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INDUGI

fascini

Colei che a un riso di seduzïoni tutta sola sen va, volgesi e gode or dei fascini belli ed or dei buoni.

Talora si sofferma e una sua lode sorridendo susurra, ma sì piano che niuno fuor del suo silenzio l'ode.

Ascolta il mare urlar tragico un vano suo amore, oppur gioisce in numerare gl'intrichi delle vene in una mano.

Sosta in ansia d'attesa al limitare d'un vecchio parco, oppur s'abbaglia al gioco d'arcobaleno delle gemme rare

sotto rovesci calici di fuoco.

al mare

Al mare getta un dì sogni ed amori come l'altra sua amante solitaria gli getta fra due nubi fiori ed ori.

E ride con la sua anima varia, mentre le spume in favolosi aprili fioriscon gigli fatti d'acqua e d'aria.

Ella getta nel mar tutti i monili dei quali, per piacere a sè, si para la stoltezza dei cuori giovanili.

E ride ancora, ma con bocca amara; sul bene ch'ella non possiede più sembran le spume i fiori d'una bara

e un poco di sè stessa è ormai laggiù.

una mano

Fu caro, un giorno, a quella che va sola sentirsi preso da una mano il cuore

e averne un riso in bocca e un pianto in gola.

Era una mano ambigua, di pallore femineo, di linea virile:

mano bella di dolce ingannatore.

Lenta in ogni suo gesto, ma febbrile nella carezza quasi da far male, forte alla stretta da parere ostile.

Forse in sue vene un fluido mortale

fluiva ed ella con labbra voraci
lo suggeva, e un sapor torbido, eguale

a un acror di veleno era nei baci.

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