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numero molto maggiore. Oh! se a quest' impossibilità, di far in sogno noveri precisi, avessero posto mente gl' interpetri; quanto tempo e quant' inchiostro, gettati in misurar l'Inferno e il Purgatorio di Dante, si sarebbero risparmiati! Ma di questo Ella non tocca nella sua Rassegna; onde non è qui il caso d'insisterci.

Ma non posso non richiamare la Sua attenzione su d'un altro particolare, neppur esso citato da Lei; ma che, certo, è di molta importanza dal punto di vista dell' arte dan. tesca l'accozzo, nel Poema, del mondo cristiano col pagano. Non occorre ricordare a Lei i vani tentativi dei commentatori, a giustificare siffatto accozzo: farò solo un' eccezione per la ipotesi del Landino; ipotesi a cui un maestro, il De Sanctis, diè la sua autorevole sanzione: la « mescolanza » del mondo

cristiano col pagano, << che in molti contemporanei pare strana e grottesca », sarebbe, secondo il De Sanctis (Storia della lett. it., cap. VII) legittimata nel Poema dantesco dall'allegoria, << che concede al Poeta libertà di forme ch'egli creda piú acconce a significare i suoi concetti ». Scordiamoci che chi scrive questo è il De Sanctis, e domandiamoci: chi può esser persuaso d'un tal ragionamento? L'allegoria, in sostanza, altro non è che una metafora; ora, come metafora, l'accoppiamento del mondo cristiano col pagano avrebbe del parlar metaforico i maggiori difetti: a significare una sí gran cosa, quale il Cristianesimo, si toglierebbe la metafora da una si piccola cosa, quale il paganesimo, che sant'Agostino, nel De Civ. Dei, poté persino coprir di ridicolo; la purezza dell' uno troppo stonerebbe con le brutture dell'altro; dal paganesimo, mal noto specialmente ai tempi di Dante, questi avrebbe preteso che avesse a piover luce sul Cristianesimo, l'anima della cultura medioevale; infine, troppo è manifesta l'opposizione degli Dei pagani, della lor morale, dell'antico oltretomba, e cosí via, al Dio, ai Santi, alla morale, al mondo di là del Cristianesimo. A quelli tra i Gentili, che invocavano l'allegoria per giustificare le loro favole, ben oppose san Gregorio Nazianzeno

(Oral. 3 in Iul.), che delle cose divine neppur gli esteriori ornamenti vogliono essere disonesti, e quindi indegni delle cose significate; il che la cristiana dottrina, che ha pur essa le sue allegorie, ben mostrò d'aver sempre tenuto di mira. Quel che legittima l'accozzo del Cristianesimo col paganesimo in Dante è l'esser il suo Poema una visione, ossia una specie di sogno: nel sogno l'immaginazione non ha freno; onde nella mente di chi sogna s'accozzano talvolta l' immagini più disparate; si fondono, si confondono le cose meno fusibili e men da confondere: un sogno che non rispecchiasse un po' almeno di questa confusione, che del sogno è, direi quasi, la nota caratteristica piú saliente, non sarebbe più un sogno. Ben inteso che altra sarà la confusione d'un sogno di ser Martino dall'aia o di donna Berta dal mulino; altra quella del sogno d' un dotto; pur nella confusione, il sogno d'un dotto mostrerà sempre d'essere il sogno d'un dotto; onde nessuna meraviglia se l'accozzo dell'imagini cristiane con le pagane nella visione dantesca sembri trovare una certa legittimazione in talune frasi scritturali, come quella del Salmista (XCV, 5), « Omnes Dii gentium, daemonia » o quella di san Paolo (I Ad Cor., X, 20), « Quae immolant gentes, daemoniis immolant, non Deo »; e nelle dottrine di taluni Padri della Chiesa, sui miti: che questi, per ciò che riguarda gl' insegnamenti morali che se ne posson trarre, o sieno un' imitazione del Vecchio Testamento, o derivino dal lume naturale, insito nel cuore di tutti gli uomini. Ma poiché a queste dottrine altri Padri della Chiesa altre n' opposero, e tali da non poter un Dante esitare a preferirle - i racconti e i simboli mitologici essere stati ispirati dal demonio; oppure, tutto quanto si riferisce agli Dei dei Gentili non esser altro che pura e semplice favola -; è chiaro, come già ho accennato, che il miscuglio del pagano col cristiano, nel mondo sognato da Dante, non ha nelle dottrine dei Padri della Chiesa, che solo una parvenza di legittimazione; o meglio, talune di esse non ci mostrano se non il filo, che può, nella visione d'un dotto, accoppiare quei due opposti elementi; ma la

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vere in comunione con il Poeta gli ultimi anni della sua vita », le accolga e le fecondi. Nell'un caso e nell'altro sarò sempre

il suo dev.mo

L. FILOMUSI GUELFI.

Popoli, novembre del 1914.

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A PROPOSITO DELLA « CITTÀ DI DITE »

Il signor Lorenzo Filomusi-Guelfi, a pagine 239-243 di un suo recente volume (Paralipomeni danteschi, pubblicato a cura della Casa Ed. S. Lapi), con un articoletto a cui dà il titolo di Critica allegra prende graziosamente a confutare la mia Città di Dite comparsa in Giornale dantesco, anno XXI, pagg. 1-38.1

Prima però ch' io attenda a discorrere delle obbiezioni mossemi dal signor Filomusi, bisognerà pur che risponda ad alcune questioni che, veramente, non han nulla a che vedere con la Città di Dite.

Il signor Filomusi a pag. 243 in una noticina piú che allegra, anzi spiritosissima, da farti proprio smascellar dalle risa quand'anche non ne abbia la voglia, ha il merito incontestabile di aver fatto alle sue poche diecine di

1 Piacemi a questo punto osservare con quale amenità il signor Filomusi si duole della estensione del mio lavoro: « Leggendo, cosí egli comincia, le trentotto pagine che il Giornale dantesco, in verità con soverchia indulgenza, ha concesse a uno studio ecc. ». La stessa amenità riappare al principio della Critica di coalizione, altro scritto apologetico del signor Filomusi, dove si legge : «< il Padre Busnelli accetta quest' incarico col maggior piacere, perchè ciò gli fornisce l'occasione di difender sé stesso e il suo Parodi, nel regno stesso del Parodi; val quanto dire, senza alcuna limitazione, né di spazio, né di modo. E cosí vengon fuori ben quarantaquattro pagine del Bullettino ecc. ».

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lettori (vedi op. cit., pag. VII. Il signor Filomusi, modestissimo com' egli è, non ne desidera di più!), strombazzandola ai quattro venti come una vittoria da non dirsi, una considerevole scoperta. (Peccato ch' essa, in verità, giunge ai lettori del signor Filomusi un po' troppo tardi !...). Ha scoperto, dunque, con l'aiuto della Relazione del Rettore dell' Università di Roma ch'io, nientemeno, mi son laureato in lettere, con lode, nell' estate del 1913; e che, siccome la mia Città di Dite è stata pubblicata nel dicembre del 1912, essa evidentemente e naturalmente è stata composta quand' io ero ancora studente di quarto, se non di terz' anno d'università. Povero signor Filomusi! mi assomiglia a un di quei cosiddetti mozzorecchi che, trattando o maltrattando una causa in Tribunale, alzano a un tratto la voce, si accendono in vólto e nella foga della declamazione ti fanno uno sproloquio su dei particolari del tutto, o quasi, estranei alla loro causa, ma ch'essi credono, per crassa ignoranza, che debbano necessariamente esercitare sull'animo dei giudici un'influenza straordinaria. Di simil fallo il signor Filomusi pecca piú d'una volta, come vedremo, nella sua Critica allegra.... fra l' allegria di tanti allegri argomenti !... Intanto mi si permetta ch' io chiarisca e rettifichi certe sue curiosissime congetture.

Egli, estremamente buono ed umano, non sa proprio rassegnarsi a vedere cosí miserevolmente crollare l'edificio della mia Città di Dite sotto i colpi spaventevoli vedremo piú

tardi quali siano!) della sua critica; e, giudice terribile quanto clemente, cerca delle attenuanti per il mio caso infelice nel fatto che il mio studio reca la data dell'anno nel quale io non ero ancora che uno studentello di terzo o quart' anno d' università. E, come se questo non bastasse, pensa e ripensa, premi e spremi.... ed ecco ti cava fuori un'altra attenuante assai piú stupefacente della prima: che cioè vi dev'essere stato chi mi abbia in

coraggiato a pubblicare un compito scolastico. A parte il fatto che il signor Filomusi si mostra sempre dominato da un ombroso pregiudizio, molto simile, psichiatricamente parlando, alla mania di persecuzione, che tutti cioè di lui si preoccupino, tutti parlino o sparlino di lui, tutti non abbiano in mente al mondo altro che lui (anche nella Critica di coalizione, op. cit., pag. 245 fantastica che il P, Busnelli è stato incaricato dal Parodi a scrivere contro di lui : Il Parodi.... affida al suo ammiratore, il P. Busnelli, l'incarico di dare.... notizia delle mie due ultime pubblicazioni....: naturalmente, il P. Busnelli accetta quest' incarico col maggior piacere, perché ciò gli fornisce l'occasione di difender sé stesso e il suo Parodi ecc, ecc. »), a parte, ripeto, tutto questo, il signor Filomusi non immagina menomamente che le cose possono stare in ben altro modo.

Abbia ora egli la compiacenza di dar un tantino di tregua al suo molto maniaco furore, e sappia fin d'ora ch' io mi son laureato invece.... (indovinala grillo !...) in letteratura latina; sappia ancora, poiché di notizie biografiche a mio rignardo egli si mostra assai ghiotto, che del latino e del greco io sono appassionatissimo studioso e in certo modo anche, modestia a parte, un tantino competente; sí che già da due anni insegno materie letterarie nei RR. Ginnasî superiori del bello italo regno; sappia inoltre ch' io durante i miei studì non ho mai goduto della benché minima esortazione da parte di nessun maestro; che non ho mai riconosciuto limiti d'età né freni di scuola per quel che riguardasse la mia educazione intellettuale, ma ho mirato e miro assiduamente con occhio d'amore a una

cosa sola: lo studio come a me piace; sappia il signor Filomusi che ho sempre disprezzato le opinioni degli altri perché ne ho avuta sempre qualcuna mia propria; ch' egli in fin dei conti l'ha da fare con me, cioè con una creatura di Dio, che non ha mai ammesso autorità di sorta al di sopra di sé, ch'è stata sempre avvezza a dir corna e corna di tutti quelli che credono, com' egli crede, di contar qualche cosa a questo mondo; ed è capace di farlo girare come un quattrino sulla palma d'una mano.

Quand'abbia saputo tutto questo, il signor Filomusi si rassegnerà, spero, di buon grado a credere che Dante, dopo tutto, può piacermi moltissimo, e che posso occuparmene con amore e con scienza, essendo egli, com'è noto, il genio del medioevo che direttamente si riallaccia con la gloriosa tradizione letteraria latina, oggetto speciale dei miei studi ; mi permetterà, spero, (bontà sua, del resto!) di affermare solennemente che la mia Cillà di Dite non è stato affatto un semplice compito scolastico, com' egli suppone, ma uno studio

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meditato e scritto con l'unico intendimento di far cosa utile al progresso degli studi danteschi. Quindi via i maestri, via le suocere e le nuore che abbarbagliano la piccioletta mente del povero signor Filomusi! Il quale con una mal dissimulata cert' aria, che vuol essere di superiorità, ma che invece è il meschino atteggiamento di chi, sapendosi sopraffatto, cerca avvilire il proprio avversario con volgari insolenze, sistema questo troppo antico e troppo frequente in critica, perché anche il piú ingenuo ormai non abbia ad accorgersene, parla di me come di un giovinetto (vedi la spiritosa noticina a pag. 243), come di uno studentello inesperto ed imberbe, come, insomma, di un essere che bisogna metter da parte, che non ha voce in capitolo, del quale non. fa conto in nessun modo occuparsi.

Via! il signor Filomusi, per amor del

1 Nella non mai abbastanza laudata noticina della pag. 243 a un certo punto cosí s'esprime il signor Filomusi: «< dire a nuora, perché suocera intenda; se la suocera c'è ».

cielo, le smetta una buona volta codeste arie; tanto più che a lui, per la qualità del personaggio, non sono punto punto appropriate !!... Egli pensi a confutare, come non ha saputo fare sino ad oggi, quello ch' io ho scritto contro le sue strampalerie, e non si curi di siffatte ridicole e insensate puerilità! Ché non si acquistano arie di grandezza sol perché si lanciano, per accecarli, sugli occhi del pubblico, come coriandoli, volumi e volumi ogni mese ed ogni anno! Il signor Filomusi si persuada inoltre che autorità non hanno i suoi.... cosí vantati volumi, i quali del resto non serbano alcuna unità di argomento, essendo composti di tanti disparatissimi articoletti pubblicati alla spicciolata in qualche periodico e poi raccolti, anzi accozzati in volumi; ch'essi son destinati a sonnecchiare sotto la polvere negli scaffali di qualche Biblioteca che li riceva per diritto di stampa, e che nessuno li legge, se non allo scopo di confutarli o, in qualsiasi caso, di parlarne, come a me accadde, per debito di critica; si persuada d'essere uno dei tanti che non hanno ancora nessuna direttiva e organicità di pensiero, d'essere un ingegno, come benissimo lo definí il Parodi, più sottile che acuto, piú minuzioso che largo, d'essere, come lo definisco io, un fastidiosissimo spigolatore di preziosità dantesche !...

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tare, e con la solita sagacia, e con l'aiuto di qualche documento del tempo, risolvere in un suo studio da inserire poi in una prossima raccolta di articoletti d' argomento affine, alla quale potrebbe dare, per esempio, il titolo di << Critica allegra ». Non pare a Lei una buona, un'ottima idea cotesta, signor Filomusi? A me già par di vederlo tutto raggiante di serafica gioia mettere a soqquadro la propria officina per apprestare alle sue.... poche diecine di lettori un altro bel volumetto paffuto e grassoccio di un paio di migliaia di pagine!

Ciò premesso, veniamo ora direttamente a parlare della Critica allegra. Ora, sí, finalmente che, dopo la Relazione del Rettore dell' Università di Roma, potrò aver la coscienza netta e sicura da farmi innanzi e trattar da pari a pari con Lorenzo Filomusi-Guelfi, cotesto Colosso.... di Creta (che, naturalmente, non ha nulla a che vedere con quello di Rodi) per la letteratura dantesca !...

Il signor Filomusi (tralascio a bella posta certe stenterellesche meschinerie, come indegne ch' io le confuti, con le quali comincia il suo scritterello) dice ch' egli non vuole infliggere al lettore la penitenza d'un riassunto del mio studio; ma che tuttavia ne compendierà le conclusioni principali, perché non sembri d'incoraggiare col silenzio.... certi sfoghi di grafomania. Ora il lettore ha da sapere che il signor Filomusi ha scritto (vediamo di fargli esitare qualche copia dei suoi volumi): 1) Studi su Dante, Città di Castello, ecc., 1908, in-8, pagg. VIII-605; 2) Nuovi studi su Dante, etc., in-8, pag. 464; 3) Novissimi studi su Dante, ecc., in-8, pagg. IV-216; 4) Paralipomeni danteschi, ecc., in-8, pagg. VII-277; in tutto la bellezza di pagine.... millecinquecentottantuna !

Modesto Lorenzino! Non è malato, no, di grafomania lui! non infligge lui alle.... sue poche diecine di lettori la penitenza di leggere, se pur le leggono, migliaia di pagine gravi, noiose, petulanti, indigeste come ostriche!

Secondo lui, si è colpevoli di grafomania quando si cerca, com' io feci, di stabilire la verità e di mettere le cose a posto; però lui in questioni di tal genere non c'entra mica, lui che con aria burbanzosa e spavalda am

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