Slike stranica
PDF
ePub

in passione, e Dante rispose: "Ti reco qui sotto versi (sermo Calliopeus) nei quali si canta per sentenza, sebbene astrattivamente secondo l'uso poetico, che un intenso amore di una sola cosa possa illanguidirsi e poi morire. Afferma che la corruzione d'un amore ne genera un altro nell'anima, e da questa passando alla potenza concupiscibile, sede dell'amore, dice che, rimanendo l' organo, le forze sensitive anche dopo la corruzione di un atto non periscono, ecc.

"

[ocr errors]

Se l'epistola è autentica, non è dubbio alcuno che in quella si tratta di un amore sensuale; ma nessuna prova possiamo addurre che ad essa vada unita la canzone o il sonetto, sebbene tra le due poesie sia assolutamente da escludere la prima nella quale non è ombra d'amore terreno. Tornando al sonetto, non si può certo indovinare a chi sia diretto e solamente possiamo affermare che in quello si tratta non di un amore tranquillo e sereno, ma di una vera passione, nella quale non possono entrare né l'alpigiana, né la Gentucca, e tanto meno poi Beatrice. Alla Donna Gentile pare che nessuno abbia pensato.

Il Carducci notò tra le liriche di Dante alcune che avevano un carattere tutto proprio e tale, da non permettere di giudicarle allegoriche e dottrinali o di riferirle all'amore per Beatrice. "Perocché tornerebbe malagevole a persuadere piú d'uno che la donna con tanta violenza desiderata e sí fieramente accusata di durezza in quei versi sia proprio e solamente la bellissima e onestissima figlia dello Imperatore dell' universo alla quale Pittagora pose il nome Filosofia. 1 E queste liriche da lui stupendamente esaminate sono: le canzoni:

Cosí nel mio parlar voglio esser aspro;
Amor tu vedi ben che questa donna ;
Io son venuto al punto della rota;

1

[ocr errors]

la sestina:

e i sonetti:

Al poco giorno ed al gran cerchio d'ombra;

E' non è legno di sí forti nocchi;
Io son sí vago della bella luce. 3
Nulla mi parrà mai piú crudel cosa;
Io maledico il dí ch'io vidi in prima;

dei quali i tre ultimi il Carducci desidererebbe autentici, tanto son belli. Quanto alle altre due sestine:

' Studi, ecc., pag. 202.

161.

2 Questo è dato a Dante da sei codici. V. Giornale st. della lett. it. An. I, vol. III, pag. TOMMASO CASINI, Sopra alcuni manoscritti di rime del secolo XIII. Nei fasc. 10-11 del vol. IV, An. II, il Casini giustamente attribuisce a Ferrino di Castelfiorentino il sonetto: Naturalmente chere creduto di Cino. Pag. 121. Il son.: Io maledico, ecc., in un codice si dà a D., da uno a C. Bartoli, IV, 56.

Amor mi manca tal fiata all'ombra ;

Gran nobiltà mi par vedere all'ombra;

furono giudicate concordemente dai dantisti assolutamente apocrite. La prima canzone incomincia:

Cosí nel mio parlar voglio essere aspro,

com'è negli atti questa bella pietra,

la quale ognora impètra

maggior durezza e piú natura cruda :

e veste sua persona d'un diaspro

tal, che per lui, o perch' ella s'arretra,
non esce di farètra

saetta, che giammai la colga ignuda,

ed ella ancide, e non val ch'uom si chiuda,

né si dilunghi da' colpi mortali;

che, com' avesser ali,

giungono altrui, e spezzan ciascun arme:

perch' io non so da lei, né posso, aitarme.

Dante è preso dunque da forte desiderio d' una donna che gli resiste con vigore. Ella tiene la cima della sua mente come un fior di fronda, e come lima che rode assidua gli consuma la vita. Qui la parola mente non è stata di ostacolo a riconoscere un amore tutto sensuale, nemmeno al Giuliani, che da questa canzone trasse nuova ragione a credere che Dante veramente fosse trasmutabile in tutte guise. E pietra vien pur detta la donna ritrosa nella canzone Amor, tu vedi ben, canzone di cui Dante pregiavasi tanto da recarla in esempio come di qualche cosa di bello e di non tentato sino allora in risguardo della struttura ritmica. Con tutto ciò la canzone è brutta e cosí poco chiara da non poter giudicare s'ella sia allegorica o pur no. Il Giuliani invece la dice grave, allegorica e materiata di virtù e d'amore e gli pare che l'arte dantesca vi faccia mirabile prova.

1

Nella canzone: Io son venuto al punto della rota, sempre a proposito di quella donna, piú dura che pietra, paragona con lunga enumerazione il suo stato con quello della natura che lo circonda; la fredda neve rattrista la terra, le rondinelle son fuggite e gli animali tutti cessano d'amare, ammortiti sono i fiori e l'erbe, ed egli solo arde per amore. Notevole è questa canzone perché per la prima volta nella sua lirica troviamo espresso Il sentimento potente della natura: è una viva e compiuta descrizione dell' inverno che difficilmente puó trovarsi ne' poeti anteriori a Dante. Il quale nella chiusa domanda ai suoi versi:

Canzone, or che sarà di me nell' altro

dolce tempo novello, quando piove

amore in terra da tutti li cieli;

1 GIULIANI, Vita Nuova, ecc., pag. 305.

[graphic]

quando per questi geli

amore è solo in me e non altrove?
Saranne quello, ch'è d'un uom di marmo

se in pargoletta sia per cuore un marmo.

Ma qui l'amore è piú calmo, mentre nella prima canzone è tutta la veemenza d'una passione non corrisposta; Amore lo tiene riverso a terra, ed egli stride e il sangue gli corre dalle vene al cuore:

Cosí vedess'io lui fender per mezzo

lo core alla crudele, che 'l mio squatra;

poi non mi sarebb' atra

la morte, ov'io per sua bellezza corro!
Che tanto dà nel sol, quanto nel rezzo,
questa scherana micidiale e latra.

Oimé perché non latra

per me, com'io per lei nel caldo borro?
Ché tosto i' griderei: io vi soccorro;

e farel volentier, siccome quegli,

che ne' biondi capegli,

ch' Amor per consumarmi increspa e dora,
metterei mano e saziere' mi allora.

S'io avessi le bionde treccie prese,

che fatte son per me scudiscio e ferza,
pigliandole anzi terza,

con esse passerei vespro e le squille:

e non sarei pietoso né cortese,

anzi farei com' orso quando scherza,

e se Amor me ne sferza,

io mi vendicherei di piú di mille:

e i suoi begli occhi ond' escon le faville,

che m'infiammano 'l cor, ch'io porto anciso,

guarderei presso e fiso,

per vendicar lo fuggir che mi face:

e poi le renderei con amor pace.

Canzon, vattene dritto a quella donna,
che m'ha ferito il core, e che m'invola
quello, ond' io ho piú gola:

e dalle per lo cor d'una saetta;

che bell' onor s' acquista in far vendetta.

E nel sonetto E' non è legno, sospira:

Deh perché tanta virtú data fue

agli occhi di una donna cosí acerba,

che suo fedel nessuno in vita serba?

Ed è contro a pietá tanto superba,

che s' altri muor per lei, nol mira piue,
anzi gli asconde le bellezze sue.

La parola pietra ricorre pure in questo sonetto e forse vi si collega anche l'altro che incomincia,

Chi guarderà giammai senza paura

negli occhi d'esta bella pargoletta,

[ocr errors]

messo dal Giuliani tra quelli di dubbia autenticità. Vago del suo tormento non si sazia mai di riguardare quella bellezza spietata e disdegnosa (son.: Nulla mi parrà mai), finché maledice gli occhi traditori e il giorno che prima li vide e le cure spese attorno alle rime in onore di questa donna e finalmente la sua mente dura ferma di tenere quello che la uccide (son.: Io maledico il dí). "A noi, scrive il Carducci, tanta ardenza di sentimenti, tale sfogo della propria natura dell'uomo, dopo il ritegno della mistica contemplazione di Beatrice, a noi piace. È la passione della gioventú dopo l'amore dell'adolescenza; è come la gran vampa del sole d'estate, quando tutto ribocca di vita, che ci fa piú largamente sentir l'esistenza: è come il temporale di mezzogiorno dopo una soave mattinata di primavera, quando il cielo che già pieno di tutte le armonie d'aprile sfumava ridente nell'azzurro infinito ci fa sentire che ha pur anche le sue nubi gravi d'elettrico e i suoi tuoni e suoi fulmini. Ci voleva anche questa corrente di poesia per compiere nell' estatico amatore di Beatrice il poeta futuro. „

"

Ma chi era dunque questa pietra piú dura che pietra? Lo insistere che fa Dante su questo nome fece naturalmente supporre che Pietra, o Piera ella si chiamasse. Eppure il poeta ne dice chiaro che egli cerca di nasconderne il nome e teme forte che qualcuno lo possa scoprire:

Ché piú mi trema il cor, qualora io penso

di lei in parte, ov' altri gli occhi induca,

per tema non traluca

lo mio pensier di fuor sí che si scopra,
ch'io non fo della morte, che ogni senso
colli denti d'amor già mi manduca.

Solamente, ciò che non fa piú in nessun' altra circostanza, ci fa sapere che i capelli di lei erano biondi, e tal saranno stati, non per la solita idealizzazione del tipo femminile, ma realmente. Con tutto ciò, nonostante la esplicita dichiarazione di Dante, vi fu chi, per un male inteso sentimento d'amore patrio, andò in cerca della donna alla quale convenissero queste rime e la trovò.

Un documento, un atto notarile, prova la dimora in Padova fatta dal poeta nel 1306. Dunque poco dopo l'esilio, nei giorni piú tempestosi della sua vita, quando, dopo San Godenzo e il tentativo della Lastra, Dante aveva abbandonata lo compagnia malvagia e scempia, e fatta parte da sé stesso. In queste condizioni d' animo, egli cacciato di Firenze senza aver forse potuto abbracciare i suoi diletti che vi lasciava, caduto di speranza di rientrarvi, si sarebbe in Padova consolato con un nuovo amore, espresso come si è veduto e come può ancora

meglio vedersi nella sestina autentica, nella quale dopo avere al solito parlato della durezza di questa pietra

Che parla e sente come fosse donna,

che sempre gelata non riesce a smuovere nemmeno

Il dolce tempo che riscalda i colli

e che gli fa tornar di bianco in verde,

viene a dire:

Io l'ho veduta già vestita a verde

sí fatta, ch'ella avrebbe messo in pietra
l'amor, ch'io porto pure alla sua ombra:
ond' io l'ho chiesta in un bel prato d'erba
innamorata com' anco fu donna,

e chiuso intorno d'altissimi colli.

Chi scoperse primo il nome e la casa e la nazione della Pietra fu Anton Maria Amadi nel 1565, il quale, senza dire dove avesse ritrovata la notizia, affermò che Dante in Padova amò Madonna Pietra della nobile famiglia degli Scrovigni. Non dice se anch'ella fosse maritata, ché di mogli altrui pare che andasse in caccia il poeta. Né solo i padovani, nonostante il Dionisi dicesse che questa pietra non era di quelle pietraie, ma molti tra i moderni credettero allo Amadi e tennero per storia certa la novella, recando a conforto di loro fede l'avere Dante descritta l'arma degli Scrovigni nel cerchio infernale degli usurai!! I Bergman poi suppone che l'Amadi, adulatore degli Scrovigni, pensò di cercare nelle poesie di Dante una pretendue preuve, que ce grand poete avait chanté en troubadour une demoiselle de cette famille noumée Pietra. Non a torto l'Imbriani gli rimprovera che per scagionare Dante fraintenda la sestina dantesca dove, pel contenuto, di trovadorico non c'è proprio nulla, senza contare che la famiglia Scrovigni era spenta quando l'Amadi scriveva.

Confutati con buone ragioni i sostenitori della Scrovigni, l' Imbriani1 passa ad esaminare la quistione. Riconosce nelle canzoni da lui dette pietrose trattarsi di una donna vera e reale, e che tutte si riferiscono ad una situazione e si compiono a vicenda, ed esaminate una ad una le rime, sceverandone quelle che a lui paiono assolutamente apocrife, conviene col Carducci, che Dante le scrisse innanzi l'esilio, in gioventú, quando non aveva altro in capo se non la passione, che vi prorompe con impeto brutale. L'amore non è gentile, ma è virile ed umano. Inoltre per l'Imbriani, le canzoni di Dante sono rivolte ad una donna, non a fanciulla, perché: "da secoli, il primo necessario

1 Sulle canzoni pietrose di Dante, studio di VITTORIO IMBRIANI, Bologna, Fava e Garagnani, 1882. (Estratto dal Propugnatore, Vol. XV).

« PrethodnaNastavi »