L 7 10 * 14 Morte po chiuder sola a' miei penseri Breve conforto a sí lungo martiro. • per irreparabilmente perduti - 5-10. I miei pensieri non possono essere impediti di giungere a Laura [dolce porto] se non dalla morte; ma ben può un ostacolo minore della morte nascondere a voi, occhi, la vostra luce, cioè privarvi di Laura; perché voi siete per natura meno perfetti che i pensieri e forniti di minor potenza (L). 9. meno. Minore. Purg. VI 90 « fòra la vergogna meno. » Decam. III 10 « in che maniera e con meno impedimento a Dio si potesse servire». oggetto (obgetto il Ms. originale), addiett, in origine, s'usa a modo di nome in senso di oggetto opposto, e, in Il D fu d'opinione che questa ballata e i due sonn. segg. fossero composti per il viaggio del p. a Napoli del 1339. Il Pakscher la pone tra il 1330 e il 33. XV Dimostrò di sopra che era per allontanarsi da Laura: messosi in via, teme di non poter allontanarsi da lei la quale è la vita sua ma Amore lo ammonisce del privilegio che godono gli amanti. L'Alfieri lo nota tutto (salvo dicendo: Oimè lasso!). <<< Quan la doss' aura venta Deves vostre pais, 1-8. Il D ricorda Ovidio Rem. am. 214 | sti versi ne ricordano quattro del Ventadorn <<< I procul et longas carpere perge vias. Flebis; et occurret desertae nomen amicae, Stabit et in media pes tibi saepe via. Sed, quanto minus ire voles, magis ire memento: Perfer, et invitos currere coge pedes.-3-1. Rivolgendosi addietro veniva a respirare dell'aria stessa che moveva dal luogo ove era Laura, e ciò gli dava conforto si che il corpo proseguiva il cammino, benché il p. sospirasse sulla sua sciagura. Que 4. Che. Riferiscilo a conforto. '1 fa. Il i smorto. Esternamente. 10. come posson in quella cosa di che pensa: onde, l'amante pensando all'amata, si dice l'anima sua quivi vivere (Cv). - 13. questo. Cioè di poter vivere col corpo lontano dallo spirito (L). Altrove, Secr. « Quod est amantum infame privilegium ». Il D cita Properz. III 12, parlando di chi primo dipinse Amore fanciullo, «Hic primum vidit sine sensu vivere Il T dice dei ternari che « son veramente degni di un tal poeta ». 14 XVI Sonetto di lontananza. Il P. va cercando nelle altre donne un'ombra della bellezza di Laura. Il Foscolo (Saggio sopra la poes. del P.) volle che fosse fatto invece a dissipare qualche po' di gelosia che potesse essere nata in lei. L'Alfieri nota i vv. 1-9 e 12-14 (salvo Cosi, lasso!, tal or). 1. canuto e b. È reiterazione: né la reite- | sciandola egli per girsi a Roma; e però raz. sempre è spiacevole: nondimeno bianco in un vecchio si potrebbe forse anche alla pallidezza applicare (T). Cosi la intendono il Bgl e il Tommasèo [Dizion.], il quale reca questo esemp. del Volgariz. Arr. Sett. sbigottisce. E questa piú mi piace (T). 5. Esprime proprio l'affanno e lo stento (Bgl). 8. Rotto: Oraz.sat. 11 «fractus membra labore. - 9-11. Parad. xXXI 103 « Qual è colui che forse di Croazia Viene a veder la Ve « La bianca buccia sozzamente võta di san-ronica nostra, Che per l'antica fama nou gue [exsanguis turpiter alba Cutis]. 2. Del: indica qui il termine onde la persona è mossa: Purg. XXIII 89 «Tratto m'ha de la costa ove s'aspetta ». ov'. Dove ha passato la sua vita ch'è presso alla fine (L). - 4. venir manco a sé stesso consumato dalla soverchia età, o vero venir manco a lei, la si sazia, Ma dice nel pensier fin che si mostra: Signor mio Gesú Cristo, Iddio verace, Or fu si fatta la sembianza vostra?». viene. Non è necessario indurne che il p. fosse a Roma, può aver messo questo verbo nella sua qualità d'italiano. - 10. la sembianza di colui. Dante, V. N. xl «quella immagine PETRARCA - Rime Kouich 14 1 2 14 Cosi, lasso!, tal or vo cercand' io, benedetta, la quale Gesú Cristo lasciò a noi 13. in altrui. In altre donne. Se il viene del verso 9 potesse essere un indizio che q. son. fosse fatto in Roma, in tal caso bisognerebbe dirlo scritto fra il cadere del 1336 e l'agosto del 37, dacché in tali mesi il P. fu la prima volta per qualche tempo in quella città (Cfr. Cesareo, p. 35). Lo analizzó finissimamente il De Sanctis, Saggio sul P., Napoli, 1869, p. 108. XVII Quale sia il suo stato quando Laura gli è presente e quando da lui si diparte (Md). L'AIfieri nota i vv. 1, 3-7, 13 e 14. 14 Largata al fin co l'amorose chiavi 1-4. Piango quando vi vengo a vedere occhi vostri, che per me sono fatali, cioè (P). 2. vento ang. di s. Corrisponde a Pio-hanno influssi simili a quei delle stelle del commi. E son gentilezze non pur del P., cielo, ritirano da me i loro atti soavi, o vero, che voi, con atti soavi, ritirate da me gli occhi vostri (L). spiriti. Torneranno di nuovo in campo: eccoli, secondo le idee d'allora, definiti dal D: « Sono alcuni vapori tenuissimi e lucidi, generati dal caldo del cuore della piú sottil parte del sangue che sia nel corpo: i quali spiriti, partendosi dal cuore ove è la sedia della vita, corrono per le vene pulsatili; e nel fegato fanno la potenza nutritiva, nel cerebro la sensitiva. Questi ora per grandissimo desiderio s'infiammano, ora per soverchio timore si agghiacciano». - 12-14. Un'estasi amorosa rimedia al dolore (P). Largata. Dischiusa (L). amor. ch. Potenza d'amore (CV). Translato da coloro che tengono le chiavi di prigione (dv). - 14. indi. I piú spiegano dal cuore: ma parrebbe ripetizione. Il L riferisce indi a voi del v. super., intendendo dello staccarsi l'animo del p. da Laura e ritornare in lui. XVIII Risponde alla seconda parte dell' anteced. (dC). Perché e come fugga la vista di Laura. C'è su questo son. una esposizione di Lor. Giacomini Tebalducci e una lez. di Pietro Recuperati (ambedue in Pr. fior. Lez. p. II, v. II). L'Alfieri nota i vv. 4-5, 7-8, 12-14. 4 Quand' io son tutto volto in quella parte Ove 'l bel viso di madonna luce, 1. tutto v. Rivolto col corpo e col pen-che va né sa dove riesca ». - 9. davanti ec. siero [Oraz. epist. I 1 « omnis in hoc sum »], dopo essermi trovato con Laura (L). in. Verso (L). Manca al vocab. un esemp. cosí netto. 2. luce. Abbiamo già visto Laura raffigurata in un sole. - 3. la luce del viso di lei. 4. a parte a p. Intieramente e a poco a Dinanzi all'amata vista, cagione della sua poco. Dante, nelle Rime, di simil cosa contali, o, come diceva il Cv, che parlano di dissimil metaf. <<< Rodermi cosí 'l core amorte. Meglio intendere con la comune scorza a scorza ». 5. mi si parte. Mi si divide, mi si spezza (L). Mastro Migliore <Amor, s'eo parto, il cor si parte e dole ». 6. presso. Esser vicino. mia luce. Vita (L). Aen. Ix 205, Eurialo, sull'affrontare un gran pericolo: << Et hic est animus lucis contemptor». - 7. Vommene, senza luce di ragione e d'intelletto [smemorato], in guisa d'orbo (F). Interpretazione che approva la interpunzione proposta dal dR e qui accolta per togliere al p. la colpa d'un pleonasmo irragionevole. 8. Purg. II 132 «Com' uom degl' interpr. (e come intese M. Ponta In- Nota le rime che paiono tutte le stesse, e nondimeno il signific. è diverso. Ma queste sono cose leggiere. Voga e passa (T). Non però senza notare le terzine. XIX Non regge alla vista di Laura, e pur la ricerca. - L'Alfieri nota tutto. Sono animali al mondo di si altera Vista che 'n contr' al sol pur si difende: 1. animali. L'aquile, altera. Superba, e, per trapasso facile dell' idea, acuta, forte, 2. Che regge pur di rincontro al sole: vi guardano senza esserne offesi. 3-4. Gufi e simili. 4 8 Non escon fuor se non verso la sera: 14 E so ben ch' i' vo' dietro a quel che m' arde. 5-8. Farfalle. Folquet de Mar-ctare: Aen. x 4 (Giove) « terras unde arduus seille « Ab tal semblan que fals amors adutz S' atrai vas leis fols amant e s'atura Co'l parpailhos qu'a tan folla natura Que s' fer el foc per la clardatz che lutz ». -7. l'altra virtú (proprietà] del fuoco oltre quella di splendere, il bruciare. - 9-10. Com' è forte l'aquila a sostener la luce del sole. Aspettare, per rimirare, dal lat. adspe omnes Castraque Dardanidum adspectat populosque latinos: era dell'uso antico: ce n'è altro esempio, poco chiaro, di F. Barberino Doc. d'am. pag. 11 v. 3. 10-11. E né anche so farmi riparo da essa luce con tehermi in luoghi oscuri e non uscire se non al tardi, come fanno i gufi ec. 12. 'nfermi. Deboli. È distinto con metodo: lo stile è dolce e maestoso, la comparazione è vaga e risponde di parte in parte (T). XX Vorrebbe cantare le bellezze di Laura, e più volte l'ha tentato: ma non gli riesce; tanto è mirabile! L'Alfieri nota i vv. 1-11. 4 Vergognando talor ch' ancor si taccia, • Ma trovo peso non da le mie braccia 1. Vergognando. Senza mi: altrove «sce-parecchieranno che per Parmeno loro saranno imposte ». 3. Ricorro coll' immaginazione (Bgl). 4. Tal. Sí leggiadra e bella (F). che n. a. Ovid. [ar. am. 1 42] « Tu mihi sola places ». 5. Quanto all' inven mando la virtú per scemandosi, e « meravigliando dissi». Il che usa di far Dante in simili gerundi. Purg. XXVI 81 « Ed aiutan l'arsura vergognandoe XXXI 64 «Quale i fanciulli vergognando muti » e II 69 « Ma-zione (F). Sente quel d'Oraz. De a. p. [38] ravigliando diventaro smorte» (Cv). « Dentro a' delicati petti, temendo e vergognando, tengono l'amorose fiamme nascose il Bocc. [Decam. proem.]: ma è però modo di favella usato prima da' Provenzali « Mas natura maraveilha disse P. D' Alvernia (T). 2. per me. Da me. Purg. VII 6 «Fûr l'ossa mie per Ottavian sepolte Decam. introd. * Quelle vivande diligentemente ap <<< Sumite materiam vestris, qui scribitis, aptam Viribus et versate diu quid ferre recusent, Quid valeant humeri ». Dice braccia, quasi, prima che si muova il peso di terra, si tenti con le braccia (Cv). - 6. Quanto all'elocuzione (F). Quintil. Ut opus poliat lima (Cv). Nel Credo attrib. a Dante scrissi d'amor più volte rime,.... E in polirle adoprai tutte mie lime ». -7. estima. |