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ed istessa chiesa. Corregge egli pertanto il Cenetensis del n.° 4 in Cessensis, e vuole che Orsino fosse vescovo di Cissa nell'Istria, e non di Ceneda, mentre in quest'anno 679 non si ritrova memoria alcuna che Ceneda avesse sede vescovile, quando Cissa, oggi detta Ponta Barbariga, si tiene, che fosse antico vescovato; e trovasi pure da monumenti lapidarii che vi fosse colà una fabbrica di Porpora, come provò il marchese Girolamo Gravisi nelle Antichità Italiane del Carli.

Vuole pure il Rubeis, che Andreas Vejentana legger si debba Andreas Celejanæ, cioè di Cilla; così Ursinianus Paduana leggasi Ursinianus Petenensis di Pedena, mentre in quel tempo nessun Ursiniano reggeva la chiesa di Padova; così Paulus Patavino intender si debba per Paulus Altinensis, cioè di Altino; e Paulus Altinensis, per Paulus Riminensis indicando questo l'indicazione della provinciæ Pentapolis a chiare note.

Sino dal tempo dell'impero romano la Venezia e l'Istria erano considerate per una

stessa provincia politica; su di che sono noti i consolari, ed i correttori della Venezia e dell' Istria. Il vescovo di Aquileja era pure il vescovo dell'Istria, la quale formava parte della diocesi di Aquileja. Sopra ciò già feci discorso nella patria di S. Girolamo: Venezia, 1824 pag. 36. Ritiratosi il vescovo di Aquileja nell'isola di Grado, fu quell' isola chiamata Nuova Venezia, e colà vi fu stabilita la sede, ritenendo il nome di vescovo di Aquileja, ossia della Venezia terrestre chiamandosi vescovo della Venezia e dell' Istria, come dell'Istria e della Venezia promiscuamente. Il Dandolo (l. 6 cap. 7 parte 17) dice, che al tempo del patriarca Agatone: Longobardi hoc tempore totam terrestrem Venetiam possidentes, excepta Istria, illam vocare cœperunt Longobardiam. In Aquileja soggetta ai longobardi vi era un patriarca scismatico, il quale perturbava in tutti i modi quello di Grado, come i longobardi vessavano lo stesso, ed inquietavano gl' istriani con ostilità. La Venezia marittima era sotto la protezione degl'imperatori greci, comne sotto la loro dipendenza lo era l'Istria.

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di Pola.

Il maggior numero da' vescovi suffraganei del patriarca di Grado erano i vescovi dell'Istria. L'Istria coll' isole del dogado faceva una provincia marittima e tutta cattolica. Per distinguere adunque la Venezia marittima, dalla terrestre, ed il cattolico patriarca di Grado dallo scismatico di Aquileja, si denominò provincia dell' Istria la provincia metropolica del patriarca di Grado, ed Agatone si volle sottoscrivere vescovo di Aquileja perchè n'era il legittimo orignario, mentre quel di Aquileja n'era l'intruso e lo scismatico, e con ciò far fronte al medesimo, conservando nel nome il diritto. I vescovi poi di Ceneda e di Altino detti pure della provincia dell' Istria, perchè uniti nel dogma col cattolico di Grado, avranno questo riconosciuto per metropolita, abborrito lo scismatico di Aquileja, e forse saranno fuggiti dalle loro sedi.

113. CRISTOFORO di Pola nell' anno 685 fu eletto patriarca di Grado, egli fu pietoso verso i poveri, e studioso nel fabbricar chiese, passò all' altra vita in Grado nel 717 dopo 32 anni di sede, e fu sepolto nel

la chiesa di S. Giovanni Evangelista. Dandolo Cron., e Rubeis pag. 309.

Di questo patriarca il Laügier (Istor. Veneta Tom. 1. pag. 64 Venezia 1778) porta una celebre parlata fatta nell'assemblea generale radunata in Eraclea nell' anno 697; per cui ad insinuazione dello stesso fu cangiata la forma del governo tribunizio, e fissata quella de' Dogi, dalla quale perorazione si riscontra la riputazione, e la scienza di Cristoforo.

Perchè si conosca questo bel monumento di eloquenza del nostro Cristoforo, io qui la riporterò tratta dallo stesso Laügier, il quale dice che nata discordia generale nello stato di Venezia, fu convocata un'assemblea generale in Eraclea, composta dai tre stati, cioè clero, nobiltà, e popolo; ed ivi essendo le pubbliche lagnanze tutte dirette contro i tribuni i quali governavano la repubblica, chiedevasi un governo proprio a far cessar la discordia. Allora Cristoforo patriarca di Grado, nativo di Pola, uomo

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venerabile per la sua scienza e purità di

» costumi, prese a parlare in questi termi» ni. »

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Cittadini, avendomi la Divina provvidenza destinato per adempiere presso « voi un doppio uffizio, cioè di governar » le anime con le mie istruzioni, e di aju» tare la repubblica coi miei consigli, m' ingegnerò in questo secondo uffizio di eseguire con zelo ciò che devo alla patria »> nella circostanza pericolosa, che ci ha qui radunati. Pare che il nostro stato presente esiga una forma nuova per conservare quella preziosa libertà, che i nostri maggiori sono venuti a cercare in queste lagune, anteponendole per questa sola ragione alle delizie della loro antica patria. >> In effetto queste isole, spoglie allora di ogni altro vantaggio, non potevano loro >> offerire, se non che la felicità d'una vita libera; poichè la prosperità e l'abbondan» za acquistate di poi, non poteano da essi sperarsi. Tocca a noi dunque operare in » modo, che le nostre discordie non ci pri» vino dell' unico bene, tanto apprezzato da » i nostri padri. Permettete che vi parli li

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