mss. del sonetto : Per quella via che la bellezza corre. Quanto alla «< Pargoletta» i due componimenti che la risguardano si riferiscono, secondo il D'Ancona, ad « una stessa persona, sia del resto un ente allegorico o una giovinetta vivente ». Donna vera e reale la crede egli, il D'Ancona, e una con la donna delle Rime pietrose, come appare dalla Canzone Io son venuto, dove gli ultimi due versi (come aveva già notato Albino Zenatti, Le Rime di D. per la Pargoletta, Roma, 1898) contengono appunto « in virtú della parola di D., tale identificazione, che nessun altro avrebbe osato proporre ». Inoltre una con queste due pare all' insigne critico pur la Donna gentile della Vita nova; quella Donna gentile nella quale altri vide male la Gemma Donati, « non riflettendo che questa diventò moglie al Poeta e Dio solo sa se fu un coniugio felice l'altra fu reietta e licenziata ». Né altra donna è Lisetta, il cui nome, ricordato dall' Ottimo, poi sepolto quasi e dimenticato, rifiorisce ora dalle antiche carte per le ricerche industri di Michele Barbi (Due noterelle dantesche, Firenze, 1888). Pargoletta, Pietra, Donna gentile e Lisetta sono adunque « una persona sola, in diversi atteggiamenti »; una persona che fu, << a volta a volta, accetta come conforto alla vedova vita, bramata poi ardentemente, indi, o per resipiscenza o per corruccio, respinta e abbandonata ». La storia di un'altra donna, Violetta, venuta fuor dai codici recentemente, è nota: essa si sostituisce a una nuvoletta che prima ne teneva il luogo in una ballata: Deh, Violetta, che in ombra d'Amore Ne gli occhi miei di súbito apparisti. Or bene: sotto l'una o l'altra forma, o sotto una sola se l'altra è erronea, è molto probabile che << altro non si abbia che un senhal poetico; e che questa Ballata, forma essenzialmente popolare e musicale, sia soltanto uno di quei componimenti poetici che allegravano, specialmente al ritorno del maggio, le giovani e liete brigate fiorentine... Ad ogni modo, anziché prender posto fra le amate dal Poeta, la Nuvoletta si perde in un vapor d'aria e la Violetta svanisce in un profumo: figure, non donne ». Resterebbe la Montanina e la Gentucca. Ma la Genlucca, la lucchese del XXIV del Purgatorio « non è una amata da D., ma un'amica », ricordata dal Poeta, come dice il Buti, « per la virtú grande ed onestà

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e

ch' era in lei, non per altro amore »; e la Montanina rappresenta probabilmente un concetto intellettuale personificato al quale è impossibile a noi dare il verace nome, perché forse la canzone che la risguarda (Amor da che convien pur ch' io mi doglia) è « scritta in un linguaggio convenzionale di cui si è perduta la chiave ». In conclusione, ad una sola donna si riduce, secondo il D'Ancona, « la famosa lista delle amate da Dante, non cosí copiosa come quella di Don Giovanni, ma tuttavia abbastanza lunga ». (4396)

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Trae da un cod. della Palatina di Parma (109) della prima metà del XV sec., la Canzone contro alla Povertà da questo ms. attribuita a Fazio degli Uberti, e dalla vacchetta utilizzata dal Barbieri ed ora smarrita, a Manettino da Firenze. La Canzone incomincia : O povertà che tti distrugha Idio, e finisce Prima tra via solo si rimangna, ed offre una nuova utile contribuzione alla storia poetica della Povertà nel XIV secolo, insiem con quella di Giotto, colla canzone d'incerto autore: O povertà come tu sei un manto, l'anonima: De! dimmi, Cristo, quando fusti al mondo, e i sonetti anonimi: O povertà di ciascun vizio regno; Ricchezza fa l'uom savio e signorile. Se la povertà sia un bene o un male, osserva il dotto editore, non osano nemmeno discutere i primi seguaci di san Francesco. Se a taluno il suo fantasma, pur per un istante, avesse destato ribrezzo o paura, ecco dalla bocca stessa del Santo il racconto delle nozze piene d'infinito amore, dalla bocca stessa dello sposo ardente e del cavaliere. Brillano ancora della luce di lui alcune vetuste laudi, qualche cantico di Iacopone, il Commertium, e nulla piú. Nell' Ordine vincono le rilassate tendenze, incoraggiate da Pontefici e da Concilii; si che sol la figurazione ideale rimarrà, bella a riguardare ma vuota di ogni significato. Onde è che Dante ritrae in un quadro di gusto arcaico la Povertà, ma non la sente, Giotto la ritrae per commissione e nell'intimo la dispregia; le voci di difesa che pur non mancarono (si ricordi il Pucci, il Torini e l'ignoto poeta della ballata: O povertà gioiosa), si fan sempre più tenaci e a poco a poco si spengono. (4399)

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dare una plausibile spiegazione solamente se si accetti l'ipotesi, accennata dal Mandonnet, che l'Alighieri sia stato precisamente informato della natura, della estensione e delle conseguenze della condanna che nel 1277 si abbatté su Sigieri, ed abbia, in fine,' ben conosciuto che non tanto il Brabantino e i seguitatori delle dottrine di Averroe ne furono il bersaglio, ma eziandio san Tommaso stesso e gli aristotelici seguaci suoi »>.

(4406)

FEDERZONI GIOVANNI. Conversazioni e divagazioni intorno al Poema di Dante. I. Piccarda Donati. (Nel Fanf. d. Dom., XXXIII, 47 e 48).

Purg., XXIV, 10; Par.. III, 4; IV, 97, 112.

(4407)

Conversazioni e divagazioni intorno al Poema di Dante. II. L'Angelo nocchiero. (Nel Fanf. d. Dom., XXXIV, 5).

Fa il calcolo del tempo impiegato dall'Angelo navicellaio a trasportar per mare le anime dalla foce del Tevere all' isola del Purgatorio; e trova che esso compieva, secondo Dante, il viaggio, che era di 9000 miglia, cioè di 16650 chilometri, in 360 ore ossia in 15 giorni in un tempo, dunque, alquanto minore di quello con cui oggi attraversano l'Oceano i piroscafi più veloci. « Dante non sapeva e non poteva prevedere che la scienza e il genio avrebbero dato un giorno alla grande solcatrice dei mari questa forza, quest'ala potente che a lui parve certamente miracolo, e ch'egli rappresentò nel suo angelo nocchiero ».

(4408)

Del Latino nella « Divina Commedia ». (Nel Fanf. d. Dom., 24 mar., 1912).

(4409)

Il Romanzo di Beatrice Portinari. Terza edizione. Rocca San Casciano, Licinio Cappelli, editore, 1911, in-16°, pp. 172.

Il lavoro del Federzoni vide la luce, la prima volta, nel 1894, col titolo: La vita di Beatrice Portinari. Perché ora la vita sia diventata il romanzo di Beatrice, spiega al lettore l'A., ricordando come l'opera sua fu appunto battezzata cosí da un critico arcigno sulle colonne di una grande Rivista letteraria. Il critico, naturalmente, non intese di fare un complimento al Federzoni, che li per li, anzi, ne rimase turbato; ma riavutosi poi dal súbito stordimento, egli pensò fra sé: « Ebbene, che male c'è? Sia pure un romanzo. Non può essere il romanzo, quando cerca divinare i moti dell' anima umana, piú vero della vita vera? »; e il titolo << giusto » fu trovato. Ora il libro è alla sua terza edizione: segno che i lettori han dato torto al critico e ragione all' autore... (4410

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