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degli uomini. In fondo, questa è l'interpretazione stessa che cinque secoli fa diede Pietro di Dante con minor lusso di parole: ma il suo semplice accenno doveva parlar chiaro alle memori menti de' suoi contemporanei, e ancora l'ignoranza e le preoccupazioni dei commentatori non avevano accumulate le tenebre sulla famosa terzina. Questo studio è estratto dalla parte 1a del vol. VI del Propugnatore, nuova serie, fasc. 31-32. Campani A. Postilla dantesca. (Nel Goliardo. Anno I, no. 4).

(151

Non per recare nuova luce sopra un luogo tanto tormentato, ma per rispondere ad alcune affermazioni del professore Antonino Amore che nella prima parte di un suo scritto su Foscolo e Perez (nel Goliardo di Catania, I, 2) proclamò critici senza cuore e senza cervello coloro che possono affermare Brunetto Latini essere stato consigliere ed amico ma non maestro di Dante, crede il Campani opportuno richiamar l'attenzione degli studiosi sui noti versi 81-85 del XV canto d' Inferno. Dai quali versi non pare affatto esplicitamente che ser Brunetto sia stato, nel vero senso della parola, maestro di Dante: ma che insegnasse, a quando a quando, al giovine Alighieri come l'uom si eterna, cioè come l' uomo può rendersi glorioso nella vita e nell'arte. Che se le testimonianze dei cronisti e dei commentatori più antichi sono discordi ed ambigue nè ben determinate le parole del poeta, tutto invece concorre a far ritenere che il Latini, uomo di somma autorità e cultura, e già vecchio quando Dante era ancor giovi netto, non esercitasse mai, nè in publico nè in privato, l'ufficio di precettore: tanto più se si rifletta che ser Brunetto fu più volte ambasciatore e poi cancelliere della republica di Firenze e vicario in Toscana per Carlo I d'Angiò, e stette in tutti i consigli e tra i sindaci e i priori del suo comune. Cfr. no. 149. (152 Opere. Vol. VIII. (Recensione firmata d. o., nel Corriere della sera.

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Carducci Giosuè. Anno XVIII, no. 211). L'ottavo volume delle opere del Carducci contiene seri e gravi studi letterari. I due primi parlano di Dante: uno, indagando la ragione storica delle rime del sommo poeta; l'altro, narrando della varia fortuna di Dante: ed è un peccato sia stato interrotto. Dagli ultimi anni dell' Alighieri giungiamo infatti appena al Petrarca, che il Carducci, animosamente e con sottile dialettica, difende dalla taccia di essere stato un dispregiatore del suo grande predecessore. Da un'epistola al Boccaccio e da altri argomenti, e a mezzo di opportuni raffronti, il Carducci crede di poter trarre quale fosse il vero concetto che il Petrarca aveva di Dante Alighieri. (153 Del Badia Jodooo. La patria e la casa di Giotto. Firenze, stabil. tipogr. fiorentino, 1893, in 16o, di pagg. 8. (154 Franoesohini Lorenzo. Dante: De Monarchia ». Foligno, reale stabil. Feliciano Campitelli, 1893, in 8°, di pagg. 5.

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Fra uno dei primi vanti della città di Foligno è quello di avere data in luce la prima edizione del sacro poema nel 1472. Seguendo ora il nobile esempio degli antichi concittadini sarebbe opera degna de' folignati quella di ripublicare con nuovi e larghi commentari l'altra non meno utile e da molti trascurata opera di Dante che si intitola De Monarchia. (155 Gabotto Ferdinando. Alcuni appunti sul teatro in Piemonte nel secolo XV e su Stefano Talice da Ricaldone. Verona, Donato Tedeschi e figlio, editori, (stabil. G. Civelli), 1893, in 160 picc., di pagg. 17.

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Riferisce qui il Gabotto l'explicit del commento dei Ruralium commodorum di Pier Crescenzio che Stefano Talice nel 1474 trascrisse, e raffrontandolo a quello della Commedia vi ritrova un argomento definitivo per confermare che Talice non compose ma solamente copiò il commento dantesco publicato sotto il suo nome dal Promis e dal Negroni. Il dubbio fu già espresso da Rodolfo Renier del quale il Gabotto cita un articolo sul Giornale storico della letteratura italiana (IV, 56); ma era anche da rammentare che il dottor Prompt

fin dal 1886 nel Pensiero di Nizza (XVI, 4844) e poi nei Nouvelles Annales de philosophie catholique e nella Nazione di Firenze aveva recisamente sostenuto doversi riconoscere nel Talice il riordinatore e il copista delle lezioni di uno sconosciuto spositore di Dante.

no. gr.

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(156

Cfr.

Lollobrigida Pietro. La nuova divina Commedia. Parte II. (« Purgatorio »). Roma, tipogr. dell' Orfanatrofio di santa Maria degli Angeli, 1892, in 16o, di pag. 220. Il primo volume di questa insulsaggine fu publicato nel 1892. Mazzoleni Achille.

(157

La ruina nel cerchio dei lussuriosi. (Annunzio in La Cultura. Anno II della nuova serie, ni. 26-27).

Favorevole. Cfr. no. 112.
Mestica Enrico.

no III. no. 208).

(158

La psicologia nella divina Commedia. (Recensione in Folchetto. An

Il Mestica ha studiato con serietà d'intenti la divina Commedia, ed ha voluto, per così dire, accompagnare Dante nel suo viaggio, fermandosi con lui ad esaminare le dottrine riguardanti l'anima umana nella sua prima origine, nella sua natura, nelle sue potenze, nella sua unità, nella sua ultima destinazione. (159

Morosi A. I luoghi d'Italia rammentati nella divina Commedia raccolti da Teresa Gambinossi-Conte. (Recensione nel Fanfulla. Anno XXIV, no. 193).

Disegnare una carta geografica dell'Italia dove si vedessero indicati soltanto i luoghi che Dante ricorda è stato il compito dell'autrice che ha illustrato questa carta con un succinto e chiaro dizionarietto storico-geografico de' luoghi. L'autrice ha condensato in piccola mole tutto ciò che, in fatto di geografia, lo studioso avrebbe dovuto ricercare in molti commenti, ed ha corredato il suo lavoro di una breve dissertazione sulla geografia dei mondi danteschi e sul sistema tolemaico e di un' appendice dove tutti i luoghi fuori d'Italia indicati da Dante sono registrati. Cfr. ni. 85 e 106. (160 Novelli Vincenzo. I Colonna e i Caetani: storia del medio evo di Roma. (Recensione in Popolo romano. Anno XXI, no. 196).

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L'autore, per questo suo romanzo, ha scelto la fine del secolo XIII, il periodo forse più acuto della lotta politica. Nel libro campeggiano le figure più balde e più tristamente celebri, papa Bonifacio VIII, infido, audace, crudele, odioso a Dan'e; i nobili romani Savelli, Orsini, Caetani, Colonna, talvolta generosi ma sempre pronti alle armi, prepotenti e ambiziosi, intorno ai quali agiscono personaggi storici minori. Vi rivivono Giovanni da Procida, Jacopone da Todi, Nello Pannocchieschi, facinoroso e sleale sposo della Pia, Guido da Montefeltro ed altri che l'autore dipinge con potenza d'arte e fedeltà storica. Cfr. no. 137. (161 Pellegrini Giacomo. Sulla istituzione di una cattedra dantesca a Roma. (In Saggi di critica letteraria di G. Pellegrini. Oneglia, tip.-litografia eredi Ghilini, 1893).

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In tutte le scuole secondarie e più ancora nelle accademie e nelle università ove son professori di belle lettere, il divino poeta ha già un culto speciale: però che non si può discorrere intorno alla nostra storia letteraria senza avere quasi sempre sulle labbra l'Alighieri. Non par quindi necessaria la instituzione di una speciale cattedra dantesca la quale, ad ogni modo, dovrebb' essere eretta non a Roma ma a Firenze centro e sede della letteratura e della sapienza italiana e patria di Dante. (162 Piccardo-Biasoi Orestilla. I grandi poeti italiani: studi biografici e letterari. (Annunzio in La Cultura. Anno III della nuova serie, ni. 27-29).

Sono, piuttosto che studi, brevi saggi sulla vita e le opere maggiori di Dante, Petrarca, Ariosto, Tasso, Metastasio, Parini, Alfieri, Monti, Leopardi, Manzoni, dalle quali sono riferiti lunghi squarci destinati ai giovani; posson esser utili come avviamento a studi maggiori. (163

Pipitone-Federico G. La mente di Francesca Perez: commemorazione letta alla società democratica di Palermo il 3 aprile 1892. Palermo, tip. fratelli Vena, 1892, in 8o, di pagg. 80, con ritr. (164 Prompt (Dr.) Les œuvres latines apocryphes du Dante: étude critique. Venise, Leo S. Olschki editeur, (Grenoble, impr. de F. Allier père et fils), 1893, in 8°, di pagg. 70, con IV fototipie.

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Censurare opere che portano i nomi del Boccaccio o di Dante è impresa difficile e ingrata. Ond'è preferibile lasciar che questi libri parlino da sè: il lor linguaggio è d'altronde sì chiaro da render inutile ogni commento. La bibliografia del trattato De Monarchia incomincia col Boccaccio: o, meglio, con un autore che ha scritto una vita di Dante che tutti danno al Boccaccio. Costui fa l'analisi e la storia della Monarchia; cita con compiacimento due belle egloghe latine composte, dice, in risposta a certe poesie di Giovanni Del Virgilio; parla un po' del Convito che chiama Convivio con un barbarismo, tolto alla voce latina convivium, usato anche oggi in Italia ne' licei e nelle scuole superiori. Ricorda in breve il trattato di Vulgare Eloquenza e soggiungendo che questo valoroso autore ha inoltre scritto molte epistole, passa infine alle canzoni, a' sonetti, alle ballate delle quali non crede doversi occupare distesamente. Dopo di questa enumerazione, sarebbe oltremodo lungo seguire il preteso Boccaccio nelle sue dissertazioni su la poesia, la teologia, l'amore: ma è chiaro che nel sistema del falso Boccaccio Dante è una specie di colpevole pel quale son da intercedere le circostanze attenuanti. Convien pure accordargli qualche gloria da che, insieme alle sue canzoni e a' suoi poemi in dispregevoli versi italiani, ha delle buone egloghe latine, dei bei trattati sulla politica e molte epistole eloquenti scritte nella lingua di Vergilio e di Cicerone. Secondo il suo biografo Dante' avrebbe dettato la Monarchia verso il 1310, dopo di aver compiuta la Vita nuova, il Convito, il trattato di Volgare Eloquenza, le poesie liriche, tutta la prima cantica della Commedia e, se non tutta, gran parte della seconda. Dopo scrisse il Paradiso e nel "21 morì. Nel "26 il cardinal Del Poggetto giunse in Ravenna e quivi, afferma i biografo, costui voleva far disseppellire le ossa del poeta e gettarle al fuoco ad eterna infamia della sua memoria. Ma della memoria di chi? Di Dante o del cardinale? Quando gli sciocchi scrivono qualcosa, avvien loro talvolta di essere ingegnosi e 'profondi senza pur sospertarlo. Non v'è dubbio che se il disegno del legato ponteficio avesse avuto effetto la memoria di lui sarebbe giunta infame a' secoli più lontani. Al Del Poggetto e non a Dante Pino de la Tosa e Ostagio di Polenta han certamente reso un alto servigio. Ma comunque sia è vero che la leggenda del falso Boccaccio fu generalmente accettata, fino a che il Witte non levò dei dubbi sul tempo in cui la Monarchia sarebbe stata scritta. Secondo il Witte questo trattato sarebbe stato composto da Dante avanti il 1318, negli anni giovani: e prima di Volgare Eloquenza, del Convito e della prima cantica al dir del Fraticelli. Ma pare al Prompt poco bene spesa la erudizione wittiana: e da un suo esame delle ragioni addotte da lui crede poter conchiudere che non a torto il legato del papa volea distrutto il libro di Monarchia dove una insensata teoria è accolta in contraddizione con le storie e col buon senso della dottrina di Cristo. Dacchè l'autore di questo trattato usa la definizione della nobiltà (II, 3) che si legge in Aristotele (Politica, VIII) è chiaro che Dante non ha potuto scrivere la Monarchia dopo il Convito: perchè nel Convito egli esamina una definizione della nobiltà presso a poco identica attribuendola a Federigo II. Se l'imperatore è veramente autore della definizione citata da Dante, è evidente ch' egli l'ha presa da Aristotele leggermente modificando il principio affermato dal filosofo. Se dunque l'Alighieri ha scritto la Monarchia, egli, scrivendola, conosceva il trattato della Politica, o, almeno, il brano ove la nobiltà è definita, ma non lo conosceva quando scriveva il Convito. La Monarchia non è adunque nè contemporanea nè anteriore al Convito, e quindi non è opera di Dante. È difficile fare congetture

sull'autore di questo libro barbaro ed esecrabile: ma perchè vi si cita continuamente la scrit tura par sia stato uom di chiesa. Certo e' fu un seguace dell'antipapa, e, come l'antipapa, un traditore e un apostata. L'autore della Monarchia non può esser Dante; poichè quel libro, scritto all'epoca di Lodovico il Bavaro, ed inspirato dal più odioso e feroce spirito ghibellino, favorisce tali colpevoli tendenze da oltraggiare, non che onorare, la memoria del poeta. Nè più probabile è l'autenticità della lettera a Cangrande, piena zeppa di spropositi e contradizioni. Il falsario di questo scritto si palesa ignaro della Vita nuova e della divina Com. media: si palesa anzi ignaro di più altre cose, e della ragione delle sue affermazioni. Opera di un impostore, il Moncetti, stupido ed ignorante uomo è certamente la questione de' due elementi, sulla quale il signor (sic) Luzio-Renier ha scritto novamente un articolo lungo ed inconcludente; ed opera di un solo individuo, di molt'anni posteriore al poeta nostro, son le due egloghe di Dante al Del Virgilio e di questi a Dante. Di tutte le opere latine che gli furono e gli sono attribuite non resta adunque a Dante che il breve trattato di Volgare Eloquenza, operetta piena d'idee nuove, originali ed ardimentose, e in contrasto aperto co' principii del medioevo. E pure quel libro, a differenza delle altre cose latine attribuite all' Alighieri, rimase a lungo trascurato o dimenticato in tal modo che le molte edizioni che pure se ne fecero dopo la prima del Trissino appariscono tutte piene di errori grossolani. (165 Ravazzini Emilio. Trisenso della lonza, del leone, della lupa nella divina Commedia. (Annunzio in La Cultura. Anno III della nuova serie, ni. 27-29).

Cfr. no. 191.

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(166

Reymond Maroel. La sculpture florentine au XIV et au XV siècle. (In Gazette des beaux-arts, 1o semestre, 1893).

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Scartazzini G. A. Cfr. no. 168.
Segre Carlo.

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(167

Recensione della edizione minore del commento di G. A. Scartazzini alla divina Commedia. (In Fanfulla della domenica. Anno XV, no. 1).

Crediamo che questo commento sia troppo ricco, troppo dotto pel fine che si propone. Per le scuole dovrebbero circolare commenti a Dante facili, semplici e brevi. Quel che dovrebbe importare di più è il far sentire il poeta. E lo spingere la mente del giovine a scrutare tutte le intenzioni sue, non solo ciò che pensò ma ciò che forse potè pensare, introducendola nel ginepraio di tutte quelle ipotesi teologiche e filosofiche è attutire, se non uccidere, la calorosa spontaneità del sentimento. Con ciò, strano a dirsi, si preclude anche la via a una più chiara intelligenza del poema; poichè in fondo che è sapere Dante se non sen. tirlo? (168 » della

Torquati Girolamo. Commento al primo verso del canto VII sull' « Inferno divina Commedia di Dante Alighieri. Roma, tipogr. Befani, 1893, in 8o, di pagg. 30. Il famoso verso Pape Satan, pape Satan aleppe, è una invocazione fatta da Pluto al principe dei demoni, e deve intendersi : Sorgi, Satana, sorgi, Satana: aiutami. Aleppare è verbo tuttavia usato nel contado d' Orvieto in senso di affrettare, correrė, volare, far presto. Recensione favorevole nella Civiltà cattolica, Serie V, vol. VII, quaderno 1037. (169

Trenta Giorgio. La tomba di Arrigo VII nel camposanto di Pisa. (Recensione in Fanfulla. Anno XXIV, no. 200).

Erudita monografia dove storia e letteratura e critica fondendosi mirabilmente, son trattati in due capitoli i periodi e caratteri notevoli della fortunosa vita di Arrigo di Lussemburgo che tanta traccia lasciò di sè specialmente a Pisa ove ripcsa nella splendida tomba che i pisani gli eressero nel loro celebre camposanto. Arrigo VII e i pisani; Arrigo VII e Dante; l'illustrazione storico-artistica del sepolcro sono l'argomento del volume. Ricostruito

rapidamente il periodo storico dal 1300 al 1314, e la marcia trionfale dell' imperatore, incoronato a Roma, e le vicende sue, e le simpatie e i legami con Pisa, e le speranze di Dante; descrittane la morte e descritte le solenni onoranze, l'autore fa uno studio dell' ammiratissima tomba e riporta i documenti ad essa relativi, tratti dagli archivi pisani, con ampiezza di considerazioni critiche e con ampiezza di dati. (170

G. L. Passerini.

NOTIZIE E APPUNTI.

L'editore Scipione Lapi di Città di Castello ha publicato il primo numero della Col lezione di opuscoli danteschi inediti o rari diretta da G. L. Passerini. Il volumetto, nitida. mente impresso, contiene la prima parte delle Postille alla divina Commedia di Salvatore Betti, edite per la prima volta di su il manoscritto dell'autore da Giuseppe Cugnoni.

- Il professore Antonio Belloni sta preparando per la stampa l'edizione critica delle Egloghe latine di Giovanni del Virgilio e di Dante Alighieri.

La signora Emma Boghen-Conigliani, professora di lettere italiane nella r. scuola normale femminile Pimentel-Fonseca di Napoli, ha publicato recentemente, edito dal Clausen di Torino, un diligente lavoro sulla Commedia, con lo scopo di far gustare le bellezze del poema divino agli alunni delle scuole normali e in particolare alle allieve maestre.

Alla direzione del Giornale dantesco son pervenuti in dono i seguenti libri:

Angeletti Nazzareno. Cronologia delle opere minori di Dante; parte prima: Cone De vulgari eloquentia. Città di Castello, S. Lapi, 1886, in 16°. (Dall' editore). Boghen-Conigliani Emma. La divina Commedia: scene e figure. Torino-Palermo, Carlo Clausen (Modena, tip. Namias e c.), 1893, in 8o. (Dall' autrice).

Borgognoni Adolfo.

l'editore).

Matelda. Città di Castello, S. Lapi tip. editore, 1887, in 16o. (Dal

Catalogo XXIX della Libreria antiquaria editrice Leo S. Olschki di Venezia: Letteratura Dantesca. Ricco catalogo di ben 438 numeri divisi in tre parti: I. 98 edizioni della Divina Commedia. II. 27 edizioni delle opere minori. III. 313 scritti intorno a Dante e le sue opere. (Dall' editore).

Catalogo di letteratura, filosofia, classici ed altro, della ditta E. Mantegazza. Anno 1892"93. Roma, tip. E. Mantegazza, 1893, in 8°. (Da E. Mantegazza).

Catalogo di libri d'occasione antichi e moderni vendibili presso la ditta Nicola Zanichelli. Bologna, Zanichelli, 1893, in 8o. (Da C. e G. Zanichelli).

Cenni Maria.

(Dall'autrice).

· I due Guidi: studio critico-letterario. Aquila, tip. Eliseo, 1893, in 8o,

(Continua).

Proprietà letteraria.

Venezia, Prem. Stab. tipografico dei Fratelli Visentini, 1893.

LEO S. OLSCHк, edit. e propr.

G. L. PASSERINI, direttore.

MASSAGGIA LUIGI, gerente respons.

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